I Visigoti e la rinascita culturale del secolo VII
By Luca Montecchio and Ludovico Gatto
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I Visigoti e la rinascita culturale del secolo VII - Luca Montecchio
Il regno di Tolosa: 1
affermazione e caduta dei visigoti in Gallia
Il processo storico che portò i Visigoti ad assoggettare prima la Gallia meridionale e poi la penisola iberica deve essere affrontato nella sua complessità se si vuole cercare di comprendere gli avvenimenti dei secoli VI-VIII successivi alla caduta di Tolosa. Dobbiamo quindi in primo luogo risalire, anche se in modo sommario, agli eventi che consentirono ai Visigoti di insediarsi, prima nell’Aquitania, e poi nella penisola iberica. Nelle pagine che seguono descriveremo pertanto le varie e alterne vicende che portarono quel popolo germanico a governare per più di due secoli la penisola iberica e i cui sovrani ebbero, a volte, un ruolo non del tutto secondario nella storia dell’Europa occidentale.
***
Dopo il primo sacco di Roma del 410, mentre grande era la confusione nella penisola italiana ormai allo sbando¹, i Visigoti, protagonisti di uno degli eventi più traumatici della storia dell’Urbe, si trovarono ben presto senza guida a causa dell’improvvisa scomparsa di Alarico.
Questi, come è noto, subito dopo i tre giorni di saccheggio di Roma², aveva in mente di procedere rapidamente alla conquista della ricca provincia d’Africa, per rientrare poi in Italia e impadronirsi durevolmente di tutta la penisola.
Il suo grandioso progetto non potè realizzarsi per tutta una serie di contrattempi e, infine, per la sua morte³.
Gli successe il cognato Ataulfo⁴ il quale, forse intimorito dalle forze soverchianti di Eracliano, generale di Onorio, abbandonò l’idea della conquista dell’Africa⁵ e preferì dirigersi a nord verso la Gallia dove, nel 412, iniziò una vera e propria guerra contro i Romani dopo essersi accordato con l’anti-imperatore Giovino che aveva usurpato il titolo nel 411; l’accordo fra i due durò però poco per l’aspirazione di Giovino a governare l’intera Gallia senza interferenze da parte di chicchessia.
Ataulfo, allora, con un audace voltafaccia, si rivolse all’imperatore Onorio, promettendogli la testa dell’usurpatore⁶ nonché la riconsegna della sorella Galla Placidia, dianzi caduta prigioniera dei Visigoti in occasione del sacco di Roma, in cambio di rifornimenti di grano e dell’assegnazione di terra. Onorio, dapprima accettò, ma poi non onorò la promessa fatta tanto che Ataulfo si vide costretto a riprendere le ostilità contro l’Impero.
Nel 413 i Visigoti riuscirono ad occupare in rapida successione Narbona, Tolosa e Bordeaux⁷, e agli inizi del 414 Ataulfo, sposata in seconde nozze Galla Placidia, mutò radicalmente il suo atteggiamento che, da bellicoso, divenne pacifico.
Da allora in avanti il re goto abbandonò l’idea di trasformare l’Impero romano in un dominio goto, impegnandosi invece con tutte le sue forze a favorire la totale integrazione della sua gente nello stato romano. Il suo programma politico, come si vede, era per alcuni versi simile a quello che sarebbe stato, anni dopo, il progetto del re ostrogoto Teodorico nel fondare il regno italico.
Ben diversi invece erano i propositi di Onorio che considerava una grande iattura il matrimonio della sorella con un sovrano barbaro.
La guerra divenne presto inevitabile e, dopo alterne vicende, fattasi disperata la situazione dei goti, Ataulfo fu costretto a cercare scampo in Spagna dove occupò nel 415 la provincia Tarraconense⁸, morendovi di lì a poco. Questi sono gli avvenimenti che portarono all’incontro e al successivo stabile consolidamento dei Visigoti nella penisola iberica; essi vi giunsero, se non casualmente, certo non guidati da un disegno di conquista programmata. E anche il successivo stanziamento in terra spagnola si attuò fortunosamente e con non poche difficoltà.
