Tradizioni di pastafrolla
By Luca Ciurleo
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About this ebook
Questo libro propone un vero e proprio “viaggio” all’interno del vasto panorama delle tradizioni culinarie contemporanee, da McDonald sino alla Lettera dei cuochi di domani, ed esaminando una rassegna di biscotti “tipici” del Verbano Cusio Ossola.
Un saggio di antropologia per cercare di orientarsi in questo sfaccettato mondo enogastronomico, cercano anche di capire la differenza tra “tradizione”, “folklore” e “fake-lore”.
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Tradizioni di pastafrolla - Luca Ciurleo
Indice:
Parte I: Folklore e fake-lore: due facce della stessa medaglia?
1.1 - Il folklore
Un gruppo Folk che si esibisce in danze tipiche. La sagra di paese che valorizza il folklore di un determinato comune. Il libro che raccoglie leggende ed altro del folklore tipico del Piemonte. La musica folk e quella combat-folk. Basta leggere un qualsiasi giornale, dal quotidiano al settimanale locale, per trovare almeno in due o tre articoli, la parole folk ed i suoi composti e derivati.
Si tratta di un termine veramente abusato al giorno d’oggi, sia in campo turistico che culturale, per non parlare poi del settore delle feste e dell'alimentazione. Non vi è quasi più nessuna manifestazione che non faccia riferimento, in un modo o nell’altro, al concetto di folk, spesso diventato sinonimo di tradizione. Tradizione divenuta, con il passare del tempo, un vero e proprio marchio di qualità, eponimo di buono, genuino, sano e vera e propria scusa da parte dei produttori per poter far pagare dei prodotti un prezzo oggettivamente più elevato (e legittimazione, per gli acquirenti, di una spesa superiore alla ricerca di un vero e proprio valore aggiunto).
Sull'utilizzo del folkore (e del fake-lore) a fini turistici e commerciali si parlerà ampiamente nei prossimi capitoli, analizzando alcuni case-study riferiti in primis al territorio ossolano, ma anche con uno sguardo sulla realtà piemontese, italiana ed internazionale.
Ma iniziamo facendo un po’ di ordine e precisando i vari termini che saranno cardine in questo scritto.
Ed iniziamo proprio dal più abusato: folklore.
Il primissimo problema relativo a questo complesso termine è relativo alla sua grafia. Folklore, folclore, folcklore. Come nota Dundes, «l'inglese folklore si è gradualmente imposto a livello internazionale, anche se nei paesi di lingua romanza persiste una certa resistenza linguistico-nazionalistica nei confronti della grafia con la k anziché con il c. Il passaggio da questa forma di nazionalismo linguistico all'adozione internazionale del termine folklore è stato lento ma costante, come attesta il mutare dei titoli nei vari periodi dedicati alla materia» (Dundes, 1994). Anche secondo l'ultimo aggiornamento on-line della voce Folklore dell'enciclopedia Treccani, «il termine è rimasto e resta d'uso corrente nella scienza di tutti i paesi europei; in Francia ed in Italia godono comunque particolare favore le espressioni traditions populaires
e tradizioni popolari
».
Secondo il dizionario di antropologia di Pierre Bonte e Michael Izzard folclore
(scritto alla francese), nato nel 1846 per sostituire l'espressione antichità popolari
, è una parola composta da termini di origine sassone che significa «il sapere del popolo». Nella seconda metà del XIX secolo la scuola antropologica inglese, in linea con gli studiosi francesi della disciplina, specifica che «il folclore raccoglie e confronta i resti degli antichi popoli, le superstizioni e le le storie che sopravvivono, le idee che vivono nel nostro tempo, ma non sono del nostro tempo». Ciò porta la disciplina a tenere conto solo ed esclusivamente degli arcaismi, e riguarda, come vengono definiti da Andrew Lang, «i cocci di civiltà morte, racchiusi in una civiltà viva». L'apparato teorico messo in gioco è quindi quello tipico dell'antropologia dei primissimi anni dell'Ottocento, quando la scienza sociale si era ritagliata la propria nicchia di ricerca
nell'ambito del primitivismo. «La prima metà del XIX secolo vede poi - testimoniano Bonte e Izard - con un movimento simmetrico e inverso, declinare la fiducia verso le ricerche folcloristiche e aumentare quella verso l'etnologia dei popoli non europei, che si appoggia su indagini sul campo lunghe e minuziose. Questo metodo sarà, in seguito, applicato all'Europa e permetterà di studiare quello che il folclore ignorava deliberatamente, vale a dire la totalità dello spazio sociale e culturale» (Bonte e Izard, 2006).
Questa ideologia arcaicizzante
ha così portato, in ambito accademico, ad un progressivo discredito del termine, inducendo ad una scomparsa del termine dall'uso scientifico. Ma, come spesso accade, quello che viene gettato via
da una disciplina viene prontamente raccattato
e riutilizzato in altri ambiti. Ed il termine Folklore ha infatti subito questa sorte. L'enciclopedia Treccani del 1932 (Corso, 1932) ripercorre la storia della disciplina e del termine, iniziando dalla prima definizione del termine data nel 1878 dalla Folk-lore society di Londra (il termine, però fu coniato per la prima volta nel 1846). «Per la scuola inglese il folklore è la scienza delle tradizioni, cioè la storia primitiva dell'umanità; il termine tradizione
, sinonimo di antichità popolari
, comprende le superstizioni e altre credenze di carattere arcaico, sopravviventi nel mondo della civiltà, o meglio le reliquie delle epoche lontane o addirittura primitive. Sotto tale aspetto il folklore escluderebbe dal suo dominio le pratiche e le costumanze, costituendo quel capitolo della scienza storica che tratta della storia non scritta e della religione non ufficiale
quella parte, cioè, della vita che presso i selvaggi è una realtà attuale e presso il volgo delle nazioni civili una realtà sopravvivente» (Corso, 1932). Ben presto, fortunatamente, ci si accorge che il folklore «abbraccia lo studio di tutta la vita umana», ritagliandosi così, il compito di raccogliere ed esaminare le tradizioni popolari. Ma cosa si intende, ad inizio Novecento, per tradizione
? La Treccani specifica che