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La vera storia dell'Università a Caserta
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La vera storia dell'Università a Caserta

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“Una città capoluogo non poteva affermare la sua identità a carattere storico, artistico, ma anche civile, se non aveva a disposizione un centro di grande fermentazione culturale. Venivo da Udine, città di dimensioni limitate, dove per volontà dei cittadini, si stava costruendo un’università con tutti i requisiti dovuti, al punto da renderla attualmente gloriosa.
Giunto a Caserta nel 1990, avvertii nel gruppo del Meic, esserci una proposta d’intervento, per l’erigenda università di Caserta. Ero vescovo e ritenevo mio compito adoperarmi per raggiungere questa meta”.
Chi parla è l'ex vescovo di Caserta Raffaele Nogaro, un uomo che ha avuto a cuore durante il suo mandato la città e i suoi problemi, un uomo che si è impegnato nel sociale difendendo molte volte i diritti degli immigrati e partecipando ai loro cortei, un uomo che credeva nelle potenzialità di Caserta come cittadina universitaria e che si è battuto affinché l’università avesse sedi adeguate a Caserta.
Tutto ebbe inizio in un freddo pomeriggio del mese di Gennaio del 1991. Quella giornata entrerà nella storia e verrà pertanto citata da tutti coloro che vorranno parlare dell’Università di Caserta, e quindi anche da noi che ci accingiamo a raccontarvi questa pagina casertana. Quel pomeriggio il vescovo, Mons. Raffaele Nogaro, incontrò i membri del gruppo Meic, e propose di intervenire a favore dell’erigenda università di Caserta. Ecco come Anna Russo Mingione, del gruppo Meic, descrive quell’incontro: «Venne, ci scrutò con occhio attento e perspicace, com’è solito fare, e poi attaccò a parlare. Sentirlo e percepirne lo spessore religioso e culturale, la sensibilità umana e la finezza squisitamente cristiana del tratto fu tutt’uno. Ma in quella sede e in quella sera egli non si limitò a un generico, seppur sentito discorso di impostazione filosofico-teologica; passò invece subito, con l’abituale concretezza, a indicarci nel nostro cammino di testimonianza cristiana un preciso obiettivo a cui mirare e per cui darsi da fare subito: l’istituzione dell’Università a Caserta, come sicuro e legittimo canale di svariate possibilità concrete per la città capoluogo, di risollevarsi dalla sua posizione di ultima o quasi ultima in classifica in quanto a livello di civiltà e perciò di benessere e progresso».

Questo libro prova a ricostruire gli anni d’oro della città di Caserta, anni in cui c’era un impegno cittadino che oggi purtroppo si è affievolito se non del tutto scomparso e lo fa attraverso 22 interviste ai protagonisti di quel periodo con la speranza che i giovani un domani possano essere ispirati per intraprendere ancora battaglie come questa che dimostrano un amore incondizionato per la propria città.
LanguageItaliano
PublisherDaniela Testa
Release dateApr 11, 2013
ISBN9788867558186
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    La vera storia dell'Università a Caserta - Daniela Testa

    comunità[1]".

    PREFAZIONE

    Prefazione

    [2]

    Una città capoluogo non poteva affermare la sua identità a carattere storico, artistico, ma anche civile, se non aveva a disposizione un centro di grande fermentazione culturale. Venivo da Udine, città di dimensioni limitate, dove per volontà dei cittadini, si stava costruendo un’università con tutti i requisiti dovuti, al punto da renderla attualmente gloriosa.

    Giunto a Caserta nel 1990, avvertii nel gruppo del Meic, esserci una proposta d’intervento, per l’erigenda università di Caserta. Ero vescovo e ritenevo mio compito adoperarmi per raggiungere questa meta.

    La cultura, anche la più evoluta, è indispensabile come educazione alla fede ed è il benessere primario della cittadinanza.

    Con due persone del Meic, mi recai dal presidente della regione campana, allora Nando Clemente di San Luca. Questi  mi accolse con entusiasmo, perché ritrovava in me una possibilità di soluzione favorevole. Mi segnalò immediatamente la volontà ostativa degli amministratori e dei politici di Caserta, verso un’università nel capoluogo. Mi disse che bisognava convincerli ad accettarla.

    La Federico II  doveva decongestionarsi. Non sopportava più un numero sempre più alto di studenti. Già nel 1985 il senato accademico, aveva indicato Caserta come sede di una nuova università, per il bacino di utenza ideale e perché di facile comunicazione con Napoli. Il parere favorevole del Consiglio regionale si mostrò da subito favorevole a questa scelta. Per lo meno le facoltà trainanti, tipo Lettere, Ingegneria, Medicina, dovevano insediarsi a Caserta. Il presidente mi pregava di smuovere Caserta, perché si prestasse alla costruzione della sua università. Bisognava che rapidamente si desse da fare per preparare i contenitori necessari per le varie facoltà.

