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L'universo nel Lago (Sol trodo de i Jakele)
L'universo nel Lago (Sol trodo de i Jakele)
L'universo nel Lago (Sol trodo de i Jakele)
Ebook217 pages3 hours

L'universo nel Lago (Sol trodo de i Jakele)

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About this ebook

L'autore immagina di incontrare i suoi avi degli ultimi 400 anni, di parlare con loro facendosi raccontare la vita ed i cambiamenti sociali intervenuti nel tempo.
Ne nasce un racconto pieno di curiosità, oltre che di usi, costumi e fatti storici rilevanti per il territorio di Bassano del Grappa (VI).
Il tutto è condito da una continua introspezione che diventa racconto nel racconto.
Il libro è scritto in italiano, i dialoghi sono riproposti anche in dialetto veneto.
LanguageItaliano
PublisherLuigi Lago
Release dateSep 23, 2015
ISBN9788893153133
L'universo nel Lago (Sol trodo de i Jakele)

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    L'universo nel Lago (Sol trodo de i Jakele) - Luigi Lago

    Farm

    Premessa

    Il racconto è in italiano, i dialoghi sono riproposti anche in dialetto veneto a fine libro.

    I nomi e le date sono tratti dai registri della parrocchia di Tezze sul Brenta; i dialoghi sono di mia libera ispirazione.

    La copertina ed i disegni sono da me copiati da quadri famosi o da foto di famiglia.

    Con il massimo rispetto per i miei avi e senza garantire la veridicità dell’albero genealogico, voglio immaginare e raccontare il mio ramo dei Lago, gente contadina che dissodò e rese fertile la sassosa terra del Brenta.

    Prefazione

    L’universo nel lago è un viaggio compiuto nel passato e contestualmente nel profondo dell’essere per scoprire la propria identità, i valori, le aspirazioni, le frustrazioni, le finalità ultime del vivere.

    Ne emerge uno spaccato della nostra civiltà contadina, autenticamente veneta, che, travolta negli ultimi decenni da un progresso inarrestabile, rischia di cadere nell’oblio se non fermata dalla rigorosa testimonianza di chi, con gli strumenti del ricercatore, ne fissa in modo indelebile i contenuti, i sentimenti, i valori che la animano.

    E l’Autore riesce felicemente in questo intento e lo fa con il dialogo, il racconto, che richiamano i filò di un tempo con la freschezza e l’immediatezza del linguaggio dei nostri avi, che trova l’espressione più autentica nella forma dialettale, la quale accompagna fedelmente, arricchendola, la versione in lingua.

    E il passato rivive, illumina il presente, ne evidenzia le incertezze, i dubbi, le contraddizioni, le angosce e, con una struggente nostalgia, prospetta nella fatica di vivere di tante generazioni un barlume di speranza cui orientare la nostra vita.

    prof. Giuseppe Zonta

    Assessore alla cultura

    Comune di Tezze sul Brenta

    Ringraziamenti

    Desidero ringraziare la Chiesa per aver istituito, durante il Concilio Ecumenico di Trento, i registri parrocchiali dei battesimi, dei matrimoni, ed in seguito dei morti.

      Desidero ricordare tutti quei meravigliosi sacerdoti, succedutisi nella nostra parrocchia, che con la loro dedizione hanno custodito e protetto detti registri, permettendone la redazione e la conservazione fino ad oggi.

    Albero genealogico

    Zuane Lago

    (nato ai primi del 1600)

    Tutto è cominciato una notte. Non so se è stato un sogno o se l’ho vissuto davvero, ma me lo ricordo così bene che …

    Stavo camminando per un viottolo di campagna; era sera e cominciava ad imbrunire. Gli alberi, ai lati, chiudevano la volta in alto facendo ancora più buio. Era caldo, estate, umido, ma con un po’ d’aria che rinfrescava la pelle bagnata dal sudore. Le foglie frusciavano armoniosamente e sembravano fare da orchestra ai grilli. Mi sono fermato. Ho ascoltato. Mi sembrava irreale. Una musica così dolce non l’avevo mai sentita. Mi sono guardato attorno per vedere se c’era qualcuno a cui chiedere conferma di questo ben di Dio. Nessuno! Tutto per me. Troppo! Certe cose bisogna viverle assieme a qualcun altro per goderle fino in fondo; da soli, senza condividerle, sembrano sprecate.

