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I due vulcani - ( Cronaca di una catastrofe annunciata)
I due vulcani - ( Cronaca di una catastrofe annunciata)
I due vulcani - ( Cronaca di una catastrofe annunciata)
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I due vulcani - ( Cronaca di una catastrofe annunciata)

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I due vulcani è un romanzo di fantascienza e fantapolitica ambientato nel futuro, sullo sfondo di un evento apocalittico.

In questa storia si intrecciano i destini di molte persone che il lettore incontra nel tempo di sei giorni densi di pathos.

Anche nell'incalzare degli eventi sempre più drammatici, emerge l'umanità dei protagonisti che sono uomini e donne come se ne possono incontrare dappertutto.

I protagonisti percorrono gli eventi di questa storia come eroi di una tragedia Greca. Il loro destino è segnato; gli eventi che incalzano non lasciano scampo. Ci sono tragedie nella tragedia generale e c'è l'amore che proclama la sua forza nelle spire di quella stessa tragedia che a volte divora le sue vittime e a volte svela orizzonti di nuove speranze e nuova vita.

Quando poi i due vulcani esploderanno, sarà una liberazione. Ogni cosa troverà la sua giusta collocazione e sembrerà di giungere dal futuro alla ricongiunzione con un passato che potrebbe forse essere anche il nostro presente nell'ambito delle sue probabilità.

Se qualcuno vorrà soffermarsi a pensare ad una ipotesi di realtà degli accadimenti narrati, scoprirà che nulla è da escludere.

La zona Flegrea è una delle più pericolose del mondo, sia per probabilità che per gravità ed il Vesuvio, come ha dimostrato da molte migliaia d'anni è sempre in agguato come una belva che spii una preda. Non bisogna dimenticare che Napoli è adagiata tutta sopra effusioni vulcaniche, al margine di una caldera e questo dovrebbe aiutare a comprendere.

Come si è giunti a far stipare milioni di persone in uno spazio tanto angusto che è tra i più pericolosi del mondo?

Di queste cose si può dire tutto, sia pro che contro, ma qualsiasi cosa accada, non si potrà mai dire che si tratti di fatalità e far finta che il problema non esista è quanto di peggio possano fare le Amministrazioni e tutte le persone di cultura e di pensiero.

Chiedetevi come farebbe la popolazione ad abbandonare quel territorio nel tempo di un’ora, forse di mezz'ora o forse meno. Chiedetevi se esiste un valido piano di evacuazione, se ci sono le strade e l’organizzazione per attuarlo e se la gente di tutto l'areale Flegreo Vesuviano è stata ben istruita su ciò che dovrebbe fare.

Se vi viene paura, vi faccio tanti auguri; se non vi viene paura, mi dispiace molto per voi. Comunque ho scritto questo romanzo per scaramanzia, perché vi voglio bene.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateAug 25, 2014
ISBN9788891154729
I due vulcani - ( Cronaca di una catastrofe annunciata)

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    I due vulcani - ( Cronaca di una catastrofe annunciata) - CESARE SABA

    Saba

    I DUE VULCANI

    (CRONACA DI UNA CATASTROFE ANNUNCIATA)

    Un romanzo di Cesare Saba

    ----- ° -----

    Maggio 2057 - Circa un anno prima degli eventi

    Presso l'Istituto Nazionale di Geologia e Vulcanologiada tempo unificato a quello di Geofisica,  il professor Antonio Capurro aveva indetto una riunione di tutti i Capi Dipartimento e Direttori. Il motivo della riunione era noto a tutti e l'argomento era così importante che nessuno era assente. Erano convenuti dalle sedi staccate, erano rientrati dalle ferie e dalle missioni; un paio di ammalati erano presenti in videoconferenza. Nella sala che li vedeva intorno allo stesso tavolo, era presente anche tutto il resto del personale dell'Istituto che era riuscito a prendere posto. Circa trecento persone attendevano di sentire le parole del loro Direttore Generale.

    Quando Antonio Capurro entrò nella sala, fece un gesto imperioso per evitare che ci fossero convenevoli e perdite di tempo ma non poté evitare uno scroscio di applausi da parte del personale che molto lo stimava, se non proprio lo amava, perché da quando aveva assunto l'incarico aveva saputo valorizzare l'Istituto e il suo personale, svecchiando l'apparato e rendendo tutto più funzionale.

    In principio avevano sparlato di lui in lungo e in largo, lo avevano deriso e avevano cercato di fargli fare delle figuracce, ma lui non era caduto in quei tranelli. Tenendo in odio il burocratismo, gli scaldapoltrone, i raccomandati e quelli che godevano senza merito di rendite di posizione, si era sbarazzato degli uni e degli altri, snellendo l'organico di dirigenti tanto pretenziosi quanto inutili e migliorando la vita del personale.

