Alla tavola di Virginia Woolf
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Book preview
Alla tavola di Virginia Woolf - Elisabetta Chicco Vitzizzai
Indice
VITA IN CASA DI UNA SCRITTRICE
LE OPERE DI VIRGINIA WOOLF
LE RICETTE
INDICE DELLE RICETTE
Vita in casa di una scrittrice
Un volto assorto, pallido, malinconico, sul quale affiora un sorriso appena accennato ed enigmatico, è quello che di Virginia Woolf ci consegnano certe sue celebri fotografie. Un’immagine di bellezza disincarnata e aristocratica nel volto affilato, nei grandi occhi pieni di intensità e lontananza. Ma sono immagini che devono molto alla convenzione fotografica del tempo. Nella realtà Virginia era una donna piena di spirito, ironica, che amava ridere e fare ridere. L’umorismo balena qua e là nei suoi romanzi, deflagra nelle memorie raccolte in Momenti di essere, nelle lettere, nei diari. Sfavillante e timida
, come l’ha definita Marguerite Yourcenar, aveva una straordinaria capacità di cogliere il lato umoristico, incongruo o storto delle cose; così probabilmente si difendeva dalla sua umbratile, tormentata sensibilità.
Allegramente strafottente quando scherza sulla sua trascuratezza nel vestire, nel presentarsi (al cognato Clive Bell scrive, accettando il suo invito: Saremo felici di venire venerdì. Solo ti devo avvisare, conoscendo i tuoi punti deboli, che avrò girato per le strade, con degli stivaloni, più malvestita che mai. Ho avuto un incidente col mio unico vestito. Comunque, penso che tu dia troppa importanza a queste cose. Credo di essere stata incaricata da Dio di toglierti questo vezzo
), è in realtà molto dipendente dal giudizio altrui. I ricevimenti
confessa nel suo diario "non mi agitano più come un tempo, perché non do più molta importanza al gran problema dell’acconciatura e dei vestiti eleganti. Mi sono rassegnata a essere una donna malamente infagottata, nonostante Gravè [la sarta di Virginia] e le sue fantasie, anche se i miei dubbi sulla freschezza del mio vestito blu e sulla necessità di rimodernarlo, sembrano contraddire tale affermazione. Ma qui interviene la grande e tormentosa questione dei gusti estetici. Ma perché ciò che la gente pensa di Notte e giorno [il romanzo che Virginia aveva appena pubblicato] mi lascia indifferente, mentre mi turba la loro opinione sul mio abito blu?"
Per reazione, allora, assume pose provocatorie, che non mancano di colpire l’elegante Vita Sackville-West agli esordi della loro amicizia, e le fanno scrivere stupefatta al marito: Virginia veste in modo orrendo… Ieri sera era un po’ meno inelegante: vale a dire che in luogo di calze arancione, ne aveva un paio di seta gialla; ma se vedessi che scarponi!
Del resto è Virginia stessa a raffigurarsi come incredibilmente sciatta: Quando sono arrivata a destinazione il mio povero vecchio cappello pareva la mantellina di un vetturino; e una stola di pelliccia, che avevo frettolosamente assicurato con una spilla da balia, era penzoloni. E tutte quelle persone odiose sedute soddisfatte intorno al loro samovar, al loro fuoco, alla loro tavola apparecchiata per il tè hanno pensato ‘Oh, Cielo, perché Virginia non riesce ad avere un’aria un po’ più distinta’ e questo mi ha reso così furiosa, perché sono vanitosa e so bene di valere più di loro con tutte le loro collane di perle e i loro vestiti color arancio, che ho inarcato la schiena come un gatto infuriato
. Virginia desiderava molto piacere e soffriva quando in società si sentiva inadeguata, mentre era straordinariamente felice quando si sentiva a posto: Ho cenato dai Sanger ieri sera, e mi ha fatto piacere questa mondanità. Avevo il mio bel vestito nero nuovo e credo che mi stesse bene. È un sentimento che provo di rado e di cui conto di gioire più spesso. Mi piace vestire bene se sono io stessa a disegnare i miei vestiti
. Colori e forme insolite c’è da credere, talora francamente démodé: A Brighton ho visto un vestito vittoriano di un celeste affascinante, che Leonard mi ha dissuaso dal comprare
, annota nel diario nell’estate del 1922. Era, come dice lei stessa di sè, uno strano impasto di aggressività e di modestia
.
