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Book preview
DigitalArt - Nino Lacagnina
nino.lacagnina@libero.it www.ninolacagnina.com
Nicuzza
Nicuzza sognata, desiderata, amata…
Nicuzza mai nata,
vissuta solamente nella mente di chi
ti avrebbe voluto generare.
Tu non ti sei alimentata al caldo seno materno,
non hai dormito fra le sue braccia,
non hai pianto per essere cullata,
non hai balbettato pà …pà …pà,
non hai percorso i primi malfermi passi,
non hai sputato le stelline cotte.
Nulla sai dei sorrisi,
dei balocchi,
dei fiori,
del mare,
del sole,
della vita.
Ora, ignara e felice, corri
tra cirri e bianchi ovattati
nembi.
Il tempo (lo zodiaco)
che invenzione strabiliante!
Sessanta secondi ed è già un minuto,
sessanta minuti un’ora,
ventiquattro ore un giorno,
trecentosessantacinque giorni un anno,
dieci anni un fanciullo,
venti un giovane,
trenta un uomo,
quaranta un padre,
sessanta un nonno,
settanta un vecchio,
ottanta un sopravvissuto.
È fuor di dubbio,
i secondi sono tutti uguali,
ma son percepiti secondo l’età,
le stagioni,
lo stato d’animo.
I primi venti anni sono lunghissimi,
interminabili,
quando si compiono sembra un miracolo!
Poi, dopo altri dieci, sembrano abbreviarsi
in un tran-tran quotidiano:
lunedì, martedì, mercoledì …
sabato e domenica.
I cinquanta scandiscono le festività:
Natale, Capodanno, Pasqua, Ferragosto …
I sessanta già franano senza ritegno …
poterli puntellare, ritardare,
sarebbe bello o forse no!
Ogni stagione ha i suoi frutti e trascorrono,
trascorrono senza fine,
sino alla fine.
Riflessioni
Ieri sono andato al Centro Culturale Polivalente Michele Abbate di Caltanissetta per assistere alla presentazione del libro Vie e vite
scritto con maestria e competenza dall’amica Rosetta Bonomo.
La bella sala con le sue rosse poltroncine accoglieva tutti ed era una gran festa ma io… ero irrequieto, nervoso perché la mia mente non era libera … un pensiero mi assillava. Questi locali, un tempo adibiti a macello comunale, furono luoghi di morte e sofferenze per i nostri fratelli minori, gli animali, esseri sicuramente a noi inferiori che usiamo e delle cui carni ci cibiamo per necessità e bramosia sin dai tempi più remoti della storia dell’umanità.
Eppure, penso, le sofferenze che abbiamo inferto loro per procacciarci le loro carni non sono giuste. Si lo so sono animali... non hanno anima … e se il vero significato del termine anima
fosse quello espresso dalla Bibbia e cioè che detto vocabolo intende indicare indifferentemente una persona o un animale o la vita che la persona o l’animale ha in quanto tale provenendo dall’ebraico
nèfesch e dal greco
psychè" ?
Non aggiungerebbe nulla di nuovo alle nostre convinzioni interessate se non che l’anima dell’animale muore quando muore il suo corpo mentre l’anima dell’uomo sopravvive.
Mi sento più sereno? No, no di certo.
Penso alle stragi d’innocenti capretti e agnellini che alla vigilia della S. Pasqua si perpetuano con furore e che ormai vediamo solo sotto forma di un succulenti arrosti in casseruola con patatine.
Ma avete mai pensato ad una possibile invasione di alieni che, trovandoci sicuramente inferiori loro, ci trovassero anche, perché no, appetitosi? Orrore, sicuramente orrore sarebbe il sentimento che proveremmo.
