Peccato e redenzione
By Leo Zen
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Peccato originale e Redenzione sono dunque inscindibili per il cristianesimo. Lo conferma Tommaso d’Aquino con la celebre formula: «Peccato non existente, Incarnatio non fuisset»; cioè: «Se non vi fosse stato il peccato [originale], non avrebbe avuto luogo neppure l’Incarnazione» («Summa Theologiae», III,q.1, a.3).
Solo che entrambi questi pilastri sono delle colossali imposture che non reggono ad una analisi critica e approfondita. Il primo, infatti, nasce da un'antica leggenda sumerica che gli ebrei, durante la schiavitù babilonese nel VI secolo a.C., introdussero tale e quale nella Bibbia. Il secondo, ha origine dalle allucinazioni epilettiche di Paolo di Tarso, il San Paolo della Chiesa, che lo spinsero a trasformare un Messia fallito, crocifisso dai romani come ribelle, nel figlio di Dio, nel Redentore dell'umanità.
Dimostrare la falsità di queste due imposture e negare ogni validità al cristianesimo è quanto si propone questo libro.
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Peccato e redenzione - Leo Zen
Leo Zen
PECCATO E REDENZIONE
(Le due imposture su cui poggia il cristianesimo)
AbelBooks
Sapere aude!
(Osa conoscere.
Abbi il coraggio di usare la tua intelligenza).
(Orazio – Epistolae 1,2)
Proprietà letteraria riservata
© 2011 Abel Books
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Abel Books
via Terme di Traiano, 25
00053 Civitavecchia (Roma)
ISBN 9788897513 629
Introduzione
Venti secoli fa, con la nascita del cristianesimo, ha avuto inizio, per gran parte dell'umanità, il periodo più oscurantista ed oppressivo della sua storia.
La suprema aspirazione umana alla felicità terrena e alla serena armonia di vivere, sempre perseguita dall'uomo durante la sua lunga e tormentata evoluzione, con l'avvento del cristiano-giudaismo è stata soppiantata da un'etica repressiva, attribuita ad un immaginario dio collerico e crudele, il totem tribale biblico Jahvè.
Questa etica ha rinnegato ogni gioia di vivere e ha imposto l'obbedienza cieca a precetti assurdi e disumani, ipocritamente considerati principi divini.
Da allora gran parte del mondo si è riempita di tenebre perché l'uomo è stato coartato a rinunciare alla sua razionalità per abbracciare una fede cieca e assurda; a ripudiare ogni gioia terrena per incentrarsi nell'ascesi e nella mortificazione delle passioni; a considerare il suo corpo, non l'orgoglioso strumento che gli conferisce bellezza, vigore, forza, gioia di vivere e di operare, ma, al contrario, l'ignominiosa sede del peccato, della vergogna e della perdizione; a ritenere il mondo, anziché il teatro gioioso delle mille imprese dell'uomo, felice artefice del suo destino, la squallida valle di lacrime dove la vita deve essere vissuta come sofferenza, espiazione e penitenza. Ogni forma di felicità terrena è stata da allora bandita in cambio dell'illusione di un aldilà utopistico e chimerico, creato da una favola infantile.
Ma che cosa ha determinato un simile stravolgimento che ha portato l'uomo a considerare l'infelicità come il supremo valore che giustifichi la sua esistenza?
A fondamento di questa colossale impostura che per secoli ha sottoposto gran parte dell'umanità ad ignobili oppressioni fisiche, psichiche, morali e intellettuali; che ha seminato il mondo di intolleranze, persecuzioni, crociate, guerre sante e discriminazioni di ogni genere, ci sono due concetti fondamentali, entrambi mitici e infantili, per non dire demenziali: il concetto di peccato, conseguente alla disobbedienza di Adamo a dio, e quello di redenzione per cancellare, con l'immolazione di Cristo, quella colpa primigenia e consentire la salvezza a tutto il genere umano.