    Cammino piano e assaporo tutto. Finiscono gli alberi e si aprono i campi. E’ notte, non è sera, ma c’è una luna piena ed un cielo stellato senza nuvole che vedo distintamente le ombre degli alberi, dei cespugli e … anche la mia. Vado avanti per il viottolo e vedo in lontananza una lucina.

    Cammino e la luce diventa sempre più grande: è la finestra di una casa; fuori, in piedi, un uomo guarda in alto. Forse anche lui è impressionato dalla bellezza del cielo. Mi avvicino e lui si gira.

    -Chi sei? Mi domanda

    -Luigi Lago! Gli rispondo.

    -Parla come mangi (in dialetto) e dimmi di che ramo dei Lago sei.

    -Dei Jakełe.

    -Di quale Jakełe sei?

    -Di Giuseppe.

    -Giuseppe di chi?

    -Di Luigi.

    -Ho capito, hai il nome di tuo nonno.

    -Sì, mio nonno era Luigi Jakełe.

    -Bravo, sei sulla strada giusta.

    -Cosa vuol dire?

    -Vuol dire che più avanti troverai la strada dei Jakełe.

    -Potete spiegarvi meglio? E voi chi siete?

    -Io sono Zuane (Giovanni) Lago e tu sei generato da me.

    -Non ho capito nulla.

    -Mi hai detto di tuo padre e di tuo nonno, se risali a tuo bisnonno e poi sempre più indietro di padre in padre, finirai col trovare me. Hai capito, adesso?

    -Sì, ma quanto indietro devo andare? In che anno siamo qui?

    -Quanto indietro lo capirai più avanti, per l’anno ti dico solo che è passato da un pezzo il 1600.

    -Ma l’anno giusto?

    -Non m’interessa.

    -Dove siamo qui?

    -Per aver studiato, sei lento nel comprendere. Siamo sulla strada che porta dai Jakełe. Avanti troverai mio figlio, il figlio di mio figlio, fino a tuo nonno, a tuo padre e a te.

    -Bello. Posso conoscerli tutti?

    -Sì, tutti.

    -Grazie.

    -Perché mi ringrazi? Non l’ho mica fatta io la strada. Non ti ho nemmeno chiamato qui. Dimmi, invece: c’è qualcos’altro che vuoi sapere?

    -Vorrei conoscere meglio la mia terra, le mie radici; vorrei capire perché siete arrivati a Tezze, come vivete; capirne un po’ di più...

    -Eh, da dove vuoi cominciare? Il racconto è lungo. Beh, iniziamo dicendo che siamo venuti qua dopo la peste che c’è stata qualche anno fa. Sono morti in tanti. La gente non aveva nemmeno più lacrime. Tutte le famiglie avevano almeno un morto da piangere. Qualcuno è uscito di senno. Mah? Basta! Non farmici ripensare altrimenti mi commuovo ancora anche adesso. Con la peste è morta così tanta gente che molta terra è rimasta senza braccia che la lavorassero. Abbiamo sentito che il comune di Bassano affittava dei campi a Granella e così siamo venuti qua a lavorarli.

    -Cosa seminate?

    -Per lo più frumento, a volte orzo, miglio, avena; adesso abbiamo iniziato con un nuovo sorgo (mais) ma non so …

    -Che cosa non sapete?

    -E’ una granaglia nuova, non so se possa rendere, se possa piacere.

    -Com’è fatto?

