L'Italia fascista nella organizzazione sanitaria della guerra civile spagnola
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L'Italia fascista nella organizzazione sanitaria della guerra civile spagnola - Giorgio Fanella
Giorgio Fanella
L'Italia fascista nella organizzazione sanitaria della guerra civile spagnola.
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Ringraziamenti
A mia madre...
Indice digitale
Ringraziamenti
Indice
Capitolo Primo
Capitolo secondo
Capitolo Terzo
Capitolo Quarto
Capitolo Quinto
Capitolo Sesto
Capitolo Settimo
Conclusione
Fonti
Bibliografia
Allegati
Indice
Capitolo primo
La guerra civile spagnola
Capitolo secondo
Forze sanitarie italiane nella guerra civile spagnola
Personale medico sanitario italiano
Capitolo terzo
Viaggio e arrivo in terra di Spagna
Impatto violento con la realtà spagnola.
Durezza della condizione e adattamento
Capitolo quarto
Testimonianze sulla ricettività delle strutture sanitarie
Capitolo quinto
Feriti in un teatro di guerra
Capitolo sesto
Un episodio simbolo:Guadalajara
Capitolo settimo
Il ritorno
Conclusione
Fonti
Bibliografia
Allegati
Capitolo Primo
La guerra civile spagnola.
La Spagna degli anni Trenta è ancora una realtà precapitalistica, ad eccezione di alcune zone fortemente industrializzate. Ai pochi grandi proprietari terrieri, infatti, si contrappone la massa di braccianti agricoli, operai e minatori, tra cui trovano terreno fertile le teorie e i movimenti socialisti; tra i ceti medi urbani, invece, si fanno strada, oltre a quelli socialisti, anche i movimenti democratico-repubblicani e anticlericali. Alle elezioni politiche del 1931 i repubblicani e i socialisti alleati ottengono una importante affermazione, che segna la caduta della dittatura di Primo de Rivera e del re Alfonso XIII. La destra cattolica, però, grazie anche al favore dell’esercito, torna al potere l’anno seguente. La situazione politica e sociale è incandescente. Nel 1934, per reprimere i moti insurrezionali dei minatori (ottobre spagnolo), interviene la legione straniera comandata dal generale Francisco Franco. Due anni dopo, nel febbraio del '36, alle nuove elezioni politiche, le forze di sinistra tornano al governo grazie al primo esperimento di Fronte popolare (repubblicani moderati, socialisti, comunisti e cattolici baschi autonomisti). In estate però la situazione precipita: il 17 luglio le truppe di stanza nel Marocco insorgono ed il giorno dopo la rivolta si estende a tutto il paese. È l’inizio della guerra civile, con pesanti ripercussioni anche sul piano internazionale. Le forze governative, appoggiate da operai e contadini, stroncano la ribellione a Madrid, Barcellona e in molti centri industriali del Nord e dell’Est ma i ribelli riescono ad imporsi in Navarra, Galizia e Nuova Castiglia e ad occupare le principali città dell’Andalusia (Cadice, Cordoba e Siviglia).
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Nella spietata guerra civile che si combatte in gran parte del paese sono contrapposti il governo repubblicano che può contare sulle forze di polizia e masse di volontari in genere provenienti dalle regioni industriali e le forze nazionaliste (franchiste) che riuniscono quasi tutti i quadri delle forze armate (salvo l’aviazione) e le forze politiche nazionaliste, cattoliche e tradizionaliste. [1] Lo scoppio della guerra civile spagnola fu uno tra gli avvenimenti europei più importanti del 1936. Anche l'Italia non rimase estranea alla sequenza delle vicende che catapultarono la Spagna dal secolare silenzio politico al centro dell'attenzione internazionale. L'Italia fascista, appena uscita vincitrice dal conflitto etiopico, entrò gradualmente e per varie motivazioni nella contesa che aveva cominciato a scuotere il popolo spagnolo. Attraverso tutta quella serie di rapporti tra i principali dirigenti politici del tempo, si possono ricostruire gli eventi che lungo tutto il 1936 caratterizzarono lo svolgersi della guerra civile, e coinvolsero la politica italiana nell'intervento prima diplomatico e poi armato. La ricerca prende le mosse dalle elezioni del 16 febbraio 1936, a seguito delle quali prevalsero i partiti della sinistra uniti nella coalizione del Fronte Popolare. Sebbene esigua e contestata, la maggioranza ottenuta dalla coalizione dei partiti di sinistra, permise loro di andare alla guida del Paese. Il passaggio era delicato dato che dopo alcuni mesi successivi alle elezioni, pur non essendo successo nulla di rilevante, le organizzazioni di estrema sinistra divennero le vere padrone della piazza, a scapito della sinistra moderata che era al governo. Quest'ultima era soggetta anche ai continui ricatti della parte più estremista della maggioranza, la cui eterogeneità in un futuro prossimo sarebbe diventata il suo punto debole. Le continue agitazioni, il verificarsi di torbidi sempre più inquietanti in quasi tutta la Spagna, resero la situazione esplosiva. Lo divenne in seguito all'assassinio, da parte di elementi della sinistra, di Calvo Sotelo, uno degli esponenti monarchici più in vista di tutto il Paese. I tempi erano maturi, il casus belli
