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La figlia del candidato
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La figlia del candidato

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Il piano è semplice: rapire la figlia del candidato al Senato Richard McClaine, prendere i soldi e scappare. Nessuno si fa male, la bambina torna a casa viva.

La ladra di auto ventiduenne Kelsey Money pensa che sia l'idea peggiore che Matt e il suo fratello drogato abbiano mai avuto. Ma Matt è quello che gestisce la situazione. Kelsey ha semore dipeso da lui.

Poi scopre che era al corrente solo di metà del piano. Quando scopre il resto, è stata incastrata per omicidio e la piccola Holly McClaine non verrà consegnata viva.

Dall'altra parte della città, Elizabeth McClaine non ricorda nemmeno cosa indossasse sua figlia quando è sparita. Poiché Holly è nata con la sindrome di Down e la palatoschisi, Elizabeth ha affidato la sua unica figlia alle cure di una tata mentre lei combatteva con la depressione postpartum.

Ma quando Holly viene rapita ed Elizabeth scopre che il detective a capo della caccia all'uomo ha già perso una bambina rapita, Elizabeth sa che non può permettere che accada anche a sua figlia.

Entrambe le donne hanno ventiquattro ore per trovare Holly. Perché dopo venticinque sarà già morta.

Il piano è semplice: rapire la figlia del candidato al Senato Richard McClaine, prendere i soldi e scappare. Nessuno si fa male, la bambina torna a casa viva.

La ladra di auto ventiduenne Kelsey Money pensa che sia l'idea peggiore che Matt e il suo fratello drogato abbiano mai avuto. Ma Matt è quello che gestisce la situazione. Kelsey ha semore dipeso da lui.

Poi scopre che era al corrente solo di metà del piano. Quando scopre il resto, è stata incastrata per omicidio e la piccola Holly McClaine non verrà consegnata viva.

Dall'altra parte della città, Elizabeth McClaine non ricorda nemmeno cosa indossasse sua figlia quando è sparita. Poiché Holly è nata con la sindrome di Down e la palatoschisi, Elizabeth ha affidato la sua unica figlia alle cure di una tata mentre lei combatteva con la depressione postpartum.

Ma quando Holly viene rapita ed Elizabeth scopre che il detective a capo della caccia all'uomo ha già perso una bambina rapita, Elizabeth sa che non può permettere che accada anche a sua figlia.

Entrambe le donne hanno ventiquattro ore per trovare Holly. Perché dopo venticinque sarà già morta.

 

LanguageItaliano
PublisherBadPress
Release dateMar 20, 2016
ISBN9781507133637
La figlia del candidato

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    La figlia del candidato - Catherine Lea

    La figlia

    del candidato

    Catherine Lea

    DEDICA

    Per la mia ragazza. Che cosa farò senza di te?

    CAPITOLO UNO

    GIORNO UNO: 14:24 - KELSEY

    Sei anni. Anche da quella distanza, la bambina sembrava piccola per la sua età.

    Kelsey abbassò il binocolo e sbirciò lungo la strada.

    «È lei?» chiese Lionel e si avvicinò. Kelsey gli passò il binocolo mentre Matt si sporgeva in avanti sul sedile, posando entrambe le braccia sul volante e rivolgendo la sua attenzione alla bambina.

    «È lei» disse lui.

    Erano seduti in quella schifosa Camry da mezz'ora, congelandosi il culo mentre aspettavano la fine della scuola e che gli altri studenti andassero via. Era novembre a Cleveland e, senza riscaldamento, la macchina era una ghiacciaia. Nell'istante in cui Kelsey vide la bambina, fu come se qualcuno avesse acceso un interruttore. Ora tutto ciò che sentiva era il calore che ardeva nella schiena e il sudore sotto la parrucca. Si aggiustò la giacca e allentò il colletto, guardando la donna e la bambina uscire dal Centro Bambini Speciali e avviarsi per la strada.

    «Pronti?» disse Lionel.

    Matt controllò la strada davanti e indietro. «Non ancora. Aspetta...»

    Kelsey sollevò nuovamente il binocolo, sporgendosi in avanti per avere una visione più chiara della bambina. I capelli di Holly McClaine erano tagliati a caschetto e tenuti lontani dal viso con una fascia; indossava una giacca a vento due taglie più grande sopra un grembiule a scacchi smanicato, calze marroncino e scarpe basse marroni. Nella mano sinistra teneva lo zainetto di Dora l'Esploratrice, nella destra la mano di una donna che Kelsey riconobbe come la sua maestra, Audrey Patterson. Mentre Holly guardava davanti a sè, l'insegnante incurvò il sopracciglio preoccupata. Tirò su il cappuccio della bambina, poi rabbrividì per il vento gelido, cercando lungo la strada l'auto che non sarebbe mai arrivata.