    Riuscii a far convocare l’8 luglio 1991, un consiglio comunale straordinario. I pareri si manifestarono incerti, ma la volontà generale chiedeva l’erezione dell’Università a Caserta. Intanto convocavo i sacerdoti della città e li impegnavo in una raccolta di firme a favore.

    Si era in piena estate eppure le firme furono ben 75mila. Commentai che avevano firmato anche i nascituri. Gli amministratori di Caserta, tuttavia, non si preoccupavano di preparare le sedi. A Roma, Ministro della Cultura era Ruberti, un aversano, e quegli stabilì che l’università, anche per le inadempienze di Caserta, poteva nascere policentrica.

    Nel decreto legge del 27 aprile 1992, affidò ad Aversa le facoltà di Ingegneria e Architettura, Lettere a Capua, mentre Caserta riceveva le facoltà di Scienze e Matematica, con l’impegno politico della costruzione del Policlinico. Si stabilì tuttavia il Rettorato a Caserta, con la cura di preparare un nome proprio alla nuova università.

    Per la distribuzione concreta delle facoltà, Caserta ancora non dava soluzioni e la chiesa locale dispose come prima allocazione il seminario, le aule di ministero di Garzano e di San Benedetto e l’aula magna di Sant’Antonio. Il primo rettore della nuova facoltà Mancino, preoccupato del malessere di Caserta, si prestava a preparare rapidamente la sede del rettorato a Caserta. L’amministrazione provinciale offriva Villa Vitrone, che Mancino trovava insufficiente. Il nuovo sindaco Bulzoni, con grande impegno, disponeva ampi spazi nella Reggia a questo scopo. Moriva Mancino e il nuovo rettore Grella, casertano per giunta, prometteva e non manteneva. La vertenza del rettorato sembrava ormai accantonata.

    Intanto per diretto impegno dell’università di Napoli veniva costruito il Polo scientifico in via Vivaldi. La sede è prestigiosa, ma isolata, non certo in grado di dare a Caserta una sua distinzione culturale. Fortunatamente oggi si sta creando di nuovo un piccolo movimento per l’università. Si chiede con decisione il Rettorato. Con poche facoltà a Caserta può sembrare monco. Ma diventerebbe sede di confluenza delle facoltà distribuite in altre città e quindi centrale di proposte e di promozione. Anima di questo movimento è il dr. Pasquale Sarnelli. Con lui la fedelissima Azione cattolica, Caserta città di pace, il Centro di pastorale giovanile.

    Cronaca di una conquista agrodolce

    Cronaca di una conquista agrodolce

    [3]

    di Luigi Ferraiuolo

    Tutto ha inizio in un freddo pomeriggio del mese di Gennaio del 1991. Quella giornata entrerà nella storia e verrà pertanto citata da tutti coloro che vorranno parlare dell’Università di Caserta, e quindi anche da noi che ci accingiamo a raccontarvi questa pagina casertana. Quel pomeriggio il vescovo, Mons. Raffaele Nogaro, giunto a Caserta nel 1990 ed originario di Udine, incontra i membri del gruppo Meic, e propone di intervenire a favore dell’erigenda università di Caserta. In quanto pastore della diocesi, egli ritiene infatti suo compito adoperarsi per raggiungere questa meta. Ecco come Anna Russo Mingione, del gruppo Meic, descrive quell’incontro: «Venne, ci scrutò con occhio attento e perspicace, com’è solito fare, e poi attaccò a parlare. Sentirlo e percepirne lo spessore religioso e culturale, la sensibilità umana e la finezza squisitamente cristiana del tratto fu tutt’uno. Ma in quella sede e in quella sera egli non si limitò a un generico, seppur sentito discorso di impostazione filosofico-teologica; passò invece subito, con l’abituale concretezza, a indicarci nel nostro cammino di testimonianza cristiana un preciso obiettivo a cui mirare e per cui darsi da fare subito: l’istituzione dell’Università a Caserta, come sicuro e legittimo canale di svariate possibilità concrete per la città capoluogo, di risollevarsi dalla sua posizione di ultima o quasi ultima in classifica in quanto a livello di civiltà e perciò di benessere e progresso».

    Già nel 1985 infatti, il senato accademico aveva indicato Caserta come sede di una nuova università. L’ateneo federiciano doveva essere decongestionato e sdoppiato secondo il progetto del Ministro dell’Università e della Ricerca, Antonio Ruberti.

    Il gruppo Meic recepisce immediatamente l’appello del Vescovo e partecipa alla seconda conferenza regionale sull’Università e sulla localizzazione degli insediamenti universitari in Campania, tenutasi il 25 febbraio a Napoli, a cura della Regione Campania. In quella sede si apprende, direttamente dal Ministro Ruberti, che il decreto per l’istituzione della seconda Università sarebbe stato, di lì a poco, firmato e pubblicato sulla Gazzetta ufficiale.

    Il Ministro però propone la tesi di un’università policentrica, non incontrando il parere favorevole del vescovo, che ritiene invece la creazione di un’università monocentrica l’unica tesi accettabile e legittima per Caserta capoluogo. Egli definisce infatti il policentrismo chiaramente mortificante per la dignità e le aspettative di una città capoluogo che da circa trent’anni aspettava la sua Università.

