Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

Dal cuore allo stomaco
Dal cuore allo stomaco
Dal cuore allo stomaco
Ebook221 pages2 hours

Dal cuore allo stomaco

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

Dal cuore allo stomaco non è la tipica autobiografia celebrativa di una band, ne’ tantomeno il tentativo di autoaffermarsi.
Dal cuore allo stomaco è una testimonianza, la fotografia che racconta ciò che significa suonare rock in Italia e farlo in maniera indipendente.
Sandro, Alessandro, Valerio e Izzy: quattro ragazzi che credono nella forza della musica e portano avanti assieme un progetto comune ormai da quasi dieci anni: questi sono gli AIRWAY.
LanguageItaliano
PublisherAirway
Release dateDec 12, 2013
ISBN9788868851279
Dal cuore allo stomaco

Related to Dal cuore allo stomaco

Related ebooks

Music For You

View More

Related articles

Reviews for Dal cuore allo stomaco

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    Dal cuore allo stomaco - Airway

    AIRWAY

    DAL CUORE 

    ALLO STOMACO

    Una rock band che si racconta

    © Tutti i diritti sono di proprietà di AIRWAY

    Sono presenti dei contenuti video visualizzabili a questo link

    www.airwaymusic.com/dalcuoreallostomaco

    Realizzato da DS-Agency, 

    www.dsagency.it

    Sandro

    Sono precipitato sulla terra il 19 Maggio del 1984 e, dal momento che, forse inconsapevolmente, credo nell’astrologia... non sono assolutamente incline ai cambiamenti.

    Se consideri che nella mia vita, i cambiamenti superano di gran lunga i punti fermi, ti potrai rendere facilmente conto di molte cose.

    All’età di 4 anni ci ha pensato mio padre a disegnare con un pennarello indelebile, i solidi confini della mia esistenza. Almeno fino a questo istante.

    Tunisia. Mi trovavo in una camera d’albergo. Era luglio o forse agosto, poco importa dato che quell'anno la temperatura fu sempre la stessa per tutta l'estate.

    Quello che invece conta è il fatto che, come mi capitava spesso in vacanza, ero costretto a letto dalla febbre; probabilmente e fortunatamente, l'innocenza della mia età ancora non mi permetteva di osservare dall’esterno questo tipo di situazioni e passarci sopra.

    Ecco che allora decisi di accogliere con entusiasmo il dono di papà, che avrebbe reso più piacevole l’effetto pomeridiano della tachipirina, mentre lui e mamma ne approfittavano per dedicarsi per un paio d’ore alle loro ingiuste vacanze a metà.

    Un walkman. Quando schiacciai per la prima volta play, mi resi immediatamente conto che non si trattava di Fivelandia. (Con tutto il rispetto per Cristina)

    I’m lookin’ all the lonely people…

    È stato un po’ come quando ti ustioni… fa talmente male che all'inizio non riesci nemmeno a percepirne il dolore. Ecco, però al contrario.

    Si trattava di Revolver, l'album più bello che a mio parere i Beatles abbiano mai scritto; lo ascoltai ininterrottamente per giorni, senza neanche accorgermi che la febbre mi era passata, anzi, senza neanche accorgermi che la vacanza era finita e mi trovavo su un palco con una chitarra in mano.

    Le sei primavere che stanno in mezzo, non te le racconto... ero semplicemente un bambino felice come tanti altri. Ma torniamo a quel momento: non so per quale motivo i miei genitori avessero insistito così a lungo per iscrivermi a quel corso di chitarra classica, fatto sta che mi ritrovai senza accorgermene al saggio, da solo. E dovevo suonare… mi faceva schifo.

    Inizio… le prime due note… la mano insicura e tremolante pizzica le corde... dal pubblico sento una voce, la voce di mio padre per la precisione, «Se non accendete il microfono non si sente niente, è una chitarra classica quella!»

    Ecco. Apprezzo molto il tuo gesto papà, il tuo accorato tentativo di difendere la dignità di tuo figlio, ma ora sono un attimo impegnato a tastare il palco col piede per capire se c’è una botola dove infilarmi e sparire all'istante.

