Il Capolavoro
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Book preview
Il Capolavoro - Amanda Melling
Epilogo
Personaggi
Susan Morris, detta Sue
: personaggio principale
Lisa: figlia di Sue
Paolo: ex marito
Edoardo: padre di Paolo
Geneviève: vicina di casa
Marta: suocera
Rosa: tata
Hans Becker: vicino di casa
Alex: figlio di Hans
Ottavio: proprietario dell'osteria
Gianni: la guardia forestale
Ippolito: maresciallo dei carabinieri
Margherita: vittima
Vittoria: proprietaria alimentari, figlia della vittima
Roberto: editore
George: protagonista del romanzo di Sue
Lisa Fegus: fidanzata di George
Jhon: socio di George
CAPITOLO I
La vacanza
George si alzò dal letto e raggiunse la finestra che dava sul cortile. Una luce flebile filtrava orizzontalmente dalla tapparella verde acqua, creando disegni sui vecchi muri del Motel. Qualcuno bussò alla porta. Erano le due del mattino, pensò, frugando nel suo bagaglio a mano il più silenziosamente possibile. Prese la sua pistola, ancora carica, e tolse la sicura. La maniglia si mosse facendo un fastidioso rumore, dovuto all'attrito del legno contro l'ottone arrugginito. Aveva lasciato la città per sentirsi al sicuro, e invece nascondersi in una squallida periferia gli aveva reso le cose ancora più difficili. Rimase immobile nel bagno. Un calcio violento spaccò il legno scadente dell'infisso, e una mano scura cercò l'interruttore tastando nel buio.
Susan chiuse il portatile e raggiunse il frigo. Non avrebbe mai finito quel libro in tempo. La scadenza era troppo vicina, ancora un mese e le avrebbero fatto suonare il telefono all'impazzata. Prelevò una bottiglia di vino bianco, aperta il giorno precedente, e versò tutto il contenuto in un bicchiere di plastica. Quando, quella sera, in vestaglia di seta, si fermò a specchiarsi come d'abitudine, si soffermò su una nuova ruga ai lati della bocca. Aveva speso duecento euro per una crema con strane erbe arabe la settimana precedente. Sfogliando una rivista dal parrucchiere aveva scoperto che lo smog poteva invecchiare la pelle, ma non era realmente convinta che fosse vero. In ogni caso, pensò, iniziava a starle stretta Milano, per quello e mille altri motivi. Era nata e cresciuta in una città che negli anni aveva mutato forma, inseguendo le peculiarità di una società sempre più in degrado. Non aveva ancora nemmeno preso in considerazione il suo, di cambiamento, e incolpare la vita che scorre era forse la scelta migliore. Un divorzio alle spalle, una trattativa finita bene che le permetteva di ritrovarsi in un esclusivo monolocale sui Navigli, a continuare a cercare di far decollare la carriera di scrittrice, non erano esattamente fatiche esistenziali, eppure mantenevano il livello di stress alle stelle. A pensarci bene, la sua recente pubblicazione in una grossa e storica casa editrice, avrebbe dovuto catapultarla nel regno dell'olimpo editoriale, e strappare almeno un contratto di traduzione in qualche paese vicino, come la Spagna o la Francia. Invece, per qualche strano motivo, il romanzo era rimasto in sordina negli scaffali delle librerie, guadagnando giusto un paio di recensioni decenti.
Lo spettro di suo padre, saggista inglese salito alla ribalta per le sue pubblicazioni scientifiche, continuava a perseguitarla. Ogni volta che sentiva il suo nome, Susan, che strideva con ogni parola pronunciata in italiano da chiunque, non poteva non ricordare le sue indubbie origini anglosassoni, e dunque, necessariamente, la sua famiglia. Fortunatamente tutti i suoi amici avevano deciso di chiamarla semplicemente Sue
. Alla soglia dei cinquant'anni, si ritrovava ora a chiedersi se mai ce l'avrebbe fatta, un giorno, a scrivere qualcosa che potesse essere considerato il suo miglior romanzo, o meglio, quello che avrebbe voluto tutti ricordassero come il suo grande capolavoro.
