Una Ricerca Erboristica
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Una Ricerca Erboristica - Matteo Politi
BIBLIOGRAFIA
PRIMA PARTE
INTRODUZIONE
Se potessi dare una forma alla mia curiosità per il mondo vegetale, ne parlerei come di un’amica da sempre al mio fianco. Capace di cambiar abito e trucco a seconda delle mie fasi evolutive, questa compagna curiosità
ha percorso con me molte strade, cammini diversi e spesso stretti o tortuosi. Siamo ancora insieme alla soglia dei miei quarant’anni, irriducibile coppia danzante tra epoche e luoghi. Proprio così, come se la nostra relazione provenisse da molto più lontano del tempo di una singola vita. È una compagnia che mi presenta il regno delle piante da una prospettiva ben definita, quella dei loro poteri curativi nei confronti degli esseri umani. Una tema questo fuori dal tempo, sempre presente nella storia umana, in continuo adattamento.
Non è stato facile, per me adolescente, apprendere che, qualche secolo prima, coloro che tutt’oggi si auto-proclamano portatori di pace e amore, bruciavano nelle pubbliche piazze davanti agli occhi atterriti del volgo, presunte streghe e stregoni bruciando con loro un enorme saper-fare riguardo a pratiche e piante. Così come non è stato facile accettare, sempre da adolescente, che certe erbe medicinali d’un tempo vengono oggi proibite, o addirittura monopolizzate come nel caso del tabacco. Ma ogni epoca conosce difficoltà differenti, e nella mia danza moderna con la compagna curiosità, mi sono ritrovato a percorrere luoghi alquanto bizzarri per conoscere le piante medicinali; spazi tanto asettici quanto distaccati dalla natura. Per un periodo ne sono rimasto affascinato e ho continuato a percorrerli per ogni dove, da un laboratorio scientifico all’altro mosso dalla spinta irrefrenabile e a volte morbosa per il sapere. Poi, nel passaggio alla fase adulta, l’illusione della macchina si è frantumata. Non attraverso la tecnologia e la razionalità, ma altre son le vie per la conoscenza.
Questo lavoro nasce in parte dalla necessità di liberarmi d’un peso, quello di aver assistito ad alcune malefatte dove, per l’ennesima volta nella storia, istituzioni forti che si auto-proclamano portatrici di verità e giustizia, annientano i più deboli bruciando non più i loro corpi in piazza, ma i loro conti in banca a suon d’imposte e imposizioni presuntuose. È la prima parte del testo, dove ripercorro i miei passi nella ricerca scientifica istituzionale come chimico farmaceutico specializzato nell’analisi delle piante medicinali. Nella seconda parte, più tecnica e meno personale, descrivo invece differenti approcci nello studio e nelle pratiche delle erbe curative, e come grazie alle diverse prospettive, divenga possibile apprezzare vari aspetti della vita e del mondo.
Quando le ansie di sapere mi regalano notti insonni, vengo a volte tentato dal detto beata ignoranza
; ma rimango tra quelli che reputano la conoscenza come l’unica droga che genera indipendenza. Per questo scrivo e ho scritto questo testo, nella speranza che giunga almeno alle orecchie di chi è pronto a ricevere. A loro è mia intenzione donare uno squarcio di vissuto nella ricerca scientifica, perché da dentro del suo marchingegno la si possa meglio giudicare. Cercando poi di far equivalere al sapere forte e protetto della moderna scienza, certe antiche pratiche erboristiche, rendendo loro pari dignità.
UN PERCORSO PERSONALE
Gli anni della ricerca accademica in fito-chimica.
Al termine degli studi universitari in chimica e tecnologie farmaceutiche cominciai a muovere i miei primi passi all’interno dei laboratori di ricerca sulle piante medicinali. Una volta ottenuto il diploma di laurea ho continuato per dodici anni a svolgere attività di ricerca sulla chimica dei prodotti naturali di origine vegetale in vari laboratori Europei. Dopo i primi tre anni ottenni un nuovo titolo che in Italia sembra essere tuttora ben poco compreso. Questo titolo, definito in lingua inglese col termine Doctor of Philosophy
, dal latino Philosophiae Doctor
e abbreviato PhD, è definito in italiano col termine Dottore di Ricerca
. Il termine Dottore
deriva dal verbo latino docere
ovvero insegnare; il termine Philosophiae
deriva dal greco e richiama all’esercizio dell’amore per la sapienza; si può anche tradurre amico della sapienza
. Dire PhD in Chemistry
equivarrebbe quindi a dire insegnante di amore per la sapienza in chimica
. Sembrerebbe una definizione tipicamente new age
, eppure è il significato del più alto titolo accademico riconosciuto a livello internazionale. Ad ogni modo, nella dicitura Italiana del PhD, il termine Filosofo
non è menzionato. In effetti, sulla base della mia esperienza personale, mi verrebbe da dire che ben pochi tra i colleghi Dottori di Ricerca
incontrati negli anni, si ricordano che prima di tutto è stato loro attribuito il titolo di amico della sapienza
; ancora meno sono quelli che ritengo siano in grado di insegnare l’amore per questa.
