D-Ice
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TRAMA: 215 lavora come Archivista al Palazzo del Rinnovo in una Milano distopica e grigia dove il culto degli Anunnaki del pianeta Nibiru ha unito religione e scienza.
Il compito di un Archivista è quello di collegarsi alla Cloud e monitorizzare i sogni registrati dallo ScanDream perché ritenuti pericolosi e sbagliati. Quando 215 trova delle anomalie, cancella il sogno.
Durante l’analisi di un caso, il soggetto indagato sembra frequentare uno strano luogo dove si “spaccia” il D-ICE. 215 non ha dubbi: lo segnala come mente corrotta da sottoporre al lavaggio. Quando cerca di scollegarsi, qualcosa va storto.
Le sue certezze inizieranno a vacillare portandola verso una nuova verità, nascosta dalla coltre di nubi come il vero cielo.
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Book preview
D-Ice - Samantha Baldin
D-ICE
è un racconto di ©Samantha Baldin
La cover Tomografia Onirica
è di ©Samantha Baldin; creazione e realizzazione, compresa l’immagine originale acquisita a scanner.
Questo racconto è un’opera di fantasia. I personaggi sono invenzioni dell’autore e i luoghi citati servono per dare veridicità alla narrazione. Qualsiasi analogia con fatti e persone, vive o scomparse, è casuale.
Pubblicazioni autoprodotte:
-BIO Cyberpunk, vol. 1 (fantascienza/cyberpunk)
www.biocyberpunk.com
Per contatti: info@biocyberpunk.com
Racconti pubblicati in antologie:
-Spring-heeled Jack, la genesi
(steampunk/horror) in Stirpe Chimerica, Club Urban Fantasy
-Sorriso di polistirolo
(apocalittico) in D-Doomsday, Ciesse ed.
-Le figlie dell’arca
(post-apocalittico) in Symposium, GDS ed.
D-ICE
di Samantha Baldin
D-ICE congela il sonno portandoti nel delirio di un mondo dove il cielo è azzurro.
È mattina.
La sirena a parete mi sveglia. Appena poggio i piedi nudi sul pavimento, il freddo mi fa rabbrividire. Stacco il cavetto dello ScanDream dalla tempia. Lo spinotto, poco più grande di uno stuzzicadenti, esce portandosi dietro un filo di gel cerebrale misto sangue. Lo inserisco nel foro del pannello a muro.
Ho sanguinato anche stanotte. Sospiro socchiudendo gli occhi.
Quando prendo il tappo, lo scan è ancora in elaborazione dati. Si mette in pausa poco dopo, non ci sono stati problemi. Aiutandomi con l’altra mano, cerco il buco e lo chiudo. Tolgo il gel superfluo dalla fronte e lo spalmo sul bordo del letto.
Ho un leggero mal di testa e anche la nuca è indolenzita. Me la massaggio un po’ mentre osservo la finestra. Il dirigibile passa come ovatta immacolata interrompendo il grigiore protagonista dei palazzi. Spigolosi, alti e con la finestra cifrata a identificare la stanza, sono tutti uguali.
Si attiva l’altoparlante e riesco a sentire la melodica voce di Nibiru mentre mi alzo e tocco il vetro che mi saluta con l’insorgere della consueta pulsazione tiepida; il suo cuore batte col mio.
«Figlio mio, sorgi. Nibiru ti dona la vita e il nuovo giorno per viverla» dice lento. «Nibiru ti ama. Vivi per Nibiru.»
Nibiru mi ama, penso con gratitudine mentre il letto cigola rientrando nel muro.
Vado allo specchio nella parete vicino, lo fisso e attendo il controllo della retina.
Compare la scritta: Buongiorno, 215.
Tolgo la maglia e il pantaloncino e li getto nel vano che si apre sulla sinistra.
Inclino la testa all’indietro, chiudo gli occhi. Lo spruzzo della doccia arriva dolce, lascio che mi accarezzi la pelle. Per un momento, non sento più le fitte alle tempie.
La colazione compare dopo le analisi. Anche questa mattina, tutto è nei normali parametri.
Indosso la tuta grigio scuro, le calze e le scarpe. Faccio per allacciare le stringhe, ma una si spezza. Mordo il labbro, detesto gli imprevisti.