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Senza pari allo specchio
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Senza pari allo specchio

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About this ebook

Questa è una storia vera, sebbene rivisitata con le “ali” della fantasia: amore, ossessione e somiglianze pericolose…
Il passato flirta col presente e “radici antiche” riecheggiano in sottofondo, come in un bisbiglio, ma sempre latente…
Come suggerisce il sociologo Davide Irico nella prefazione: “La storia è magistra vitae? Se sì, il passato come interviene a modificare il presente?”
Senza pari allo specchio, insomma, è tutto da leggere.
Un romanzo, in cui, ancora una volta, grazie ad una scrittura fluida, l’autrice cattura il lettore fin dalle prime battute, trascinandolo nel cuore della narrazione attraverso scenari descritti con una naturalezza estrema…
LanguageItaliano
PublisherLa Caravella
Release dateFeb 25, 2016
ISBN9788868271633
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    Book preview

    Senza pari allo specchio - Rita Bignante

    Woolf

    Prefazione

    Intenso, fitto. Una trama tessuta a maglie molto strette, coese e coerenti tanto da non permettere la distrazione al fortunato lettore che verrà risucchiato all’interno delle spire del racconto e portato fin dove la penna dell’autrice vorrà; per poi essere disilluso, confuso e stupito, giungendo ad un finale inaspettato, naturale caduta di tensione dopo il raggiungimento del climax letterario.

    La regia della scrittrice stordisce qualsiasi lettore così come la bella protagonista annebbia e conduce dove vuole chiunque la incontri.

    Questo anche grazie al sovvertimento di tutte le certezze su cui inizialmente si fonda la vicenda: quasi evangelicamente ciò che è nobile diviene indecoroso, ciò che è sminuito diviene importante, ciò che è carismatico ed affascinante è, allo stesso tempo, arrendevole e passivo. Il tutto impreziosito da citazioni e riferimenti storici ad opere letterarie, pittoriche e musicali, tanto da poterlo ben definire un romanzo colto contemporaneo. Contemporaneo come i personaggi che lo abitano, in una continua danza di corteggiamento tra passato e presente, tra il ricordo ed il destino che prima prepara e poi crea la vicenda. Come terzo romanzo della scrittrice questo può ritenersi la summa matura dei lavori precedenti, dove vengono esplorati e portati alla loro estrema evidenza tutti i temi ricorrenti della produzione della Bignante: l’uomo è costretto o no sul binario del proprio immutabile destino? La storia è magistra vitae? Se sì, il passato come interviene a modificare il presente?

    I personaggi femminili, per quanto moderni, hanno sempre una venatura romantica ottocentesca: ma oggi è ancora così?

    Il tema del corteggiamento tra uomo e donna: chi preda e chi predatore?

    Come rivivono in noi le parole ed i ricordi delle persone care che ci hanno lasciato?

    Che cosa c’è di finzione nella realtà e che cosa di reale nella finzione?

    Quali gli equilibri tra la nostra percezione e la realtà?

    Tutte domande a cui l’autrice dà una propria risposta nello svolgimento della trama, ma che, al contempo, lascia anche aperte ad altre possibili soluzioni per noi lettori che immaginiamo sviluppi e finali diversi a seconda di come vogliamo rispondere a quelle sollecitazioni che il libro ci consegna.

    Buona lettura!

    Davide Irico

    Francoforte sul Meno

    Agosto, alcuni anni prima…

    Malgrado fosse la sua seconda volta allo Städelsches Kunstinstitut, nonno Lorenzo sostava volentieri davanti a quel capolavoro del maestro Sandro Botticelli, come se quel quadro dovesse mostrargli un segreto mai confessato e che, forse, stava per essere rivelato non necessariamente ad un intenditore o ad uno studioso di storia dell’arte, ma ad una semplice anima sensibile…

    «Nonno, toglimi una curiosità…»

    «Dimmi…»

    «Che effetto ti fa ritornare in questo museo a distanza di anni? E perché contempli quella tela come fosse una reliquia? Voglio dire, è meravigliosa certo, ma ho come l’impressione che tu la guardi come fosse la prima volta… o…?»

