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Fondamenti di Nutrizione
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Fondamenti di Nutrizione

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Questo libro nasce con l’obiettivo di offrire una visione globale, dove chimica e fisiologia si completano con gli aspetti sottili, energetici e simbolici degli alimenti. Dopo una prima parte rivolta allo studio anatomico e patologico del sistema digerente e all’approfondimento dei gruppi alimentari (proteine, carboidrati, grassi, vitamine, sali minerali), si passa alla visione della Nutrizione secondo la Dietetica cinese. Successivamente, nel capitolo sugli alimenti si associano informazioni sulla composizione chimica, le proprietà energetiche e gli aspetti simbolici che riguardano l’azione dei cibi sulla psiche.

Infine sono analizzati i regimi alimentari più conosciuti, con la consapevolezza che ogni persona ha bisogno di alimenti diversi a seconda della costituzione e delle necessità momentanee, in relazione all’attività lavorativa, agli obiettivi di vita, fino ai bisogni emozionali e spirituali senza dimenticare la stagione e il luogo in cui vive.
LanguageItaliano
PublisherEdizioni Enea
Release dateAug 12, 2010
ISBN9788895572383
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    Fondamenti di Nutrizione - Catia Trevisani

    l’acqua.

    Prima parte

    La digestione e i gruppi alimentari

    I. IL SISTEMA DIGERENTE: ANATOMIA E FISIOLOGIA

    Il sistema digerente è costituito da un insieme di organi che, con diversi processi meccanici e chimici, rendono assimilabili dall’organismo gli alimenti ingeriti. Questi, dopo essere stati introdotti nella bocca vengono masticati e inghiottiti, quindi inizia il processo della digestione e successivamente quello dell’assorbimento e dell’escrezione dei residui.

    Il tubo digerente è lungo circa 10-12 metri, con delle dilatazioni e dei restringimenti lungo il suo corso; organi annessi sono le ghiandole che secernono i succhi digestivi atti a trasformare il cibo per renderlo assimilabile.

    1. La bocca

    La bocca è formata da una cavità principale in cui si trova la lingua, organo muscolare che presenta sulla superficie le papille, importantissime per il senso del gusto. Le parti ossee sono costituite dalle arcate dentarie, mandibola e palato, mentre le parti muscolari sono date da palato molle, guance e labbra. Il vestibolo è quella zona compresa tra le guance e le arcate dentarie. Il palato molle costituisce il terzo posteriore del palato e termina con il velo pendulo o ugola. La bocca comunica anteriormente con l’esterno, attraverso un’apertura detta rima boccale, e posteriormente con la faringe, attraverso l’istmo delle fauci.

    I denti hanno la funzione di ridurre il cibo in frammenti. Sono costituiti da una radice posta nell’alveolo dentario (mascella superiormente e mandibola inferiormente), da un colletto, che è la parte intermedia ricoperta dalla gengiva, e dalla corona, che è la parte che sporge nella cavità orale. Il dente è formato esternamente dalla corona e dallo smalto, uno strato durissimo e lucido, mentre internamente dalla radice e da uno strato grezzo, il cemento. Infine, vi è la polpa dentaria, che contiene vasi e nervi, e uno strato intermedio, detto dentina o avorio.

    Si hanno due tipi di dentizione: una decidua o da latte e una permanente; la prima ha venti denti, la seconda trentadue. Nella dentatura si distinguono in base alla forma e alle funzioni diversi tipi di denti:

    –  incisivi: hanno la corona a forma di scalpello e servono per tagliare;

    –  canini: la corona è a punta e sono a forma di cono, servono per lacerare;

    –  premolari: hanno una corona rilevata sulla superficie superiore;

    –  molari: presentano delle sporgenze sulla superficie superiore e si trovano nella parte terminale della bocca dove è più facile svolgere molto lavoro con uno sforzo limitato.

    La saliva è formata per il 99% di acqua, per il rimanente da sali minerali e sostanze organiche; contiene la ptialina, un enzima che agisce sugli amidi e sugli zuccheri trasformandoli in maltosio e quindi in destrina. È secreta in continuazione e basta la sollecitazione del cibo, anche soltanto visiva o mentale attraverso il ricordo, per esempio, per aumentarne la quantità. Favorisce la funzione digestiva, la masticazione, la formazione del bolo alimentare, la deglutizione e, grazie alla mucina, lubrifica l’esofago; protegge la mucosa orale e i denti.