    Matt controllò l'orologio. «Okay» disse. «Ora! Via, via, via».

    Kelsey aprì lo sportello posteriore sinistro, scese dalla macchina e si avviò lungo la strada, tirando su il colletto della giacca per coprire il pugnale tatuato sul collo. «Salve» disse tirando indietro una ciocca dei suoi lunghi capelli castani e sorridendo mentre attraversava la strada verso l'insegnante e la bambina.

    Audrey Patterson le rivolse un sorriso fugace ma la ignorò e continuò a fissare la strada, finché Kelsey non si fermò accanto a Holly, si mise su un ginocchio, e disse «Ehi, Holly, Ti porto a casa, tesoro».

    La maestra fece voltare subito la bambina, prendendola istintivamente per le spalle e avvicinandola a sé, esclamando «Mi scusi?»

    Kelsey si raddrizzò e le tese la mano. «Oh, mi scusi. Sono Amy, la sorella di Lizzie. Lei deve essere Audrey. Lizzie mi ha detto tutto di lei. Dice che è una maestra eccezionale».

    Il viso accigliato di Audrey si ammorbidì ma lo scetticismo rimase. Le strinse la mano. «Piacere di conoscerla» disse, ma la rapida occhiata che diede ai jeans di Kelsey, alla maglietta dei Metallica e alla giacca scamosciata a frange le dissero qualcosa di assolutamente diverso.

    «Oh, già, non ho avuto il tempo di cambiarmi. Gli aeroporti, sa?» I loro sguardi s'incrociarono. Kelsey vi lesse la mancanza di fiducia e il suo cuore fece un balzo.

    Audrey fece un altro sorriso piatto. «Grazie per essere venuta, ma l'auto di Holly sarà qui a momenti». Poi rivolse nuovamente la sua attenzione alla strada deserta.

    Kelsey seguì lo sguardo dell'insegnante. «Oh, quindi Lizzie non ha chiamato?»

    «Elizabeth? No. Avrebbe dovuto?»

    Kelsey le rivolse un sorriso sghembo. «Accidenti, sono sicura che perderà la testa uno di questi giorni. È stata così impegnata con tutta questa m... roba della campagna di Richard e tutto il resto, già...» Si strinse nelle spalle.

    Un altro sorriso teso. «Ci credo. E penso che sarà un grande senatore».

    «Già, beh, prima dovranno votarlo. Continuando così, non succederà mai. Ad ogni modo, la situazione a casa è un vero inferno. Ecco perchè sono qui». Sorrise alla bambina. «Oh già, e Sienna... la bambinaia, sa? Lizzie mi ha detto che è andata dalla madre. Comunque mi ha detto di venire a prendere Holly... Lizzie, intendo».

    Holly guardò Kelsey a bocca aperta e senza l'ombra di un'espressione. I suoi occhi gonfi erano cerchiati di rosso e leggermente incispati. Erano posti su un viso rotondo che portava la caratteristica cicatrice del labbro leporino da sotto il naso fino al labbro superiore come una crepa frastagliata. Sotto di essa, la sua rotondeggiante lingua rosa spuntava dalla bocca aperta. Cicatrice a parte, somigliava ad ogni altra bambina con la sindrome di Down che Kelsey avesse mai visto.

    «Mi dispiace ma è fuori discussione» disse Audrey, come se stesse parlando a un'idiota. «La politica scolastica dice che dobbiamo assicurarci della conferma dei genitori prima di lasciare qualunque bambino in custodia di chiunque non sia un tutore autorizzato».

    Kelsey mise le mani sui fianchi e si raddrizzò. «Oh, bene». La faceva incazzare quando insegnanti e ricchi stronzi le parlavano così. «Bene, penso che Lizzie avrebbe potuto dirmelo prima che attraversassi tutta la città» disse in tono più brusco di quanto intendesse.

    Audrey indietreggiò e avvicinò Holly a sè. «Mi scusi, come ha detto di chiamarsi?»

    «Amy. Amy Pace. Sono arrivata qui ieri dall'Idaho. Che posto di merda» aggiunse sorridendo. Quando non ricevette risposta, sorrise a Holly e disse «Bene, penso non ci sia altro che io possa fare tranne andare a casa e aspettare».