    Adesso era rispettato e tenuto in considerazione da molte persone al di fuori dell'Istituto, che pure contavano nel Paese anche se non erano proprio in vista; eminenze grigie, diciamo. Anche il Presidente della Repubblica s'era accorto di lui e lo aveva convocato più volte per farsi ragguagliare sul suo lavoro.

    Ma non tutti gli volevano bene. Dopo essere stato convocato più volte da alcune Commissioni Parlamentari, gli avevano raccomandato di non fare allarmismo.

    Appunto con ancora nelle orecchie le raccomandazioni della Commissione per gli Affari Interni, si accingeva a parlare in quella Riunione Generale di Servizio. Prima di iniziare a parlare, si fermò a guardare in faccia, uno per uno, i suoi collaboratori; tutta gente di prim'ordine, uomini e donne, specialmente le donne.

    Ne ricordava una che, per portare a termine il suo compito in un momento particolare di lavoro, aveva rifiutato di usufruire delle ferie per maternità e dopo la nascita del suo bambino era tornata prima del tempo portandosi il piccolo dietro, tanto che lui, venutolo a sapere, aveva fatto in modo che per le mamme che lo avessero voluto ci fossero una struttura adeguata e il sostegno per mantenere i bambini accanto. Anche questa cosa gli aveva fatto riscuotere affetto e stima.

    Adesso Antonio doveva parlare loro e spiegare che il premio da parte del Governo per anni di lavoro, di studio e di abnegazione, consisteva nel tappare la bocca all'Istituto, nel vietargli di divulgare notizie che avrebbero gettato nel panico la popolazione e soprattutto che avrebbero influito negativamente sull'economia del Paese intero. Non faccia allarmismo, gli avevano detto, altrimenti il Governo dovrà prendere provvedimenti nei suoi confronti. Insomma, quello stesso Governo che non intendeva provvedere a favore della popolazione avrebbe preso provvedimenti nei suoi confronti!

    Quando iniziò a parlare, non sapeva ancora le parole che avrebbe detto ma di certo non avrebbe taciuto la verità.

    «Sapete tutti la stima che ho per voi» esordì, «e con la stessa stima saluto tutti i presenti. Credo che nessuno nella mia posizione abbia mai avuto collaboratori più capaci e meritevoli. Ho trovato in questo Istituto persone della più alta professionalità e uno spirito di collaborazione e dedizione al nostro lavoro, veramente esemplari. Lavorando tutti insieme abbiamo fatto di questo Istituto un gioiello apprezzato e invidiato in tutto il mondo. Tanto è vero che sono stato contattato da un Ministro di un Paese Asiatico dal quale ho ricevuto la proposta per tutti noi in blocco di trasferirci a lavorare nel suo Paese con un contratto economicamente molto allettante, della durata di quindici anni, per creare un nuovo Istituto e la sua scuola.»

    Udite quelle parole, un mormorio si levò per tutta la sala, alzandosi subito di tono.

    «Se qualcuno crede che io abbia accettato, alzi la mano.»

    Nessuna mano si alzò.

    «Se qualcuno avrebbe voluto che accettassi, alzi la mano.»

    Anche stavolta nessuna mano si alzò.

    «Si vede che mi conoscete bene e che anche io conosco bene voi. Ma adesso veniamo al punto della riunione; vedo che siete tutti presenti, con due persone in videoconferenza, quindi possiamo iniziare.»

    Fece una breve pausa per raccogliere le idee, poi continuò: «Circa cinque anni fa, con la vostra preziosa collaborazione, mutammo completamente la fisionomia di questo Istituto. Iniziammo allora un nuovo studio sistematico delle zone a rischio del nostro Paese. Da studi precedenti sapevamo che la zona Etnea e quella Flegreo-Vesuviana erano da sempre tra quelle di maggior rischio sismico e vulcanico. L'areale di Napoli e del Golfo in particolare è stato interessato praticamente da sempre da violenti fenomeni tellurici e vulcanici, trattandosi della zona più attiva di tutta la penisola. Noi credevamo che la zona Flegrea e quella Vesuviana fossero interessate da fenomeni distinti e separati malgrado la loro vicinanza, ma purtroppo non è completamente così.

    Utilizzando apparecchiature mai sfruttate la cui invenzione risale alla fine del secolo scorso, facemmo una serie di rilevamenti, una specie di ecografia della pancia della Terra e con nostra sorpresa scoprimmo di trovarci sopra una pentola a pressione piena di dinamite.»

    Ci fu un mormorio di approvazione per tutta la sala, mentre quelli seduti intorno al grande tavolo annuirono senza diminuire la loro attenzione. Gli sguardi non si staccavano per un solo istante dalla figura del professor Capurro. Erano tutti in attesa di udire la parte più importante di quell'ampio preambolo.