    Le ghiandole salivari sono ghiandole esocrine, cioè a secrezione esterna e producono la saliva. Queste si distinguono in:

    –  parotidi: sono situate sotto l’orecchio, nelle guance destra e sinistra, hanno un dotto escretore detto di Stesone che si apre nel vestibolo della bocca all’altezza del secondo molare;

    –  ghiandole sottomascellari: sono situate sotto l’angolo della mandibola e il loro dotto escretore si apre vicino al frenulo della lingua;

    –  ghiandole sottolinguali: sono situate sotto alla lingua.

    2. La faringe e l’esofago

    La faringe è un canale muscolare tappezzato di mucosa posto alla base del cranio che unisce la bocca all’esofago. Si divide in tre parti:

    –  rinofaringe: appartiene all’apparato respiratorio, si trova sopra all’orofaringe;

    –  orofaringe: è limitata superiormente dal velo pendulo ed inferiormente arriva fino all’osso ioide, è in comune con l’apparato respiratorio;

    –  ipofaringe: è posta dietro alla laringe.

    L’esofago è un canale muscolo-membranoso lungo circa 25 cm che unisce faringe e stomaco. Decorre nel mediastino dinanzi alla colonna vertebrale, attraversa il diaframma, il foro esofageo e infine si unisce allo stomaco per mezzo di una valvola, il cardias. L’esofago è un canale di transito prevalentemente muscolare con una duplice funzione: facilitare la progressione di ciò che è ingerito ed ostacolare il reflusso di materiali dallo stomaco; la prima funzione si realizza attraverso la coordinazione dell’attività, in parte volontaria e in parte involontaria, della muscolatura. Esistono onde peristaltiche che partendo dall’estremità prossimale si propagano a tutto l’esofago e sono evocate da un meccanismo riflesso indotto all’atto della deglutizione. La seconda funzione è legata alla presenza di meccanismi di tipo sfinterico sia a livello faringoesofageo che a livello esofagogastrico.

    Riassumendo: il cibo masticato che ha subito l’azione della saliva si chiama bolo; per essere deglutito vengono chiuse le labbra, la lingua spinge il bolo oltre l’istmo delle fauci, il palato molle si alza chiudendo l’ingresso al rinofaringe, l’epiglottide si abbassa chiudendo la laringe superiormente (affinché non finisca nelle vie aeree superiori), viene spinto dai muscoli costrittori della faringe nell’esofago dove progredisce grazie all’azione di movimenti peristaltici, particolari contrazioni della muscolatura liscia di alcuni tratti del tubo.

    3. Lo stomaco

    È una dilatazione del tubo digerente a forma di sacco; si distinguono in esso: cardias, fondo, corpo, antro e piloro. La parte superiore dello stomaco ha la forma di una cupola e prende il nome di fondo gastrico; a seguire si trovano il corpo, la piccola e la grande curvatura superiore e inferiore, fino all’antro pilorico a cui segue il piloro che è costituito da un robusto strato muscolare ad anello riccamente innervato che separa lo stomaco dal duodeno. La parete gastrica è formata da più strati o tuniche:

    –  mucosa: è formata da un tessuto epiteliale cilindrico semplice e comprende piccolissime ghiandole che producono il succo gastrico;

    –  sottomucosa: è formata da tessuto connettivo con vasi e nervi;

    –  muscolare: è formata da tessuto muscolare liscio che consente i movimenti gastrici;

    –  sierosa: è formata dalla sierosa peritoneale.

    Il succo gastrico è prodotto dalle ghiandole dello stomaco ed è costituito da:

    –  acido cloridrico: ha funzione antisettica e rende alcuni minerali, come calcio e ferro, assimilabili dall’intestino;

    –  pepsinogeno: viene attivato a pepsina e in presenza di acido cloridrico inizia la digestione delle proteine trasformandole in peptoni;

    –  caseinogeno (caglio): agisce sulla proteina del latte;

    –  lipasi gastrica: si occupa delle prime trasformazioni dei grassi già emulsionati.

    La muscolatura dello stomaco fa sì che il cibo possa sostare per essere ridotto in chimo con movimenti peristaltici e antiperistaltici (in direzione inversa ai precedenti). Lo sfintere pilorico impedisce che il contenuto gastrico passi direttamente nel duodeno e con movimenti di chiusura e apertura ne fa passare solo una piccola quantità per volta. I cibi amidacei sono i primi a lasciare lo stomaco, poi vengono i cibi carnei e infine i cibi grassi. Un’adeguata permanenza del cibo nello stomaco in presenza di una buona attività secretoria consente quindi:

    –  la chimificazione: modificazione del bolo alimentare in poltiglia semiliquida, adatta per il successivo attacco degli enzimi;

    –  la sterilizzazione: l’HCL previene la colonizzazione batterica nel tenue.