    Audrey non disse nulla, la fissò tenendo entrambe le mani ancora salde sulla bambina.

    «Penso che ci rivedremo a casa della mamma, eh?» disse a Holly.

    Lo sguardo di Audrey non vacillò, quindi Kelsey fece un cenno col capo, disse «Bene» in tono di sfida, poi si girò e si allontanò camminando.

    Questa era la parte dove Audrey Patterson avrebbe dovuto richiamarla. Secondo Matt, si sarebbe sentita sollevata poiché la sorella era venuta a portare la bambina a casa in modo che lei potesse correre al finto appuntamento che lui aveva preparato per lei. Ma non stava accadendo. Kelsey attraversò la strada, scuotendo la testa e continuando a chiedersi perchè si fosse fatta trascinare da Matt e Lionel in questo piano idiota. Quando si guardò dietro, Audrey la stava osservando, solo che adesso aveva il cellulare poggiato all'orecchio e stava parlando.

    «Merda». Ora Kelsey non sapeva che fare. Matt e Lionel la stavano guardando dall'auto e avrebbero dato i numeri. Girò sui tacchi e attraversò nuovamente la strada, camminando a passo svelto verso Audrey Patterson e Holly.

    «Se sta telefonando a casa» disse una volta avvicinatasi nuovamente «Sienna potrà dirle chi sono. Cioè, se è questo che le serve. Tutto qui». Si strinse nelle spalle con fare tranquillo e disinvolto.

    Poi si ricordò che le aveva appena detto che la tata non era in casa.

    Quando l'insegnante si girò verso di lei questa volta, il movimento della sua testa, il sorriso consapevole e stretto, dissero a Kelsey una cosa: Audrey Patterson sapeva che qualcosa non andava, ma era lei a comandare. «Non sarà necessario» disse Audrey mentre osservava il tatuaggio scoperto. «Sono sicura che l'auto di Holly sarà qui a momenti». Quindi girò leggermente la bambina verso di lei e iniziò ad avanzare verso la scuola.

    Kelsey si girò, diede una rapida occhiata alla strada, valutando che accidenti fare adesso. Nel momento in cui prese una decisione, un paio di auto erano passate e Audrey Patterson aveva portato Holly quasi dentro la scuola. Una volta dentro, sarebbe stato troppo tardi. Allora, Kelsey le seguì.

    Audrey era appena arrivata alla porta quando Kelsey le sbarrò la strada con un braccio. «Mi dia la bambina» disse calma. «La prenderò io».

    «Scusi...» tentò di dire Audrey, cercando di scostare Kelsey. Senza nemmeno pensarci, Kelsey le diede uno spintone che spedì l'insegnante barcollante a schiantarsi su un bidone della spazzatura affianco alla porta. Per un brevissimo istante, Kelsey esitò e pensò Che diavolo sto facendo? Il suo primo istinto fu di fermarsi e controllare che stesse bene. Invece, afferrò Holly per la mano, la sollevò come un sacco di patate e corse verso la macchina. Lo zainetto cadde a terra con un rumore di penne ma Kelsey non ci fece caso. Tutto ciò che riusciva a sentire erano le urla di Audrey Patterson che le diceva di fermarsi.

    Kelsey scattò in strada con la bambina in braccio, ma un'auto apparve dal nulla con uno stridio di ruote e strombazzando. Lei si girò rapida, guardò a destra e a sinistra, quindi corse all'auto. Aprì lo sportello con uno scatto e spinse dentro la bambina quando Matt iniziò a urlare «Salta su!». Kelsey entrò subito dopo Holly ma proprio quando stava per chiudere lo sportello, una mano le afferrò il braccio e vide Audrey Patterson, a denti stretti e occhi sbarrati, aggrappata a lei come se ne andasse della sua vita. Kelsey diede dei violenti strattoni, cercando di sfuggire alla presa di Audrey mentre Lionel si sporgeva per cacciarla. Matt accelerò, cambiando marcia in continuazione, urlando e imprecando, ma Audrey Patterson stringeva ancor di più.

    Kelsey cercò di sciogliere la presa della donna, ma lei stringeva il pugno come una trappola per orsi e le sue dita non accennavano a smuoversi. «Rallenta, cazzo» urlò Kelsey a Matt, ma lui non stava ascoltando.

    Audrey inciampò, quasi cadde, e Matt urlò «Chiudi quel cazzo di sportello» e fece ondeggiare la macchina a destra e a sinistra.

