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Sinfonie Oscure Volume I
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Sinfonie Oscure Volume I

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Un informe ammasso di Sinfonie Oscure mi ha inebriato.
E mai più abbandonato.
Ora io, la riverso su di Voi.

Klaus Paolini

Alla memoria di Lemmy Kilmister, Chuck Schuldiner, Dimebag Darrel, Jeffrey John Hanneman e Ronnie James Dio.
LanguageItaliano
Release dateMar 8, 2016
ISBN9788892564268
Sinfonie Oscure Volume I

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    Sinfonie Oscure Volume I - Klaus Paolini & Therion

    Internazionale.

    Premessa

    Avevo in mente di scrivere una serie di racconti ispirati dalla musica da molto tempo. La musica è l'arte con la A maiuscola e di certo non sono il primo a dirlo. È vera libertà, e parola.

    La musica è il Verbo.

    Mi sono avvicinato a questi racconti con deferenza, scrivendoli col dovuto timore e lasciandomi trasportare dalle onde delle note fin nei meandri più profondi e oppressivi dell'oceano della melodia. Dai cavalloni cacofonici delle burrasche fino alle lente maree di lidi assolati.

    Durante le ricerche per alcuni di questi racconti mi imbattei in quello che sarebbe diventato un gradito – e al tempo stesso, temuto – compagno di viaggio.

    Therion.

    Ho sempre tenuto aperti due punti di vista sulla magia, più o meno, a chi potesse leggere i miei pensieri suonerebbero così: 1- Interessante; 2- Ma quante stronzate!

    Ma la mia naturale curiosità, quando trovai quella pietra ricoperta di alghe piena di incisioni sconosciute, ebbe il sopravvento. Come un pazzo ho passato più di tre mesi in ricerche tra computer e biblioteche in cerca di un modo, uno spiraglio che mi consentisse di decifrare quella tavoletta proveniente dalle profondità marine.

    Tutto quel cercare mi distolse dalla scrittura, ma niente, nemmeno quel processo autodistruttivo alla base della follia che prende quando si entra nelle tenebre dell'ossessione poteva allontanarmi dalla musica. E la musica mi accompagnò alla scoperta di Therion.

    Una Bestia del Profondo, questo scoprii.

    Questo era ed è.

    Somigliava ad uno di quei racconti di Lovecraft che amo tanto. E, come al solito, finita la ricerca, mi resi conto che il mio atteggiamento non cambiava. Non ci credevo. Non ci avrei mai creduto.

    Ma quante stronzate, mi dicevo.

    Tuttavia non sono uno che si nasconde dietro a un dito, e quando trovai il rituale di evocazione, o la magia, o come cavolo la vogliate chiamare Voi, gentili lettori, mi misi all'opera. Più che altro per vedere se sarebbe davvero successo qualcosa.

    E qualcosa è SUCCESSO.

    Circondato. Avvolto dalle nebbie del Sogno. Mi resi conto attraverso la coltre cinerea del tempo d'essere solo un portatore, un latore di messaggi provenienti da un Nonsodove e un Nonsoquando. Ecco la mia croce e delizia.

    E la Vostra se Vi piace.

    Appresi molto e mi dilettai con le Arti Oscure. Rivaleggiai con demoni rabbiosi e angeli vendicativi, nel vano tentativo di scoprire cosa c'è al di là del Grande Mistero.

    Therion, un orrore fuori dal tempo, astratto, indescrivibile e al tempo stesso tangibile come gli incubi più realistici che abbiate mai sperimentato. Eccolo. Stava lì a guardarmi coi suoi mille occhi sparsi in una scura nuvola simile all'inchiostro di una piovra. Fluttuava placido nel vasto cielo della notte Eterna.

    Chiunque è in grado di apprendere incantesimi semplici, ma solo un'esigua porzione della razza umana può fregiarsi della qualifica di Esperto.

    Io non lo ero, e la sua potenza mi vinse.

    Ero fuori dal tempo e dallo spazio. Il mio corpo si era staccato da me e io da lui. I morti erano meno soli di me, perché io ero tutto ciò che esisteva.

    Un basso rumore giunse alle mie orecchie, come il rombo di un tuono lontano o di un crollo sotterraneo.

    E miriadi di aghi, d'un tratto, punsero feroci il mio cervello.

    La sua voce profonda invase la mia mente; non dall'esterno come siamo tutti abituati a ricevere, bensì dall'interno, come una marea di acqua gelida che s'insinuava sotto, dentro la pelle, tra le ossa.

    Evocare demoni non è mai un'operazione facile, ma un essere tanto potente è una sfida d'un livello che non mi sarei mai aspettato.

    Le sue confuse, aliene parole mi infettarono. Fui contagiato da una malattia antica come il mondo, mentre chiazze di sangue coprivano a tratti la mia vista e visioni di corpi maciullati mi mozzavano il fiato.

    La follia, quel giorno, s'insinuò dentro di me.

    Ammaliandomi con la musica più tenebrosa che potessi immaginare.

    Non starò qui a dirvi cosa prevedeva il rituale, anche perché, a quanto pare non fu quello ad attirare la CREATURA, bensì la musica.

    È vero, avevo invocato il suo nome.