Il motivo di fondo che ha sempre caratterizzato le mie ricerche è stato quello di non ripetere mai gli stessi passi, di non applicare mai la stessa metodica per analizzare chimicamente una pianta medicinale. Questo atteggiamento mi ha creato nel tempo non poche diatribe soprattutto coi superiori. Spesso, direi troppo spesso, un gruppo scientifico di ricerca porta avanti per anni o decenni la stessa linea d’indagine; forse è la maniera più semplice di continuare a ottenere pubblicazioni scientifiche, quindi assumere importanza e di conseguenza accaparrarsi fondi e risorse. Non credo però sia questa la via della sapienza che un ricercatore serio dovrebbe percorrere.
Personalmente ritengo che fare ricerca significhi trovare e da lì poi ripartire per una nuova avventura in territori sconosciuti. Cambiare la pianta medicinale da analizzare come unico sforzo nel tentativo di compiere esplorazioni in territori sconosciuti mi sembra semplicemente un trucco, per di più anche abbastanza scadente. Nelle mie ricerche, una volta messo appunto, validato e pubblicato, il nuovo metodo d’indagine analitica non veniva da me ripetuto e applicato allo studio di nuove piante medicinali. Nella mia logica sarebbe dovuto eventualmente tornare utile ad altri sfruttare la mia scoperta, verosimilmente imprese private con fini di lucro; io ero pagato con fondi pubblici per scoprire ancora, per spingermi oltre.
Questa mia logica ha funzionato molto bene per diversi anni; il mio spingermi oltre mi ha condotto a lavorare come ricercatore prima in Svizzera, poi Spagna, Inghilterra e Portogallo, infine direttamente per la Commissione Europea. Nel tempo però mi accorgevo che da un lato le mie scoperte non suscitavano quell’interesse da me auspicato, dall’altro erano premiati quei colleghi che da anni continuavano ripetutamente ad applicare la stessa identica procedura di analisi, limitandosi a modificare solamente l’oggetto dell’analisi, la pianta medicinale. Sia che provenisse dalla remota Amazzonia sia dall’orto del vicino di casa, la pianta veniva studiata con la stessa metodica analitica, come fosse capitata nella più classica delle catene di montaggio piuttosto che nelle mani di un amico della sapienza
. A me appariva davvero ottuso trattare allo stesso modo quelle medicine vegetali cosi diverse, utilizzate in contesti culturali cosi lontani; ma forse il vero ottuso ero io a non voler accettare che nel contesto scientifico a cui appartenevo le cose semplicemente funzionavano così.
Dai miei lavori emergeva spesso una considerazione tanto semplice quanto incisiva: modificando la tecnica analitica si potevano scoprire, o meglio confermare scientificamente, nuove e interessanti proprietà medicinali di una stessa pianta magari già ampiamente studiata. Potevo conoscere vari aspetti di una stessa pianta medicinale semplicemente applicando diverse tecniche d’indagine analitica. Mi accorgevo che, semplicemente cambiando la prospettiva d’osservazione, cambiava l’oggetto osservato. Qualcuno ben prima di me aveva affermato una simile asserzione, ma ciononostante mi creava ugualmente turbamento; dove andava a finire la realtà oggettiva che la scienza tanto si affannava a descrivere?
Cominciavo a ripetermi un ritornello: la scienza descrive la natura sulla base di ciò che può essere osservato; la tecnologia fornisce continuamente nuovi strumenti per osservare la natura; quindi la scienza descriverà sempre nuovi mondi; la scienza è dunque solo un ottimo esercizio che permette di mantenere la mente aperta e continuare il cammino sulla via della sapienza. La scienza non dovrebbe mischiarsi con i giochi economici e di potere della società, mi dicevo sulla base della mia cieca, ingenua e forse poetica visione della figura del ricercatore scientifico. Eppure, in tutti questi miei pensieri e riflessioni da buon Filosofo
, mi ritrovavo inesorabilmente sempre più solo e isolato all’interno della comunità scientifica; in questo contesto preparavo lentamente la mia uscita da un mondo che mi appariva amico della sapienza
solo ed esclusivamente sulla carta.
La fito-terapia contemporanea si basa sul concetto che le molecole chimiche contenute