Re Muto
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Book preview
Re Muto - Nadia Nicoletti
Nadia Nicoletti
Anna e il Re Muto
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Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write (http://write.streetlib.com)
un prodotto di Simplicissimus Book Farm
Indice dei contenuti
Una dedica
Il Re Muto
Un’altra storia
Tre anni dopo
Un aiuto inaspettato
La caccia continua
L’attesa
Ricordi
Maga o strega
Fante di spade o asso di cuori
Ringraziamenti
Una dedica
"A tutti i Viaggiatori,
siano essi di terra, di mare, o semplicemente dell’anima"
Tutti i diritti letterari di quest’opera sono di esclusiva proprietà dell’autore.
Nel tradimento ho potuto scorgere l'amore
.
Il Re Muto
C'era una volta, in un paese lontano, lontano, una Principessa.
I suoi cari la chiamavano la Principessa Senza Tempo, perché era lì da sempre.
Tutti, ma proprio tutti, si ricordavano di lei. Nessuno però conosceva la sua età, né la sua storia.
La principessa amava segretamente un Re, di cui, però, ignorava la sorte: il Re era stato colpito alla nascita da un sortilegio, lanciatogli dalla regina sua madre.
Dovete sapere, per non giudicare troppo severamente la Regina, che la poverina aveva perso, solo un anno prima, una bellissima bambina, nata e vissuta solo poche ore.
Come potete immaginare, la Regina desiderava ardentemente che questo nuovo figlio in arrivo fosse un’altra bambina, venuta a consolare il suo cuore per la grave perdita subita e perciò non era assolutamente preparata a ricevere un figlio maschio; infatti aveva pensato, desiderato e scelto solo nomi per una femmina.
Quando il bimbo nacque e le dissero che era un bellissimo maschietto, la Regina, delusa e amareggiata, non avendo in mente nessun nome per lui, ordinò di affidarlo alla nutrice senza altro nome che … principino.
Fine della storia. Per lei, ma non per lui. Perché i bimbi senza un nome non hanno neanche una meta. Vagano qua e là tra le storie degli altri e poco a poco muoiono, perché non sanno chi sono, né dove devono andare, né quali gesta debbano compiere.
Così, per salvarlo da quel destino crudele, la Fata Madrina gli impose un nome, pur sapendo che questo avrebbe scatenato le ire della Regina Madre che, infatti, venutolo a sapere, lanciò su di lui un incantesimo: Vivrai, ma non avrai la parola! Prima magia dell’uomo!
E così … c’era una volta un Principe che poi diventò Re, muto sì, ma molto, molto, affascinante. Il principe sapeva nuotare, tirare con l’arco e cavalcare. Inoltre era molto curioso, amava leggere e studiare sopra ogni altra cosa, solo che crescendo non si era reso conto di essere muto; credeva unicamente che gli altri fossero sordi.
Divenuto adulto, ormai stanco di parlare al vento, smise di pronunciare mute parole e cominciò unicamente ad annuire o a dissentire. Un cenno della testa per dire: va bene, sono d’accordo
e un altro cenno per dire no, non va bene, non sono d’accordo
. Ma era così stancante muovere continuamente la testa di qua e di là; per di più ogni tanto qualcuno capiva male e allora le cose andavano come non sarebbero dovute andare, ma che poteva fare?
Passavano i giorni, i mesi, gli anni e gli errori di comprensione aumentavano, generando pasticci a non finire. Il Re Muto decise allora di provare con un altro sistema: Darò solo il mio assenso, pensò, così sarà più facile per gli altri capirmi; se non dico sì, è chiaro che voglio dire no.
E così fece. Ma l’idea si rivelò ben presto fallimentare.
Tutti quelli che erano intorno a lui pensavano di essere bravi, saggi e sempre nel giusto. Il Re diceva sempre di sì alle loro idee o taceva, e, si sa, chi tace acconsente.
Fantastico questo Re che la pensava proprio come loro.
Il Re, che era sempre un po’ distratto dalle proprie faccende, non si accorse subito dell’errore: tutti, ma proprio tutti, pensavano sempre che fosse un sì! Un cenno del suo capo era un sì, il suo silenzio era un sì. Sempre sì e solo sì! Ma li vide tutti così felici che non ebbe proprio cuore di spiegargli che era tutto un grande equivoco.
Passavano i mesi e i sudditi si stancarono di andare a chiedere consiglio al Re, tanto sapevano che avrebbero avuto un sì come risposta e cominciarono a darlo per scontato. Mi piacerebbe tanto piantare un albero di banane in mezzo alla piazza. Forse così le macchine avranno difficoltà a passare, ma quell’albero è così bello e poi mi sembra davvero una grande idea. Vado subito a chiedere al Re che cosa ne pensa, se si può fare. Ripensandoci però, è inutile andare, le mie idee sono sempre buone per lui, perché questa non dovrebbe esserlo?