    Il vago (parasimpatico) stimola la secrezione di pepsinogeno e HCL agendo direttamente sulle cellule gastriche; anche la secrezione di gastrina da parte delle cellule G dello stomaco è stimolata dalla presenza di peptidi e aminoacidi. La gastrina è un ormone che promuove la secrezione acida, l’HCL a sua volta inibisce la secrezione di gastrina con un meccanismo a feed-back.

    Nello stomaco è prodotto il fattore intrinseco di Castle, molto importante per la formazione di globuli rossi maturi nel midollo, una sua carenza provoca anemia. Nello stomaco vengono assorbite alcune sostanze: acqua, glucosio, alcool.

    4. L’intestino

    L’intestino è formato da un lungo canale che va dallo stomaco all’ano, lungo circa otto metri e mezzo nell’adulto; si distingue in tenue e crasso o colon.

    L’INTESTINO TENUE

    Inizia dal piloro situato alla fine dello stomaco e termina nel crasso, a livello del ceco. Riempie la cavità addominale nella cornice formata dal crasso. Si divide in:

    –  duodeno: costituisce il tratto più breve e meno mobile, è a forma di C e si trova a destra sotto al fegato; accoglie la testa del pancreas. Qui sboccano il coledoco che porta la bile e il dotto pancreatico che porta il succo pancreatico;

    –  digiuno: è la continuazione del duodeno;

    –  ileo: termina in prossimità della valvola ileocecale; insieme al digiuno forma le anse intestinali.

    La mucosa presenta numerose pieghe e delle microscopiche protuberanze chiamate villi intestinali, i quali contengono una rete di capillari e il canale linfatico centrale chilifero. Si hanno quindi due vie di assorbimento del cibo:

    –  la via sanguigna (venosa): dai capillari dei villi le sostanze assorbite passano nelle vene mesenteriche che poi formano il tronco della vena porta;

    –  la via linfatica: i vasi chiliferi affluiscono al dotto toracico (per questa via vengono assorbiti i grassi).

    La mucosa del tenue contiene piccole ghiandole secernenti il succo enterico, contiene inoltre delle formazioni linfoidi sparse dette placche del Peyer. Il chimo che proviene dallo stomaco è acido, nel duodeno si unisce alla bile che è alcalina e al succo pancreatico; la bile ha la funzione di emulsionare i grassi e renderli digeribili.

    Il succo pancreatico contiene ioni bicarbonato e tre fermenti:

    –  amilasi (o diastasi): trasforma amidi e zuccheri in glucosio;

    –  tripsinogeno: continua la scissione delle proteine iniziata dalla pepsina; è trasformato in tripsina dall’enterochinasi dell’intestino;

    –  lipasi pancreatica: trasforma i grassi in acidi grassi e glicerina.

    Nell’intestino tenue vi sono le ghiandole secernenti il succo enterico. Le amilasi determinano l’idrolisi dei polisaccaridi alimentari, in seguito vi è l’idrolisi degli oligosaccaridi. Il succo enterico contiene:

    –  enzimi che trasformano gli zuccheri in glucosio, sono detti oligosaccaridasi e sono localizzati nella membrana superficiale dei microvilli degli enterociti;

    –  enzimi che scindono i grassi in emulsione;

    –  enzimi che scindono le proteine in prodotti sempre più semplici sino agli aminoacidi;

    –  enterochinasi: attiva il tripsinogeno del succo pancreatico trasformandolo in tripsina.

    L’INTESTINO CRASSO

    Dall’ileo, attraverso la valvola ileo-cecale che è una sorta di sfintere dalla muscolatura liscia, si passa al crasso, il quale è lungo un metro e mezzo, inizia con un sacco a fondo cieco, il ceco, prosegue verso l’alto con il colon ascendente che, all’altezza del fegato, forma la flessura epatica e prosegue verso sinistra con il colon traverso (posto dietro alla regione ombelicale), si dirige poi a sinistra verso la milza formando la flessura splenica per continuare con il colon discendente.

    Il colon entra nel piccolo bacino e dopo un percorso incurvato in cui prende il nome di sigma, termina con il retto, il quale, a sua volta, termina con l’apertura anale forata da due anelli muscolari detti sfinteri anali di cui l’esterno è volontario essendo formato da fibre muscolari striate, l’interno involontario con fibre muscolari lisce. Rispetto al tenue è più largo, più breve, più fissato nella cavità addominale, non possiede né pieghe né villi; le sue ghiandole producono muco, senza avere una funzione digestiva. Assorbe acqua, minerali e vitamine e forma le feci a partire dalla poltiglia che riceve attraverso la valvola ileocecale. Il materiale assorbito raggiunge il fegato attraverso la vena porta.