    -Dovresti vedere. La pianta è la stessa di prima, ma i grani, che prima erano piccoli e sull’infiorescenza, sono diventati grandi e attaccati a una pannocchia; sopra, a coprire tutto come un cartoccio, delle lunghe foglie attaccate come le tuniche esterne delle cipolle.

    -Come lo lavorate questo sorgo?

    -A primavera si ara il campo con l’aratro e i buoi. Facendo una buchetta con la zappa, si piantano in linea due o tre grani ogni spanna. Appena nascono le foglioline, si tolgono le erbacce attorno e si selezionano le piantine migliori lasciandone una ogni spanna. Quando comincia l’estate, tenuto conto che bisognerà irrigare molto, si scava un solco in mezzo alle file rialzando la terra sul sorgo. Quando comincia a maturare, prima che la canna si secchi, se ne toglie la cima, ossia il pezzo sopra la pannocchia, per darla da mangiare alle mucche. Un po’ dopo, si tolgono anche le foglie, sempre per le mucche, e se non le mangiano, le si usano come lettiera. Poi arriva la mietitura: si taglia la canna appena fuori terra e la si porta a casa assieme alla pannocchia. Le canne, se sono ancora un po’ verdi, possono ancora essere mangiate dalle mucche, ma se sono troppo secche, le lasceranno lì e muggiranno a più non posso. (Per far mangiare alle mucche anche quello che a loro non piace, qualche volta basta urinarci sopra; gustano il sale dell’urina e mangiano più volentieri). Arrivato il momento di scartocciare, cartoccio da un lato e pannocchia dall’altro. Con il cartoccio, se non è bagnato o troppo secco da sbriciolarsi tutto, si possono fare i materassi. (Per avere sempre un buon materasso basta cambiare i cartocci una volta l’anno). E’ arrivato il momento di sgranare le pannocchie. Il sistema migliore è quello di strofinarle una contro l’altra. I contadini hanno fatto anche un attrezzo apposito, dove gratti la pannocchia contro un ferro. Buontemponi! A buone mani non servono tanti arnesi. I tutoli, ossia le pannocchie senza grani, sono adatti per il camino. Il pezzo di canna con le radici, rimasto nel campo, lo puoi usare anch’esso per il fuoco. Il sorgo è una grazia del Signore, non butti via niente; e se la stagione è buona, con mezzo campo di sorgo puoi avere polenta per la famiglia tutto l’anno.

    -Da dove arriva questo sorgo nuovo?

    -C’è chi dice dalle Americhe, chi dice dai Turchi; non saprei.

    -Come lo adoperate? Come lo mangiate?

    -Lo si è provato in tanti modi. C’è chi lo lavora come il frumento e ne ricava pane, chi lo bolle come il miglio e ne fa polenta, chi lo cuoce senza lievito e ne fa polenta secca come biscotti. Qualcuno lo usa come alimento per i polli. Se ne vedono di tutti i colori.

    -Ma a voi piace?

    -Cosa importa se mi piace? Non lo pianto mica per mangiarmelo tutto io. Devo anche venderlo.

    -Quanto vale?

    -Metà del frumento.

    -Quanto rende nel campo in rapporto al frumento?

    -Il sorgo rende anche quindici volte il grano piantato, il frumento non arriva a sette, l’orzo a sei e l’avena ancora meno.

    -Ci sono altre cose arrivate da Paesi lontani?

    -Qualche volta si sente parlare di cose nuove, ma con tutte le bugie e le esagerazioni in circolazione è meglio non credere finché non si vede con i propri occhi.

    -Voi, cosa avete visto con i vostri occhi?

    -A Bassano hanno iniziato a lavorare una tela nuova, talmente liscia e delicata che sembra di toccare la pelle di un neonato. La chiamano seta; dicono che è ricavata da un verme, ma io stento a crederlo. Ho visto anche una pianta di fagiolo nuova, quella sì sono sicuro che rende; vedessi che fagioli grandi. La piantano dopo la mietitura del frumento e prima dell’autunno i fagioli sono già maturi.