    Audrey Patterson però era ancora aggrappata. Ma adesso la stavano trascinando e i suoi piedi pedalavano rapidi sull'asfalto, cercando di mantenerla in piedi.

    All'angolo Matt diede una sterzata così violenta che Kelsey quasi volò dallo sportello e Holly le finì in grembo. Quando Audrey Patterson finalmente lasciò la presa, Kelsey si sporse, prese lo sportello ondeggiante e lo sbattè con forza. Matt diede nuovamente un'accelerata, ma quasi subito sentirono un colpo sulla fiancata della macchina.

    Matt urlò «Apri lo sportello!» I suoi occhi erano fissi sullo specchietto retrovisore. «È aggrappata a quel cazzo di sportello. Aprilo».

    Kelsey aprì lo sportello, poi lo richiuse rapidamente. Si girò giusto in tempo per vedere Audrey Patterson rotolare sull'asfalto mentre si allontanavano.

    «Si'o'ina Pannathon» disse Holly. Sembrava che quella faccenda per lei fosse normale come un giro al centro commerciale.

    Il cuore di Kelsey batteva forte, le mani le tremavano. Si strappò via la parrucca e si passò una mano tra i ricci corti e biondi. «Eh? Oh, la signorina Patterson, certo». Attraverso il lunotto posteriore vide Audrey Patterson stesa sulla strada mentre la gente le correva incontro. «Certo, sta bene» disse a Holly. «Ci sta salutando con la manina».

    «Porca puttana» disse Lionel. «Porca fottuta puttana».

    Gli occhi di Matt scattavano dalla strada allo specchietto retrovisore. «Manteniamo tutti la calma. Manteniamo...»

    Dietro di loro una sirena ruppe il silenzio.

    «Oh Gesù! Tenetevi forte» disse Matt. Svoltò improvvisamente a destra alla strada successiva, poi a sinistra, tirando il freno a mano mentre scalava le marce. «Questi pezzi di merda...»

    Kelsey si sporse in avanti, aggrappandosi ai sedili anteriori. «Vai alla strada del teatro. Due isolati più in là c'è una scorciatoia per il parcheggio».

    «Lo so, lo so» disse Matt. Girò il volante e le gomme stridettero mentre sfrecciavano intorno all'angolo successivo e s'infilavano in un altro. Le ruote del lato sinistro montarono sul marciapiede e volarono giù tra le auto parcheggiate e i pedoni terrorizzati, ma la polizia fece lo stesso. La gente si levava di mezzo urlando loro dietro. Kelsey si aggrappò al bracciolo con una mano e a Holly con l'altra. Quando la guardò, la bambina le sorrise.

    Improvvisamente Matt sterzò e si ritrovarono per aria mentre la macchina volava giù dalla prima discesa per poi schiantarsi sulla rampa sotterranea. Gli pneumatici stridettero mentre si addentravano sempre più a fondo nel garage sotterraneo. La polizia andò dritto ma tornò indietro poco dopo e Kelsey seppe che presto sarebbero stati di nuovo all'inseguimento.

    Ma ora c'erano due sirene.

    Scesero al quarto livello inferiore proprio quando una macchina spuntò e tagliò fuori la polizia. Al quinto livello Matt inchiodò con una frenata e fece girare le ruote in un violento testacoda per inserirsi in un parcheggio. Kelsey afferrò Holly, abbracciandola forte mentre tutti scendevano. Matt tirò fuori dalla tasca una chiave, aprì un SUV Ford blu e salirono tutti. Matt accese il motore mentre Lionel si girava sul suo sedile, cercando i poliziotti. Kelsey mise la cintura a Holly e rivolse la sua attenzione al lunotto posteriore.

    «Via libera» disse Lionel, quindi Matt mise la retromarcia, girò la macchina e inserì la prima. Si avviarono verso la fine della fila e si fermarono. Poi, con calma, uscirono dall'edificio, mentre tre volanti della polizia arrivavano a sirene spiegate. «State tutti bene?»

    «Penso che sto per vomitare» disse Kelsey.

    CAPITOLO DUE

    GIORNO UNO: 15:09

    Il SUV entrò nel viale e nell'istante in cui si fermò, tre portiere si spalancarono. Kelsey aspettò che Holly si spostasse sul sedile verso di lei e la sollevò mentre Matt aspettava con una coperta. La drappeggiò sulla bambina tra le braccia di Kelsey, e le guidò verso la casa. Lionel aprì la porta d'ingresso, controllò che non ci fossero occhi indiscreti, quindi si avviò dietro loro, chiudendo la porta a chiave.

