Il lato oscuro di internet
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Anteprima del libro
Il lato oscuro di internet - Alessandro Oliviero
Indice
Introduzione
Parte I
Silk Road: aspetti stupefacenti della Via della Seta
Templi Virtuali: Lolita City
Parte II
Alan Turing, l’hacker della Seconda Guerra Mondiale
Prometeo Assange e il mito della nascita del fuoco
La droga nell’epoca della sua ripoducibilità tecnica
Introduzione
Questo saggio è stato compilato alcuni mesi prima della chiusura definitiva di Silk Road e dell’arresto del suo fondatore. Dalle ultime che mi arrivano sembra che la CIA abbia trovato il modo di craccare il Dark Web e identificare i navigatori anonimi dei server Tor. Quindi anche l’internet profondo è stato dragato, anche nell’antro dei briganti è arrivata la longa manus della legge, lo sceriffo è in città, ok? La festa è finita.
Il fatto, diciamolo, è che Silk Road era solo il primo e più famoso porto virtuale per lo scambio di narcotici, ce ne sono altri che prenderanno il suo posto. Lolita City, invece, continua a stare lì dov’è. Ma non si sa mai, con il web non si sa mai: le cose iniziano e finiscono col botto, ma durano molto poco. L’illegalità è un settore che fa guadagnare molto, e quella online, sul serio, è ancora più pulita, quindi non bisogna neppure sporcarsi le mani. È tutto virtuale, signore e signori, ma i soldi sono veri. Sotto a chi tocca.
Non si tratta solo di soldi, comunque. Nelle pagine che leggerete ho scritto che sotto sotto c’entrano anche degli ideali. Assolutamente illogico, apparentemente, eppure qualcosa di vero c’è. Dread Pirate Roberts (che poi si chiama Ross Ulbricht, ha ventinove anni, è laureato in fisica etc etc) è stato preso con le mani nel sacco, e sapete come? Viveva a San Francisco, aveva preso in affitto una camera singola in appartamento con due ragazzi.
Ross William Ulbricht, che aveva studiato scienze ed era laureato in fisica, aveva guadagnato abbastanza soldi da poter gestire il più grande mercato online dello spaccio internazionale da dentro un bunker su un’isoletta delle Antille, e invece viveva in America, a San Francisco, per dio, non si stava nascondendo. E non perché fosse un maledetto idiota, no, anzi era brillante, ma perché a tutto quello che scriveva su internet, lui ci credeva veramente. Tutti i comunicati che faceva sui forum, quando diceva che Silk Road era una battaglia culturale, un avamposto contro il mondo reale, lui ci credeva sul serio. Aveva degli ideali. È questo che l’ha fregato. Lui in fondo era convinto di stare facendo la cosa giusta, e chi fa la cosa giusta non deve nascondersi. Così pensava, finché non l’hanno arrestato. Ora è scomparso, ma ne sentiremo ancora parlare. Nel frattempo l’FBI mette honeypot dappertutto e fa le sue retate nel Dark Web per spaventare, scoraggiare e mettere dentro un po’ di mercanti. L’honeypot, allora, è un sito illegale creato apposta dalla polizia, e funziona così: accumula iscritti, dati e transazioni illegali, finché a un certo punto arrestano tutti quanti. Se l’occasione fa l’uomo ladro, l’honeypot crea l’occasione e raduna il ladro, è letteralmente il barattolo del miele messo apposta per sorprendrvi con le mani nella marmellata, è un’istigazione al reato, ma sempre legale, perché lo fa la legge.
Il resoconto che state per leggere è un viaggio ragionato nei reami delle subculture digitali.
Silk Road non era un semplice mercato anonimo degli stupefacenti