Il principe degli zingari: romanzo
By Ivano Meli
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Ivano Meli
Ivano Meli nasce a Cosenza il 22.03.1973. Cresciuto in una famiglia non agiata, scontroso e anticonformista, Meli è costretto a lasciare gli studi all’età di 14 anni. All’età di 19 anni Meli lascia il suo paese, la famiglia e gli amici, voglioso di conoscere nuove culture e nuova gente. Trasferitosi in Germania, Meli inizia a scoprire la passione della scrittura. Negli anni, la sua voglia di conoscenza, lo ha costretto a viaggiare ancora, portandolo sulle sponde dell’Atlantico,dove ha conosciuto da vicino la cultura nord americana, in Inghilterra, dove ha vissuto per sei mesi. Poi ancora in Germania, a Parigi, in Austria, ed infine in Repubblica Ceca, a Cesky Krumlov. Autore, che attraverso la scrittura romanzesca, cerca di portare in risalto i problemi reali dei nostri tempi quali possono essere la pedofilia, il bullismo, la censura, gli scontri etnici, la migrazione, la crisi globale.
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Il principe degli zingari - Ivano Meli
Il principe degli zingari
romanzo
Ivano Meli
Meligrana Editore
Copyright Meligrana Editore, 2020
Copyright Ivano Meli, 2020
Tutti i diritti riservati
ISBN: 9788895031958
Meligrana Editore
Via della Vittoria, 14 – 89861, Tropea (VV)
(+ 39) 338 6157041
www.meligranaeditore.com
info@meligranaeditore.com
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Indice
Frontespizio
Colophon
Licenza d’uso
Ivano Meli
Copertina
Presentazione
Il principe degli zingari
Prologo
Epilogo
Licenza d’uso
Questo ebook è concesso in uso per l’intrattenimento personale.
Questo ebook non può essere rivenduto o ceduto ad altre persone.
Se si desidera condividere questo ebook con un’altra persona, è necessario acquistare una copia aggiuntiva per ogni destinatario. Se state leggendo questo ebook e non lo avete acquistato per il vostro unico utilizzo, siete pregati di acquistare la vostra copia.
Grazie per il rispetto verso il duro lavoro di questo autore.
Ivano Meli
Ivano Meli è nato a Cosenza nel 1973. Cresciuto in una famiglia non agiata, scontroso e anticonformista, è costretto a lasciare gli studi all’età di 14 anni. All’età di 19 anni lascia il suo paese, la famiglia e gli amici, voglioso di conoscere nuove culture e nuova gente. Da sempre accanito lettore, in Germania scopre invece la passione per la scrittura. Negli anni, la sua voglia di conoscere lo porta a viaggiare di continuo: sulle sponde dell’Atlantico, dove conosce da vicino la cultura nordamericana, in Inghilterra, dove vive per sei mesi; poi ancora in Germania, in Francia, a Parigi, in Austria e, infine, in Repubblica Ceca, a Cesky Krumlov. Tornato a vivere in Calabria nel 2010, è padre di un bimbo. Ha già pubblicato: Il silenzio dell’innocenza
(Seneca, Torino, 2007), L’ultima luna
(Kimerik, Messina, 2007), L’ultima profezia
(Demian, Teramo, 2010). Per la Meligrana ha pubblicato: "Il principe degli zingari (2011 - ebook),
Il taglio della vendetta (2011 - ebook);
Mauthausen" (2011 - brossura+ebook).
Presentazione
Questo non è un racconto storico. Non è un’antologia di eventi accaduti. Questa è una favola e non è una leggenda. È una storia ambientata a Cesky Krumlov (Krumau), nella Boemia meridionale, circa due cento anni fa. Fatti e nomi sono da intendersi pura fantasia dell’autore.
Cesky Krumlov è lo splendido paesino dove Quentin Tarantino ha girato il suo famoso film Hostel, protetto dall’UNESCO come patrimonio mondiale dell’umanità.
Krumlov con il suo borgo barocco, dove leggende e favole sono sulla bocca di tutti, ha ispirato questo mio romanzo.
Questa storia, fatta di uomini e leggende, è stata scritta dal destino. Gli attori, recitano solo la loro parte, esibendosi sul palcoscenico seguendo il copione. Tutto, tra intrighi, raggiri e complotti, gira intorno a una festa e all’annuncio di un maledetto matrimonio.
Il principe degli zingari
Prologo
Era una notte maledettamente fredda, anche se era quasi inizio Estate. La luna illuminava la strada ad alcuni uomini armati di alabarde e spade mentre facevano irruzione in un campo rom nella Boemia del sud. Forti di due orsi portati al guinzaglio da due addestratori, come se fossero dei cani da passeggio, perquisirono ogni capanno e ogni casa di legno dell’agglomerato, uccidendo chiunque, senza distinzione di età o di sesso, che cercasse di opporsi alla loro ricerca.