    L’appendice, localizzata a livello del ceco, contiene tessuto linfatico che serve come difesa per il colon, produce lisozima che mantiene la carica batterica intestinale equilibrata, e infine produce una sostanza lubrificante per il colon.

    La tonaca muscolare è formata da due strati, quello longitudinale esterno forma sulla superficie esterna del colon tre nastri, le tenie; queste arricciano il colon in modo da formare delle tasche emisferiche dette haustra. L’ortosimpatico inibisce la motilità intestinale, il parasimpatico l’esalta.

    Il retto è caratterizzato da pieghe trasversali, di cui, quella di mezzo impedisce alle feci che si accumulano di scendere. Il rilassamento degli sfinteri anali, interno ed esterno, in associazione ai movimenti peristaltici del colon determina la defecazione.

    La normale durata di tempo dall’ingestione del cibo fino all’eliminazione intestinale è di circa diciotto ore; dipende principalmente da un buon tono intestinale e quindi da una buona peristalsi. Inoltre è necessaria una sufficiente quantità di bile che venga rilasciata dalla cistifellea per produrre dei buoni movimenti intestinali. L’intestino, quindi, dipende anche da altri organi molto importanti come la cistifellea, la tiroide e i surreni.

    Stomaco e duodeno sono sterili, mentre nell’intestino è presente normalmente una flora intestinale costituita da batteri: digiuno e ileo contengono enterococchi e batteri dell’acido lattico, il ceco contiene il bacterium coli, il perfringens, il putrificus ed enterococchi, il colon il bacterium coli e il retto una flora mista. La flora intestinale è utile per l’azione digestiva, in quanto è responsabile di un’azione idrolitica esercitata sulla cellulosa contenuta negli alimenti che, nell’uomo, non viene attaccata da alcun succo digestivo; vengono inoltre prodotte vitamine ed eliminati germi patogeni.

    5. Il fegato e la cistifellea

    Il fegato è una grossa ghiandola che pesa circa 1,5 kg, è sostanzialmente composto da due lobi, destro e sinistro; occupa il quadrante superiore destro e parte di quello sinistro della cavità addominale. È convesso in alto (faccia diaframmatica) e si assottiglia verso il margine anteriore, al di sotto del quale sporge la cistifellea. È per la maggior parte rivestito dal peritoneo tranne che nella faccia posteriore ed è avvolto da una capsula fibrosa che si addentra nell’organo dividendolo in lobuli che ne costituiscono le unità funzionali. I lobuli epatici hanno un aspetto poliedrico, esagonale in sezione, sono costituiti da cellule epatiche disposte a raggio intorno a una vena centrale; sono separati tra loro da un tessuto connettivo e all’unione di più lobuli contigui vengono a trovarsi degli spazi prismatici triangolari (spazi portali) nei quali passa un ramo dell’arteria epatica, uno della vena porta e un canale bilifero. Gli epatociti elaborano la bile che viene immessa nei capillari biliari che convergono a formare i dotti biliari.

    La vena porta raccoglie il sangue dall’intero tubo gastroenterico, cistifellea, pancreas e milza; da questa vena il sangue viene scaricato in capillari venosi, sinusoidi, che sono circondati dalle cellule epatiche, gli epatociti, i quai asportano dai sinusoidi lipidi, carboidrati, proteine, vitamine, ferro, ecc. digeriti e assorbiti dall’intestino, li immagazzinano e ne modificano la struttura. Poi, a seconda delle esigenze dell’organismo, riversano queste sostanze nella vena centrolobulare tributaria delle vene epatiche, queste si portano nella vena cava inferiore, subito sotto il diaframma, e, da qui, il sangue viene pompato a tutti i tessuti. Tra la vena cava e la vena porta esistono delle connessioni (anastomosi) che sono importantissime nelle ostruzioni della vena porta (vena azygos e sue tributarie). Queste rappresentano un importante circolo collaterale per il ritorno del sangue al cuore attraverso la vena cava superiore quando vi sono ostruzioni sia nella vena cava inferiore che nella vena porta.