E così piantò un banano proprio in mezzo alla piazza, con grande fastidio del Re che spesso passava con la sua macchina proprio di lì.
Adesso basta! Si disse il Re, stanco perché nessuno lo cercava più, tutti facevano di testa loro e per di più a lui quello che facevano proprio non garbava.
Che mi serve essere Re, pensava, se devo solo governare, amministrare, (che, si sa, è un gran fatica) e non c’è più nessuno che venga a chiedermi consigli e a omaggiarmi? Nessuno mi riconosce più come Re.
Mentre rimuginava, cupo in volto e nel cuore, passò di lì una strega, la Strega Nera, che aveva conosciuto tanto tempo prima e che, ricordandosi di lui, iniziò a lodarlo: "Come sei bello, come sei forte, come sei intelligente, come sei spiritoso, come sei audace" e ancora e ancora, finché lo tramortì con le parole.
Poi iniziò a sussurrare alle sue orecchie parole che leggeva direttamente dal suo cuore: "Che peccato, un così bel re sprecato per questi sudditi che non lo amano, non lo rispettano, non vedono il suo valore, pensano solo ai loro interessi. Che egoisti, che senza cuore, che approfittatori!"
Al Re Muto piacque molto questa strega che sapeva leggere così bene le pene del suo cuore. Anche lei era incompresa, tutti la schivavano pensando che fosse pazza. Ma lei non era pazza, vedeva solo il nero dei cuori e lo diceva ad alta voce. Che strega coraggiosa!
Finalmente i pensieri del Re avevano voce, anche se non la sua. La Strega, furba e ingannevole, come solo le streghe sanno essere, gli disse allora: "Ti farò un regalo, una magia ti renderà la voce!" Detto fatto il Re Muto parlò. Andò dai suoi sudditi e, come un fiume in piena, riversò su di loro tutte le parole trattenute, che, essendo state a lungo compresse, uscirono fuori come un tuono. Erano parole pesanti come macigni, taglienti come coltelli, vischiose come petrolio, nere come la notte, contorte come ulivi, lacere come stracci e inarrestabili. Sembrava proprio non dovessero finire mai.
I sudditi si tappavano le orecchie, si contorcevano dal dolore, scappavano senza una direzione nel disperato tentativo di non essere sommersi e travolti da quel fiume di lava incandescente e mortale che erano diventate le troppo trattenute parole del Re. Parole che uscivano senza un senso, una perifrasi, una parafrasi, uscivano e basta, libere e travolgenti, felici di essere di nuovo nell’aria.
Ma che scompiglio un linguaggio senza una direzione: basta ecco gioco colpa casa male cena rabbia mamma febbre mare. Poi, senza ormai più fiato, il Re non più Muto se ne andò, certo di aver detto loro quello che c’era da dire e felice di essersi liberato di tutte quelle parole taciute che gli opprimevano il cuore (e gli provocavano anche un bel mal di stomaco notturno.)
I sudditi aspettarono un po’ prima di uscire dai loro nascondigli. Era andato via? Era finita? Potevano uscire? Nessuno sapeva dire con esattezza quanto era durato: un’ora, un anno?
Le parole avevano travolto anche il senso del tempo: passato, presente, futuro. Tutto insieme. Tutto distrutto. Da dove dovevano ricominciare? Ognuno lo fece come poteva. Qualcuno cominciò a spostare le macerie, qualcuno preferì cambiare Paese, qualcun’altro seguì il Re, per devozione o per comodo. Altri invece cominciarono a ricostruire, poco alla volta, le proprie case. Qualcuno, per beffarsi del Re, comprò anche un televisore e si fece l’abbonamento alla Tv satellitare. Certo però fu che nessuno – ma proprio nessuno – aveva capito niente dalle parole del Re!
Un’altra storia
Seduta sul divano Alice guardava sua madre, era come se la storia fosse rimasta sospesa tra loro in attesa di qualcosa.
Mamma …
Sì Alice.
È triste questa storia.
Forse, ma può insegnarci molte cose.
E poi, che cosa succede al Re?
Beh, questa è un'altra storia. Te la racconterò un'altra volta, adesso andiamo a nanna, ché è tardi.
Anna la sospinse dolcemente verso la sua cameretta. Entrarono in silenzio e Alice scivolò leggera come un gatto sotto il piumone, prese il coniglio Gigi in una mano e l’orsa Bice nell’altra. Lo sguardo di Anna si posò sull’altro letto, dove Sara, che si era già addormentata, respirava lentamente. Le sistemò meglio le coperte, poi si sedette sul letto di Alice e, carezzandole i capelli, le diede un bacio. Non si sarebbe staccata da lei, da quel calore capace di scaldarle il cuore, se Alice non le avesse bloccato il respiro con la sua domanda.
Mamma è papà il Re Muto?
Nebbia fitta nella testa, non un pensiero voleva affacciarsi, fare capolino. Lo fece il cuore, dicendo:
Potrebbe essere.
"Povero papà.