Dopo qualche ora e molto sangue sparso per il campo, gli uomini armati, trovato quello che cercavano e dato poi fuoco a quello che restava dell’agglomerato, si ritirarono al groppo dei loro destrieri, seguiti dagli orsi tenuti al guinzaglio dagli addestratori.
I
Erano gli anni a cavallo fra il XVIII e il XIX secolo. Erano anni d’instabilità e di guerre socio-politiche fra i vari regni in cui allora era suddivisa l’Europa. L’asse franco-spagnolo conduceva contro l’Inghilterra una guerra a sé per il dominio delle Americhe e il controllo dell’Atlantico mentre Austria, Russia e Prussia per il controllo del vecchio continente.
Una nuova corrente, il romanticismo, stava cambiando il modo di pensare dei giovani, ed era in contrasto con l’Illuminismo e il culto di religioni provenienti dal lontano oriente.
Viaggiavo molto allora, colpa il mio mestiere, mercante di tessuti pregiati importati dal Kashmir indiano. Questo mestiere non l’avevo scelto io; mi era stato lasciato in eredità da mio padre che a sua volta l’aveva ereditato da suo padre e così via. Un mio avo, si diceva, fu al fianco di Cristoforo Colombo sulla Santa Maria quando, per pura fortuna, scoprì l’America. Questo mio avo, intuendo le potenzialità del nuovo continente e ricevuta una cospicua somma di denaro al suo ritorno, acquistò una piccola nave dismessa, che non sarebbe stata capace di galleggiare nemmeno in una pozzanghera, la restaurò con le sue mani e, dopo anni di duro lavoro, iniziò la sua attività di commerciante.
Dicevo, da Napoli, partivo per raggiungere le varie località europee. Parigi, Londra, Vienna, Praga, Mosca, la Baviera, Madrid, Budapest e a volte mi capitava anche di toccare le sponde americane, portando alle signore europee, colonizzatrici di quelle terre e vogliose di lusso, ma non aggiornate ancora sulle mode attuali, le stoffe meno pregiate e belle rimaste in magazzino o i tessuti che le signore dei vari casati europei non avevano ritenuto degni di far parte della loro collezione, invernale o estiva che fosse.
Questa volta mi apprestavo a raggiungere Krumau, nella Boemia meridionale, dominio del casato e residenza estiva degli Asburgo.
Stoffa pregiata per adornare il palazzo con arazzi, tende, tappeti, in onore del futuro Kaiser Francesco II e dei suoi primogeniti, due gemelli, nati da un mese e che si apprestavano a ricevere il battesimo e diventare buoni cristiani. Si sarebbe data una grande festa nel giardino principesco, famoso per la sua bellezza in tutti i casati europei.
Al seguito della mia carrozza, tirati da quattro cavalli, quattro inservienti che si occupavano del carico e quattro aguzzini, pagati per proteggere me e la merce preziosa. Erano tempi difficili e attacchi da parte di banditi a carri e carovane con carichi preziosi erano all’ordine del giorno, specialmente sulle Alpi austriache, dove mi ero attardato per colpa di una perturbazione che, anche se ci trovavamo in piena estate, aveva portato con sé neve e grandine, rendendo il percorso tortuoso e malagevole. Eravamo in ritardo. Ci fermavamo solo per rifocillare le bestie e le nostre budella. Per fortuna, una volta passate le Alpi, il tempo e il cielo erano stati dalla nostra parte, permettendoci non solo di recuperare il tempo perso ma anche di arrivare con un giorno d’anticipo alle porte di Krumau.
Diverse guardie controllarono il carico, disarmarono i miei aguzzini e ci condussero presso le porte del castello.
Adagiarono me, gli aguzzini e gli inservienti, per la notte, in una locanda e il carico con i cavalli nelle stalle appena fuori le mura del castello, guardato a vista da due guardie.
Distrutto dal viaggio, dopo aver mangiato dell’ottimo Gulasch, salutai la mia scorta che continuò a bere della Vodka appena distillata e mi ritirai nella mia stanza, accompagnato da una donna a cui avevo dato dieci denari per un servizio completo. La mia giovane età mi costringeva a tradire mia moglie ogni volta che per affari lasciavo Napoli; un vizio anche questo, ahimè, lasciatomi in eredità dai miei avi. Così, dopo il servizio completo, fatto come di dovere, mi addormentai, lasciando il pensiero degli affari al nuovo giorno che, tra l’altro, sarebbe presto sorto.
Stanco morto, dormii come un sasso, ma la notte fu troppo corta perché, quando arrivò il nuovo giorno, mi sembrò di non aver dormito affatto. Mi svegliai quando il sole già illuminava in pieno la curva a forma di ferro di cavallo in cui scorre il fiumeva Vltava e la facciata orientale dello splendido castello in stile barocco che si affacciava a strapiombo sul fiume.