Quel che era certo era che, se non finiva il suo libro entro un mese, sarebbe stata nei guai. Seri.
Dovette ritrovarsi con una caviglia dolorante, a gambe all'aria nel letto, per capire che la noia non le avrebbe mostrato nessuna via d'uscita. Grazie a uno scellerato motociclista, in una strada piena di pozzanghere e sotto una pioggia a dirotto, Sue si ritrovò a scegliere se buttarsi contro una siepe che le avrebbe di certo rovinato il suo nuovo cappotto, oppure rischiare di far finire il piede sotto la ruota di uno scooter, con un paio di scarpe ormai superate. Ovviamente scelse la seconda opzione.
L'unica cosa veramente buona che aveva fatto nella sua esistenza si chiamava Lisa, e aveva ormai diciassette anni. La separazione tra Sue e Paolo, all'alba della sua adolescenza, non aveva aiutato nel già difficile rapporto tra genitori e figli. Sua suocera, un'anziana signora ancora arzilla e piena di inventiva, aveva escogitato un piano diabolico per far calmare le acque tra madre e figlia. Sarebbero partite per una decina di giorni in montagna, così si sarebbero rilassate bevendo cioccolata calda e chiacchierando, ormai tra donna e donna. Era tutto programmato nei minimi dettagli, anche se Sue non aveva mostrato grande entusiasmo all'idea di trovarsi isolata in una baita ad armeggiare con una stufa a legna. Aveva letto da qualche parte che per superare il blocco dello scrittore bisognava sperimentare diverse sensazioni, ritrovarsi in situazioni nuove. Aperto come estremo tentativo il suo portatile all'interno di un grosso centro commerciale, si mise a osservare i bagliori delle palle dorate su un gigantesco abete finto, cercando di risolvere i dilemmi del suo poliziesco. Per quanto tempo doveva scappare George? Avrebbe mai trovato un posto sicuro? Se solo osava puntare un dito verso la tastiera, succedeva qualcosa di incredibilmente fastidioso: un'anziana signora mangiava rumorosamente una caramella alla menta seduta sulla stessa panchina, un bambino di tre anni la fissava immobile, appoggiato alla vetrina dell'erboristeria, oppure il signore dello stand dei materassi le faceva l'occhiolino dalla sua postazione. Doveva mettersi in testa una volta per tutte che non era una scrittrice americana e no, non avrebbe scritto il suo capolavoro imitando autori che producevano trilogie seduti al bar. Quindi fu naturale arrivare alla conclusione, alla vigilia di Natale, che quel viaggio verso l'alto Piemonte sarebbe stato il vero, grande miracolo in grado di salvarla da un imminente catastrofe.
Ci pensò Marta, la santa donna che aveva creato il suo ex marito, a preparare un Natale perfetto per tutta la famiglia. Una elegante tavolata con i classici addobbi e un sottofondo musicale in tema si presentavano ai commensali come ogni anno. Sue, strategicamente, aveva deciso di presentarsi con una bottiglia di sherry. L'idea inziale era di accompagnare il panettone con un bicchiere di cristallo attentamente abbinato alle stoviglie, ma in un momento di entusiasmo, decise di anticipare i tempi. Avevano tirato dei cracker, come nella più classica tradizione anglosassone. Quello era l'unico particolare con cui Sue era riuscita a contribuire in quasi vent'anni di pranzi ufficiali. La sua famiglia acquisita, proprietaria di una nota azienda dolciaria del nord Italia, manteneva le tradizioni tramandate dalle vecchie generazioni come un cane stringe un osso tra i denti. Viste le sue pessime abilità culinarie e i gusti decisamente troppo moderni per il loro target in tema di regali, ogni volta si ritrovava seduta alla destra di sua suocera con una punta di nervosismo, che solo un bicchiere di vino riusciva immancabilmente a sciogliere. Ma quello fu l'anno dello sherry, come accompagnamento alle tartine di salmone scozzese. Marta e Paolo la guardarono gustarsi l'abbinamento estroso disgustati, mentre Lisa comunicava a testa bassa con il suo cellulare, per consolarsi dell'orribile missione nella neve che stava per