    «Wah-hoo!» gridò Lionel. «Cieli azzurri, acque cristalline, arriviamo». Lui e Matt batterono i pugni mentre Kelsey toglieva la coperta a Holly e le spostava i capelli dalla faccia.

    «Stai bene?» le chiese Kelsey.

    «Porca puttana» disse Lionel, fissando la bambina per la prima volta. «Porca puttana, l'hai vista?» chiese a Matt indicandola. «Sembra una talpa».

    «Zitto, Lionel» disse Kelsey facendo voltare Holly e accompagnandola verso le scale.

    Dietro di loro, Lionel rideva ed esclamava «Oh andiamo, sembra una di quelle talpe dei cartoni; abbiamo una stella della TV» disse, e rise così forte che finì piegato sulle ginocchia.

    Anche dalla stanza da letto al piano di sopra, Kelsey poteva sentire Lionel ragliare come l'asino che era.

    «No-ide» disse Holly. «No-ide e no-ide».

    Kelsey aprì la busta di Walmart e cercò i vestiti da bambina che avevano comprato il giorno prima. Sembravano tutti troppo grandi. «Eh?»

    «Ne-uo no-ide».

    « Ne-uo no-ide? Oh! Oh certo, la risata di Lionel. Lo sente tutta la strada. È un idiota. Ecco, provati questa». Prese una tuta spiegazzata e la scosse.

    «Ne-uo no-ide a me» disse Holly, agitando un ditino. Le parole uscirono in tono così fiero che Kelsey sollevò lo sguardo.

    «Ehi, nessuno sta ridendo di te. Ignora Lionel. È uno stronzo».

    «Sto-zo».

    Kelsey le rivolse un mezzo sorriso. «Okay, forse quella parola non va bene. Meglio continuare con asino».

    «As-no».

    «Esatto, un As-no. E lo terremo per noi. Ecco, spogliati. Non vogliamo che i tuoi vestitini costosi si rovinino, no?» Fece scivolare il vestito oltre la testa della bambina e controllò l'etichetta. «Target. Oh, wow. Non si bada a spese, eh? Oh» disse e si fermò quando vide la macchia bagnata sui leggins della bambina. «Vedo cha hai avuto un piccolo incidente, eh? Togliti la maglietta e le mutandine e le cambieremo». Tolse i vestiti sporchi a Holly, notando il giallo dei lividi sbiaditi sulle sue natiche. «Che è successo qui? Eh? Sei caduta?»

    Holly la guardò e non disse nulla, il vuoto del suo sguardo era così profondo che quasi si sentiva l'eco. Ma dal nulla, un sorriso le illuminò il viso. Si portò i pugnetti alla bocca e si piegò ridendo. A Kelsey la sua trasformazione sembrò così improvvisa, così netta, che le sembrava di osservare un'altra bambina.

    «Va giù. Oppny oop. E va giù» disse Holly ridendo forte.

    «Oopty, oop va bene». Un sorriso apparve sul viso di Kelsey. E quando la bambina si piegò in due dalle risate, Kelsey si ritrovò a ridere con lei. Stava ancora sorridendo e infilando alla bambina un paio di mutandine pulite quando la porta si aprì ed entrò Lionel. I suoi occhi si soffermarono subito su Holly. «Beh, che succede?»

    Consapevole del suo sguardo, Kelsey si pose tra Holly e Lionel e le tirò su le mutandine. «Che cosa vuoi?» disse lei afferrando i pantaloni della tuta.

    Si appoggiò sulla soglia, ghignante. «Beh, guardati. Fai la mammina eh?» disse sporgendo la testa per guardare intorno a lei. «Mammina e la talpa».

    Kelsey avvicinò Holly a sè. «Vai via, Lionel». Continuando a riparare Holly dallo sguardo di Lionel, le infilò il maglione e lo sistemò.

    «Ti sei trovata una nuova mamma, eh, Talpa?» Incrociò le braccia e si appoggiò con una spalla alla porta. «Ehi, Talpa, sei sorda o cosa?»

    Kelsey sentì un'immediata irritazione. «Non chiamarla così. E non è sorda».

    Il ghigno di Lionel s'irrigidì e la sua espressione divenne calcolatrice. «Stronzate, non capisce quello che dico. Lo capisci, Talpa?»

