Storie minime: Cagliari mi ha detto
By AA. VV.
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Storie minime - AA. VV.
2015
PREFAZIONE
Scrivere è molte cose: è raccontare una storia, un’emozione, tenere in vita un ricordo, condividere un sapere, raccontare un dolore oppure mostrare la forza, la rabbia, l’intelligenza.
Ma è anche affermare una passione trovandone conferma nella pubblicazione di un libro.
Questo è stato per i dodici autori di Storie Minime
. Il loro percorso come Cantieristi
alla scuola di scrittura, altro non ha fatto che consolidare e affermare il talento che si nascondeva nel desiderio di scrivere.
Ernest Hemingway diceva che bisogna scrivere solo di ciò che si conosce sul serio
, e così è successo. In quest’opera gli autori sono riusciti a dar sfogo alla loro creatività e alla fantasia con una buona competenza lessicale e semantica senza tralasciare introspezione e confronto. Ecco quindi che il loro piacere di scrivere esaudisce il desiderio, arricchendolo con tante belle storie, di chi ha la passione per le buone letture.
Carmen Salis
Introduzione
Dopo due anni, dire che ne è passata d’acqua sotto i ponti, sembrerebbe azzardato. Eppure, considerati i risultati ottenuti da Fahrenheit 365
, il cantiere di scrittura aperto a Cagliari nel 2013, l’affermazione non è così azzardata. La pubblicazione di Contrappunti – Cagliari mi ha detto
, la prima raccolta di racconti degli autori iscritti al Cantiere, è stata una bella sorpresa, alla quale hanno fatto seguito tante altre. Nove autori pubblicati in varie antologie, due autori vincitori di concorsi letterari, tre laboratori con l’attore Benito Urgu, e ancora presentazioni, reading, partecipazioni a eventi culturali, questi sono solo alcuni dei risultati ottenuti. E adesso, ecco la seconda raccolta di racconti. Dodici autori, ventisei storie brevi, quattro storie da mille caratteri, una selezione che ha premiato i lavori più meritevoli del 2014. Certo che parlare di scrittura sciorinando numeri è inusuale, ma anche questa è creatività.
Vi auguro buona lettura.
Il capocantiere
Giorgio Binnella
Eliana Carrus
Al piano di sopra
È una sera tipicamente invernale, fredda e umida, una di quelle in cui desidero solo stare davanti al caminetto a fissare il fuoco. Sulla vetrata del soggiorno le basse temperature hanno riportato alla luce le impronte delle mani che vi si poggiano per aprirla. Mi acciambello sul divano, le uniche parti del mio corpo ancora visibili sono le unghie delle mani smaltate di blu, e la mia copertina preferita termina laddove inizia il tappeto. Aspetto che mia madre si decida a farmi compagnia. Ci siamo divise le incombenze, io ho preparato il tè e sfornato i biscotti, lei si è offerta di mettere in ordine la mia stanza. Lo fa sempre alla vigilia dei miei esami universitari, non vuole che mi distragga dallo studio. Sento la porta chiudersi e un rumore di passi per le scale, eccola, si siede vicino a me. Le tazze fumanti sono poggiate sul tavolino di fronte, a fianco il vassoio con i biscotti ancora caldi. Si sente solo il crepitio del fuoco, le luci soffuse degli abat-jour rendono l’ambiente ancora più caldo e accogliente. Tengo la tazza stretta tra le mani, l’aroma della cannella invade il soggiorno. Ha tutto il sapore di un rituale. Abbiamo appena iniziato a gustare il primo sorso che il silenzio è interrotto da un rumore forte e improvviso, come un’esplosione. I vetri tremano, l’antifurto della macchina parcheggiata in giardino inizia a suonare, le luci si spengono per un attimo. Fortunatamente il camino acceso illumina ancora la stanza. Una macchia di tè sul tappeto e noi due alla vetrata a guardare fuori. Nuovamente un altro rimbombo, ma stavolta molto più forte del primo. All’improvviso qualcosa sbatte forte al piano di sopra. Poi un rumore come di vetri rotti. Che succede? In casa ci siamo solo noi. Le rivolgo uno sguardo e insieme alziamo gli occhi verso il soffitto. Velocemente mi dirigo verso la scala, faccio per salire il primo gradino e mi sento tirare per il maglione. Mia madre mi guarda, stai attenta