Tra i Visigoti infatti, oltre al defunto sovrano, solo un’esigua minoranza aspirava ad una reale integrazione con i Romani e, alla sua morte, prevalsero all’interno di quel popolo le mai sopite tendenze contrarie; non stupisce pertanto che l’immediato successore di Ataulfo, Sigerico, figlio di un principe goto fatto uccidere a suo tempo dallo stesso Ataulfo, sfogasse il suo rancore contro Galla Placidia, infliggendole il più umiliante dei trattamenti.
Fortunatamente per la sorella di Onorio, dopo una sola settimana Sigerico venne fatto trucidare da Wallia⁹, il quale riservò a Galla Placidia un trattamento molto più umano. Wallia aveva l’intenzione di ampliare i domini spagnoli, ma i Romani del generale Costanzo frustrarono le sue velleità costringendolo a scendere a patti: in cambio di 600.000 misure di grano, Wallia si impegnò a restituire Galla Placidia e a liberare la Spagna dai Vandali, dagli Alani e dagli Svevi. A garanzia del rispetto dei patti furono consegnati al generale romano degli ostaggi¹⁰.
Wallia mantenne i suoi impegni e tra il 416 e il 418 i Vandali silingi e gli Alani furono sconfitti, ma prima che potesse marciare contro i Vandali asdingi e contro gli Svevi Costanzo, temendo che i Visigoti diventassero troppo potenti e quindi difficilmente controllabili, lo fermò assegnandogli come ricompensa per i servigi prestati notevoli estensioni di terra nella provincia dell’Aquitanica Secunda e in alcuni distretti limitrofi¹¹. In quello stesso anno Wallia morì. Toccò quindi al successore Teodorico il compito di programmare ed eseguire la spartizione delle terre tra la popolazione gota e quella romana costretta, suo malgrado, ad accettare la situazione. Su i primi anni di regno di Teodorico la tradizione storica ci dice ben poco¹²; sappiamo comunque che i Visigoti restarono separati dai Romani. Ciò, se da una parte ebbe contribuito a rafforzarli perché essi mantennero così la loro costituzione, dall’altra li costringeva ad assicurare all’Impero aiuto militare e metteva di fatto il loro sovrano sotto il comando supremo dell’imperatore; egli manteneva, infatti, un potere effettivo solo sulla sua gente mentre non aveva alcuna autorità legale sugli abitanti romani della provincia.
I rapporti fra le due popolazioni non furono senza difficoltà anche perché i Visigoti non sembravano prendere con la dovuta serietà il valore del foedus che li legava all’Impero.
Basti pensare a ciò che avvenne nel 422, quando i Romani, che si erano schierati contro i Vandali contando sull’intervento di truppe gote, ebbero la sgradevole sorpresa di essere attaccati alle spalle proprio dai loro alleati
i quali colsero l’occasione per tentare di liberarsi dal giogo imperiale¹³.
A questo punto non si può fare a meno di rilevare che l’Impero era evidentemente troppo debole se dei barbari poterono permettersi un così basso tradimento senza venire prontamente e duramente puniti!
Ma i barbari
, a loro volta, mostrarono notevole iniziativa e coraggio nell’affrontare in tal modo i Romani, il cui nome e la cui tradizione dovevano incutere ancora timore e rispetto.
In un primo momento i Goti parvero giovarsi del loro tradimento tanto che poterono giungere sino ad Arles¹⁴, ma poi dovettero precipitosamente battere in ritirata all’avvicinarsi di un esercito comandato dal valoroso generale Ezio¹⁵.
Ormai però il prestigio imperiale era stato gravemente leso. I Visigoti, infatti, si videro riconosciuta la piena sovranità sulle provincie che originariamente erano state loro solo assegnate (l’Aquitanica Secunda e l’angolo nord-ovest della Narbonense Prima), in cambio, dovettero restituire all’Impero i territori conquistati sino al 426¹⁶. La vicenda ebbe dunque per loro un’evoluzione impensabile e felice. I tentativi dei Visigoti di allargare i confini delle terre loro assegnate continuarono comunque a lungo e i Romani furono ogni volta costretti ad intervenire per impedirlo, almeno fino al 451 allorché, gli Unni guidati da Attila, lasciata la Pannonia e attraversato nei giorni di Pasqua il Reno, invasero la Belgica¹⁷. Lo scenario mutò così improvvisamente che i Visigoti furono costretti a cercare di nuovo l’alleanza con i Romani che bon gré mal gré gliela concessero per poter opporre resistenza al pericolo unno che si profilava minacciosissimo. Dopo essersi a lungo fatto inseguire dall’esercito goto-romano, Attila si fermò e attese il nemico presso la piana di Mauriacus¹⁸.