    Kelsey infilò la maglietta nei pantaloni alla bambina e le aggiustò il maglione. Poi, trascinò Holly dietro di sè e si rivolse a Lionel. «Volevi qualcosa?»

    Lionel non disse nulla. Rimase a guardare Holly e Kelsey.

    «Allora esci».

    Le fece l'occhiolino e chiuse la porta uscendo.

    Kelsey tenne la bocca chiusa, trattenendo il fiume di parole che avrebbe esclamato se non ci fosse stata una bambina presente. Scostò il piumino, aspettando che Holly s'infilasse sotto le coperte. Fissando la bambina che la osservava con i suoi occhioni e la bocca socchiusa per la meraviglia, non poteva far altro che sorridere. «Accoccolati qui, signorina. Prova a dormire un po’. È l'ora del pisolino».

    Holly si infilò dentro il letto ma non appena Kelsey ebbe rimboccato le coperte, una piccola manina uscì fuori, afferrando l'aria. «Ninny, ninny» disse.

    «Ninny? Cos'è Ninny?»

    «Ninny Nion» disse Holly afferrando nuovamente l'aria. «Voio Ninny Nion».

    «Vuoi la tua tata? Intendi Sienna...?» Ma prima che Kelsey potesse finire la frase, Holly spalancò gli occhi e urlò, facendo sobbalzare Kelsey. «Ehi, ehi» disse lei, ma Holly prese fiato e urlò ancor più forte. Si divincolava e scalciava e tutto ciò che poteva fare Kelsey era tenerla ferma per i polsi. «Ehi, calma. Sienna non è qui. Mi senti? Lei non è qui. Se n'è andata».

    Holly rimase in silenzio. Prese di nuovo fiato singhiozzando e si passò le maniche sugli occhi. «Nenna no c'è?» chiese. «No Nenna?»

    «No, niente Sienna. Se n'è andata. E non tornerà».

    Holly ripeté «Voio Ninny Nion»

    «Ah, ho capito. Intendi Lilly Lion». Quando gli occhi di Holly si accesero e agitò la mano, Kelsey disse «Okay, quindi Lilly dev'essere il tuo giocattolo preferito, giusto?» Toccò con un dito la punta del naso di Holly. «Beh, mi dispiace, ma non ho la tua Lilly Lion. Ascolta, ti faccio una promessa...»

    Ma prima che potesse finire, la porta alle sue spalle si aprì ed entrò Matt. «Che diavolo succede? Perchè sta urlando così?»

    Kelsey rimboccò nuovamente le coperte alla bambina, poi si girò. «Niente. È tutto ok».

    Matt le guardò entrambe e fece spallucce. A ventiquattro anni, Matt era ancora bello come il giorno in cui Kelsey lo aveva conosciuto, forse di più. Folti capelli castani, perfetti denti bianchi, corpo grandioso. Era stato lui a pianificare tutto, fino all'ultimo dettaglio. Aveva pensato a dettagli che erano sfuggiti a tutti gli altri. Come imbucare la richiesta di riscatto il giorno prima, così che potesse arrivare al momento giusto. Kelsey non ci avrebbe mai pensato. Avrebbe semplicemente telefonato, come nei film. Matt le disse che la polizia ti può rintracciare se chiami dal telefono. Ma quante persone passano da una parte della città e spariscono il giorno dopo? Quindi se s'imbuca una lettera da una qualsiasi parte della città, come potrebbero mai rintracciarla? Il resto stava nel tempismo. Questo è ciò che disse.

    Ancora adesso non capiva perchè non avessero semplicemente telefonato. Ma doveva ammetterlo, Matt era quello furbo. Il padre di Kelsey diceva sempre che lei era stupida come una gallina. Ma aveva abbastanza indizi da riconoscere la furbizia quando la vedeva. E l'ingegnosità di Matt, la sua intelligenza, la sua abilità di risolvere qualsiasi situazione erano le cose che le piacevano di più di lui. Anche se ultimamente aveva avuto così tanti pensieri da sembrare a malapena la stessa persona.

    Si passò le mani tra i capelli e disse «Sto andando a prendere qualcosa da mangiare, vuoi qualcosa?»

    «Andrò io» disse lei.

    «Andremo entrambi».

    «No» rispose lei, così bruscamente che lui le lanciò un'occhiataccia. «Non intendo lasciarla sola con Lionel».

    «Non capisco perchè non ti piaccia».

