Educazione e pedagogia in Giovanni Bosco
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Spirito pratico più che speculativo, Don Bosco ispira la propria educazione a principi di saggezza e concretezza. Egli fa leva su tre fattori essenziali (ragione, religione, amorevolezza) e si prefigge il fine di formare cittadini onesti e buoni cristiani.
Il pensiero pedagogico di Giovanni Bosco è espresso nelle poche ma significative pagine de Il sistema preventivo nell’educazione della gioventù (1877) e la Lettera da Roma (1884).
Dati i suoi contenuti e fini principalmente religiosi, il modello educativo boschiano non appare generalizzabile e trasferibile tale e quale. Tuttavia esso offre anche al nostro tempo intuizioni e spunti attuali e fecondi: la vigilanza e l’avvertenza che prevengono nei ragazzi mancanze e devianze per non doverle poi reprimere e sanzionare; l’importanza di creare un clima educativo sereno, connotato di vita, di moto, di sana allegria.
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Anteprima del libro
Educazione e pedagogia in Giovanni Bosco - Oreste Sagramola
BIBLIOGRAFIA
INTRODUZIONE
Nell’Ottocento romantico e risorgimentale, la nuova atmosfera culturale e le urgenti istanze di formazione della coscienza civile e politica del popolo, onde fare gli Italiani dopo aver fatto l’Italia
– come esorta acutamente Massimo D’Azeglio – sollecitano un’educazione autentica quale fattore essenziale allo scopo.
Nello sforzo di rinnovamento educativo e scolastico si distingue l’opera di studiosi, uomini di governo e di scuola, non di rado divisi da vedute politiche conservatrici o progressiste, da impostazioni metodologiche tradizionali o moderne, dall’appartenenza all’ambito laico o cattolico, ma tutti ugualmente protesi verso la meta dell’affermazione della dignità dell’uomo.
Nella pedagogia dell’‘800, autori come Giuseppe Mazzini, Giandomenico Romagnosi e Carlo Cattaneo, accentuano il carattere nazionale e politico dell’educazione, mentre la nutrita schiera dei pensatori e maestri cattolici (Antonio Rosmini, Vincenzo Gioberti, Ferrante Aporti, Gino Capponi, Raffaello Lambruschini) ne privilegia gli aspetti morali e religiosi.
In questo complesso e articolato panorama, si distingue, per profondità di intuizioni e per ricchezza e multiformità di opere, la figura di Giovanni Bosco, sacerdote piemontese, che Angiolo Gambaro definisce educatore e pedagogista nella pienezza della tradizione cattolica. "Ebbro di Dio e pieno di umanità operante, fisso lo sguardo al Cielo e sensibilissimo ai doveri di solidarietà che lo stringono verso i compagni di viaggio sulla terra, è il più singolare dei creatori e degli organizzatori d’imprese educative che sia balzato alla luce della storia moderna. Senza partecipare ai fermenti del suo secolo, ne avvertì i gravi bisogni e le insopprimibili tendenze, vi si adattò con la tranquilla elasticità del Cristianesimo sempre antico e sempre nuovo, perché inesauribile ed eterno, con l’accettazione integrale del suo tesoro di verità e di mezzi salutari, con la leale subordinazione alla gerarchia ecclesiastica, con l’adeguazione gioiosa delle esigenze della fede alle necessità delle anime e alle condizioni della vita1.
La missione di Don Bosco, allo stesso tempo religiosa, educativa e sociale, consiste innanzitutto nel prendersi cura della gioventù «povera, abbandonata, pericolante» per riscattarla dalla sua triste condizione attraverso un progetto di vita che mira a formare «onesti cittadini e buoni cristiani». Questo fine, apparentemente semplice e invece difficile, talvolta contrastato, con tempi lunghi di realizzazione, richiede, per attuarsi in ampio raggio, strutture e strumenti che Giovanni Bosco crea in misura imponente (oratori festivi, scuole serali, scuole diurne, scuole di arti e mestieri, laboratori per giovani artigiani, colonie agricole, istituti industriali, collegi, internati, ospizi di beneficenza, propaganda della buona stampa, assieme ad una congregazione religiosa, quella dei Salesiani, che diffonde i principi e gli insegnamenti del fondatore nei vari continenti), ponendo sempre alla base delle sue istituzioni il rispetto della persona umana anche nei soggetti più emarginati, il controllo della libertà, uno spirito religioso aperto e sereno, l’impulso dato alle attività artigianali, la valorizzazione del lavoro quale via per sfuggire all’ozio, il rispetto della nazionalità.
Giovanni Bosco non è un teorico della pedagogia, né un tecnico della didattica, né uno studioso dei problemi scolastici, come lo sono, rispettivamente, Rosmini, Lambruschini, Aporti, Rayneri. Però sa attingere alla sua vita e alla sua profondità spirituale quelle intuizioni risolutive che connotano la sua educazione e la collocano saldamente su tre essenziali piedistalli: la ragione, per conoscere e capire i ragazzi; la religione, per guidarli al fine della salvezza; l’amorevolezza e bontà, come sostanza del rapporto educativo.
Pur restio in linea di principio ai sistemi educativi in genere, Don Bosco tuttavia si consegna di diritto alla storia della pedagogia con il suo Sistema preventivo nell’educazione della gioventù
(1877). Tale metodo, inteso come amorevole e premurosa prevenzione dell’errore da preferire sempre alla dolorosa repressione di esso, è sentito e proclamato da Giovanni Bosco come una identità educativa sua propria e della congregazione salesiana in questa lettera dell’agosto 1885 indirizzata a Don Giacomo Costamagna e ai Salesiani di Argentina: Il sistema preventivo sia proprio di noi. Non mai castighi penali, non mai parole umilianti, non rimproveri severi in presenza altrui. Ma nelle classi suoni la parola: dolcezza, carità e pazienza. Non mai parole mordaci, non mai uno schiaffo grave o leggero. Si faccia uso dei castighi negativi, e sempre in modo che coloro che siano avvisati, diventino amici nostri più di prima o non partano mai avviliti da noi
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La grandezza e l’attualità dell’opera educativa di Giovanni Bosco sono provate dalla fecondità e