si era verificato; quattro giorni dopo il 13 luglio 1936, i militari insorsero contro il governo dando così inizio alla guerra civile. L’Italia fu tenuta al corrente dai propri funzionali diplomatici degli avvenimenti spagnoli. Nel periodo di tempo antecedente lo scoppio della guerra civile i rapporti tra la nazione italiana a regime fascista e quella spagnola retta da repubblicani, socialisti, comunisti e anarchici non manifestavano alcuna tensione ideologica, sebbene appena assurto a capo del governo, Quiroga ostentò un atteggiamento meno moderato verso il fascismo. In ogni caso, Roma avrebbe avuto la possibilità di intervenire immediatamente nella contesa da poco scoppiata se avesse aderito prontamente alle richieste avanzate al governo italiano dal leader del movimento nazionalista; generale Franco. Ma Mussolini non fu sollecito nell'adesione, anche perchè volle attivare prima una serie di contatti diplomatici con altre potenze europee al fine di garantirsi sull'opportunità dell'intervento italiano. La situazione cambiò quando il governo italiano venne a conoscenza che non solo il bolscevismo internazionale ma anche il Fronte Popolare francese sosteneva i governativi con l'invio di uomini e mezzi militari. Tale notizia suonò come un campanello d'allarme per il Duce dato che un'eventuale vittoria del governo di Madrid, avrebbe significato la probabile nascita di un regime comunista in area mediterranea in cui avrebbe voluto giocare un ruolo da protagonista anche l'Italia. Il desiderio italiano di aspirare ad un'influenza in quel settore del Mediterraneo era in grande pericolo, considerando l'aiuto che i governativi avevano ricevuto fino ad allora dai francesi, e quindi alle possibili rivendicazioni che la nazione transalpina avrebbe potuto affermare. In Spagna, inoltre, poteva verificarsi l'eventualità dell'affermazione di un sistema politico analogo a quello francese, che lo avrebbe certamente sostenuto a scapito della politica italiana. Il regime fascista, non potendo tollerare tale possibile situazione futura, ritenne opportuno intervenire a sostegno di Franco con l'invio di dodici bombardieri Savoia-Marchetti. Fu il primo passo verso un intervento che con il tempo avrebbe assunto dimensioni ben più consistenti. Nel frattempo anche nei restanti Paesi europei si erano diffuse le notizie riguardanti la guerra civile scoppiata in Spagna; alcune nazioni si limitarono a commentare i fatti, mentre altre non fecero mancare il loro sostegno all'una o all'altra fazione impegnate negli scontri. La situazione avrebbe potuto seriamente complicarsi sconvolgendo la pace e la sicurezza in Europa. Per prevenire un problema di siffatte dimensioni, fu trovato un accorgimento per arrestare sul nascere tutte quelle azioni che avrebbero potuto provocare incidenti internazionali.Su proposta della Francia con il consenso di quasi tutte le nazioni interessate agli avvenimenti della guerra civile spagnola, fu sancito un patto di non- intervento. Tale accordo, tuttavia, non riuscì ad arrestare il continuo afflusso di aiuti ai combattenti di entrambe le parti. Nel mese di novembre 1936 l'Italia inviò in Spagna un giovane diplomatico, allora Segretario particolare del conte Ciano, Filippo Anfuso. Quest'ultimo riuscì, nel corso del suo secondo viaggio in terra iberica, a negoziare un protocollo segreto con Franco. Sempre durante il mese di novembre da parte italiana e tedesca vi fu il riconoscimento ufficiale del governo di Burgos, sede della prima Cancelleria del Caudillo. L’importanza politica di tale atto è inequivocabile: infatti riconoscendo il governo nazionalista, Italia e Germania riconoscevano Franco come l'unico e vero capo politico della Spagna. Hitler e Mussolini, con questa loro scelta dimostravano incontrovertibilmente di voler sostenere Franco, fino alla conclusione delle ostilità. Ciò fu poi chiaro nelle successive decisioni italo-tedesche, ed azioni quali: l'invio di nuove truppe combattenti, di ulteriori contingenti aerei e navali, nonché i colloqui nel merito del sostegno alle truppe franchiste proiettate verso la vittoria.[2]L’invio di aerei forniti da Hitler e Mussolini permette ai rivoltosi di trasferire sulla penisola l’Esercito d’Africa, le loro truppe più efficienti, che iniziano ad avanzare verso Madrid. Al cospicuo impegno di Italia e Germania, non corrisponde un eguale sforzo da parte di Inghilterra (governata dai conservatori che perseguono