Come nasce e come vive una comunità cristiana
By Angelo Scola
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Come nasce e come vive una comunità cristiana - Angelo Scola
STRUMENTI DI COMUNIONE
1
ANGELO SCOLA
COME NASCE
E COME VIVE
UNA COMUNITÀ
CRISTIANA
© Marcianum Press s.r.l., Venezia 2007.
Prima ristampa Giugno 2010.
ISBN 9788865120415
Prima edizione digitale 2010
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Prefazione
Questo non è propriamente un libro – le cose qui scritte non sono esaustive, né in un certo senso definitive –, ma uno strumento di lavoro. Appunti da cui partire e su cui continuamente ritornare per aiutare la vita di una comunità cristiana.
Sono la trascrizione fedele delle riflessioni del Patriarca e del dialogo scaturito tra gli oltre duecento partecipanti della Scuola di metodo del Patriarcato di Venezia. Il parlato
, che è stato volutamente mantenuto, ne dà testimonianza. Lo scopo della pubblicazione esprime l’esigenza che i passi fatti, frutti del lavoro personale e comunitario di un anno, potessero essere raccolti e messi a disposizione della vita dell’intero corpo ecclesiale perché tutti e ciascuno ne facessero tesoro.
Come? Attraverso una ripresa continua legata alla meditazione regolare, fatta singolarmente ed in gruppo, di qualche passaggio. Non è tanto un libro da leggere dalla a
alla z
, quanto piuttosto uno strumento di lavoro su cui tornare in continuazione. Vuol essere un aiuto al cammino di vita cristiana, secondo quel prezioso e incessante scambio che documenta la vitalità di ogni famiglia, nel cui dinamismo educativo tutti sono continuamente coinvolti, come ci ricorda il versetto di Giovanni che ormai ci è diventato familiare « Erunt omnes docibiles Dei» (Gv 6, 45).
Proprio per la loro genesi così profondamente radicata nell’esperienza di una Chiesa viva e per la loro destinazione – sostenere e rilanciare tale esperienza – osiamo sperare che questi appunti possano avere una qualche utilità anche per tutti i cristiani. E, perché no?, per quanti, anche non praticanti o non credenti, volessero conoscere un poco come nasce e come vive la comunità cristiana.
† Angelo Card. Scola
Patriarca di Venezia
Venezia, 14 settembre 2007
Festa dell’Esaltazione della Santa Croce
Introduzione
1. Una scuola di metodo
Cosa vuol essere una scuola di metodo?
Il termine scuola suggerisce immediatamente la necessità di mettere in preventivo un lavoro. A scuola, infatti, si va per imparare. Nello stesso tempo il termine scuola dice la dimensione contemporaneamente personale e comunitaria di questo lavoro: in una scuola, in effetti, si impara e si lavora insieme. E lo si fa in modo stabile. Quindi un lavoro personale, teso ad ottenere una immedesimazione organica e critica (attenta alle ragioni) con quanto viene proposto; un lavoro comunitario che cerchi il paragone con gli amici della comunità rischiando anche un giudizio sul passo che conviene compiere; ed un lavoro stabile, cioè continuato e fedele.
Ma per imparare personalmente e in forma comunitaria che cosa? Un metodo, cioè una strada, un cammino di vita cristiana. Anzi, per essere più precisi, il metodo: quello che seguì lo stesso Gesù durante i giorni della sua vita pubblica per formare intorno a sé la prima comunità cristiana, la cerchia dei suoi apostoli e discepoli.
Quando parliamo di metodo, pertanto, non ci riferiamo a particolari tecniche pedagogiche, a strategie o a pianificazioni, ma vogliamo sorprendere ed imparare insieme come Gesù diede origine alla Chiesa, alla prima comunità cristiana, ben consapevoli che non ci potrà essere un’altra strada percorribile. Se l’orizzonte è la generazione e la rigenerazione della comunità cristiana, dobbiamo percorrere, guidati dallo Spirito, la stessa via che Gesù ha indicato ai suoi seguaci fin dall’inizio della sua missione e che la Chiesa sta praticando da duemila anni.
In estrema sintesi possiamo dire che lo scopo della scuola di metodo non è altro che richiamare e rinnovare nel nostro cuore, nella nostra mente, in vista della missione della Chiesa, la vocazione cristiana a cui siamo stati chiamati con il dono della fede ed il santo Battesimo.
Usiamo quindi la parola metodo in senso forte – il senso per cui Gesù ha detto «Io sono la via» (Gv 14, 6), come l’essere sulla strada del cristiano. Siamo qui per capire insieme cosa significa in concreto essere di Cristo, come successe ai primi e, a partire da Gerusalemme, a miliardi di persone fino ad oggi.
Ci si potrebbe chiedere: Se è così, dove sta l’originalità?
Ma in che cosa consiste l’autentica originalità? Pensiamo alle nostre famiglie. Inesorabilmente, fin dalla primissima infanzia la sensibilità del papà, della mamma, lo stile di vita che si instaura in casa, tende a trasmettersi ai figlioli. Uno stile di vita passa infatti quasi per osmosi e passa così in profondità, intacca così profondamente i livelli radicali dell’io, che tutti (soprattutto col passare degli anni) ci accorgiamo che magari proprio quelle cose che più ci davano fastidio nel nostro papà o nella nostra mamma ce le troviamo addosso anche noi. Uno stile di vita inesorabilmente passa. Ma questo non blocca l’originalità. Anzi, è l’alveo del radicarsi affettivo dell’io, dentro cui l’io prende forza per esprimere il proprio irriducibile e singolare volto, lo specifico, il peculiare, quello che lo differenzia da chiunque altro.
