Magia bianca e magia nera nel teatro rinascimentale inglese: la figura del "magus"
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Magia bianca e magia nera nel teatro rinascimentale inglese - Silvia Scardigli
magus.
Capitolo 1
Il contesto storico e socio-culturale
1.1 La magia dal Medioevo al Rinascimento; magia naturalis
e magia evocativa
: l'Occidente cristiano rivaluta l'occulto
Nel Medioevo, la posizione della Chiesa in relazione alle scienze occulte era molto chiara: un uomo che fosse stato veramente timorato di Dio avrebbe dovuto tenersene lontano. Niente di sorprendente, dal momento che parliamo di un periodo in cui si tendeva a guardare con sospetto anche le più comuni pratiche di fitoterapia (a meno che non avvenissero all'interno dei monasteri, dove potevano essere sorvegliate), o le semplici osservazioni astronomiche, per non parlare poi degli esperimenti scientifici, nove volte su dieci denunciati come espressione della più perversa delle stregonerie.
Proprio per evitare i sospetti e le inimicizie delle autorità ecclesiastiche, alcuni filosofi - uno fra tanti, il celebre Roger Bacon (1214-1294) - tentarono di chiarire la questione della magia, distinguendone due tipologie principali: una bianca
(magia naturalis), positiva, che si sarebbe limitata a studiare la natura, rispettandola e non cercando di modificarne gli schemi a proprio vantaggio, ma solo tentando di comprenderne la più intima essenza, e una nera
(necromantia), demoniaca, che avrebbe previsto l'evocazione di spiriti e anime dell'Aldilà, con l'intento di servirsene per piegare l'universo al proprio volere. A questo proposito, leggiamo in Roger Bacon:
Quidquid [...] est praeter operationem naturae vel artis, aut non est humanum, aut est fictum et fraudibus occupatum.²
Qualunque cosa [...] vada oltre l'opera della natura e dell'arte, o non è umano, o è finto e corrotto dalla frode. (Traduzione personale).
Quindi la vera
magia, la magia naturalis
, sarebbe stata quella che non andava a sovvertire le leggi di natura. Diversamente, sarebbe stata identificabile come non umana
, dunque opera del demonio, oppure fittizia
, dunque opera dell'imbroglio di un qualche ciarlatano; in entrambi i casi, condannabile. Già a partire dalla seconda metà del XV secolo, tuttavia, la definizione di magia naturalis
sarebbe andata ad abbracciare un significato più ampio per opera di un gruppo di filosofi italiani, i quali avrebbero riportato in vita il neoplatonismo di Plotino, applicando le sue dottrine a un'etica cristiana. Questi filosofi, i cui nomi più celebri sono quelli di Marsilio Ficino (1433-1499), Pico della Mirandola (1463-1494) e Giordano Bruno (1548-1600), volendo citare i più illustri, assieme ad altri colleghi d'Oltralpe, come Cornelius Agrippa (1486-1535), avrebbero influenzato, per vie più o meno indirette, il modo in cui il rinascimento inglese avrebbe guardato alla magia e l'avrebbe rappresentata.
1.2 Il misticismo filosofico dell'Umanesimo e del Rinascimento
È risaputo che l'Umanesimo e il Rinascimento, due periodi storici connessi, l'uno figlio dell'altro, segnarono una svolta di proporzioni monumentali nella cultura occidentale. Il Rinascimento, in particolare, fu un'epoca difficile, segnata da conflitti ideologici d'ogni tipo. Fra la fine del XV secolo e l'inizio del XVI, ci furono due importanti sviluppi: quello della Rivoluzione Scientifica da un lato e quello del dibattito filosofico sulla magia naturalis
dall'altro. Secondo John S. Mebane,³ la Rivoluzione Scientifica sarebbe, in un certo senso, il risultato del misticismo filosofico dell'Umanesimo portato alle sue più estreme conseguenze. In effetti, il neoplatonismo rinascimentale (soprattutto quello di Giordano Bruno) possedeva una forte componente magico-operativa e insisteva su come l'uomo, percependo nella propria mente e nella realtà la presenza della luce divina, fosse in grado di riplasmare l'universo secondo il modello ideale dell'Archetipo, cioè la forma preesistente delle Idee.
In nome della libertà d'azione e della dignità umana, la tradizione neoplatonica rinascimentale vedeva in questa nuova possibilità demiurgica
dell'uomo (adesso scopertosi non solo faber fortunae suae, cioè artefice del proprio destino
, ma anche faber del proprio mondo) l'espressione più alta del Libero Arbitrio concessogli da Dio. I neoplatonici del Rinascimento avevano assunto il principio della coincidentia oppositorum (coincidenza degli opposti
) a modello ideale di perfezione. A loro parere, dal momento che nessun procedere per quantità
avrebbe mai potuto colmare l'abisso fra il mondo delle Idee e il mondo reale (poiché sarebbe stato infattibile, per l'uomo, creatura finita, tentare di dare una misura all'infinita grandezza di Dio), all'intelletto umano non sarebbe rimasto che concepire in maniera intuitiva
una visione del Tutto. L'imperfezione stessa del mondo avrebbe implicato e dimostrato la perfezione divina, secondo il principio per cui niente può esistere senza il suo contrario. Questi pensatori ritenevano, inoltre, che la relazione fra Dio e l'uomo non fosse la stessa sussistente fra Dio e il mondo: mentre agli altri esseri, sensibili e sovrasensibili (ovvero spiriti, angeli e demoni) il Creatore avrebbe conferito una natura e una sfera d'azione ben determinate, per gli uomini si sarebbe aperto ogni volta un ventaglio di possibilità infinite. Nel De hominis dignitate di Pico della Mirandola (1486), Dio si rivolge a Adamo con queste parole:
Nec certam sedem, nec propriam faciem, nec munus ullum peculiare tibi dedimus, o Adam, ut quam sedem, quam faciem, quae munera tute optaveris, ea, pro voto, pro tua sententia, habeas et possideas. Definita caeteris natura intra praescriptas a nobis leges cohercetur.