    Mettiti nei panni di un bambino timido - dall’emotività delicata - se così la vogliamo chiamare, che sta facendo qualcosa che non gli piace davanti ad un centinaio di persone comodamente sedute su delle poltrone. Ora fai un ulteriore sforzo e pensa se quei cinque minuti che lo separano dall'oblio più totale, praticamente il paradiso, dovessero venire interrotti da un evidenziatore gigantesco che precipita in sala e comincia a sottolineare ogni cosa, di modo che quella scena rimanga per sempre segnata nella testa del bambino. Hai fatto confusione? Beh, rileggiti due tre volte la frase, perché quello che c'è scritto è esattamente ciò che è successo.

    C'è qualcosa però, in tutto questo, che ha continuato a riecheggiare nella mia mente per poi venire a galla esattamente qualche anno dopo: se quel fottutissimo pezzo di legno non avesse avuto bisogno di un microfono, tutto questo non sarebbe successo… se solo avessi potuto alzare il volume da me, e far esplodere le orecchie a tutti i presenti in sala, tutto questo non sarebbe successo… forse era esattamente quello che stava pensando mio padre, «Porca puttana Sandro, ma cosa cazzo aspetti a suonare la chitarra elettrica?»

    Stavo solo aspettando, forse senza saperlo, che arrivasse la vigilia di Natale del 1997.

    Era il tempo in cui il compact disc contava ancora qualcosa, per chi lo ascoltava e per chi lo produceva. Mio padre lo sapeva bene e sotto l’albero mi fece trovare Nimrod, il disco che, per la seconda volta, stravolse la mia vita, musicale e non.

    Se non ne sei a conoscenza, Nimrod è il quinto lavoro ufficiale dei Green Day… chi sono i Green Day neanche te lo spiego, se stai leggendo queste righe sicuramente, in un modo o nell'altro, già li conosci.

    Fuori fa freddo, in salotto si consumano implacabili brindisi tra parenti… per la prima volta nella mia vita non me ne frega un cazzo di nulla, appena parte Nice guys finish last nello stereo in camera mia, lo stomaco pulsa come il cuore, ed il cuore inizia ad avere fame. Continuavo a ripetermi in testa come potessi trovare così perfetto quel suono; non perfetto in generale, ma perfetto per me, in quel momento… e la cosa, credimi, ha assunto un valore ancora più grande.

    Ho ascoltato quel disco fino allo sfinimento e, conseguentemente, tutti gli altri dischi di Billie Joe & co, intuendo sempre che ci fosse qualcosa in quella band che andava al di là delle canzoni.

    Non ho mai capito se quella sensazione fosse stata solo mia o meno... fatto sta che fu reale, e bastò negli anni a seguire a colorarmi i capelli di blu, poi di verde, poi di rosa e poi anche di rosso.

    Per quanto mi riguarda, ho maturato il pensiero che i fans dei Green Day (non parlo di quelli più recenti, perché non li conosco) si dividono in due schiere: quelli che li apprezzano per le canzoni e punto; quelli che si sono costruiti in testa un reticolo fatto di citazioni, momenti, espressioni ed emozioni associate ad ogni singola canzone del trio di Berkley, scoprendone così dei sorprendenti risvolti dal punto di vista emozionale.

    Che tutto questo sia un mio flash l'ho sempre messo in conto, non preoccuparti, però posso dirti che questa cosa mi ha sempre fatto guardare la musica, TUTTA LA MUSICA, con un taglio particolare… quello che certi addetti ai lavori chiamano influenze musicali.

    Ritorniamo alla prima riga di questo capitolo… mi sono un attimino perso e dimenticato il vero motivo per cui sono arrivato qui. Ecco, riprendiamo il filo… il maggio successivo a quel fatidico Natale del 1997, ebbi in regalo da mio padre, come inevitabile evoluzione dei fatti, la mia prima chitarra elettrica: Fender Stratocaster nera.

    Valerio

    Ci siamo… è il mio momento.

    Mi trovo qui, davanti al monitor del mio laptop, a scrivere la storia della mia vita. Sinceramente non avrei mai detto che a 27 anni scarsi potessi già scrivermi una biografia; ultimamente capita a personaggi famosi: attori, calciatori, presentatori… ma la mia professione non termina in –ori bensì in -ista. Sono nato con questo nome: Valerio Morossi… sono un musicista.

    Venni alla luce un pomeriggio di un lontano settembre degli anni ’80, in una morta, musicalmente parlando, cittadina del Nord-Est… Treviso. Che dire di quel periodo… la musica stava prendendo una brutta piega, ma per fortuna i miei genitori non ne erano grandi fruitori.