    «Sì, Sophia, è così. Questo Ritratto di giovane donna rappresenta per me una continua scoperta e non so spiegarti il perché, ma sento che ha qualcosa in più da svelare se solo lo si osserva con attenzione. Sono fermamente convinto che voglia comunicarci un messaggio, magari un avvertimento, seppure… a distanza di secoli… O forse c’è un collegamento fra il loro mondo e il nostro, una sorta di ponte. In fondo, la storia è un meccanismo perfetto, simile a quello di un orologio e… spesso si reitera… Capisci cosa voglio dire?»

    «Be’, forse, ma non ne sono sicura. Ma cos’è esattamente che cattura la tua attenzione? Il gioiello, insomma il medaglione nero che quella signora porta al collo con disinvoltura o la complicata acconciatura o magari l’aria malinconica che traspare dal suo sguardo… quello sguardo così bello, ma altrettanto triste? Sì, triste, perché io lo vedo così».

    «E brava la mia nipotina! Per essere così giovane, sei già terribilmente perspicace, sai?»

    «Dai, nonno, non prendermi in giro!»

    «Me ne guarderei bene! In realtà, credo tu abbia fatto centro. E per la cronaca, quel gioiello è la famosa gemma di Nerone ed è appartenuta al tesoro dei Medici per un certo tempo».

    «Ah, davvero? E tu come lo sai? Non dirmi che riesci persino a identificare la modella del notissimo pittore?»

    «L’ho letto tempo fa su un saggio di Rachele Farina dal titolo Simonetta - Una donna alla corte dei Medici e, a proposito, l’identità della modella è già certa da tempo, si tratta proprio della bellissima Simonetta Cattaneo, più familiare ai più col suo cognome da sposata, ovvero Vespucci».

    «Era davvero così bella?»

    «Oh, sì, lo era. La sua avvenenza era talmente leggendaria da far girare la testa a diversi uomini illustri del Rinascimento e non solo toscani… e da affascinare poeti e scrittori di ogni tempo sino ad oggi».

    «Era toscana anche lei?»

    «No. Era ligure e, come puoi notare, raccoglieva spesso i suoi biondi capelli in una o più trecce morbide, proprio come fai tu».

    «Ricordi cosa mi dicevi quand’ero bambina? Non dirmi che già allora alludevi a…»

    «Certo che mi ricordo! E lo penso tuttora: tu hai parecchio in comune con quella donzella del XV secolo… il tuo ovale, il tuo sguardo spesso velato di mestizia, i tuoi capelli e persino certe tue espressioni che in passato definivo botticelliane, rammenti?»

    «Ma dai, figurati! Non sarà solo suggestione?»

    «Assolutamente no. Ormai dovresti conoscere tuo nonno e sapere che non ho mai amato le lusinghe fini a se stesse. So che da piccola ti arrabbiavi, eppure già allora ravvisavo in te una curiosa somiglianza con quell’eterea fanciulla… Piuttosto, ora toglimi tu una curiosità…»

    «Ti ascolto».

    « E se ti dicessi che le somigli sempre di più?»

    LEI

    1.

    Torino, 3 maggio 2011

    Convinta ormai di trovarmi seduta in platea, strabuzzo gli occhi non appena mi rendo conto che uno steward del teatro Regio di Torino accompagna me e i miei due chaperon al terzo piano, verso un palchetto…

    Un palchetto?

    No, non può essere vero, continuo a ripetermi credevo che la mamma avesse prenotato in platea…, ma dopo pochi attimi si apre davanti a noi una prima porticina e poi una seconda che dà l’accesso a quello scrigno di velluto rosso nel quale si trovano quattro poltroncine e due sgabelli, anche quelli rivestiti di velluto color porpora.

    Siamo in anticipo, così mi affaccio dal balconcino per abbracciare con lo sguardo tutto il teatro: i miei occhi avidi di quel mondo corrono in ogni direzione spaziando dai palchetti adiacenti al nostro alla platea, dalla buca dell’orchestra al soffitto, soffermandosi per qualche istante sullo scintillio prodotto dai lampadari.

    Perdendomi fra quelle luci, libero mille pensieri che sembrano danzare al ritmo dei battiti del mio cuore e così, quasi non mi accorgo che altre persone hanno preso posto vicino a noi. Ma non m’importa, perché ora sono troppo impegnata a seguire i miei sogni e, convinta più che mai, a concentrarmi sull’opera che sta per iniziare: La Traviata di Giuseppe Verdi, e decisa a non perdermi neppure una virgola.