. Salgo i gradini due per volta con passo veloce. Arrivo al piano di sopra, affannata e con la gola secca. Con passo deciso percorro il corridoio, eccomi di fronte alla mia stanza. Con una mano apro la porta lentamente senza fare rumore, e contemporaneamente, con l’altra cerco l’interruttore della luce. Mi sento in tensione e l’adrenalina che ho in circolo mi rende vigile come il gatto quando punta le mosche sui vetri. La finestra spalancata sbatte ripetutamente, eppure l’avevo chiusa. Cocci di vetro sparsi a terra, il pavimento bagnato. Tutta colpa del temporale improvviso. Abbozzo un sorriso e mi dirigo, quasi svolazzante, verso la finestra per chiuderla ma qualcosa mi ferma. Poco vicino, tra il muro e la mia scrivania, un cadavere riverso sul pavimento. La bocca leggermente aperta quasi a chiedere aiuto. L’occhio vitreo rende lo sguardo fisso. Nel frattempo mia madre mi ha raggiunto, si rende subito conto di quello che è successo. Tiene lo sguardo basso, le mani gesticolano nervosamente, farfuglia qualcosa ma non riesco a capire cosa mi stia dicendo. Prendo il cadavere da terra, ancora non ci posso credere. Accidenti mamma, te l’ho detto mille volte di non mettere vicino alla finestra la boccia del mio pesce rosso
.
Gilda75
Ho 40 anni, sono morbida, curvy, quantunque affascinante e mediamente colta. Mi definisco single, non nubile. C’è differenza. La donna nubile è la signorina, la zitella. È una presa per il culo, e non lo dico io. Il dizionario riporta la seguente definizione nubile →agg. donna non sposata; sost. Fem.→ signorina; scherz. o spreg.→ zitella
La donna single è la donna sola per scelta… sì, di qualcun altro.
Ho gli strumenti necessari per poter affermare di essere arrivata al famoso giro di boa, voglio una relazione seria e duratura, sono alla ricerca del mio uomo ideale, il principe azzurro, anche senza cavallo.
Mi rendo conto che trovare un uomo single, dopo i 40 è un po’ come bere il brodo con la forchetta o come sperare che mariti e buoi siano effettivamente dei paesi tuoi, cosa che in genere non accade quasi mai.
Diciamocela tutta, a questa età non ti interessa più che sia bello e figo, non cerchi l’uomo accessoriato e dalle grandi prestazioni. Vuoi il modello base, che sappia leggere, scrivere e far di conto. Sembrano cose banali e scontate, sono caratteristiche facilmente riscontrabili in tanti individui. Certamente, ma oltre ad essere presenti comunemente, devono essere presenti anche contemporaneamente nello stesso individuo, e state certi che l’eccezionalità del fenomeno risiede proprio in questo.
Non pensate a me come ad una donna trasandata, che se ne sta in casa seduta sul divano a guardare la tv. Ho una vita sociale molto intensa, frequento centri commerciali, ristoranti, pizzerie, passeggio col cane, vado in palestra, al cinema d’essay, in teatro, e nel mio tempo libero prendo l’autobus. Faccio da un capolinea all’altro, ma niente.
Presa dallo sconforto ho chiesto a chi ha sempre la soluzione per tutto, Google! Non ci crederete, mi ha risposto, registrati gratis ed inizia adesso la tua storia d’amore
.
Mi sono fatta un profilo su un social network. Avete presente quei siti in cui tutti esaltano il proprio Ego, scrivono frasi filosofiche e sono amici di tutti? È stato difficile scegliere il nickname ma alla fine ce l’ho fatta, Gilda75. Sì mi chiamo così, mio padre era un fan di Rita Hayworth e io ho i capelli rossi, certo sono tinti ma pur sempre rossi. Io e Rita siamo state separate alla nascita, sebbene io sia nata 56 anni dopo, ma questi sono piccoli dettagli. Ho le tette più piccole, il culo molto più grande ma io, sono ancora viva. È questo che fa la differenza.
