Sherlock Holmes e l'avventura del licantropo
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Anteprima del libro
Sherlock Holmes e l'avventura del licantropo - Stefano Attiani
a cura di Luigi Pachì
Sherlock Holmes e l'avventura del licantropo
di Stefano Attiani
ISBN versione ePub: 9788867752706
© 2014 Stefano Attiani
Edizione ebook © 2014 Delos Digital srl
Piazza Bonomelli 6/6 20139 Milano
Versione: 1.0 aprile 2014
TUTTI I DIRITTI RISERVATI
Sono vietate la copia e la diffusione non autorizzate.
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Indice
Colophon
Stefano Attiani
Sherlock Holmes e l'avventura del licantropo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Delos Digital e il DRM
In questa collana
Tutti gli ebook Bus Stop
Stefano Attiani
Stefano Attiani (Roma, 1960). Dopo aver studiato sceneggiatura, collaborando ai testi di alcune sit-com e serie-tv, si dedica alla scrittura gialla
. Nel 2006 vince lo Sherlock Magazine Award con il racconto Il diaro afgano. Sempre con la Delos Books pubblica altri due apocrifi holmesiani: Una scommessa per Watson e L’avventura del licantropo, che compare anche nel volume antologico Sherlock Holmes in Italia a cura di Luigi Pachì.
Altri suoi racconti gialli sono stati pubblicati in volumi antologici di varie case editrici. In un romanzo di prossima pubblicazione Attiani affronta il tema dell’origine aliena della vita (Teoria degli Antichi Astronauti) e del ritorno alle origini.
Capitolo 1
Rilessi ancora una volta il rapporto dell’ispettore Ferson a Holmes.
Signor Holmes, mi chiamo Daniel Ferson, sono un ispettore di polizia, e le scrivo da Balweary, Scozia, su consiglio dell’ispettore Lestrade di Scotland Yard, al quale mi sono rivolto in prima battuta per risolvere un caso spinoso in cui sono impegnato. Forse lei mi prenderà per pazzo, ma sono alle prese con un licantropo. Come immagino lei saprà, la Scozia è terra di leggende e di antiche credenze, quindi non mi scomoderei a scriverle solo perché qualcuno ha messo in giro la voce che nella Palude del Diavolo c’è un lupo mannaro; ma due persone sono già morte, e altrettante sono rimaste ferite. Nessuno si azzarda più a mettere il naso fuori di casa dopo il tramonto, e io che ho il compito di garantire l’ordine nel mio distretto mi trovo a mal partito. Ho rischiato io stesso di essere aggredito, una volta che dietro segnalazione di un testimone sono stato a scovare la belva nella brughiera; me la sono cavata per miracolo. Le confesso che da quel giorno tremo al pensiero di attraversare la Palude del Diavolo col buio. Nel mio ufficio di polizia a Quammire, un piccolo villaggio a metà strada tra Balweary e Kilmackerlie, nella Valle del Dule, siamo soltanto in due, io e Sullivan, il mio giovane assistente. Finora eravamo anche troppi, ma dopo gli ultimi fatti, le battute spontanee di caccia al mostro si sono intensificate, e si è già rischiato il morto; non so davvero cosa fare. Spero che lei possa aiutarmi. Firmato Ispettore Daniel Ferson, Ufficio di polizia di Quammire.
Personalmente credevo che a Lestrade avesse dato di volta il cervello nel segnalarci il caso dell’ispettore Ferson, e che più che altro lo avesse fatto per togliersi di torno l’ingenuo collega scozzese. Ero dell’idea di rispondere alla lettera di Ferson rassicurandolo che ciò che aveva visto con tutta probabilità era un lupo o un grosso cane (era già accaduto, ricorderete) e non un licantropo; contavo sul fatto che Holmes, il quale non ha mai creduto all’esistenza dei lupi mannari, così come dei vampiri, o di qualsiasi altra creatura mitologica, liquidasse la faccenda con un sorriso di sbieco. Invece fu proprio lui a pregarmi di rispondere all’ispettore che ci saremmo volentieri occupati del suo licantropo.
Era la prima volta che ci spingevamo oltre il Vallo di Adriano per ragioni professionali. Non mettevo più piede in Scozia dai bei tempi dei miei studi universitari in medicina a Edimburgo, in cui ero stato uno dei Membri degli Undici.
L’idea di lasciare Londra per un villaggio sperduto nella brughiera, chiamato per corruzione Quammire, grossomodo pantano, non mi allettava per niente. Holmes, al contrario, ne era entusiasta.
Per tutta la durata del viaggio rimase aduggiato a fumare la pipa, ignorando le nostre petulanti compagne di scompartimento, una coppia di zitelle dello Yorkshire che si recavano in Scozia per un tour dei castelli del Nord infestati dai fantasmi. Holmes le trovava insopportabili, e non diede nessun contributo alla conversazione; sicché mi accollai interamente la responsabilità del colloquio che effettivamente fu estenuante e infarcito di luoghi comuni sulla Scozia e le sue pittoresche tradizioni. Prudentemente tacqui la nostra professione, altrimenti non ci avrebbero più lasciato in pace. Ci spacciammo per turisti diretti altrove.
Per nostra fortuna scesero a Edimburgo e di loro perdemmo le tracce. Appena sbarazzatosi delle zitelle, Holmes tornò pimpante. Tra i fumi dei treni, nella hall della stazione centrale (la conoscevo come le mie tasche), con il suo loden e il suo berretto da cacciatore, gli occhiali e un paio di baffi posticci, sembrava un turista qualsiasi. E dire che ci attendeva la Palude del Diavolo!
Prendemmo la coincidenza per Balweary su un piccolo treno a due carrozze che viaggiava su un binario a scartamento ridotto, di una lentezza snervante.
Alla vigilia della nostra partenza da Londra, Ferson, tramite telegramma, si era scusato di non poterci venire a prendere al nostro arrivo, in quanto ragioni di sicurezza lo trattenevano a Quammire. Avevamo stabilito che ci saremmo presentati al villaggio sotto copertura, per non destare sospetti, come inviati di The Amazing Stories Review
. Eravamo il signor Stuart T. Cooper (Holmes) e il Dottor Paul R. Pembridge (io), esperti di leggende celtiche.
Ferson ci mandò incontro Malamour, un carrettiere. Ci fece sistemare a cassetta su di un trabiccolo sobbalzante che bontà sua chiamava carrozza. All’arrivo, avremmo avuto le piaghe al sedere.
Per tutto il tragitto Malamour non aprì bocca, se non per rispondere a monosillabi alle domande di Holmes. Evidentemente aveva ricevuto l’ordine di tenere la bocca cucita.
Ero di umore decisamente tetro: un