Fragile
By Silvia Lacu
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Book preview
Fragile - Silvia Lacu
scintilla
Novembre 2010
12/11/2010
Piano, prenditi il tempo. Definisci la cartella e inizia a buttare giù. Cerca il tuo stile, senza copiare nessuno, altrimenti non ha senso.
Sii chiara ed essenziale. Prendi spunto da te, da ciò che senti, dal tuo vissuto. Scrivi come sei. Non è semplice, ma tu inizia, avrai modo di sistemare e correggere in seguito.
Non è una gara di lunghezza, ma una sfida con te stessa. Devi provare. Ci sono mille storie dentro di te, tirale fuori.
Non avere paura, esprimiti. Tu meriti di volerti bene. Sei speciale.
Credici fortemente come credi nell’amore.
Io credo nell’amore.
Io credo in me.
Io credo che qualcosa di positivo accadrà.
Novembre 2020
«Mamma.»
Eccola. La mia piccola si è svegliata e reclama la mia presenza. Ma io aspetto un po’, voglio sentire ancora la parola più bella del mondo. Chiudo il libro che stavo leggendo, lo tengo tra le mani poggiate in grembo. Lancio un’occhiata alla gabbietta di Humprey, che ormai sbuca dalla sua casa, ricavata da una scatola di panni elettrostatici per spolverare, soltanto per mangiare, bere e fare pipì, ma non noto nessun movimento.
«Mamma!» Stavolta il tono è leggermente più alto.
«Sono in cucina Emma.»
Trovo strano che non si sia alzata, di solito mi raggiunge e si accoccola vicino a me. Spero non stia covando qualcosa. Sono sempre molto apprensiva nei suoi confronti. Forse oggi preferisce restare al caldo, come Humprey.
Faccio per alzarmi, ma due braccia mi circondano.
«Ciao scricciolo.»
Emma mi si accomoda accanto, sulla poltroncina rossa. L’ho comprata al mercatino dell’usato quando lei era ancora nel pancione. Sbadiglia, fissando un punto imprecisato di fronte a sé, ancora assonnata. Ha i capelli un po’ arruffati e una guancia più accesa su un lato del viso, probabilmente quello che poggiava sul cuscino.
La abbraccio forte e mi immergo nel suo profumo, nella morbidezza della sua pelle. Sembra ieri che le cambiavo i pannolini, la allattavo al seno, la cullavo tra le braccia per addormentarla. Lei è il mio unico e grande amore.
Le sfioro la fronte con le labbra per far tacere i miei sospetti. È fresca.
Rimango immobile a osservarla, ma lei si volta verso di me e i suoi occhi, per un breve istante, si illuminano.
«Oggi devo fare i biscotti» annuncia contenta «per il mio compleanno.»
Annuisco e le sorrido, accarezzandole i capelli.
Emma dice che la nostra è la cucina dei folletti, uguale alle illustrazioni dei suoi libri, con i pensili in legno, il tavolo con le sedie impagliate, pentole e pentolini appesi al muro. Barattoli vari per lo zucchero, i biscotti, il sale, la pasta, persino un vecchio macinino per il caffé. E naturalmente piatti, bicchieri e posate. Ma la cosa più carina è il servizio da tè: teiera, zuccheriera, bricco per il latte, piattini, tazzine e cucchiaini abbinati. Teniamo tutto a vista in una credenza antica, anche quella scovata al mercatino.
«Permesso…»
Emma schizza via dalla poltrona e si precipita nel corridoio: «Matilde!»
Mi stupisce sempre questa capacità dei bambini che un minuto prima sono immobili, assorti nei loro pensieri, e un istante dopo si attivano come fuochi d’artificio.
«Ciao tesoro.»
Matilde abita al piano di sotto. Il mio appartamento è collegato al suo da una scala interna. Durante il primo anno di vita di Emma, faceva su e giù in continuazione, poi, quando lo scricciolo ha iniziato a camminare, abbiamo deciso di chiudere la porta comunicante a chiave, così Matilde poteva entrare con la sua copia ed Emma non rischiava di ruzzolare dalle scale.
Emma la afferra per mano e la trascina verso la cucina, impaziente di cominciare. Scambio uno sguardo con Matilde. Mi sorride complice.
Le lascio in cucina e mi preparo per uscire. Quando mi riaffaccio sulla porta, indossano entrambe il grembiule e tutti gli ingredienti sono sul tavolo, dosati e pronti all’uso. Le saluto, raccomandando a Emma di non dare nulla a Humprey. I dolci sono un veleno per lui.
Lei mi da un bacio frettoloso, in una mano impugna un mestolo e con l’altra stringe la ciotola in cui Matilde inizia a versare lo zucchero.
Nereo
Petra fa capolino dalla porta e mi precipito ad abbracciarla.
Ormai il pancione è bello grosso. Dentro ci sono le sue due gemelle. Non ci sperava più a quarantasette anni, anzi, pensava di essere in menopausa.
Mi racconta tutto mentre preparo il materiale per il corso di riciclo creativo.
Non sarei qui se non fosse per lei, cercavano una ludotecaria e così ho deciso di sfruttare la mia qualifica. Ora lavoro qui tre pomeriggi la