Freeway killer
Di Fabio Oceano
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Anteprima del libro
Freeway killer - Fabio Oceano
a cura di Franco Forte
Freeway killer
di Fabio Oceano
1.0 febbraio 2014
ISBN versione ePub: 9788867751822
© 2014 Fabio Oceano
Edizione ebook © 2014 Delos Digital srl
Piazza Bonomelli 6/6 20139 Milano
Versione: 1.0 febbraio 2014
TUTTI I DIRITTI RISERVATI
Sono vietate la copia e la diffusione non autorizzate.
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Indice
Colophon
Fabio Oceano
Freeway killer
Uno
Due
Tre
Quattro
Cinque
Sei
Sette
Otto
Nove
Dieci
Delos Digital e il DRM
In questa collana
Tutti gli ebook Bus Stop
Fabio Oceano
Nato a Pozzuoli trentotto anni fa, Fabio Oceano scrive da quando ne aveva dodici. È appassionato di ogni genere letterario in cui ci sia di mezzo il fantastico, oltre che di fisica e di storia. Nel 2006 con il romanzo Stella Rossa
ha vinto il Premio Fantascienza.com indetto da Delos Books, per la quale ha anche pubblicato un racconto nella raccolta Dragonland
. Per Delos Digital, nella collana Serial Killer
, è uscito il suo romanzo La quarta vittima
, la vera storia di Albert Fish.
Uno
L’odore di morte e feci fu la prima cosa a colpirmi.
— Gesù Cristo — disse George Sellick alle mie spalle portandosi la mano alla bocca. Alto e ossuto, sembrava uno spaventapasseri vestito da becchino nel suo completo scuro. Si dava arie da duro ma se non reggeva la vista di quello spettacolo, poteva anche cambiar mestiere.
La stanza era vuota, fatta eccezione per il cadavere seduto in un angolo. Era un cadavere perché gli mancavano entrambe le braccia e il torace era stato aperto mettendo in evidenza gli organi interni, ora ridotti a una massa spugnosa su cui banchettavano vermi e mosche. Gli mancava anche metà della calotta cranica e un occhio era schizzato fuori dall’orbita finendo nella pozza di sangue raggrumato, feci e visceri che si era raccolta tra le gambe.
Attesi che si fosse ripreso. — Tutto bene? Se non te la senti non sei obbligato.
— È tutto okay — disse mostrandomi il pollice sollevato. — È solo che… — scosse la testa e vomitò la colazione spargendola sul pavimento.
— Così inquini la scena del crimine — ringhiò Cooper sopraggiungendo con due agenti della polizia alle calcagna e un giovane detective della polizia.
— Mi scusi signore — disse Sellick imbarazzato.
— Levati dai coglioni per Dio — sbottò Cooper spingendolo via. Nel frattempo i due agenti si erano immobilizzati sulla soglia, non osando andare oltre.
Il detective invece sembrava più intraprendente e avanzò di qualche passo. — Pare che abbiamo un nuovo caso del Macellaio.
— Sarebbe opportuno — dissi assumendo il tono più ufficiale che potevo. — Evitare di dare un soprannome all’assassino.
— È così che lo chiama la stampa.
— Appunto, non diamo corda a quello che dicono i mass media.
Il detective fece spallucce.
— Dov’è la scientifica? — chiese Cooper guardandosi attorno. — Dovrebbero essere già qui da un pezzo.
— Ci siamo solo noi per ora — disse il detective. — A proposito, sono il tenente Stone, Quindicesimo Distretto.
— Agente Cooper e Carter — disse indicando me con un cenno della testa. — E il novellino dallo stomaco debole era Sellick. Lui però non conta.
Stone annuì senza mostrare alcun interesse. — Posso chiedervi perché due agenti dell’FBI sono stati così solerti a venire qui?
— Ha mai sentito parlare dell’Unità Crimini Violenti?
— No, è la prima volta.
— Farà bene a farci l’abitudine allora. Mi sa che dovremo collaborare a questo caso.
— Il capitano Biggs non me ne ha parlato.
— Allora lo chiami — disse Cooper perentorio. — E si faccia ripetere quello che le sto dicendo io adesso.
Stone serrò la mascella. — Insomma, che diavolo volete voi due?
— Cinque minuti di intimità con la vittima, poi i suoi uomini potranno fare tutte le rilevazioni che vogliono.
— Tutto qui? Vi lascio volentieri il campo libero — disse facendo un cenno ai due poliziotti in attesa sulla soglia.
