Il valore dell'impresa
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Book preview
Il valore dell'impresa - Tommaso Valente
Bertacchi
Introduzione
Fra i geni dell’uomo ce ne sarà certamente uno che invogli insistentemente una generazione a trasmettere le esperienze vissute a quelle successive.
Voglio giustificare, con questo, la propensione di chi è già prossimo alla vecchiaia a voler comunicare la propria storia a quanti si accingono ad affrontare le prime lotte per una dignitosa esistenza.
Ciò dovrebbe accadere naturalmente fra padre e figli. Ma non sempre avviene. Spesso i figli tendono ad ascoltare con sufficienza o con evidente indifferenza i consigli e le raccomandazioni dei padri. Tanto meno i figli sembrano interessati alla storia della vita dei loro genitori. Storia che, in qualsiasi modo si sia svolta, potrebbe offrire qualche occasione di opportuno insegnamento.
Quel gene prepotente ha insistito con me sino a invogliarmi a raccogliere un po’ di avvenimenti della mia vita lavorativa e le relative riflessioni e a formulare qualche raccomandazione. Mi ha costretto, quel gene, a disporne in questo opuscolo e lasciarlo a disposizione dei miei figli per quando avranno sete
e vorranno bere
.
Non sarei completamente soddisfatto, però, se, questa che propongo, rimanesse una testimonianza a uso esclusivo dei miei eredi.
Durante la mia attività ho conosciuto, servendoli in qualità di clienti, tantissimi ragazzi impazienti di dare inizio al loro primo lavoro ma privi, qualche volta, delle informazioni più elementari e necessarie per condurlo utilmente.
Questa mia testimonianza è dedicata, pertanto, ai giovani alle prime esperienze di lavoro autonomo. E anche a chi un’Impresa già la conduce ma trascura, o non conosce, alcune regole fondamentali nel rapporto fra uomo e uomo.
La presunzione mi spinge a ritenere utile un po’ a tutti almeno qualcuna delle mie riflessioni e i suggerimenti che presento in… punta di piedi
. Ritengo che possano essere utili anche a coloro che non hanno niente a che fare con le Aziende e, ancor più, a quanti sono vicini a esse e ne possono influenzare, in qualche modo, l’andamento.
**
Mi è parso opportuno raccontare, in un momento come quello attuale di disorientamento sociale, in che modo quanti, come me negli anni ’60, si son dati un lavoro e hanno proseguito nell’attività. Soprattutto con quale spirito. Ho voluto raccontare come, man mano che procedevamo nella costruzione dell’ Azienda, abbiamo accettato e rispettato le regole esistenti e quelle che ci siamo imposte per raggiungere gli obiettivi prefissati.
Soprattutto ho voluto ricordare il Valore dell’Azienda.
L’Azienda, come ho tenuto più volte a ricordare, creatrice di lavoro e produttrice di ricchezza.
Tutto questo per invogliare una buona parte del 40% dei nostri giovani senza lavoro a inventarsene uno, se hanno difficoltà a trovarlo. Non importa quale lavoro, purché lecito. E che quei giovani si dotino di tanta pazienza e caparbietà perché, prima che un lavoro autonomo possa affermarsi e cominci a essere remunerativo, sempre se si posseggono le competenze necessarie, passerà qualche anno. Probabilmente due, tre, forse cinque anni. Nel frattempo può succedere che si debba affrontare una vita di sacrifici e di rinunzie. E qualche umiliazione. È lo scotto o la gavetta
che qualcuno potrebbe pagare nell’avviare un’Impresa e renderla grande.
Chi scrive ha atteso quattro anni prima di cominciare a pensare di offrirsi una dieta diversa dal pane con il pomodoro. E dopo, per diversi anni ancora, non è cambiato molto dovendo formare l’Azienda, quella che è diventata negli anni successivi e che ha offerto della buona occupazione.
È stato così per la maggior parte di coloro che hanno avviato un’Impresa dal principio senza poter contare su una storia famigliare né su una base economica.
Alcuni di questi imprenditori oggi operano su grandi mercati e contano migliaia di collaboratori. Altri conducono con dignità la loro impresa semplicemente offrendo lavoro.
Mi sia concessa l’illusione e anche la speranza di credere che questo mio lavoro possa invogliare qualche giovane a fare Impresa
e che si formino imprenditori decisi
a far grande la loro Azienda e contribuire a produrre la ricchezza necessaria per una vita dignitosa e serena per sé stessi e per gli altri.
Perché
Molti anni fa fui invitato in una scuola di formazione professionale per offrire agli allievi di quell’istituto una mia testimonianza relativa all’attività imprenditoriale che svolgevo da più decenni.
Al termine dell’incontro andai via poco convinto. Anzi, convinto di aver suscitato in quei ragazzi scarso interesse verso i miei argomenti. Lessi nei volti dei giovani allievi la delusione. Forse anche dispetto. Probabilmente loro si aspettavano qualche informazione, forse un’indicazione di carattere comportamentale o un implicito incoraggiamento a intraprendere l’attività per la quale si stavano formando; forse speravano che raccontassi qualche esperienza per rendere più comprensibili le teorie che andavano apprendendo in quell’aula.
Quell’incontro mi procurò una cupa amarezza nell’animo, come se avessi mancato in qualcosa.
In verità, da qualche settimana mi sentivo rodere
da recenti e perduranti esperienze negative nella mia Azienda.
Si stava soffrendo un calo di vendite e di difficoltà negli incassi.
Cominciava a diventare sempre più forte e ossessiva l’ingordigia delle tante Istituzioni che ogni giorno impegnavano, e impegnano tutt’ora, le aziende in pagamenti di imposizioni e in adempimenti di ogni genere, affliggendole con una burocrazia sempre più pretestuosa, farraginosa ed esigente, spesso inutile e gratuita atta a complicare l’attività, piuttosto che semplificarla, come sarebbe più giusto.
**
A quei ragazzi, nello stato d’animo in cui versavo, parlai dell’Azienda così come ritenevo fosse considerata dalle Istituzioni pubbliche: una vacca da mungere e da spremere sempre di più, lasciandole la preoccupazione di procurarsi il cibo necessario per continuare a vivere e a produrre latte. Latte che i mungitori
prelevano per poi lasciarlo consumare impunemente e copiosamente dai numerosi e ingordi parassiti presenti nel sistema.
Questa similitudine, per la verità un po’ forte, probabilmente vera, sarà suonata come una nota stonata e comunque poco incoraggiante per quella platea.
Mancai pure di precisare che un imprenditore, a dispetto delle molte e farraginose istituzioni che vivono comodamente grazie al suo impegno, è tale proprio per le risorse che sa mettere in campo nel procurarsi tempestivamente il necessario per sostenere la propria Azienda nel tempo e consentirle di offrire e garantire un lavoro tranquillo ai propri collaboratori e conseguentemente una dignitosa esistenza alle loro famiglie.
Non seppi chiarire, nella maniera più conveniente e convincente, che la missione implicita dell’Azienda è di partecipare alla realizzazione delle risorse necessarie a una comunità per vivere serenamente.
Un imprenditore, avrei dovuto comunicare, è tale quando assicura il lavoro e con questo il benessere e la tranquillità, nel mercato in cui opera.
Chi avvia un’Azienda, realizzando egoisticamente il proprio interesse consente, attraverso la creazione di posti di lavoro, di raggiungere il benessere non soltanto a chi vi lavora, ma a un’intera comunità.