    Il fegato ha importanti funzioni metaboliche correlate alla sintesi di macromolecole, alla produzione e all’accumulo di energia, al catabolismo e all’eliminazione di sostanze tossiche e prodotti di rifiuto del metabolismo. Visto che il fegato svolge un ruolo di primaria importanza nei processi metabolici, una sua disfunzione provoca spesso alterazioni biochimiche; possedendo una notevole riserva funzionale le disfunzioni lievi o moderate possono non essere evidenziabili attraverso gli esami. Le funzioni biochimiche in cui il fegato svolge un ruolo di primaria importanza comprendono il metabolismo degli aminoacidi, ammoniaca, proteine, carboidrati e lipidi, l’ossidazione biochimica, il metabolismo e la detossificazione di farmaci, vitamine e ormoni. La maggior parte degli aminoacidi che giungono al fegato attraverso la vena porta viene catabolizzata ad ammoniaca che è poi convertita nel fegato stesso in un prodotto terminale non tossico, l’urea, sostanza che poi viene eliminata attraverso i reni.

    Il fegato sintetizza moltissime proteine, molte di quelle plasmatiche tra cui l’albumina che è quella quantitativamente più importante in quanto regola la pressione oncotica, il legame e il trasporto di certi ormoni, acidi grassi, bilirubina, ecc.; inoltre produce proteine che sono fattori della coagulazione (fibrinogeno, ecc.).

    Il fegato gioca un ruolo nell’omeostasi del glucosio, se c’è un danno epatico massivo acuto si può morire per ipoglicemia; quest’organo mantiene il livello del glucosio ematico mediante la captazione e l’accumulo di glucosio sotto forma di glicogeno, la conversione del glicogeno immagazzinato in glucosio, la formazione di glucosio a partire da fonti diverse dai carboidrati.

    Quest’organo gioca inoltre un ruolo chiave nella detossificazione di molte sostanze sia endogene che esogene, molti ormoni vengono inattivati, gli estrogeni poi agiscono direttamente sul fegato riducendo la sua attività secretoria.

    La cistifellea è il serbatoio della bile, ha una capacità di 50 ml ed è appoggiata alla faccia inferiore (viscerale) del fegato. Il suo dotto cistico, unendosi col dotto epatico comune, forma il coledoco. La bile prodotta dal fegato viene inviata direttamente al duodeno tramite il dotto epatico comune. Quando lo sfintere è contratto, la bile, non potendo proseguire nel duodeno, è costretta a risalire nel dotto cistico e nella cistifellea, dove viene immagazzinata e concentrata; dopo circa trenta minuti dal pasto, specie se ricco di grassi, la cistifellea si contrae in modo ritmico, lo sfintere si rilassa e la bile passa nel duodeno. La bile è composta da:

    –  pigmenti biliari (bilirubina e biliverdina): sono prodotti di escrezione; la bilirubina è una sostanza che deriva dall’emoglobina dei globuli rossi circolanti; infatti, giunti al termine del loro ciclo vitale, vengono distrutti nella milza dove l’emoglobina viene convertita in bilirubina;

    – sali biliari (attivano la lipasi pancreatica): sono i prodotti finali del catabolismo del colesterolo; attraverso i sali biliari che emulsionano in piccole gocce i grassi, questi diventano più solubili e quindi attaccabili dagli enzimi digestivi;

    –  colesterolo, lecitina, sali inorganici e acqua.

    La bile è alcalina, contribuisce così alla neutralizzazione del chimo gastrico immesso in duodeno; è una sostanza poco idrosolubile ed è veicolata nel plasma dall’albumina, in questa forma viene detta bilirubina indiretta o non coniugata. La bilirubina diretta è invece quella che si forma nel fegato dove, dopo essere stata captata dalle cellule epatiche (epatociti), subisce un processo di coniugazione prima di essere completamente escreta dalle cellule nella bile.

    La bile, contenente la bilirubina, nella colecisti subisce un processo di concentrazione attraverso il riassorbimento di acqua ed elettroliti, infine giunge attraverso il coledoco nell’intestino. Nell’intestino, per opera della flora batterica, la bilirubina è convertita in bilinogeni. Queste sostanze vengono escrete in buona parte con le feci e sono responsabili del caratteristico colore delle feci. I bilinogeni sono idrosolubili e una piccola quantità viene escreta dai reni con le urine. In sintesi, in condizioni normali, nel sangue è presente una certa quantità di bilirubina che è quella legata all’albumina, e una piccola quantità di bilinogeni che possono passare nelle urine, infine una certa quantità di essi è presente nelle feci.

    6. Il pancreas

    Il pancreas è una grossa ghiandola a secrezione esocrina ed endocrina situata a ridosso della parete addominale posteriore all’altezza della dodicesima vertebra dorsale, dietro allo stomaco; la testa è accolta nell’ansa duodenale, questa continua con il corpo e la coda che tocca la milza. Il condotto escretore (dotto di Wirsung) sbocca nella papilla duodenale unitamente al coledoco, immettendo il secreto nell’intestino.

    Nel pancreas endocrino vi sono gruppi

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