Lasciai la donna dormiente e ancora nuda sul letto e scesi in cantina, dove feci colazione con uova strapazzate, fegato di maiale e del latte di capra appena munto. Cibo forte, ottimo dopo un lungo viaggio, un amplesso selvaggio e una notte troppo corta. Tra un uovo e un pezzo di fegato scambiai alcune parole con il mio seguito che al posto del latte, per un buon auspicio, preferì bere della vodka, tanto per cominciare il giorno da dove avevano lasciato la notte.
Finita la colazione, ci recammo nella stalla, dove il carico prezioso aspettava impaziente di essere esibito alla luce del giorno.
Tirato dai cavalli e scortato dalle guardie del Kaiser, il carro ed io entrammo nelle mura del castello. Al mio seguito, per ragioni di sicurezza, non fu concesso entrare. La prima cosa che mi colpì, appena entrato e percorrendo il ponte in pietra che conduceva al castello, furono due grandi orsi bruni che, chiusi in un grosso recinto appena al dì sotto del ponte, mangiavano assopiti delle mele.
L’orgoglio del casato e del Kaiser
accennò una guardia indicando gli orsi.
Mi avvicinai e mi fermai per qualche istante ad ammirare le bestie. Anche se rinchiuse nel recinto e distanti una decina di metri da me, incutevano potenza e ferocia e mi davano un riverbero di paura. Uno dei due orsi, che avrà pesato forse cinquecento chili, alzò il naso al cielo, come per annusare l’aria inebriata forse dal mio odore, poi portò lo sguardo verso di me. Non avevo certo voglia di far parte del menù di qualche grosso animale, così, me la diedi subito a gambe, raggiungendo le guardie che nel frattempo si erano allontanate di qualche metro nel proseguimento verso il castello assieme al carico.
Entrammo, quando ancora avevo le gambe tremanti, in quello che era il cuore del castello; una grande piazza con al centro un’enorme fontana, dove l’acqua sgorgava da quattro delfini messi di spalle uno all’altro. Rimasi affascinato da tale bellezza, guardandomi in giro con occhi smaniosi. Sicuramente era uno dei luoghi più belli che avessi mai visitato. Il mio sguardo scrutatore era pieno di gioia nel ammirare quelle bellezze, così come rimase affascinato dalla donna che da una finestra chiusa guardava verso il centro della piazza. Donna che poi conobbi come la consorte di sua Altezza.
Un uomo, all’apparenza molto agitato, ci venne incontro dimenando e scuotendo le mani al vento. Muoviamoci, muoviamoci
gridava in italiano ma con un marcato accento tedesco, avvicinandosi e agitandosi sempre più. Sua Altezza è impaziente di vedere e scegliere le stoffe. Avanti, avanti
. Giungendo a noi, si presentò come il consigliere personale del Kaiser. Artur Muller von München
.
Antonio D’amico
mi presentai. Da Napoli
conclusi, con un tedesco quasi eccellente. Niente più. Odiavo i lecca culo tipo Artur Muller von München. In ogni casato ne avevo conosciuto uno uguale, e tutti erano dei buoni a nulla, buoni solo a dettare, fare, e sopratutto sottostare ai gusti di sua Altezza, quindi, se non fossi io personalmente a consigliare i reali nella scelta delle stoffe, aggiornandoli sulle mode attuali, i loro castelli e palazzi non sarebbero cambiati nello stile e nei colori per millenni. Poi non sapevo il perché, ma tutti i consiglieri che avevo conosciuto fino a quel momento avevano un qualcosa di femminino nei loro movimenti, nel modo di fare e nel parlare. Sembrava che i reali avessero delle idee standard in alcune scelte.
Attraversata la grande piazza, passammo sotto alcune navate, per arrivare poi in un altro spiazzo, questa volta più piccolo e più riservato. Il carro arrestò il suo andare e Artur Muller m’invitò a entrare in una porta che dava in una stanza ben arredata e adornata, devo dire con gusto. Sua Altezza sarà presto da lei
. Si congedò facendomi accomodare di fronte ad una scrivania e facendomi servire del caffè con biscotti. Capii subito che sua Altezza usava quella stanza per le ricezioni di quel tipo. Niente di ufficiale, nessun sangue reale, solo ricevere un povero commerciante, scegliere le stoffe, pagargli la parcella e, se soddisfatto, liquidarlo con un arrivederci alla prossima stagione. E questo sarebbe successo anche con me. Ma non avevo di che biasimare, questo era il mio mestiere e non avevo sangue blu, perciò, che si sbrigasse, avevo altre consegne da fare.
Comunque sia, l’attesa non fu lunga, sua Altezza,