La Settima Cavalleria
Di D.P. Prior
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Info su questo ebook
Da secoli non si sentono notizie da Verusia, la macchia oscura nel cuore dell'impero del Templum.
Ma all'arrivo di un messaggero nella Città Santa di Aeterna, con la notizia che tutte le fortezze lungo il confine sono state abbandonate e che i trecento uomini stanziati a Trajinot sono stati impalati fuori dalle mura della città, la conclusione che ne viene tratta è che il Signore dei Lich stia tramando qualcosa ancora una volta.
Mentre un esercito di morti si ammassa nella foresta nera di Schwarzwald, il Templum unisce le sue truppe, preparandosi alla guerra.
Il Capitano Deacon Shader conduce la Settima Cavalleria, una truppa di cavalleria pesante, ormai considerata obsoleta. Il loro motto è "Un assalto, una possibilità". Con il tempismo giusto, può rovesciare le sorti di qualsiasi battaglia; ma basta un errore e tutto è perduto.
Quando le due forze di affrontano lungo le mura di Trajinot, il Templum non dovrà combattere solo le orde di non-morti. Un terrore intangibile avvelena l'aria, portando al panico guerrieri veterani.
Solo i cavalieri Eletti della Settima Cavalleria hanno la disciplina necessaria per mantenere la propria posizione; ma affrontare una paura non vuol dire che non possa ferirti, per Shader, ci sono ferite peggiori di quelle della carne.
La Settima Cavalleria è la seconda novella de "Le Origini di Shader" (la prima essendo Il Protetto del Filosofo). Le novelle di Origini forniscono una presentazione alla serie bestseller di Shader:
1. La spada di Archon
2. I migliori progetti
3. La Disfatta
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Anteprima del libro
La Settima Cavalleria - D.P. Prior
PROLOGO
Città di Aeterna, Latia, cuore della Teocrazia Nousiana
Anno del Giudizio: 908
––––––––
Le porte di legno nero si aprirono dinnanzi a Ignatius Grymm, come il velo che separa il mondo dei mortali dalle sale celestiali di Araboth.
Gran Maestro.
Uno dei cavalieri Eletti di guardia lo riconobbe con un saluto solenne.
L'altro lo seguì subito, ma il suo ritardo venne notato. Anche per una nuova recluta non c'erano scuse, non quando si dovrebbe essere il meglio del meglio.
Gli stivali di Ignatius schioccavano echeggiando sul marmo lucidato del nartece. Altri due fratelli Eletti salutarono, per poi aprire il cancello in ferro battuto che portava alla navata.
Il Gran Maestro si raddrizzò la sua sopraveste, sistemò il suo spadone che gli pendeva dalla schiena e si vestì di impassibilità, come fosse un mantello.
L'apparenza era importante. Le impressioni contavano. Il fatto stesso che fosse stato convocato indicava che c'erano guai. Il fatto che così tanti membri della gerarchia erano stati chiamati alla Basilica del Luminare Trajen che si trovava di fronte a lui, voleva dire che il Templum stesse affrontando una crisi. Il clero si sarebbe rivolto a lui per essere rassicurato. Dopotutto, i cavalieri Eletti che comandava erano la prima e ultima linea di difesa della Città Santa di Aeterna, e senza dubbio dell'intera Teocrazia Nousiana.
Non appena varcò la soglia, il cancello di ferro si chiuse alle sue spalle.
Lo stucchevole aroma di incenso era pesante nell'aria. Gli arazzi ne erano intrisi, e una perenne coltre di fumo era sospesa sotto il soffitto a volta.
Un colonnato di pilastri scanalati percorreva l'intera navata. Altri ancora erano collocati a griglia lungo l'interno, alternati a statue di luminari, alcuni recenti, altri persi nella preistoria, prima che il Giudizio distrusse la civiltà degli Antichi.
Il pavimento lastricato luccicava, come se fosse coperto di ghiaccio. Al centro si estendeva un vasto mosaico rosso del Monas Nousiano. Il simbolo rappresentava l'unità e l'interconnessione della creazione di Nous: gli elementi, il sole, la luna. Il cerchio sopra la croce simboleggiava l'espansione illimitata della Creazione, il punto nel suo centro era l'infinitesimale punto di origine. Dopo anni di servizio, Ignatius continuava, persino ora, a vedere il Monas come un omino stilizzato con un solo occhio e con delle corna in testa.
La basilica era illuminata a giorno da globi incandescenti che pendevano da delle catene dal soffitto. Non si spegnevano mai, e non dovevano neanche essere sostituiti, in quanto era un miracolo rimasto dal tempo degli Antichi.
Dinnanzi agli scalini che conducevano al grande altare era seduto a semicerchio, verso l'ingresso, l'intero collegio di Exempti, avvolti di rosso. La disposizione somigliava a due braccia accoglienti. Solitamente, le uniche occasioni in cui questi principi del Templum si ritrovavano erano i giorni di festa più importanti, o per l'elezione del nuovo Ipsissimus.
Ma l'Ipsissimus Theodore III era chiaramente in vita, pur non godendo della migliore salute. Il suo trono si ergeva dietro l'altare, ponendolo più lontano dalla scena. Vederlo presenziare era ancora più sorprendente della vista di tutti quegli Exempti. Sua Divinità era solitario per natura, e in seguito alla sua elezione si era isolato ulteriormente. L'assenza da parte dell'Ipsissimus era consigliata. Generava del mistero, un'aura di spiritualità che lo faceva sembrare l'anello mancante tra