    Ma ecco che si spengono le luci, mentre il mio cuore accelera e il melodramma inizia…

    Le scene si susseguono dinanzi ai miei occhi e se non fosse per quel forsennato palpitare del mio cuore, mi sentirei tranquilla e felice, conscia di aver tutto sotto controllo.

    E poi accade… caro nonno l’avresti mai detto? Mi sono commossa già durante la terza scena del I Atto, quando Alfredo dice: … di quell’amor ch’è palpito…

    Due furtive lacrime spuntano nei miei occhi ed un brivido mi coglie del tutto impreparata… ma avrei dovuto prevederlo e ora comprendo: son certa che – ad esempio – sotto, sotto ci sia il tuo zampino, nonno… ed ecco spiegato il posto nel palchetto!

    Chissà se stai sorridendo da lassù e magari osservi colei che auspichi abbia ereditato la tua passione per la lirica… Bene, rassicurati, perché… è così. Sì, non so spiegarti tutte le ragioni, ma ora lo so: questo mondo mi cattura, forse mi appartiene?

    Penso che tutti, almeno una volta nella vita, dovrebbero incontrare l’opera.

    Poi può arrivare o no, ma è un’esperienza da fare.

    Seppure per pochi attimi, non ho resistito alla tentazione di girarmi un film tutto mio, riportando questo teatro nel momento del suo maggior splendore (non che adesso non sia bello!) e, persino la gente che popola la platea e i palchi – di colpo, ai miei occhi – ha dismesso gli abiti contemporanei per indossare i costumi del XIX secolo.

    E, a proposito di costumi, quelli di scena (realizzati da colui che ha curato anche la regia, Laurent Pelly), pur non essendo riconducibili all’epoca cui l’opera si ispira, sono deliziosi, coloratissimi come la carta delle caramelle.

    Intanto non perdo una battuta, senza bisogno di seguirla sullo schermo sito in alto, oltre la volta del palcoscenico e sai, la cosa mi sorprende alquanto, perché sto studiando è vero, ma non posseggo ancora quella preparazione che vorrei sulla materia del bel canto… eppure, mi pare di avere accanto una presenza invisibile che mi sussurra le parole del libretto, odo una musica nella musica e mi domando: Ma è reale tutto questo?

    Ascolto rapita Violetta, il soprano Aleksandra Kurzak, deliziata sia dalle sue doti canore che dall’abilità con la quale volteggia sul palco, accompagnando il canto con gesti morbidi e voluttuosi per incantare il suo Alfredo che ormai non vede altre che lei.

    E che dire di Annina, il soprano Bernadette Lucarini, sì tenera e delicata come la sua voce, quasi a sottolineare la sua parte, ovvero di colei che è sinceramente affezionata alla sua padrona Violetta?

    Che brava l’amica Flora, il mezzosoprano Chiara Fracasso!

    E nel mentre, scrosciano gli applausi anche per Alfredo, il tenore Stefano Secco che con la sua voce morbida pare trarre alimento direttamente dai bisbigli amorosi… e per Giorgio Germont, il baritono Fabio Maria Capitanucci che pare quasi troppo timido per il suo ruolo così duro. E complimenti anche al coro diretto dal maestro Claudio Fenoglio!

    Qui è tutto talmente bello e magico che il tempo è volato e lo spettacolo è giunto al termine, ma non voglio andare via subito e, incoraggiata dalle mie impareggiabili accompagnatrici (la mia meravigliosa mamma e la sua fantastica amica), mi attardo un po’ nel foyer per rammentarmelo bene, ripercorrendo velocemente gli intervalli fra un atto e l’altro che mi hanno permesso, sia pure brevemente, di curiosare qua e là fra gli avventori del bar del teatro come forse è già avvenuto in un’altra vita… indossando altre vesti.

    Assorbita dall’atmosfera di quel luogo dorato, ripenso al direttore d’orchestra, il maestro Patrick Fournillier che, a mio avviso, è stato assolutamente impeccabile; e con l’orchestra del Regio ha saputo davvero accompagnare i personaggi nella loro recita con una naturalezza ed un equilibrio tali da indurti a credere di vivere una scena reale, una scena che andava oltre i confini del teatro, coinvolgendoti e quasi obbligandoti ad essere lì, testa e cuore, per assaporare insieme agli interpreti ciò che

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