Ma che penso, se esprimessi tali concetti ad alta voce, sicuramente mi considererebbero folle ma io non mi sento tale, eppure, pur avendo tali pensieri, quante volte ho divorato con pieno gusto costolette o fettine di vitello …
Ma la Bibbia dice: "Dio proseguì, dicendo: ’Brulichino le acque di un brulichìo di anime viventi . . .’ E Dio creava i grandi mostri marini e ogni anima vivente che si muove, di cui le acque brulicarono secondo le loro specie, e ogni alata creatura volatile secondo la sua specie. . . . E Dio proseguì, dicendo: ’Produca la terra anime viventi secondo le loro specie . . .’ E Dio faceva la bestia selvaggia della terra secondo la sua specie e l’animale domestico secondo la sua specie e ogni animale che si muove sul suolo secondo la sua specie".
Gli aquiloni
Legati ad un filo
tra un albero e una parete della casa
tanti piccoli aquiloni,
acquistati per pochi yuamg a Gulin, in Cina,
per settimane ad ogni alitar di vento
mi hanno rallegrato
con le loro piroette
scarti improvvisi e brevi fughe poi,
questa notte,
è arrivata impetuosa la pioggia
che li ha distrutti ed ora,
accartocciati su se stessi penzolano legati al filo.
Dovrei toglierli ma non lo faccio
forse pensando che
come l’araba fenice
riprenderanno a volare.
Le falene
Per le falene
la fiamma è irresistibile
l’attrae fatalmente,
ed esse
girano, rigirano
in volute sempre più strette
sino a che un lampo
e le ali non ci sono più,
incenerite miseramente.
E allora?
Se questo è il loro fato,
ed è tanto struggente
l’attrazione che esercita
su di loro
la rossa fiamma
sino al sacrificio,
che occorre pensare
a chi codificò
questo fato amaro,
gli dei invidiosi?
Si, solo loro
furono testimoni
dell’orientale scintillio
quando Shanghai
era tutta una gran fiamma…
Sulle sponde
di quel lontano mare
nulla essi dissero,
forse perché coscienti
che anche la loro divina natura
non può mai sottrarsi al fato.
Ma noi,
moderni figli del ventunesimo secolo,
orgogliosamente sappiamo
che il fato non esiste,
che noi creiamo il nostro futuro
con le nostre libere scelte
come quella di credere fermamente
che i nostri desideri
prima o poi
si realizzeranno.
Per il tuo compleanno
ti regalo l’arcobaleno
perché tu possa sempre custodirlo e,
guardandolo,
ricordarti che
il rosso è l’amore
che arde nel mio cuore per te,
l’arancione il girasole
che cerca il sole come io
cerco in te la luce,
tutto il giallo oro del mondo
che vale molto meno di te,
il verde la speranza
d’essere sempre tenuta nel tuo cuore,
l’azzurro il cielo luminoso e terso
come i tuoi occhi,
l’indaco, la certezza
che senza di te non posso vivere
e, infine,
il violetto per dirti che questo è
il mio colore preferito.
L’Arcobaleno
Come marzo,
ieri eri serena e felice,
oggi furente e buia.
Che ho fatto?
Che ho detto?
Anzi,
cosa non ho fatto?
cosa non ho detto?
Nessuno può possedere
le sensazioni e i sentimenti altrui.
La quantità e il possesso non appagano,
solo la qualità lo può.
I colori esprimono la vita,
le stagioni,
gli umori,
i sentimenti.
Il blu, il rosso, il verde il nero,
rappresentano l’immensità degli oceani,
la passione del fuoco, la speranza dei prati,
la tristezza del lutto.
Non è niente la quantità.
Ogni quantità
è sempre inferiore a quella maggiore e,
chi ne possiede,
aspira sempre ad averne ancora di più e,
non ottenendola,
è infelice.
I colori dell’arcobaleno sono solo sette;
essi non sono visibili a comando ma solo
attraverso goccioline d’acqua sospesa
che formano dei prismi su cui la luce si
rifrange.
Occorre perciò che piova,
che smetta,
che torni il sereno,
individuare l’angolatura esatta,
e allora, solo allora, compare
la meraviglia della natura.
La gioventù
La nera,
l’ineluttabile,
incombe sempre su di noi
su tutte le creature del creato.
La sua opera però
è essenziale per la vita.