    «Se ricordate, tenemmo una conferenza stampa affollatissima di giornalisti venuti anche dall'estero. Erano presenti pure alcuni Ministri e molti studiosi della materia venuti da varie parti del mondo, specialmente da Paesi dove i fenomeni tellurici e vulcanici sono più frequenti. Avvertivamo con essa il nostro Paese e il pianeta intero di un pericoloso fenomeno che avrebbe potuto avere conseguenze catastrofiche non soltanto per l'Italia. Come tutti sanno, noi siamo ai confini di due Masse Continentali che cozzano l'una contro l'altra da milioni di anni ed è una cosa normale che resterà tale finché la Terra non diverrà fredda e morta.»

    Quelle parole che annunciavano cose tremende facevano accapponare la pelle. Le persone sedute al tavolo annuirono gravemente in silenzio.

    «In un Paese normale, qualunque Governo avrebbe voluto approfondire la conoscenza del fenomeno e avrebbe tentato di trovare delle soluzioni per limitare i danni, anche perché sono in gioco le vite di molti milioni di cittadini. Con una tempestività mai vista prima da parte delle nostre Istituzioni, invece di dare il via ad iniziative, fu messo tutto a tacere. Mentre all'estero la cosa ebbe vasta risonanza, da noi la cappa del silenzio fu totale ed assoluta, così che oltre a non divulgare la notizia, mi fu sconsigliato di insistere nel voler pubblicizzare la cosa. Oltre al farmi sentire la forza del Potere, mi derisero chiedendomi la data e l'ora precisa in cui i fenomeni si sarebbero manifestati perché, come qualcuno disse, se non è accaduto nulla per migliaia di anni, perché dovrebbe accadere proprio adesso?. Non ci fu verso di far comprendere quanto gravi sarebbero state le conseguenze del comportamento scettico del Governo. Da allora, ogni anno abbiamo avuto tagli progressivi sulle destinazioni di fondi al nostro bilancio. Per far fronte a questo, abbiamo aperto la nostra scuola agli studenti stranieri e alcuni Stati ci hanno aiutato commissionandoci dei lavori che sono stati molto apprezzati. Infatti, molti di voi, anzi quasi tutti, sono stati in missione all'estero, anche con studenti al seguito.»

    Ci fu una pausa quando arrivarono alcuni uscieri con dei carrelli carichi di rinfreschi per la colazione e, dopo una mezz'ora circa, Antonio riprese a parlare per terminare la sua introduzione ai lavori.

    «Da allora in poi, non solo non abbiamo smesso di lavorare, ma io personalmente mi sono recato più volte in udienza presso i vari Ministeri e sono stato convocato da diverse Commissioni Parlamentari e persino dal signor Presidente della Repubblica il quale, devo dire, ha avuto orecchie attente. Adesso ci troviamo in un periodo preelettorale, ma negli ultimi tempi abbiamo scoperto che le cose sotto terra si stanno rapidamente aggravando. In superficie non abbiamo avuto ancora riscontro di ciò che si sta preparando sotto i nostri piedi. Per questo ho deciso di intraprendere un nuovo giro dei Ministeri e di fare tutto il possibile per allertare le popolazioni più direttamente minacciate. Dopo questo tentativo, non appena mi sarà possibile andrò anche a trovare un mio vecchio amico che da poco è diventato Sindaco di Napoli e dal quale spero di ricevere una collaborazione. Questa riunione ha carattere operativo. Occorre intensificare i monitoraggi e mi serve sostegno per la divulgazione. Andrò io in prima persona e non mi farò fermare da nessuna minaccia.»

    Antonio si mise a sedere. Il preambolo era finito ed ebbe inizio un giro di interventi. I lavori durarono tutta la giornata e proseguirono il giorno successivo. Fu deciso di contattare in segreto, se possibile, anche se era una contraddizione in sostanza, mass media di tutti i Paesi intorno all'Italia e tutti i Governi che fossero stati disponibili. La prospettiva di assecondare il menefreghismo della politica, divenendo di fatto complici dell’eventuale sterminio di una intera popolazione, non garbava a nessuno. Comunque speravano ancora tutti che la serietà della cosa avrebbe fatto rinsavire quelli che detenevano il potere.

    11 giugno 2058 ore 09,41

    «Il signor Sindaco la sta aspettando.» Dette queste parole, l'anziano usciere invitò il professor Capurro a seguirlo fino a una porta di antica lavorazione restaurata con cura e lucidata a dovere; bussò ed aprì, poi si ritirò dopo averla richiusa dietro le spalle dell'ospite.

    Luigi Lampariello, Primo Cittadino eletto nella Città Metropolitana di Napoli, si alzò dalla sua ricca scrivania e andò incontro al visitatore. Alle spalle della monumentale poltrona, sotto la grande foto del Presidente della Repubblica, faceva bella mostra di sé un elegante quanto monumentale orologio: 11 giugno 2058 ore 09,41.

