Syria: Quello che i media non dicono
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Anteprima del libro
Syria - Alessandro Aramu
SYRIA
Quello che i media non dicono
a cura di Raimondo Schiavone
con Talal Khrais, Antonio Picasso, Alessandro Aramu
© Arkadia Editore
2013
Collana Limes 4
Isbn 9788896412862
Prefazione
Siria: la sfida nella nuova guerra fredda
Talal Khrais
L’Occidente vanta una grande democrazia, libertà di pensiero, di parola e di espressione. La verità è che la politica europea è profondamente influenzata dai dettami degli Stati Uniti e, alla tanto proclamata libertà e autonomia di pensiero, si sostituiscono spesso e volentieri una visione dei fatti e un metro di giudizio sulle vicende mediorientali inficiati dall’uso di due pesi e due misure. L’informazione è spesso vittima di visioni unilaterali, viziate da interessi di parte. Sono stato ben otto volte in Siria, in un solo anno, e ho incontrato colleghi giornalisti che lavorano per grandi testate nazionali e internazionali. Ho assistito a innumerevoli pressioni, esercitate su questi professionisti da direttori ignoranti nominati dalla politica, monopolizzati a loro volta dal mondo della finanza e dai poteri forti.
L’informazione faziosa è quella che non riconosce lo stato palestinese e non denuncia le sistematiche violazioni del diritto internazionale a opera del Governo israeliano.
Di recente ho assistito all’incontro tra una collega straordinaria, che lavora in Medioriente, e il Presidente della Repubblica Araba in Siria. Dopo averlo incontrato, la giornalista si è rivolta a lui porgendo le proprie scuse e dicendo: È un grande onore incontrarla signor Presidente, ma non sarò libera di fare il mio lavoro
.
Il giornale per il quale lavorava non aveva, infatti, alcuna intenzione di pubblicare il contenuto della sua intervista. La linea editoriale imponeva il capovolgimento del reale, al fine di veicolare un messaggio che non intaccasse lo status quo.
La compagine internazionale, attualmente, vede la convivenza di due fronti contrapposti: da una parte Stati Uniti ed Europa abbandonati dai Paesi emergenti e dall’altra le due superpotenze, la Federazione Russa e la Repubblica Popolare Cinese, alleate con i Paesi insistenti nel loro spazio vitale, naturale e geografico, che intendono creare sviluppo e progresso, per porre fine agli estremismi e all’arretratezza diffusa. Si tratta degli stessi obiettivi e buoni propositi che l’Occidente ha sempre proclamato e decantato, ma non ha mai realizzato.
Posso dire con certezza che esiste una nuova guerra fredda
e la Siria rappresenta il fianco Mediterraneo dello spazio vitale della Repubblica Popolare Cinese e della Federazione Russa. Torna la contrapposizione tra i due blocchi. Esiste oggi un vero e proprio bipolarismo che mira al controllo delle rispettive sfere d’influenza, due poli aggreganti Usa-Europa da una parte e Russia-Cina dall’altra, più una serie di paesi neutrali.
Gli Stati Uniti e i Paesi Europei sconfitti e quasi cacciati dall’Iraq – oggi più amico che mai dell’Iran – e dall’Afghanistan, cercano di ridurre la sfera d’influenza storica e naturale di Mosca, per esempio nel Caucaso.
È vero che Paesi europei dell’ex campo socialista sono passati al campo occidentale, mi riferisco agli stati dell’Est Europa e del Baltico, un tempo satelliti dell’Urss, ma è anche vero che questi Paesi sono rimasti, per lo più, in ottimi rapporti con Mosca. Approfittando della grave difficoltà che la Federazione Russa attraversava, nella fase di transizione dal comunismo al liberalismo, l’Occidente ha realizzato una politica espansionistica e ostile nei confronti dei membri della Federazione, alleandosi anche con i movimenti più estremi del terrorismo islamico, al fine di controllare i fianchi strategici della Federazione Russa e della Cina.
Questo spiega gli avvenimenti accaduti nei Balcani, attanagliati da problematiche di tipo economico, e nei Paesi sud-caucasici che facevano parte dell’Urss (Armenia, Nagorno-Karabakh, Ossezia del Sud e Abkhazia). Nonostante le ingerenze, queste nazioni hanno sempre rifiutato di contrapporsi alla Russia, rimanendo legate a Mosca; discorso che potremmo estendere anche a quasi tutti i Paesi centro-asiatici dell’ex blocco sovietico, escluso il Turkmenistan.