Sono questi i due piedi d'argilla che sorreggono l'intera struttura del cristianesimo. Se non fosse esistito il mito del peccato originale di Adamo e il conseguente mito dell'immolazione sulla croce di Gesù per redimere l'umanità peccatrice, l'edificio del cristianesimo non sarebbe mai nato.
Dimostrare la falsità di queste due imposture, e quindi negare ogni validità al cristianesimo, è quanto si propone questo libro nella speranza di aiutare qualcuno a liberare la sua mente dalle tenebre religiose che la opprimono e riscoprire la gioia di vivere in una nuova e pacifica convivenza umana.
Il mito biblico del peccato originale
I tre monoteismi (ebraismo, cristianesimo e islam) che da secoli affliggono gran parte dell'umanità e che sono la causa dei massimi conflitti mondiali dei nostri giorni, discendono dai primi libri della Genesi biblica che narrano la creazione del mondo e dei nostri presunti progenitori Adamo ed Eva.
Si tratta di una antichissima leggenda sumerica, che troviamo descritta nel Cilindro della tentazione
(conservato al British Museum di Londra), ben 20 secoli prima che venisse redatta la Bibbia, e alcuni secoli prima che nascesse Abramo, il millantato progenitore del popolo ebraico, e il presunto fondatore del monoteismo. Questo reperto del British Museum, inserito nel VI secolo a. C. nella Bibbia ebraica, contiene tutti gli elementi fondamentali del racconto biblico, salvo il cambiamento dei nomi e del dio creatore, qui chiamato Marduk.
Molto verosimilmente gli ebrei, durante il loro esilio babilonese, hanno preso di sana pianta questa leggenda e l'hanno copiata nella Bibbia, dove è diventata parola di dio e tale è rimasta fino ai nostri giorni.
Ma come è potuta nascere una leggenda simile? Senz'altro come risposta mitica al problema fondamentale che assillava l'uomo antico, cioè l'origine del male, delle sofferenze e della morte. Ed ecco, allora, il nostro antenato preistorico, prima inventare un qualche dio creatore dell'universo e dell'uomo, e poi, con l'escamotage della disobbedienza fatale ad una proibizione divina, giustificare l'ingrato destino riservato all'uomo contraddistinto da fatiche e sofferenze di ogni genere, per concludersi inesorabilmente con la morte.
È significativo che anche la mitologia greca ricorra ad un mito, quello del vaso di Pandora, per dare una spiegazione dell'origine del male. Pandora, disobbedendo all'ordine di Zeus, apre il vaso fatale contenente tutti i mali della Terra, compresa la morte, e subito essi fuoriescono e invadono il nostro pianeta.
Solo che una spiegazione così infantile dell'origine del male e della morte, come quella che ci propone la Bibbia, giustificabile in ere primordiali in cui l'umanità era priva di ogni conoscenza scientifica e viveva immersa nel favoloso, viene considerata autentica anche ai nostri giorni da milioni di cristiani, spesso con tanto di laurea in tasca, nonostante gli enormi sviluppi della cultura e della scienza e la massa sterminata di reperti fossili, geologici e paleontologici che la rinnegano totalmente.
Ancor oggi i più incalliti creazionisti credono, con sicumerica certezza, al mitico vasaio che modella la statuina di creta di Adamo e le soffia in viso l'alito della vita, ciò a dimostrazione che l'homo sapiens incontra tuttora grossi problemi con la sua razionalità. Nessuno di essi coglie la contraddizione tra l'evoluzionismo, oggi accettato incondizionatamente dalla scienza, e la favola biblica della creazione.
Nessuno si pone il problema di conciliare Adamo col nostro antenato australopiteco con caratteristiche scimmiesche. Eppure l'uno esclude decisamente l'altro, solo che l'australopiteco, vissuto tre milioni di anni fa, è una certezza scientifica che nessuno può mettere in dubbio. Adamo, invece, è pura mitologia
Allegoria o verità di fede?