La gazzella che perisce
tra gli artigli del leone
è fonte di vita per i cuccioli della belva,
i pesci che soccombono nelle reti
rendono gioiose
le tavole imbandite dei commensali,
il fiore che sfiorisce e muore
produce il seme
per la successiva
sfavillante fioritura dei prati,
il sole che tramonta
uccide il giorno
per permettere alla notte
di ristorare le arse zolle.
Solo la gioventù
allontana e confina
in una dimensione astratta
l’idea della fine di ciascuno e,
anche per questo,
è il dono più prezioso
che ogni essere vivente riceve.
Vecchio maniero – atto primo
Da un po’ di tempo,
le domeniche, nei giorni festivi
o di anniversari,
una dolce orda di notabili,
onora il mio desco.
Son Ser Pepi
esperto avvocato
Principe del Foro,
e la sua dolce figlia
Lady Ale,
Ser Fafi
gran dirigente bancario,
con Lady Sony,
la sua adorata moglie,
il primo genito della casa,
mr. Marco
ed il rampollo di quest’ultima
Mr. Andrè.
A tutti accudisce personalmente
Lady Mary,
infaticabile ed esperta
padrona di casa,
che include in sé
le sapienti doti di cuoco soprafino,
vivandiera,
maestra di cerimonia
e chi più ne ha ne metta.
Le portate si susseguono
sensa sosta:
gamberi lessi cotti a fuoco lento
in un sughetto aromatizzato,
verdura lessa soffritta
con olive nere di Barcellona,
melanzane alla parmigiana,
affettato di prosciutto crudo e cotto
e bocconcini alla caprese
come antipasto.
Quindi un bittico
di farfalline al salmone
ed una pasta al sugo
saltata in padella
con pezzettoni di pomidoro e prezzemolo.
Vengono poi serviti
salti in bocca alla romana,
arrosti misti,
coniglio alla cacciatora
patatine fritte e insalate verdi e,
per finire,
frutta di stagione e dessert.
Tutto è spazzolato
con vigore e soddisfazione dai commensali,
ed io,
come Signore della casa
,
mi vedo
ad una tavola sapientemente imbandita
in un vecchio maniero
dove non mancano
le armature di nobili guerrieri
e magnifici arazzi.
Lady Mary,
in un andirivieni senza posa,
ricomposto il desco
serve il caffè.
Il pranzo si è concluso
ma lei, Lady Mary,
ancora non paga,
adesso, indossate vesti più umili,
per ore,
accudirà al riassetto delle cucine.
Questa sera,
dopo aver speso altre due o tre ore
per il riassetto del soggiorno,
massimo alle ventidue,
crollerà in un sonno ristoratore
che la farà rinascere,
domani alle nove felice e pimpante.
Vecchio Maniero - Atto secondo
Oggi,
14-Agosto-2009,
il desco nel nobile Maniero,
sorprendentemente,
forse per un numero
impressionante d’imprevisti,
a tarda ora, oltre le quindici,
si è trasformato
in una mensa per proci
tutti intenti a sfamarsi
con vettovaglie e bevande
accatastate
su di una sorta di mensa da campo.
Ser Fafi, gran funzionario bancario,
il principe del foro
Gran Avvocato di corte, Ser Pepi,
Mir Marco, Andrea e Lady Sony
senza ritegno alcuno,
in un battibaleno
sbranano tutto quello che è in mostra
come digiunanti da mesi.
Lady Mary,
perduta il suo consueto charme,
non più maestra di cerimonie,
sovraintendente unica delle cucine e
gran dama di corte,
nel suo andirivieni instancabile
dalle cucine,
non riesce ad alimentare costantemente
il flusso di viveri.
Ser Fafi,
finalmente satollo,
al colmo dell’eccitazione,
non trova di meglio
che intonare
il motivo conduttore
del vecchio dramma
della corazzata Potioski,
sferza e premio
per i suoi subordinati.
Il Signore del maniero,
col cuore colmo di rimpianto
per i trascorsi impeccabili conviviali incontri,
dopo un