La Russia pur avendo subito una serie di contraccolpi in seguito all’invasione dell’Iraq e della Libia, è stata in grado di recuperare le relazioni con i Paesi vittime dell’occupazione occidentale, ricucendo anche un rapporto strategico con la Repubblica Islamica dell’Iran.
Mentre l’Occidente seguiva gli Stati Uniti, senza tenere più in considerazione gli interessi economici e strategici della Federazione Russa in Medioriente e nel Nord Africa, quasi tutti gli amici
della Russia nel continente africano, un tempo vicini all’URSS, diventavano obiettivi delle prospettive neo-colonialiste. Da qui sconvolgimenti, guerre, insurrezioni. Insomma, uno scacchiere politico sconvolto. L’Occidente sembra infatti essere a traino di occulti desideri
, incapace di una politica autonoma e realista. E così non si è accorta che l’intervento in Libia soddisfaceva gli interessi di pochi a danno di quelli di molti. E, per tornare alla Russia, il suo rapporto con i paesi africani verte su alcuni capisaldi, come per esempio la sua strategia in Sudan, porta della Cina in Africa. Anche in questo caso l’Occidente (Usa ed Europa), non pago dei passati errori, ha tentato di destabilizzare l’area e, in ultimo, ha sferrato un violento attacco alla Federazione promuovendo un vero e proprio colpo di stato in Siria, avvenuto dopo il fallimento del tentativo di attacco all’Iran.
Malgrado i cambiamenti avvenuti nella Federazione Russa e la sua richiesta, peraltro respinta, di fare parte della casa europea
, gli Stati Uniti, appoggiati da Paesi deboli e accomodanti, hanno continuato a considerare Mosca un nemico. Interferenze negli affari interni, sostegno ai movimenti integralisti anti russi e infine una politica militare tesa all’assedio della nuova Federazione, sono atti che rimandano ai tentativi di invasione del 1917 e alla rivoluzione russa.
Intanto i vertici militari statunitensi agiscono indisturbati. Ricorrono al riarmo, considerando Russia e Cina nuovi nemici, lavorano senza sosta su nuove armi – come lo scudo missilistico e gli scudi antimissile in Polonia e in Turchia – e rifiutano la proposta di Mosca di partecipare al progetto di difesa antimissilistica europea (che diventa così un progetto contro russi e cinesi).
Ma si sa, la storia e la crescita non si fermano, ed ecco che sia la Federazione Russa che la Cina stanno progressivamente divenendo le prime potenze economiche nel mondo, mentre l’Europa affonda nella sua crisi economica che ha tra le sue cause fondamentali la politica filo-americana. Sia la Federazione Russa che la Repubblica Popolare Cinese negli ultimi 10 anni hanno investito denaro e hanno attuato progetti di sviluppo nell’area ex-sovietica; così non stupisce che Russia e Kazakhstan abbiano annunciano l’intenzione di creare una difesa missilistica comune. A breve, un accordo analogo potrebbe essere raggiunto anche con l’Armenia. Un sistema di protezione comune esiste già tra Russia e Bielorussia.
Si tratta di passi enormi dal punto di vista della sicurezza, un sistema per rafforzare la cooperazione militare tra la Federazione Russa e i Paesi vicini, basato su principi più democratici rispetto a quelli messi in atto dall’ex Unione Sovietica.
Il colpo mortale inferto alla politica neo-colonialista perpetrata dall’Europa è avvenuto con la nascita dell’accordo di Almaty (Kazakhstan), con il quale Mosca ha istituito il Joint CIS Air Defense System, un sistema integrato di difesa aerea che comprende Armenia, Bielorussia, Kazakhstan, Kirghizistan e Tagikistan. È il primo passo per la formazione di uno scudo antimissile russo in Asia centrale, un processo che si è perpetuato nonostante il dissenso dell’Uzbekistan. La Federazione Russa, d’intesa con la Cina, ha scelto di impostare gradualmente le reti di difesa aerea con i singoli Stati dell’ex CSI, garantendo la creazione di accordi tali da consentire