    -Com’è questa pianta?

    -Pensa a una vite giovane che cresce in fretta: i tralci si attaccano ai rami di sostegno e generano delle carrube che all’interno hanno semi grandi come nocciole. Sono anche molto buoni e rendono il doppio rispetto ai precedenti.

    -Li piantano per venderli o solo per la famiglia?

    -Vorrebbero piantarne un campo intero ma sanno che dovrebbero sorvegliarlo notte e giorno altrimenti glieli rubano tutti. Allora piantano qualche piantina vicino a casa e nei campi seminano le granaglie.

    -Voi quanti campi avete?

    -Tre. Il comune di Bassano ne dà tre a famiglia.

    -Quanto vi costa l’affitto?

    -Una parte del raccolto.

    -Cioè?

    -Dipende da quello che si semina, dalla resa produttiva dell’annata, dalle scorte presenti nei granai comunali; il conto è fatto dopo.

    -Vi bastano per vivere?

    -Dipende.

    -Da cosa?

    -Dal tempo. E’ lui che decide il raccolto.

    -Cosa volete dire?

    -Cos’è che fa crescere i raccolti nei campi? Il sole. Cosa serve assieme al sole? L’acqua. Quando deve arrivare? Quanta deve arrivarne? E la grandine? E la neve? E la gelata? Vanno bene? Vedi quante cose possono andare storte. Ma non finisce qui! Gli uccelli, le talpe, i topi, dove li lasciamo? E non è ancora finito. Le guerre. I soldati di passaggio. Il fuoco. Ah, quanti disastri fa il fuoco! Basta un fulmine e hai perso tutto. Sì, sì, noi possiamo anche lavorare, fare tutto per bene, ma rimane sempre qualcosa che può andare storto e ti fa restare con niente in mano.

    -E’ proprio una brutta vita.

    -La vita è vita, come può essere brutta? Può essere dura, faticosa, ma non è mai brutta. Almeno finché c’è salute.

    -E la salute?

    -La salute c’era; poi sono diventato vecchio ed anche quella è finita.

    -C’è qualcosa per curarsi?

    -C’è un medico a Bassano, ma si muore ugualmente.

    -Cosa vi è piaciuto di più nella vostra vita?

    -Finché c’era la salute, mi piaceva tutto. Si rideva, si scherzava, si giocava; era bello stare assieme. Quando non c’era da mangiare, si cantava; andava bene ugualmente; e non siamo morti di fame! Ora basta, vai a trovare gli altri altrimenti mi fai commuovere.

    -Ancora una cosa: chi comanda qui?

    -Cosa vuol dire chi comanda?

    -C’è un re? Un conte? Ci sarà qualcuno che comanda!

    -Qui, a Bassano, abbiamo il Podestà. E’ lui che comanda. Dopo di lui c’è Venezia. I signori di Venezia. So che hanno un capo che si chiama Doge.

    -Non avete forestieri che comandano?

    -Sì, i Podestà sono quasi sempre forestieri.

    -No, per forestieri intendevo dire che non sono Veneti, che non parlano veneto.

    -Non lo so. Che parlino veneto, o meno, per me sono sempre dei forestieri.

    -Guerre? Ne hanno fatte tante o poche?

    -Da quando siamo sotto il dominio di Venezia, a Bassano non ci sono state più guerre, anche se, ci sono sempre dei giovani che vanno a fare i soldati.

    -In questi ultimi anni che guerre ha fatto Venezia?

    -Che sappia io, dopo quella contro il Papa, per aiutare i Ferraresi, ha avuto problemi con i Turchi che le hanno portato via un’isola grande con un nome simile alla terra crea.

    -Creta?

    -Sì, quella. So che l’hanno dovuta abbandonare dopo vent’anni di guerra.