    Mio padre, Giulio per gli amici, da giovane era appassionato di politica, quindi l’unica musica che ascoltava non poteva essere che quella di Guccini, De André, De Gregori... e perché no, anche un po’ di beat degli anni ’60.

    Il suo influsso, soprattutto quello magico della sua chitarra acustica Yamaha (marchio assai bizzarro per uno strumento del genere), si fece sentire fin da subito; ci misi ben poco per ritrovarmi sul divano a strimpellare quel fantastico oggetto dalle corde metalliche.

    Mia madre invece, la prof. Benetton, più comunemente chiamata Marilisa, fu anche lei una musicista in tenera età… più esattamente una pianista.

    A casa mia, quindi, c’era un piano a muro, una chitarra acustica e due genitori che non suonavano praticamente quasi più (mio padre, ogni tanto nel weekend, cercava di imbroccare qualche accordo ormai dimenticato.)

    Già da piccolo, diciamo più o meno a cinque-sei anni, non facevo altro che cantare. A volte tutto il giorno. Quando i miei erano in salotto con gli amici, arrivavo io e cominciavo a cantare… un vero rompipalle!

    Ai miei però faceva piacere. Era un periodo in cui mangiavo tanto e cantavo tanto! Abitudini che conservo ancora oggi!

    Preso dalla foga della scrittura, mi stavo dimenticando di raccontarvi delle mie vacanze estive in montagna.

    Per tutta la mia infanzia, il mese di agosto lo trascorrevo nella casa dove era cresciuto mio padre, in un piccolo paese del Friuli, precisamente Cimolais.

    Durante il tragitto, seduto in mezzo ai sedili posteriori, chiedevo in continuazione di mettere e nell’autoradio cassette su cassette, dai Gipsy Kings a Mina, fino a San Remo (non mi ricordo di che anno, ma c’era La terra dei cachi degli Elio e Le Storie Tese e i Pitura Freska con Papa nero… che tempi!)

    Anche mio padre ogni tanto si aggiornava e andava a comprarsi qualche disco nuovo. A me Guccini piace, ma ad ascoltare solo quello dopo un po’ rischi il suicidio. Guccini perdonami! Sono venuto a vederti dal vivo un sacco di volte!

    Un’estate di cui non ricordo l’anno, lì a Cimolais, avevo deciso con un po’ di amici di mettere su una band e di suonare in strada. Dico sul serio! Avevamo tipo dieci anni e non avevamo nessuno strumento, se non una balalaika, portata credo da mio padre dalla Russia.

    La cosa più divertente è stata creare da zero una batteria. Se avete in mente cos’è la batteria, cancellatevela dalla testa. Abbiamo preso un biliardino da bambini alto un metro, e sopra ci abbiamo messo dei pentoloni vecchi che mia nonna Lucia (R.I.P.) non usava più… c’era anche una moka/teiera che come ride andava benissimo. Siccome non avevamo neanche le bacchette, trovai dei bastoncini di metallo (credo servissero come appendini.) Beh che dire, la batteria era pronta. Non vi lascio immaginare in che condizioni fossero le pentole dopo averle suonate, o meglio massacrate.

    Comunque, fieri della nostra idea, ci mettemmo fuori nel parcheggio, che era limitrofo alla strada e lì, cominciammo ad emettere suoni a caso. Se non sbaglio io cantavo canzoni degli 883 come L’Uomo Ragno o Nord Sud Ovest Est. Qualche lira riuscimmo a guadagnarla, per spenderla in gelati e in quei fantastici videogame di un tempo.

    Dalla quarta elementare circa, avevo anche iniziato a frequentare gli Scout. Anche se a qualcuno di voi farà ridere, io non me ne sono mai vergognato, anzi! Mi sono divertito un sacco, ho imparato molte cose e ho conosciuto uno dei miei migliori amici, Fede.

    Anche lì davo sfoggio delle mie conoscenze in ambito chitarristico. Presi la specialità di Musicista, che più che altro era di cantastorie. Una sorta di Cantagallo di Robin Hood della Walt Disney.

    Ero stato incaricato di aggiornare il Canzoniere del Reparto, praticamente un rotolo enorme di fogli di cartoncino colorato con scritte all’interno una quantità indecifrabile di

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1