Napoli Nobel... issima: Poesie
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RENATO DE FALCO
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Book preview
Napoli Nobel... issima - Raffaele Pisani
Raffaele Pisani
Napoli Nobel…issima
Prefazione di
Renato de Falco
Seconda edizione riveduta e corretta
In copertina: particolare da un vecchio manifesto dell’Ente Provinciale per il Turismo di Napoli
Proprietà letteraria riservata
Raffaele Pisani, poeta e napoletano a Catania
Sito: www.raffaelepisani.it
Email: raffaelepisani41@yahoo.it
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INDICE
Prefazione (di Renato de Falco)
Napoli Nobel…issima
Bibliografia della critica
Note critiche
PREFAZIONE
Debbo confessare che la amabile richiesta rivoltami dall’Amico Raffaele Pisani per la presentazione della sua Napoli Nobel… issima – parafrasante argutamente l’appellativo ufficiale della Città già in auge quattro secoli addietro (come testimoniato dal suo struggente «Ritratto o Modello» compilato in prigionia dall’esule G.B. del Tufo nel 1588) e rinverdito dalla famosa «Rivista di Topografia e d’arte Napoletana» fondata dal Croce nel 1892 – mi è giunta del tutto imprevedibile, determinandomi quel particolare status in forza del quale lo sbrigativo diniego può apparire scortese e la contestuale accettazione sembrare superficiale: di qui l’esplodere di una breve conflittualità da doversi in ogni caso risolvere con pronta decisione… Accade infatti che nel «chiamato» – e chiamato lusinghieramente, nel mio caso di specie – si materializzino due immediate e contrastanti sensazioni: da una parte quella che il carissimo Max Vajro definisce «la vanità del prefatore», e dall’altra quella rappresentata da un vago complesso di inadeguatezza. Premessa e condizione del loro superamento è unicamente il sentimento di stima nei confronti dell’Autore cui – per male che vada – resta comunque l’alternativa di rinunziare all’elaborato o di recitare un amaro mea culpa… «Tanto premesso e ritenuto» – e ci siamo con la solita deformazione professionale! – Procedamus.
Inconsueto, a tutta prima, l’argomento prescelto, che pare differenziarsi dal modulo abituale dell’Autore: il quale, nella sua copiosa produzione, sembra non voler particolarmente indulgere a formule di satira o di paradosso. Per chi nell’arco di quasi cinque lustri (preludenti ad una argentea ricorrenza tutta da celebrare) ha validamente spaziato dalla tersa profondità del sentimento (Notte ’e settembre, Aria nova, L’alfabeto ’e ll’Ammore) alla sublime altitudine di orazioni (Preghiere), dal non retorico amor patrio (’A mamma d’ ’o surdato) al feroce attaccamento alla propria terra (Ite, Napoli est, Na Messa pe’ Napule, felice sperimentazione teatrale), dall’esclusivo ritorno alla buona prassi settecentesca di «trasportare» in napoletano i classici dell’antichità (ma, per i tempi nostri, cosa c’è di più classico che I Promessi Sposi?) a un discreto ma didattico pedagogismo (C’è permesso?), per chi – si diceva – ha saputo librarsi fra tutti questi ambiti, il genere cosiddetto «leggero» può apparire insolito. Insolito, ma non peregrino e velleitario se si considera quella che deve senz’altro ritenersi la