    -Fate tutti i contadini o ci sono anche altri lavori?

    -A Granella siamo tutti contadini. Se vuoi trovare qualche bottega devi andare a Bassano.

    -A Bassano cosa lavorano?

    -Di tutto; a cominciare dalla lana che scende da Asiago. Vedessi che telai grandi hanno e come sono svelti a lavorare. Poi ci sono i falegnami che con il legno fanno di tutto: dagli attrezzi per i campi, per le mucche, arredi per la casa come sedie, credenze, panche: insomma di tutto.

    -Il legno da dove arriva?

    -Dagli alberi, da dove vuoi che arrivi?

    -Sì, ma gli alberi da dove arrivano?

    -Li fanno scendere da Asiago o arrivano dal Brenta. A volte, ce ne sono talmente tanti che non si vede più l’acqua. Non si fermano mica tutti qui sai? Per la maggior parte scendono a Padova e Venezia.

    -Bene. Vi ringrazio. Adesso proseguo. Vi saluto Zuane e … grazie ancora di tutto.

    -Ciao Luigi, mi ha fatto piacere chiacchierare.

    Ho appena lasciato Zuane e la mia testa è un’esplosione di emozioni. Ho conosciuto il capostipite dei Lago a Tezze! E’ come se avessi … Nooo! Ho viaggiato nel tempo?!? Ma quanto diverso sono io da Lui? Il DNA ha tramandato la sua essenza o mi lega solo il cognome? Mi è sembrato intraprendente, senza paura, coraggioso ma con i piedi per terra. Franco, schietto, l’ho sentito come una persona per bene. Sì, mi è piaciuto. Sono contento. Sono fiero. Sono orgoglioso. Forse sono troppo eccitato, quasi ubriaco! E beh, non è certo normale viaggiare nel tempo e trovarsi faccia a faccia con il proprio capostipite. Sì, l’incontro è stato interessante, Zuane si è dimostrato per bene, ma non c’è da idolatrarlo: una persona normale, positiva; positiva proprio perché normale, ossia nella norma; capace di stare assieme agli altri, di vivere assieme agli altri; capace di accettare e di farsi accettare; non necessariamente leader, ma semplicemente un uomo … Basta! Basta voli pindarici, quello che conta è quello che ha detto. Non ho nemmeno guardato la casa, non gli ho chiesto dei figli, della moglie, di com’è un pasto normale o uno festivo … la chiesa, le tasse, la delinquenza, i pericoli, i divertimenti. Che cretino! Non gli ho chiesto nulla! Ho sprecato un’occasione irripetibile! Si può essere più stupidi? Sì, se continuo a pensare così, posso essere anche più stupido. Andiamo avanti e facciamo tesoro degli errori commessi per non perdere la prossima occasione … se ci sarà … speriamo. E perché non dovrebbe esserci? Mi ha detto che avrei incontrato tutti! Bene! Avanti!

    Iseppo Lago

    (nato verso il 1630)

    Scorgo in lontananza la sagoma di una casa che si staglia in un cielo blu rischiarato a giorno da una luna perfettamente tonda. La casa è buia, non sento rumori. Dormono? Mi avvicino a passo svelto e mi sembra di sentire qualcos’altro oltre ai miei passi. Sì, sono voci, chiamano dei numeri … stanno giocando. Arrivo di fianco alla casa e mi accorgo che la finestra, l’unica, è aperta sull’altro lato; ecco perché non ne vedevo la luce. Mi affaccio; mi vedono, si fermano. Per un attimo sembrano sbalorditi dalla vista di questo forestiero. Poi, il più anziano, si avvicina alla finestra e con voce risoluta mi chiede:

    Chi sei, cosa vuoi?

    -Sono Luigi Jakełe, quello del duemila, ho appena visitato Zuane, cercavo suo figlio.

    -Sono io, Iseppo (Giuseppe). Ti aspettavo. So che

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