La battaglia fu cruenta, a lungo incerta e tra i caduti ci fu anche il vecchio re Teodorico¹⁹. Suo figlio Torrismondo allora, subito acclamato re, riunì la sua gente e, invocando vendetta per il padre, la lanciò contro gli Unni ormai sfiniti. Ezio, accortosi che la battaglia era in procinto di volgere a favore dei Goti grazie al loro impeto, persuase Torrismondo a frenare lo slancio, temendo, forse non a torto, che i Visigoti, inorgogliti da una vittoria troppo eclatante, potessero diventare troppo esigenti e costringessero l’Impero a concessioni eccessivamente gravose. Il giovane sovrano goto, soddisfatto per la brillante vittoria ottenuta contro un nemico così pericoloso, tornò a Tolosa, apparentemente inconsapevole di quanto gli avrebbe potuto fruttare politicamente una vittoria definitiva contro gli Unni. Il suo regno durò sino al 453 quando venne assassinato dai fratelli²⁰: Gli successe Teodorico II che come prima cosa ritenne opportuno rinnovare il trattato di pace con i Romani, quello stesso trattato più volte calpestato da Teodorico I²¹. Egli aveva mire più ampie di quelle del predecessore. Infatti pensava che se si fosse assicurato una certa stabilità lungo i confini orientali, avrebbe avuto la possibilità di allargare i possedimenti Visigoti in Gallia e, soprattutto, avrebbe potuto tentare con qualche probabilità di successo di occupare la non esigua parte restante della penisola iberica.
Proprio allora si presentò improvvisamente al sovrano goto un’occasione che egli seppe cogliere senza esitazioni allorché, dopo l’assassinio dell’imperatore Valentiniano III, fu inviato in Gallia, in qualità di magister militum, Avito, con il compito di guadagnare i capi più influenti della regione alla causa del nuovo imperatore Petronio Massimo²².
Bisogna premettere che Avito godeva di un notevole ascendente personale nei confronti di Teodorico per averlo a suo tempo iniziato allo studio della letteratura latina; egli, quindi, non ebbe difficoltà a far sì che il re visigoto riconoscesse il nuovo imperatore. Quando qualche giorno dopo però (i fatti si svolgono nella primavera del 455), giunse la notizia dell’assassinio di Massimo, Teodorico sollecitò il suo antico maestro ad assumere personalmente l’imperium e Avito, fattosi proclamare imperatore dai soldati²³, con una nutrita scorta di truppe visigote scese in Italia dove ottenne il riconoscimento ufficiale.
I rapporti tra Visigoti e Romani erano quindi in quel momento ottimi tanto che, quando nel 456 Teodorico, passati i Pirenei, attaccò gli Svevi²⁴ infliggendo loro una grave sconfitta, conquistò gran parte della Spagna e ne prese formalmente possesso in nome dell’Impero, anche se poi de facto tenne per sé quei territori²⁵.
La situazione però non era stabile e gli eventi erano destinati a cambiare repentinamente sconvolgendo o almeno mettendo in forte dubbio alleanze appena nate e apparentemente solide. L’imperatore Avito, infatti, nell’autunno del 456 abdicò, e il 1° aprile del 457 venne elevato al trono Maggioriano. Ora, se Avito era ben visto ai Visigoti per l’antica e rispettosa amicizia che legava Teodorico al suo maestro, non c’era alcun particolare motivo che li legasse a Maggioriano, il quale non godeva nemmeno della stima di cui Avito aveva goduto presso la nobiltà gallo-romana, stima che aveva non poco contribuito a facilitare i rapporti tra la popolazione germanica e quella romana di