    È vero, avevo acceso le candele e scritto i simboli.

    Ma fu la musica che lo attirò.

    Che lo riportò alla vita.

    Dal suo non essere all'ESSERE.

    Quando lo vidi la prima volta i miei occhi si rifiutavano di metterlo a fuoco. Era qualcosa di viscido e oscuro, come un'ombra o quei mostri sotto al letto di cui si è terrorizzati da bambini. Poi fece ciò che più amava fare da prima che esistesse la nostra società: si impossessò di un corpo.

    Rinato e rinnovato mi sorrise.

    Bella questa canzone, mi disse.

    Dimmi, perché mi hai svegliato?

    E io che, più di tutto, amo narrare storie, raccontai...

    Un informe ammasso di Sinfonie Oscure mi ha inebriato.

    E mai più abbandonato.

    Ora io, la riverso su di Voi.

    Klaus Paolini

    Alla memoria di Lemmy Kilmister, Chuck Schuldiner, Dimebag Darrel, Jeffrey John Hanneman e Ronnie James Dio.

    Serenata Nera

    di Klaus Paolini

                                                                                                                                                                              "Welcome to my black serenade.

    The entrance to my hell, your pain."

    "Benvenuto nella mia nera serenata.

    L'entrata nell'inferno mio è il tuo dolore.."

    Black serenade, degli Slayer, dall'album Christ illusion.

    C’è un’unica nota.

    Una nota mai suonata da strumento umano, nemmeno per errore.

    È un suono sconosciuto.

    È la croma mai scritta su un pentagramma.

    La puoi sentire solo quando il tuo cuore smette di battere, quando le tue sinapsi smettono di trasmettere informazioni.

    Il suono della morte.

    Il suono del silenzio.

    Da sempre cerco quella nota.

    Immagina!

    Con un semplice tocco emetti la nota e tutti coloro che la sentono cessano di vivere.

    Terminati.

    Niente sangue. Niente urla.

    Finalmente libero dalle grottesche emozioni umane nell’istante della fine.

    Tutto ciò che rende il mio lavoro fastidioso svanirebbe. La morte sarebbe rapida e lieve.

    Lieve al mio cuore che è costretto ogni volta a rigurgiti di ribrezzo quando le vittime tentano di difendersi. Gridano. Piangono.

    A volte barcollano come zombie in cerca di appigli mentre il sangue si mischia ai loro escrementi.

    Oh, trovassi quella nota!

    C'è un solo motivo per cui il mio lavoro si fa gravoso: è necessario che muoiano di morte violenta. È la regola.

    Il mio Signore non approva che si sovvertano le Sue regole.

    Studio su tomi antichi e logori alla ricerca d'un anelito di libertà dalla volgarità tremenda emanata da quelle inutili sacche di sangue e merda alla ricerca di una qualche soluzione al ribrezzo che mi provoca il solo pensare alla prossima esecuzione.

    Ma tosto il mio Signore mi distoglie dalla ricerca, è tempo di mietere altre anime. Sozze, luride anime mortali.

    La periferia della città brulica di operai ubriachi e puttane da due soldi a quest'ora della notte. Relitti d'una società effimera che vive di ipocrisie e menzogne. Oh, quanto è saggio il mio Padrone! Essi non valgono la fatica che faccio per prenderli. Nessuna remora devo avere, essi fungono solo da nutrimento per Lui, l'abisso di profonda conoscenza, il Grande Ingannatore.

    Mi bastano pochi minuti per adocchiare la vittima ideale: una puttana che dopo una brutta serata rientra barcollante a casa col volto tumefatto e l'aria stanca.

    Lascio che entri in casa e chiuda la porta, per me non esistono barriere.

    Mi fermo a fissare il nome sullo stipite: Trinity J.

    Presto sarò l'unico a ricordare il suo nome.

    L'abisso nel quale sta per precipitare non ha un fondo né un'uscita. Nessuna via di scampo.

    La scruto dall'ombra, senza che lei possa vedermi.

    La vedo aprire l'acqua nella vasca con mani stanche.

    Ogni tanto un brivido le corre su per la schiena. Si massaggia delicata lo stomaco, quando sfiora senza volere un livido lasciatole da un cliente troppo espansivo, sussulta e una smorfia le deturpa il volto.

    Un tempo mi sarei eccitato guardando le sue nudità. Quel tempo è passato.

    Sguscio fluttuando verso di lei che, distesa nell'acqua calda della vasca si rilassa ad occhi chiusi.

    Con una mano sfioro i suoi seni, percorro il suo corpo fino all'acqua volteggiando sulla schiuma, mi diverte che lei non si avveda della mia presenza.

    Infilo un dito nell'acqua.

    Si gela all'improvviso.

    Lei percorsa da un brivido, geme e sgrana gli occhi.

    Con la destra la strangolo e la sinistra va in automatico alla tasca del pastrano.

    L'estrattore di anime è un aggeggio di per sé terrorizzante: una specie di siringa metallica piena di tubicini e strambe diavolerie.

    Il suo sguardo si fa liquido, passa dall'orrore al dolore, e dal dolore alla consapevolezza.

    Un colpo secco e la siringa le penetra il cranio.

    Aspetto come di consueto che la sua

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