Non so quanti di voi si siano mai fatti un profilo su un social network ma vi assicuro che è equiparabile ad un lavoro. Anzitutto oltre al nickname ho dovuto pubblicare la foto, poi mi sono descritta, ho elencato tutti i miei like, e poi compilato i campi obbligatori: sono qui per (trovare l’amore), situazione sentimentale (single). Vi confesso che ero un po’ perplessa circa il fatto di mostrare i miei connotati, non si sa mai chi ti può capitare e io, oltre ad essere single - non nubile - ho anche la testa sulle spalle. Così ho optato per il mio alter ego, una bella foto della Hayworth. Tanto la conoscono tutti, si capisce subito che non sono io, ma almeno verrà apprezzato il mio sense of humor, ho pensato.
Dopo aver dato la conferma, il Sistema mi avvisa subito del fatto che il mio profilo è attivo, ma come ho fatto tutto questo tempo senza?
Sempre il Sistema mi suggerisce una serie di individui che possono avere delle affinità con me. Visiono la lista e mi si accende la lampadina. Ecco perché in giro non trovo nessuno, sono tutti qua, in chat, ma che stupida! Come ho fatto a non pensarci prima?
Pettorali, addominali, bicipiti tatuati, così tanta carne in mostra non l’ho mai vista nemmeno nelle macellerie in periodo natalizio.
Che felicità sentire il primo BIP della chat! Non faccio in tempo a leggere il messaggio arrivato, che subito tanti altri BIP lo seguono, è un tripudio di BIP. Ma che accoglienza calorosa! Sicuramente potrò discutere di tantissimi argomenti! Apro la chat e inizio a leggere, ciao sei bellissima ci possiamo conoscere? Ciao sei bellissima posso avere il piacere di conoscerti? Complimenti hai un viso dolcissimo ci possiamo conoscere? Ciao amore sei bellissima ti va di conoscermi? Sono bellissima? Ho un viso dolcissimo? Ma quella è Rita Hayworth, ed è morta!
Decido di non dare retta alle prime impressioni, sebbene disastrose, e continuo speranzosa. Mi rendo conto dopo poco che l’ultima a morire non è la speranza ma l’italiano.
Grazie ad Orsetto69, BelMoretto, Angelino70, Leopardi71 e similari ho aggravato la mia Kappafobia. Signori miei il Ciao ke fai?
non si perdona nemmeno a George Clooney, sia chiaro.
Oltre la k
c’è di più, ebbene sì, la grammatica italiana è entrata ormai di diritto tra gli sport estremi, quelli ai limiti delle leggi fisiche e della sopportazione del corpo umano. Qua in chat sono tutti in allenamento costante.
Durante le mie chattate ho condotto una piccola indagine statistica tra i miei contatti, ne ho dedotto che il 33% ritiene che il condizionale sia la possibilità di concludere la pena fuori dal carcere, e io purtroppo, o per fortuna sono donna d’altri tempi (verbali N.d.R.).
In poche ore ho fatto incetta di se avrei, se sarei, se andevamo, se ti avevi svegliata, se dovrei scegliere ecc., come se non ci fosse un domani. Ho letto verbi sconosciuti ai più, cito il famoso, ovistare, di cui viene usata spesso la prima persona singolare: "ciao ovisto le tue foto sei carina, ti voglio conoscere ma sei tu in foto?"
Era come stare dentro un film horror, apostrofi che prendevano il posto degli accenti e viceversa, la erre che, pultroppo, soccombeva e cedeva il suo posto alla elle, la acca del verbo avere, degradata ad incipit della parola accappatoio. Insomma, per fare una citazione colta, una vera Caporetto.
Ho rischiato un cedimento strutturale ma sono andata avanti, insomma Google ha sempre ragione per cui ho pensato che forse stavo sbagliando e allora ho cambiato tattica, sono andata io a scegliere il mio Principe tra i tanti profili.
Ho provato inquietudine. Due su tre al posto del volto hanno una stella luminosa bianca. Ho pensato sarà la moda del momento, forse un selfie estremo
. Solo dopo ho capito. A tal proposito mi sento in dovere di dire una cosa,