Quando se ne furono andati, Cooper si avvicinò e disse: — Spero tanto che tu sappia cosa stai facendo, Carter. Dio Santo, guarda com’è messo quel poveraccio.
— Lo ha torturato prima di finirlo — dissi muovendomi attorno alle gambe distese della vittima.
— Perché tagliargli le braccia stavolta?
— Il macellaio prende sempre un trofeo dalle sue vittime. A Craighton ha strappato via il naso a morsi, mentre a Lopez ha tranciato di netto le dita di entrambe le mani. Stavolta è toccato alle braccia. E, per inciso, se guardi bene le ferite, penso che gliele abbia strappate, più che tagliate.
— Come fai a restare così calmo?
— Vuoi metterti a vomitare come Sellick?
— Al diavolo — fece girandosi verso la porta. — Perché siamo saliti prima della scientifica?
— Devo verificare la mia teoria. — C’era un corridoio che collegava la stanza col cadavere a un secondo ambiente. — Che ne diresti di dare un’occhiata in giro mentre io faccio un rapido sopralluogo?
— Basta che non tocchi niente come l’ultima volta.
— Per carità — dissi alzando le mani in segno di resa. — Non voglio sporcarmi il vestito.
Cooper scosse la testa e se ne andò borbottando qualcosa.
Eccoci qui
pensai rivolto al cadavere. — Finalmente soli — mormorai. Mi accovacciai davanti al corpo stando bene attento a tenermi ad almeno due metri di distanza. — Chi ti ha fatto tutto questo? Qualcuno che conosco?
— Carter — disse il mio collega tornando con passo veloce. — Devi vedere una cosa.
Mi alzai e lo raggiunsi. — Fammi indovinare. Una scritta sul muro fatta col sangue della vittima?
— Vaffanculo — rispose brusco voltandosi.
Lo seguii nella stanza successiva. Anche questa era vuota, fatta eccezione per un tavolo rettangolare piazzato in mezzo al pavimento. Sopra di esso qualcuno aveva ammonticchiato otto sedie in modo da formare una struttura che stava in piedi da sola.
— Il castello del Macellaio — dissi toccando una delle sedie.
— Non lasciarci le impronte. Devo proprio insegnarti tutto, sant’Iddio?
Lo ignorai lasciando che i polpastrelli passassero sulla superficie ruvida del legno. — Secondo te queste sedie erano già qui o le ha prese da qualche altra parte?
— Magari se le è portate da casa. Che cazzo vuoi che ne sappia io?
— Secondo me è una specie di messaggio.
— E cosa vorrebbe dirci il Macellaio?
— Che è bravo e vuole farcelo sapere. Si compiace della sua bravura così tanto che dopo aver torturato, mutilato e ammazzato un uomo, perde tempo a sistemare queste sedie invece di dileguarsi. Ci sta dicendo che ha pianificato ed eseguito tutto con estrema cura senza lasciare al caso nessun dettaglio, nemmeno quello più insignificante.
— Sembra quasi che tu lo ammiri.
— In un certo senso, è così.
Cooper mi guardò dritto negli occhi. — Sei sicuro di non esserti fatto di nuovo?
— Sono tre anni che non tocco quella robaccia — dissi evitando il suo sguardo. Non volevo si accorgesse che stavo mentendo.
— Che cosa facciamo adesso?
— Qui abbiamo finito per il momento. Direi che è giunta l’ora di far entrare in scena la scientifica e vedere che cosa riescono a tirare fuori da quel casino.
— Ci avete messo poco — disse Stone vedendoci arrivare. Lo trovammo che aspettava nell’atrio del palazzo insieme ai due agenti di prima. Del reparto scientifico però non vi era alcuna traccia. In compenso sul marciapiede e in strada si era radunata una discreta folla di curiosi attirata dalla presenza delle volanti della polizia e dei numerosi agenti usati per circoscrivere la zona.
— Non c’era molto da vedere — disse Cooper. — Dove cazzo sono i tecnici?
— Stanno arrivando.
Presi in disparte il mio collega e gli sussurrai: — Dove sono?
— Sparsi un po’ ovunque — rispose abbassando la voce a sua volta.
Guardai la folla di visi anonimi e curiosi che ci fissava cercando di non far trasparire le mie emozioni. — È qui, ne sono certo.
— Come fai a dirlo?
— Ci guarda per vedere le nostre reazioni. Probabilmente gode nel