Virginia
, scrive nella sua autobiografia (La mia vita con Virginia) il marito, Leonard Woolf, "era considerata da tutti una bellissima donna e molti l’avrebbero definita una persona distinta; inoltre aveva un certo gusto, anche se personale, per i bei vestiti. Eppure per strada la gente rimaneva colpita da qualcosa, nel suo aspetto, che sembrava strano e comico. Elementi incongrui, dissonanze, quel tocco tipico del modo di abbigliarsi di Virginia, che la rendevano sempre un po’ buffa agli occhi degli estranei, se non addirittura eccentrica e ridicola. Virginia ne soffriva, odiava sentirsi osservata e criticata, odiava essere fotografata, odiava dovere entrare nei negozi a provare vestiti e cappelli.
Non mi piace comprare cappelli dice nel diario
anche se ho quasi superato l’orrore che ne avevo, imparando a guardare le modiste dritto negli occhi e a chiedere ciò che voglio con voce sicura. Diciotto scellini per un cappello [nota bene, poco più del prezzo di un pollo, anche se di un tempo di guerra e di borsa nera] mi pare un prezzo carissimo, anche se è quello che ho dovuto sborsare. Mi ha talmente sollevato l’avere fatto l’acquisto che adesso sono felicissima. Ma le facce delle donne per strada! Del tutto insensate, e le loro lingue di vipere! È
il complesso dei vestiti", come lo definisce in Momenti di essere Virginia stessa, qualcosa di tutt’altro che frivolo e marginale, perché ha a che fare con la sua profonda insicurezza e con la sua stessa identità femminile. Un aspetto del mio carattere che mi vergogno un po’ a rivelare. Il complesso dei reggicalze in particolare. Detesto vestire male; ma detesto comperare vestiti. In particolare detesto comperare reggicalze. Deve essere perché, se si vuole acquistare un reggicalze, bisogna entrare nello stanzino più privato nel cuore del negozio; e bisogna starsene lì in sottoveste. Donne lucide di raso nero ti spiano ridendo sotto i baffi… A quei tempi, poi, dodici anni fa, le gonne erano corte; bisognava avere le calze a posto; il mio reggicalze era vecchio; e non me la sentivo di acquistarne un altro –per non parlare di cappello e cappotto. Perciò dissi
No, non verrò a prendere il tè e a farmi presentare Paul Valéry [il famoso poeta francese]". Virginia era impressionata ed eccitata dai ricevimenti e dagli incontri mondani, dalla vita brillante che si svolgeva nei salotti alto-borghesi e aristocratici, tra intellettuali e artisti più e meno celebri; al tempo stesso se ne ritraeva. La vita mondana la distoglieva dal dovere e dal piacere di scrivere, perfino gli amici più cari talvolta giungevano inopportuni con le loro visite.
Aveva bisogno di case che le somigliassero e che fossero studio e rifugio. Ogni cosa bisogna che sia assolutamente conforme alle mie abitudini
, dichiarava; perciò non poteva staccarsi anche da cose divenute inutili o inservibili. La poltrona su cui si rannicchiava per scrivere, ormai sfondata (sembrava soffrire di un prolasso all’utero
racconta Leonard Woolf), il tavolo pieno di cianfrusaglie, di carte, di buste strappate, di pezzi di spago, di vecchi bocchini per le sigarette che si faceva da sé, di pennini spuntati, di fiammiferi usati e nuovi, di grosse bottiglie di inchiostro. Era molto disordinata, ma aveva un genio per le case. Di queste si innamorava come delle persone, per il loro carattere. Non contavano gli aspetti pratici, contava la personalità. Così è per Monks House, a Rodmell, nel Sussex, acquistata nel 1919 e che diventerà la casa di campagna di Virginia e di Leonard per il resto della loro vita. Convento, ritiro religioso
, la definisce Virginia, forse suggestionata anche dal nome, legato alla leggenda che l’edificio fosse stato nel Quattrocento un ritiro di monaci. Una casa intellettuale, severa ma visitata dal sole, con un giardino che confinava con una piccola chiesa, un po’ orto, un po’ frutteto, dove, scrive Leonard Woolf, rose e crochi tendevano a mescolarsi coi cavoli e i cespugli di uva sultanina
. Una casa semplice, priva di comodità, ma di cui Virginia, al ritorno da un week end nel lussuoso castello di Vita Sackville-West, disse a Leonard: Eppure, preferisco questa stanza; mi pare che qui vi sia più vita, più fatica; ma può darsi che dipenda dalla predilezione che ognuno naturalmente ha per ciò che rispecchia il proprio carattere
. Come la casa di Hogarth House in Paradise Road a Richmond (un