Il dito
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Anteprima del libro
Il dito - Salvatore Zaffarana
Salvatore Zaffarana
Il dito
EDIZIONI EVE
Salvatore Zaffarana
Il dito
Edizioni Eve
Edizioni Eve è un marchio editoriale
Di Editrice GDS
www.edizionieve.it
Copertina di ELISABETTA DI PIETRO
TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI
Ogni riferimenti a cose, a luoghi o persone sono da ritenersi
del tutto casuali
Il dito
Era un dito umano, senza ombra di dubbio! Lo aveva calciato così, senza pensarci, un oggetto davanti alla punta del piede destro mentre se ne andava a zonzo senza una meta precisa, solo per fare due passi in un pomeriggio uggioso in cui non aveva niente da fare.
Il dito stava lì, in bella mostra di sé. Reciso alla perfezione, non presentava slabbrature nella parte che era stata unita al resto di una mano, di certo una mano di un uomo. Si era accorto che qualcosa non andava dall’impatto della punta del piede con il residuo umano, dal rumore che aveva fatto... ploff, e non thuc come si era aspettato.
Quando aveva intravisto la cosa in terra, aveva subito pensato a un pezzetto di legno, ma quel ploff l’aveva insospettito, non era un pezzo inanimato! Si avvicinò alla cosa distante ormai un paio di metri e l’osservò con attenzione. Si chinò per vedere meglio, era senza ombra di dubbio un dito umano! Presentava formazioni callose che spiccavano giallognole sul bianchiccio della pelle. Poteva anche essere appartenuto a una contadinotta, magari un po’ grassoccia, e i calli le erano venuti con il duro lavoro nei campi. Il residuo non presentava necrosi evidenti, dunque doveva essere stato reciso da poco, due o tre giorni al massimo e la temperatura rigida lo aveva conservato bene.
Notò che il sistema di amputazione aveva cauterizzato la ferita sterilizzandola, forse un raggio laser! L’unica cosa sporca era l’unghia, il che faceva pensare che ci aveva azzeccato, poteva essere appartenuto alla contadina grassoccia. Non era molto importante, comunque. Il fatto mostruoso era che quel dito fosse lì, su un marciapiede di un centro commerciale pulitissimo, sterilizzato.
Doveva trattarsi di un indice ma non si capiva, dato il taglio netto all’inizio della falange, se fosse di mano destra o sinistra, anche se l’angolatura della carne che rivestiva la falangetta faceva pensare alla mano destra. Quel che era certo era che si trattava di un indice umano.
Si girò di qua e di là, ma non vide nessuno. Era solo nella polverosa strada, solo come un cane randagio, senza testimoni a cui potesse far vedere cosa aveva trovato. Che fare ora? Scalciare il residuo umano in un angolo, dentro un tombino di scolo per acqua piovana, o chiamare le autorità e impelagarsi in un turbine di formalità? Rispondere a un mare di domande e riempire una montagna di scartoffie? E per cosa poi? Cosa poteva importare se quel dito era rimasto là in terra? A chi poteva importare se qualcosa era sfuggita all’accurata opera di pulizia che l’esercito invasore, di cui lui faceva parte, aveva fatto in tutto quel bellissimo pianeta?
No, meglio calciarlo in un tombino! I ratti non erano ancora stati debellati e quelli rimasti avrebbero fatto sparire quel rimasuglio di umanità ancora presente sul pianeta. Si rialzò nei suoi quattro metri di altezza e, con un piccolo colpetto di artiglio, fece scivolare l’ultima sembianza umana dentro a uno scolo di acqua piovana. Non vi era più niente dei nativi sul pianeta Terra, ormai ne era certo!
Robot
Era ora che qualcuno si prendesse la briga di eliminarli tutti, era ora diamine
.
Ha basato tutta la sua campagna elettorale, tutto se stesso su questo!
.
Lo so, lo so perfettamente! È un grande uomo, un grandissimo stratega e, stanne certo, è dotato di una lungimiranza e una conoscenza degli elettori tale, che avrà fatto prima i suoi calcoli; era certo che la maggior parte della gente sarebbe stata dalla sua parte
.
Sì, è vero, ma ha rischiato lo stesso. Non è al governo, perlomeno non ancora, e nella sua posizione di massimo esponente dell’opposizione ha rischiato il culo di tutti, noi due compresi
.
Sarà, ma ci ha azzeccato, dobbiamo eliminarli tutti e il popolo è d’accordo. È ora di finirla con quei rompiballeruba lavoro!
.
Eccolo, stai zitto...
.
Una fragorosa acclamazione accolse l’arrivo in sala di un uomo corpulento, quasi un gigante. Salutò con ambedue le mani il pubblico e si diresse deciso verso il podio, che scompariva sotto una miriade di microfoni. Le telecamere conversero sull’imponente figura, catturando l’espressione più fiera che potesse esternare. Lui era fiero di essere acclamato, di essere il leader di quella folla e di oltre dieci miliardi di terrestri che si stavano accalcando davanti agli schermi giganti in tutto il pianeta, o che stavano pregustando il discorso davanti ai piccoli visori che pochi privati potevano permettersi.
Il problema...
, esordì l’uomo politico, ...il problema più grande che ci affligge, che affligge tutto il nostro beneamato pianeta, il problema dietro al quale prolificano tutti gli altri e che, una volta risolto, annullerebbe di conseguenza tutti i mali della Terra... sapete qual è?
.
SÌÌÌ!
.
Bene, qual è?
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I ROBOTTT!
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I robot, esatto! Per meglio dire il problema vero e spietato è che siamo dieci miliardi. Dieci miliardi di uomini, donne, vecchi e bambini che non hanno più lavoro. E sapete perché non hanno più lavoro?
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SÌÌÌ!
.
"Lo so, lo so che lo sapete! Non hanno più lavoro perché tutti e sottolineotutti i lavori, sono svolti dai robot. E noi allora, cosa facciamo? Belle arti? Sport? Hobby? No, la verità è che dieci miliardi di terrestri si annoiano, non sanno che cosa fare tutto il santo giorno, sono preda dei vizi che, a lungo andare, annoiano. Il riposo va bene, gli sport vanno bene, gli hobby sono fantastici... ma solo quando costituiscono un’alternativa al lavoro! Ma il lavoro non c’è più, il lavoro lo fanno solo ed esclusivamente...".
I ROBOTTT!
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I robot, esatto. La colpa è solo e unicamente dei ROBOT! E il governo che cosa fa? Apre nuove fabbriche di robot, anzi, non le apre perché ci pensano da soli a costruirsi, solo che il governo non fa alcunché per fermarli, contento della nicchia scavata per i suoi esponenti. Ma ora ci sono IO, io fermerò i robot e lo farò con il vostro aiuto
.
SÌÌÌ!
.
Portatemelo, portatemi il primo mostro!
.
Così dicendo, con gesto plateale si girò verso