    «Ciao, caro Antonio, quanto tempo è passato... Ma mi fa tanto piacere che mi sei venuto a trovare.»

    «Sono quindici anni che sono lontano da Napoli. Adesso sono venuto a rendere omaggio ad un amico per la meritata elezione. Sono sicuro che saprai fare grandi cose per questa città che ne ha tanto bisogno.»

    I due si abbracciarono scambiandosi delle pacche.

    «Sarà già assai se mi lasceranno fare almeno piccole cose, in questo covo di vipere.»

    «E allora che sei stato eletto a fare?...»

    «Io ci proverò, stai sicuro che ci proverò, tu mi conosci. Però non spero niente. Ci sono i poteri oscuri di questa città che fanno il bello e il cattivo tempo; è gente che non si espone mai ma fa fare il lavoro sporco ad altri. Davanti si dicono amici ma nei fatti... Ma scusami lo sfogo. Solamente con te posso farlo. Con gli altri devo mettere la maschera.»

    «Ah! E io che credevo...»

    «Stiamo messi male, amico mio, stiamo messi molto male... Ma vieni, andiamo a prenderci un caffè e una sfogliatella di quelle che mi faccio portare da quel forno antico vicino a piazza Garibaldi...»

    «Ti tratti bene... Quelle sono forse le cose migliori che Napoli tiene ancora... Pare l'unica tradizione rimasta, insieme a quel Caffè davanti al Palazzo Reale.»

    «Ma il resto della città non è più quello di una volta, specialmente dopo la ristrutturazione urbanistica dei Quartieri Spagnoli.»

    Mentre parlavano con l'accento e quel particolare gusto tutto Napoletano di parlare la propria lingua, erano giunti alla caffetteria interna al palazzo Comunale.

    «Buon giorno, signor Sindaco» salutò il barista, «cosa vi posso servire?»

    «Ciao, Gennarino, facci due caffè di quelli che sai fare solamente tu e caccia fuori dalla casciaforte due sfogliatelle delle mie. Te ne sei presa una anche per te?»

    «Sì, signor Sindaco, voi mi fate troppo onore...»

    «...e non dimenticare di portare ai figli tuoi quelle che avanzano.»

    «No, signor Sindaco, sempre tante grazie...»

    Poi il Sindaco si rivolse di nuovo all'amico: «Te lo ricordi Gennarino? Eravamo tutti guaglioni quando andavamo al liceo e lui stava in quel piccolo bar a servirci sfogliatelle e caffè.»

    «Certo che me lo ricordo. E noi, 'nu poco strunzi, gli facevamo certi scherzi...»

    «Non tenevamo pensieri allora; erano altri tempi... Gennarino, te lo ricordi Antonio... Antonio Capurro, quello che quella volta... Adesso è una persona importante. Pensa, dirige l'Istituto Geologico e studia i vulcani...»

    «Certo che me lo ricordo» rispose Gennarino, «è tanto cambiato da allora, ma me lo ricordo bene. Dottor Antonio, vi devo ancora ringraziare per quella volta...»

    «Gennarì» lo apostrofò il Sindaco, «quando siamo noi dei vecchi tempi, non ci sono né signori né dottori.»

    «Come volete voi, ma io non voglio farvi fare brutta figura...»

    «Vedi» disse il Sindaco ancora rivolto all'amico, «è rimasto sempre timido come allora.»

    «Caro Gennarino» disse Antonio rivolto all'antico amico, porgendogli la mano che l'altro si affrettò a stringere, «mi fa tanto piacere rivederti. Sono contento che ti sei sistemato.»

    «È tutto merito del signor Sindaco...»

    Non aveva finito di pronunciare quelle parole che gli arrivò una gran pacca su una spalla.

    «Che ti avevo detto? Sei troppo timido e poi gli altri se ne approfittano!»

    In quel momento entrarono nel locale un paio di avventori che salutarono il Sindaco con fare cerimonioso, ma Lampariello, rispondendo con gli stessi modi, se ne liberò in fretta senza presentare l'amico. Antonio strinse di nuovo la mano di Gennarino mentre lo invitava a cena con la sua famiglia.

    L'ufficio del Sindaco era ormai assediato dai segretari con la corrispondenza da visionare e i documenti da firmare. Naturalmente c'erano anche quelli ai quali doveva dare udienza.

    Il Sindaco guardò sconsolato l'amico: «Ne avrò per tre ore ma forse tu volevi dirmi anche qualcosa di importante...»

    «È molto importante ma, proprio per questo, aspetterò che ti sia liberato dagli impegni.»

    «Vuoi che parliamo a casa mia? Ti presento la mia famiglia e potremo parlare senza

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