Qualcuno, però, potrebbe obiettare che la storia di Adamo ed Eva è soltanto allegorica, che i racconti della Genesi vanno letti come una favoletta poetica
, che nessun Adamo è mai esistito (Adamo significa uomo
, cioè l’umanità intera), che il mistero della creazione umana deve essere adattato alle teorie evoluzionistiche e che bisogna dare per scontata l’evoluzione fisica da ominidi ad uomo, che il peccato originale non consiste in una primitiva disubbidienza a dio ma in uno stato di finitezza
e corruttibilità proprio di ogni uomo (di tutte le epoche) , quasi una tendenza al peccato
latente nella stessa natura umana. Quindi, che i nostri progenitori rappresentano una prima comunità
umana.
Ma vogliamo scherzare, ci dice la Chiesa inorridita! Non credere all’esistenza reale di Adamo ed Eva e ad una concezione del peccato originale, visto come disubbidienza a dio, dei primi due esseri umani, in conseguenza del quale - per trasmissione generazionale
da Adamo ed Eva a tutta l’umanità odierna - l'intera stirpe umana avrebbe perso lo stato di grazia primigenio, andando incontro a morte, dolore, corruzione e peccato, è negare totalmente le fondamenta del cristianesimo, è buttare alle ortiche il sacrificio sulla croce di Cristo, cioè la redenzione, è far chiudere bottega alla Chiesa.
Lo ha proclamato chiaro e tondo Pio XII (non quindi un papa medievale), con l'enciclica Humani generis del 12.08.1950.
I punti salienti di questa enciclica sono i seguenti: Adamo ed Eva sono esistiti, eccome! Da loro discendono tutti gli uomini che popolano la Terra, quindi Adamo non è il simbolo di una moltitudine di progenitori. Da Adamo discende il peccato originale che viene trasmesso a tutti gli uomini come eredità di una natura non più integra ma degenerata.
A questa enciclica dobbiamo aggiungere la Professione di fede o Credo di Paolo VI (30 giugno 1968), vincolante per tutti i credenti, che recita: Crediamo che tutti hanno peccato in Adamo, il che significa che la colpa originale da lui commessa ha fatto sì che la natura umana, comune a tutti gli uomini, decadde in una condizione tale da portare le conseguenze del suo fallo. Crediamo che il nostro Signore Gesù Cristo con il sacrificio della croce ci ha riscattati dal peccato originale e da tutti i peccati personali commessi da ciascuno di noi. Confessiamo di credere in un solo battesimo, istituito da nostro Signore Gesù Cristo per la remissione dei peccati
.
A questo punto non ci sono più dubbi: è verità di fede il fatto che tutta l’umanità è derivata da un’unica coppia primordiale (monogenesi ) e che non si può ammettere la sua derivazione da più coppie primordiali (poligenesi) altrimenti non si giustifica il peccato originale per trasmissione dai progenitori. Questa è la base fondante del cristianesimo.
Il mito biblico al vaglio della scienza
Un essere umano che si qualifichi Homo sapiens, che abbia superato l'adolescenza, che possieda una minima istruzione di base, che usi appena qualcuno dei mille miliardi di neuroni che contiene il suo cervello, può credere alle immani demenzialità implicite nella favoletta della Genesi e regredire intellettualmente allo stadio del troglodita?
Purtroppo sì, se intere generazioni di esseri umani basano da secoli la loro esistenza su di esse, nonostante i molteplici tentativi della scienza di dimostrare la loro assoluta irrazionalità e le loro incoerenze logiche.
Diamo ora una breve occhiata alle più macroscopiche assurdità scientifiche che la Genesi biblica ci propina a dimostrazione che se la Bibbia è parola di dio, questo dio ha il livello intellettuale di un bambino della scuola materna.
Cominciamo dalla forma della Terra come viene concepita nella Bibbia. Nonostante alcuni antichi sapienti, tra i quali il greco Pitagora, avessero ipotizzato in ere remotissime la sfericità del nostro pianeta, avendola dedotta dalla forma degli altri corpi celesti, la Genesi ce lo presenta piatto, come probabilmente era