    «Non è questo» mentì lei. «È solo che... Se si facesse? Non può badare a lei se è fuori di sè. In ogni caso, ha bisogno di qualcosa che la distragga dai suoi occhi. Sono tutti rossi e pruriginosi. La fanno innervosire».

    Matt allargò le braccia e si guardò intorno con aria di esagerata meraviglia. «Perchè dovrebbe essere un nostro problema? Perchè dobbiamo occuparcene? Perchè i suoi genitori ricchi non cacciano i soldi per lei? Non è che non possano permetterselo».

    «Beh, forse potrebbero. Peccato che non siano qua».

    Ci pensò su. «Okay. Vai tu. Non parlare con nessuno, tieni la testa bassa e un profilo basso. Non rovinare tutto. Siamo andati troppo avanti per mandare tutto all'aria adesso».

    «Tienila d'occhio».

    Kelsey lo seguì alla porta e si guardò indietro. Holly era stesa sotto le coperte, strofinandosi gli occhi con i pugnetti. «Dalle un'occhiata ogni tanto. Assicurati che stia bene» disse lei e chiuse la porta.

    Al piano di sotto, Matt prese dieci dollari dal portafogli. «Piantala di preoccuparti, ok? Ci prenderemo cura di lei».

    Matt era il mondo di Kelsey. Non si era mai fidata di nessuno come di lui. Gli avrebbe affidato la sua vita. Non si sarebbe affidata a Lionel neppure per imburrare un toast. Se avesse avuto scelta, avrebbe portato Holly con lei. Quell'opzione non era contemplata. Quindi doveva fare in fretta.

    CAPITOLO TRE

    GIORNO UNO: 15:51- ELIZABETH

    Elizabeth McClaine era seduta sul suo ampio divano nero nel soggiorno della sua lussuosa casa in riva al lago nella migliore zona di Bay Village, mordicchiandosi le unghie. Era ancora scossa dalle notizie che l'uomo seduto davanti a lei le aveva appena riferito, chiedendosi perchè suo marito ci mettesse così tanto ad arrivare.

    Aveva controllato l'ora per l'ennesima volta, quando sentì la porta d'ingresso chiudersi. Si alzò immediatamente.

    «Elizabeth, dove sei?» gridò Richard.

    Un tempo tutti chiamavano suo marito Mac. Non importava che si trattasse di architetti, membri del consiglio della società, operai che lavoravano duramente a paga minima per la sua azienda conglomerata di costruzioni; tutti lo chiamavano Mac. Non appena ebbe dichiarato la sua candidatura per il senato degli Stati Uniti, divenne Richard. Alice, la responsabile di ferro della campagna, aveva decretato così. Nessuno si era opposto. Non avrebbero osato.

    «Sono qui» gridò Elizabeth, passandosi un dito pallido sulle labbra, mentre le rughe accentuavano la preoccupazione nei suoi occhi.

    Appena entrò nella stanza, andò diretto da lei, poggiandole una mano rassicurante sulla spalla. «Ho ricevuto il tuo messaaggio. Che cos'è successo?» A quarantanove anni, Richard era la rappresentazione del politico perfetto: capelli impeccabili, leggermente brizzolato alle tempie. Il suo sguardo passò rapido dal bicchiere di Martini sul tavolino, all'uomo che si trovava seduto nella sedia di fronte a sua moglie.

    Il loro visitatore probabilmente aveva tra i cinquanta e i sessanta anni, ma sembrava più vecchio. Indossava un cappotto di lana che aveva visto giorni migliori e di una taglia più grande. Le due profonde rughe sul suo viso e le borse bluastre agli occhi gli conferivano l'aspetto di un insonne cronico. «Signor McClaine» disse con un cenno del capo.

    «Si tratta di Holly. È stata rapita» disse Elizabeth al marito con voce tesa. «Questo è il Detective Delaney» aggiunse lei indicando l'uomo. «Holly non c'è più, Richard. Qualcuno l'ha presa».

    Richard sfoggiò un rapido sorriso da elezioni, poi si controllò e si accigliò. «Rapita?» La sua attenzione passò da Elizabeth al detective. «Che cosa intende per rapita?»

    Delaney frugò in tasca ed estrasse un foglio di carta bianca in una busta di plastica sigillata. La porse a Richard.

    «È una richiesta di riscatto» disse Elizabeth. Incrociò le braccia, guardandolo appiattire la busta di plastica in modo da poter leggere il foglio.

    I suoi occhi lessero velocemente le parole scarabocchiate. Quando arrivò alla somma richiesta, prese fiato come se fosse stato colpito allo stomaco. «Gesù» disse.

