Les Misérables. L’imprenditoria in Europa
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Book preview
Les Misérables. L’imprenditoria in Europa - Dario Andriolo
Anno 2012
ISBN 978-88-97324-75-1
© goWare per l’edizione digitale
Redazione: Monica Rocca
Copertina: Lorenzo Puliti
Sviluppo ePub: Elisa Baglioni
goWare è una giovane start-up fiorentina.
Fateci avere i vostri commenti a: info@goware-apps.it.
Blogger e giornalisti possono richiedere una copia saggio a Maria Ranieri: mari@goware-apps.com.
Made in Florence on a Mac.
L’editore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non gli è stato possibile comunicare, nonché per eventuali involontarie omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti dei brani riprodotti nel presente volume.
Si ringraziano Dario Andriolo, Riccardo Osti, Jonah Lehrer, Luke Johnson e Stefano Cipriani per avere reso disponibili i loro contributi per questa pubblicazione.
Disegni di Leonardo da Vinci degli intermezzi:
Elevatore a vite senza fine, Codice di Madrid (1493-1505), I, f. 157
Mitraglie a canne multiple disposte a ventaglio, Codice Atlantico (1478-1519), f. 15
Trasformazione di moto alterno in circolare, Codice di Madrid (1493-1505), I, f. 123 v
Equalizzatore, Codice di Madrid (1493-1505), I, f. 14
Respiratore per palombaro, Codice Arundel (1478-1518), f. 24 v
Bicicletta, Codice Atlantico (1478-1519), f. 133 v
Apparecchio per tirare, Codice di Madrid (1493-1505), I, f. 44 v
La macchina a molla, Codice Atlantico (1478-1519), f. 812 r
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Elevatore a vite senza fine
Leonardo da Vinci, Codice di Madrid (1493-1505), I, f. 157
Il peso da sollevare è applicato alla grossa vite verticale, che scorre entro una madrevite anulare e orizzontale, che a sua volta poggia su un cuscinetto a sfere o a cilindretti antifrizione – fatta ruotare da una manovella – costringe la vite ad innalzarsi col peso.
Dal Catalogo del Museo Leonardiano di Vinci
Les Misérables
Gli imprenditori europei
"The Economist", 28 luglio 2012
Traduzione e adattamento su licenza di The Economist
di Valeria Filippi e Stefano Cipriani
In Europa non c’è solo una crisi dell’euro, ma anche una crisi di crescita. E questo a causa della cronica incapacità d’incoraggiare gli imprenditori ambiziosi.
Il Café St Oberholz nella parte orientale di Berlino è alla moda come tutti i bar della zona: porte ricoperte di graffiti, arte provocatoria, moda all’ultimo grido e Beastie Boys in sottofondo. A prima vista non è il tipico posto dove cercare futuri magnati. Ma la loro presenza ha un senso.
La cultura europea è profondamente inospitale verso gli imprenditori; voler fare di una start-up un colosso globale è considerato controcultura
quasi come il piercing e l’arte di strada.
L’Oberholz è diventato il centro dell’attuale scena delle start-up berlinesi, che può vantare tipi intraprendenti che accorrono in città da tutto il mondo. La clientela si trova al primo piano dove, davanti a un caffè nella coworking area, i programmatori di computer si mescolano a potenziali boss. Una volta trovato il capitale, si spostano al piano di sopra, dove il bar noleggia spazi per uffici a buon mercato. Se il business decolla può trasferirsi in uno degli appartamenti del bar e usare i letti come scrivanie. SoundCloud, un sito web per la condivisione di file musicali nato cinque anni fa, ha passato i suoi primi giorni di vita all’Oberholz, come anche Brands4friends, un club online di shopping privato. Txtr, una piattaforma ebook in rapida espansione, ha ancora programmatori in uno degli appartamenti.
È un posto affascinante per avviare un business. Ed è un bene che esista, perché le giovani speranze berlinesi troverebbero ben poche lusinghe e incoraggiamento altrove. Farebbero fatica ad assumere manager professionisti per far crescere le loro aziende, perché i dirigenti europei sono estremamente avversi al rischio. Le loro giovani imprese imparano presto che alle società europee consolidate di solito non piace avere a che fare con quelle piccole. La maggior parte delle fonti di capitali li evita; i regolamenti li incatenano e, quando falliscono – e molti sono sicuri che accadrà – non gli è consentito di togliersi la polvere di dosso e ricominciare tutto da capo. In Europa il fallimento di un business lascia una macchia indelebile, come un fallimento morale.
I colossi stanno invecchiando
I dati ci mostrano che l’Europa continentale ha difficoltà a creare nuovi business destinati a crescere. Secondo il Global Entrepreneurship Monitor, che fornisce dati comparabili tra i Paesi, nel 2010 i neoimprenditori (TEA) erano solo il 2,3% della popolazione adulta italiana, il 5,6% di quella tedesca e il 5,8% di quella francese. Nelle città europee la percentuale è più bassa – in molti casi molto più bassa – che in quelle americane (12,3%) o turche (11,9%), per non parlare di quelle brasiliane (14,9%) e cinesi (24%) [Figura 1 Neoimprenditori sul totale della popolazione adulta].