Lo stesso avviene anche nella famiglia cristiana. Pensiamo all’idea che Gesù aveva della nuova famiglia, della nuova parentela da Lui pazientemente costruita: «Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre» (Mt 12, 50). È naturale quindi che uno stile di vita passi tra i cristiani. Lo ripeto: è come un alveo dentro il quale lo Spirito suscita poi i diversi doni, carismi e servizi ed in cui l’originalità di ciascuno può tranquillamente dispiegarsi.
2. Una proposta pastorale nel solco del Convegno di Verona
La scuola di metodo che proponiamo, però, ha una precisa origine storica. Essa, infatti, nasce come espressione del lavoro che la Chiesa nel Patriarcato di Venezia ha voluto mettere in atto a partire dalla raccolta di testimonianze in preparazione dell’Assemblea Ecclesiale, celebratasi nella Basilica di San Marco il 10 aprile 2005[1]. In quell’occasione fu firmata laLettera di indizione della Visita Pastorale dal titolo «Oggi devo fermarmi a casa tua
. In fretta scese e lo accolse con gioia»[2].
Già da allora furono identificati gli affetti, il lavoro e il riposo come gli elementi fondamentali che descrivono l’esperienza elementare di ogni uomo e di ogni donna. L’inizio della Visita Pastorale coincise con la preparazione del IV Convegno Nazionale della Chiesa Italiana che doveva celebrarsi a Verona due anni dopo. I documenti preparatori del Convegno confermarono la scelta fatta in Patriarcato proponendo alle Chiese in Italia di chinarsi sugli ambiti dell’umana esistenza: la vita affettiva e la famiglia, il lavoro e la festa, l’educazione e la cultura, le condizioni di povertà e di sofferenza, la responsabilità della vita sociale e politica. Come si può intuire tra gli ambiti di Verona e quelli identificati nel nostro cammino vi è una sostanziale identità; infatti parlando di cultura, sofferenza e vita sociale e politica Verona non fa altro che specificare ulteriormente il contesto sociale e storico in cui gli uomini si trovano ad amare e a lavorare.
Per descrivere come nasce e come vive la comunità cristiana, la Visita Pastorale nel Patriarcato ha identificato quattro grandi obiettivi: rigenerare il popolo di Dio, educare al pensiero di Cristo, educare al gratuito e vivere le dimensioni del mondo.
Lungo un anno pastorale ci siamo incontrati in più di trecento persone – sacerdoti, religiosi e religiose, laici e laiche impegnati a vario titolo nella missione della Chiesa – per riflettere insieme su questi obiettivi ed individuare le linee portanti del metodo di Gesù. Il presente volume, quindi, è frutto di un lavoro comune: lo documentano alcuni stralci di assemblea esemplificativamente scelti.
La conclusione di questo primo tratto di cammino comune è venuta a coincidere con il Convegno di Verona e gli interventi di Benedetto XVI: il discorso e l’omelia della celebrazione eucaristica. Il IV Convegno Ecclesiale ci è apparso immediatamente come un solido punto di partenza e di approfondimento per la rigenerazione del popolo cristiano che vive in Italia perché possa essere sempre più fedele testimone di Gesù risorto, speranza del mondo. Lo si rileva da un’attenta lettura di tutti gli interventi del Convegno, in particolare delle relazioni fondamentali, nonché della Nota della Conferenza Episcopale Italiana Rigenerati per una speranza viva (1Pt 1, 3): testimoni del grande sì
di Dio all’uomo. In essa i Vescovi italiani hanno voluto insistere sul fatto che «il testimone comunica con le sue scelte di vita, mostrando così che essere discepolo di Cristo non solo è possibile per l’uomo, ma arricchisce la sua umanità»[3].
Abbiamo così voluto identificare negli interventi del Santo Padre a Verona la proposta di metodo di vita cristiana teso a meglio manifestare la gioia dell’incontro con il Risorto e ci siamo paragonati con esso. Siamo stati confortati dal fatto che sia il Convegno che gli interventi del Papa hanno proposto di sostituire la tradizionale pastorale per settori, sempre esposta alla pretesa di produrre la comunione come esito di programmi e di analisi, con una pastorale per ambiti con al centro il soggetto personale e comunitario. L’indicazione autorevole del Santo Padre ha di mira il cristiano e la comunità come soggetti testimoniali. Vogliamo, quindi, metterci sulla scia dell’insegnamento del Papa per cogliere quali siano le urgenze e i passi possibili che le nostre comunità cristiane sono chiamate a compiere.
Qual è stato il punto di partenza dell’insegnamento di Papa Benedetto alla Chiesa italiana in Verona? «Avete compiuto una scelta assai felice ponendo Gesù Cristo risorto al centro dell’attenzione del Convegno e di tutta la vita e la testimonianza della Chiesa in Italia. La risurrezione di Cristo è un fatto avvenuto nella storia, di cui gli Apostoli sono stati testimoni e non certo creatori. Nello stesso tempo essa non è affatto un semplice ritorno alla nostra vita terrena; è invece la più grande mutazione
mai accaduta, il salto
decisivo