Io sono Nuvola: (memorie di un Gatto)
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All'avvicinarsi della fine si abbandona ai ricordi. Soprattutto la sua convivenza e le sue considerazioni con gli umani. Che lui chiama gli Altri.
La sua visione disincantata, a volte cinica, ma molto spesso ironica di sé stesso e degli Esseri che lo circondano. Nonostante le sue peripezie troverà il modo di vedere il lato positivo negli accadimenti che andranno a coinvolgerlo.
Non mancano critiche a volte feroci al comportamento degli uomini condite però, con slanci di affetto e di speranza per coloro che lo hanno avuto accanto.
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Book preview
Io sono Nuvola - Marcello Mancini
Epilogo
Prologo
Nuvola! Nuvola! Non te ne andare!
Era Gioia la cucciola degli Altri che mi chiamava.
Tutti mi chiamano Nuvola. Negli ultimi tempi la mia memoria sembra non funzionare, anche se, in rari momenti, mi appaiono improvvisamente un’immagine o un ricordo nitidi. Non so dire se siano reali o se siano solo frutto della mia immaginazione.
Anche perché la forza se ne sta andando. Sono qui in una fredda notte invernale riparato in una casa che mi ha ospitato a lungo e vicino a me, coloro che in questo periodo mi sono stati vicini.
Sono vecchio e nel breve tempo che mi rimane da vivere, sembra che il mio corpo si stia abbandonando ai ricordi.
Anche se non so più se sono davvero i miei......o se sto sognando.
Viola, Sibilla, Leone, Aurora ed Angelo E tanti altri
Come ho già detto i miei ricordi sono frammentati, confusi e non ordinati. Ho perso il conto del tempo e non so dire quanto sono vecchio. Credo di aver vissuto sempre nel presente, nel momento; e non mi sono mai preoccupato del tempo che passava e di quello che sarebbe dovuto venire.
Non ho mai conosciuto mio padre e di quella che credo fosse mia madre ricordo il portamento regale, la sua grazia ed anche i suoi momenti di tenerezza, alternati a momenti di freddo rigore.
Non so esattamente quando sono nato, ma ricordo che mia madre diceva che i prati erano fioriti, l’aria tersa ed il tepore del sole riscaldava senza però aggredire come il selvaggio calore estivo.
Ricordo le attenzioni che mia madre mi riservava insieme con i miei fratelli.
Sì ho avuto anche dei fratelli, ma dove siano finiti non lo so o forse sì. Tutto è confuso.
I giochi con loro però li ricordo.
Ci rincorrevamo in un giardino.
Assomigliava a quello che c’è qui, dove sono ora, ma era più piccolo e curato e circondato da una recinzione. Attorno le case colorate riflettevano la luce del sole mandando sfumature cromatiche che al tramonto si accendevano.
Sì, adesso inizio a ricordare meglio.
C’erano un melo, un pesco ed un pino e poi fiori che la signora Aurora, la portinaia, teneva in ordine e ben curati. L’erba era fresca e sempre rasata.
Era Angelo il marito della Aurora che con il sua tosaerba manteneva il prato. Le prime volte eravamo spaventati da Angelo o meglio dal suo tosaerba. Lui grande e grosso, con un vocione baritonale; lo sentivamo spesso cantare quando era in casa con la moglie. Ed il suo tosaerba così rumoroso. Noi scappavamo spaventati ma poi quando Angelo finiva di tagliare ci portava sempre qualche leccornia. E così, dopo un po’ di tempo, il taglio dell’erba non era più qualcosa di cui aver paura, ma l’attesa di una festa.
Abitavamo lì, insieme ad Aurora ed Angelo. Aurora parlava sempre con mia madre Viola
le diceva. Sì Viola era il nome di mia madre bella e delicata come un fiore.
Viola, non devi fare rumore. Non farti vedere con i bambini perché qui voi non siete graditi dagli altri inquilini. Se vi dovessero vedere vi farebbero prendere e vi porterebbero via. Ed io non potrei fare nulla per voi.
La mamma allora la guardava triste senza dire niente.
Sapeva.
E allora ci diceva " Date ascolto all’Aurora. Una volta noi Grandi Baffi eravamo liberi e fieri. Ci potevamo spostare dove volevamo e facevamo quello che più ci piaceva. Non avevamo regole e non avevamo orizzonti.
Ma non ora, non qui.
Qui abbiamo un tetto ed il cibo non ci manca. Ma non possiamo commettere errori. Dobbiamo essere silenziosi e scaltri. Se proprio ci dobbiamo muovere dobbiamo farlo di notte, quando gli Altri dormono o non fanno caso a noi. Di giorno dobbiamo rimanere qui nel giardino."
Io non capivo, ma sapevo che quello che mi diceva mia madre era importante.
A volte però le chiedevo " Ma mamma, anche Aurora ed Angelo sono come gli Altri. Quale è quindi la differenza? Perché non possiamo muoverci come vogliamo?"
Subito mamma mi guardava con uno sguardo gelido e sembrava si preparasse a colpirmi.
Quando ci dava un comando non ammetteva obiezioni.
Ma poi i suoi occhi si addolcivano e prendendomi vicino a sé mi diceva " Nuvola, anche io non riesco a capire. Non facciamo nulla di male. Ma questo non è sufficiente. Devi sempre diffidare degli Altri. Alcuni hanno addosso l’odore del male e li riconosci, ma i più pericolosi, si avvicinano a te con gentilezza ed un sorriso per poi......."
Come è successo a papà?
dissi io.
Mamma ci aveva raccontato. Quel giorno, poco tempo prima che noi nascessimo, era uscita con papà.
Erano soliti passeggiare insieme. Ma ad un certo punto, mentre mamma proseguiva il suo cammino, papà si era soffermato ad osservare un folto gruppo di Volanti su una pianta.
Due uomini con delle strane divise si erano avvicinati.
Non aver paura
gli avevano detto Vieni qui. Penseremo noi a te
.
Mamma da più lontano si era nascosta confidando che papà non si sarebbe fatto sorprendere. Ma come ci diceva sempre in seguito "E’ sempre stato un sognatore. Tutto il giorno a guardare il cielo, le piante e i Volanti. Ti somiglia Nuvola".
L’avevano preso.
Non abbiamo più saputo niente di lui.
Sapevamo che era forte e bello e che era un abilissimo cacciatore.
Ma gli Altri non si curavano di questo.
Gli Altri si prendono sempre tutto, anche quello di cui non hanno bisogno.
Ma questo non deve far pensare che la mia infanzia sia stata infelice.
Tutt’altro.
Mamma era sì severa, ma era anche dolce e delicata. Anche Aurora ed Angelo ci amavano e si preoccupavano per noi.
Io, Leone e Sibilla, i miei fratelli.
Non so dire il motivo per cui loro avessero dei nomi così