Gli imprenditori europei non solo scarseggiano, ma sono anche pessimisti riguardo alle loro prospettive. Uno studio dell’anno scorso di Ernst & Young, una multinazionale di servizi professionali alle imprese, ha rivelato che gli imprenditori tedeschi, italiani e francesi vedevano molto meno il loro Paese come un luogo dove creare start-up di quelli americani, canadesi o brasiliani. Pochissimi imprenditori francesi hanno dichiarato che il loro Paese gli fornisce l’ambiente migliore; il 60% dei brasiliani, il 42% dei giapponesi e il 70% dei canadesi pensa che non ci sia posto migliore della loro patria. Alla domanda su quali città hanno la migliore probabilità di produrre i nuovi Google e Microsoft, gli uomini d’affari hanno indicato Shanghai, San Francisco e Mumbai (anche se, a essere onesti, pure Londra è stata nominata).
Tuttavia, l’Europa sforna moltissimi negozietti, parrucchieri e così via. Quello che non produce abbastanza sono imprese innovative che crescono rapidamente fino a diventare grandi. Nel 2003, analizzando il gap imprenditoriale dell’Europa, la Commissione europea ha citato uno studio che mostrava come, durante gli anni Novanta, il 19% delle medie imprese americane fossero classificate come in forte crescita
, rispetto a una media di appena il 4% in sei Paesi dell’Unione Europea. La Kauffman Foundation − che promuove l’iniziativa imprenditoriale in tutto il mondo − sostiene, in modo convincente, che una delle ragioni per cui l’America ha superato l’Europa nella creazione di opportunità lavorative è la sua abilità nel produrre imprese nuove e in rapida crescita, come Amazon, un rivenditore online, o eBay, un sito di aste. E, in termini di posti di lavoro, le piccole imprese nuove hanno un vantaggio ulteriore rispetto ai giganti già presenti sul mercato: è meno probabile che esternalizzino molte attività a fornitori asiatici a basso costo.
L’Europa non è sempre stata così letargica. Quando, dopo il 1848, la rivoluzione industriale inglese si estese al continente, ambizione e accesso ai capitali potevano portare un giovane molto lontano. August Thyssen fondò la ThyssenKrupp, il gruppo tedesco dell’acciaio, Eugène Schueller fondò la L’Oréal, l’impero francese della bellezza, e A.P. Møller pose le basi per il gruppo A.P. Møller-Maersk, il gigante danese delle spedizioni.
La grande maggioranza delle grandi compagnie europee sono nate intorno alla fine del secolo scorso; e così è stato per gran parte delle Mittelstand tedesco e per numerosi gruppi di imprenditori dalla Lombardia alle Lowlands scozzesi.
Dopo le guerre mondiali l’Europa non ha più ritrovato questa fertilità. La devastazione rese gli europei più avversi al rischio di quanto fossero in precedenza. Mercati che prima del 1914 erano fortemente connessi tornarono a frammentarsi, osserva Leslie Hannah, una storica dell’economia della London School of Economics. Ciò limitò la capacità delle nuove imprese di realizzare economie di scala e diventare dei giganti, specialmente nei decenni che hanno preceduto il costituirsi dell’Unione Europea come un mercato unico.
Secondo un’analisi sulle 500 imprese quotate in borsa più grandi del mondo, condotta da Nicòlas Véron e Thomas Philippon del think-tank Bruegel, l’Europa ha dato vita a solo 12 nuove grandi imprese tra il 1950 e il 2007; l’America, nello stesso periodo, ne ha prodotte 52 [Figura 2 Densità di nascita di grandi imprese in Europa e negli USA]. Tra il 1975 e il 2007 in Europa sono nate solo tre nuove grandi imprese; di queste, due sono nate in Gran Bretagna o Irlanda che, rispetto all’Europa continentale, hanno un atteggiamento verso l’imprenditoria più simile all’America. Anche la maggior parte delle grandi imprese europee a proprietà privata sono nate prima del 1950, spesso anche molto prima.
Se l’Europa fosse stata più incline all’imprenditorialità, dicono dalla Commissione europea in giù, non sarebbe stata un così scarso produttore di grandi business e avrebbe prodotto più imprese di successo legate alle nuove tecnologie. L’iniziativa imprenditoriale non deve necessariamente passare attraverso Internet, ma negli ultimi decenni per molte imprese è stato così. Il fatto che un’economia così basata sulla formazione tecnica come quella tedesca non abbia prodotto una sola b2c importante a livello globale è la spia di grosse difficoltà con l’imprenditorialità.
Perché Google non è nata in Germania?
si è chiesto Konrad Hilbers, ex ceo di Napster, un servizio di musica online, in una conferenza dello scorso anno. La mancanza di una cultura imprenditoriale orientata al rischio era la risposta. Imprese come Skype, un servizio di messaggistica istantanea e telefonia online fondata da un danese e da uno svedese, e Wonga, un servizio di prestiti personali online dipingono uno scenario meno fosco di quanto sembrerebbe. Ma gli imprenditori europei sono ancora sottorappresentati in