    «Vogliono dieci milioni di dollari per ridarci Holly» disse Elizabeth.

    «Dieci mil... Gesù Cristo». Richard si portò una mano alla bocca e si girò a osservare la stanza mentre elaborava l'informazione. Quindi si girò e agitò la busta in direzione di Delaney. «Questo è incredibile. Che cosa...» cominciò e poi deglutì. «Che cosa succede adesso?»

    «Stavo giusto dicendo a sua moglie che un'indagine approfondita è già in corso, signor McClaine. Stiamo facendo il possibile».

    «Quando è successo?» chiese Richard. «Siete sicuri che abbiano preso Holly?»

    Il detective estrasse un taccuino dalla tasca della giacca e scorse le pagine. «Approssimativamente verso le due e trenta di questo pomeriggio, un testimone ha visto una giovane donna correre via dalla scena del delitto con una bambina. Abbiamo controllato il resto della classe e sua moglie ha riconosciuto uno zainetto che è stato ritrovato sul luogo. Era quello di vostra figlia».

    Richard si rivolse a lei. «E sei sicura che sia il suo?»

    «Sì, certo che sono sicura» disse leggermente più brusca di quanto volesse. Fece scivolare lo sguardo verso il detective e modificò il tono. «È il suo zaino di Dora l'Esploratrice. E Holly è l'unica bambina della classe che la polizia non sia riuscita a rintracciare. Mio Dio, Richard, la sua insegnante è stata trascinata lungo la strada. Hanno preso Holly e trascinato Mrs.Patterson lungo la strada e ora si trova all'ospedale. Che tipo di persona farebbe una cosa del genere?»

    «Audrey si ristabilirà?»

    «Temo di non sapere nulla sulle sue condizioni» disse Delaney. «La signora Patterson era svenuta quando è arrivata in ospedale. Non ho saputo nient'altro».

    Elizabeth si portò le mani alla bocca sussurrando «Dio santo, non sta succedendo davvero».

    Richard lesse nuovamente il foglio aggrottando le sopracciglia e scuotendo la testa. Apparve assente, come se comprendesse a malapena le parole. «Quindi, dov'è la polizia, l'FBI, chi si sta occupando del caso?»

    Delaney sollevò leggermente la testa. «Il nostro dipartimento è già all'opera, signor McClaine. Mentre parliamo, sta mobilitando ulteriori unità».

    «Certamente, capisco».

    Delaney consultò nuovamente il suo taccuino e tirò fuori una penna. «Che cosa mi può dire della sua tata, la signorina Sienna Alvarez?»

    Elizabeth si acciglió. «Sienna? Perché?»

    «Avete parlato con lei oggi?»

    Elizabeth scambiò uno sguardo con il marito, poi lui disse, «No, avremmo dovuto?»

    «Non abbiamo avuto alcuna sua notizia» aggiunse Elizabeth. «Ho cercato di contattarla. Non ho idea di dove sia».

    «Pensa che in qualche modo sia coinvolta in tutto questo?» chiese Richard, inclinando leggermente la testa per cercare di vedere cosa avesse annotato Delaney. «Hai provato a chiamarla al cellulare?» domandó alla moglie.

    «Beh, certo che sì» rispose lei. Lanciò nuovamente un'occhiata al detective e ammorbidì il tono di voce. «Il suo cellulare era spento».

    Delaney annuì. «Vi viene in mente qualcuno che possa nutrire del risentimento nei vostri confronti, che magari vi abbia minacciato?»

    «Nessuno» disse Elizabeth.

    «Avete visto qualcuno comportarsi in maniera sospetta? Macchine insolite aggirarsi intorno alla casa... cose di questo tipo? Forse qualcuno che abbia mostrato un particolare interesse nei confronti di vostra figlia...?» chiese Delaney.

    Elizabeth scosse il capo e guardò suo marito, ma lui non aveva notato nulla che non riguardasse la sua campagna in quei giorni. «Non che io abbia notato».

    Delaney annuì e scrisse un appunto.

    «Ci hanno detto di non parlarne con nessuno» disse Elizabeth al detective. «È ciò che c'è scritto sulla richiesta di riscatto: se andiamo alla polizia, le faranno del male. Che cosa succederà se scoprono che lei è stato qui?»

    Delaney infilò il taccuino nel taschino della giacca. «I miei uomini stanno seguendo l'incidente della scuola e interrogando i testimoni. È impossibile che la

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