    Il 25 marzo 1991 il decreto Ruberti viene firmato e nell’attesa della pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, che l’avrebbe reso esecutivo, obbligando la Regione Campania a proporre entro quattro mesi le sedi delle facoltà universitarie con i relativi contenitori, pena la decadenza di ogni diritto ad avere l’Università stessa, il gruppo organizza, in aprile, un dibattito aperto sulla questione Università nel centro sociale S. Antonio: vi partecipano, discutendo con passione e cognizione di causa, autorità, professionisti, semplici cittadini.

    Il 4 giugno, il giorno stesso della pubblicazione del decreto sulla Gazzetta, nell’ambito del gruppo Meic, si costituisce, su suggerimento di S.E. il Vescovo, un comitato operativo che avvia subito una serie di attività per conseguire due obiettivi paralleli: un’azione prettamente morale di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sul problema dell’università a Caserta e un’assidua e attenta collaborazione con le autorità competenti per la realizzazione dell’obiettivo entro i termini fissati dalla legge. In città però sui giornali e le tv locali si prevede a Caserta la sola ubicazione del rettorato e degli uffici amministrativi. Per scongiurare tale ipotesi il comitato continua la sua battaglia attraverso documenti inviati alle varie sedi competenti, volantinaggi, comunicati stampa, incontri con le autorità, manifesti, discussioni.

    La prima tappa del lungo percorso è l’incontro a Napoli, nella sede della Giunta Regionale, con il Presidente Clemente di S. Luca. In quella sede si discute del diritto e della necessità, per Caserta – capoluogo, di ottenere la seconda Università e non il semplice Rettorato nel palazzo reale; si apprende, inoltre, che ancora nessuna richiesta  era partita dalla civica amministrazione circa un insediamento universitario a Caserta, come, invece, avevano provveduto a fare altri comuni della provincia, segno tangibile del disinteresse degli amministratori e dei politici casertani verso una problematica decisamente così rilevante. All’incontro fa subito seguito, nella giornata stessa, la formulazione di un documento indirizzato al sindaco della città – e spedito il 27 giugno- con la sollecitazione di un impegno concreto per la richiesta rivendicativa, da parte del comune e indirizzata alla Regione Campania, perché Caserta diventasse sede universitaria. Il documento pone, inoltre, il problema dei contenitori o locali da proporre per ospitare le facoltà universitarie e condizione indispensabile – come recitava la legge- per ottenere l’Università.

    Lo stesso documento, il 2 luglio, viene spedito a tutti i consiglieri comunali del civico consesso. Contemporaneamente il Meic contatta le varie organizzazioni cittadine operanti nel sociale e le forze sindacali e il 9 luglio nasce il Movimento per l’Università, con l’adesione, a mano a mano, di circa settanta gruppi casertani.  Il Movimento si attiva instancabilmente presso le autorità cittadine, chiedendo, tra l’altro,  e ottenendo un consiglio comunale aperto, il 15 luglio, durante il quale viene approvata la delibera da presentare in sede regionale, con la richiesta di Università monocentrica e largamente ispirata allo spirito della proposta del Movimento, che realizza così, il suo primo notevole risultato. Nei primi giorni del mese di agosto, S. E. Nogaro, con una lettera personale ai parroci della diocesi avvia la raccolta di firme per la richiesta dell’Università a Caserta. La lettera del Vescovo viene riportata dalla stampa locale (Mattino e Giornale di Napoli) il 23 agosto. Dall’ultima domenica di agosto fino alla prima quindicina di settembre il Movimento affiancherà l’azione dei parroci nella raccolta delle firme, visitando i punti di maggiore aggregazione popolare della città e in periferia: nei negozi, nei bar, per le vie, negli uffici cittadini.

    Il 25 settembre, in concomitanza con l’iniqua decisione della Giunta Regionale di assegnare otto facoltà ad otto comuni (a Caserta erano toccati il rettorato e la facoltà di Architettura), vengono consegnate nella sede della Giunta Regionale prima ed in quella del Consiglio Regionale poi, personalmente al Presidente Giovanni Sullutrone, due pacchi contenenti le fotocopie di ben 75.000 firme accompagnati da una lettera – documento del Movimento diretta – e successivamente inviata- al Sindaco della città di Caserta, al Presidente dell’amministrazione provinciale, al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro Ruberti.  In data 2 ottobre un analogo pacco con le firme in fotocopia viene consegnato alla Prefettura di Caserta per essere inoltrato a Roma alle sedi competenti. Il 4 ottobre il Consiglio Regionale si pronuncia per l’assegnazione delle facoltà universitarie ai comuni di Caserta (rettorato e uffici, facoltà di Architettura, Lettere e Filosofia, Scienze Naturali con Matematica e Fisica, Scienze Ambientali); Santa Maria Capua Vetere (Giurisprudenza); Capua (Economia e Commercio); Aversa (Ingegneria). Per Medicina e il primo policlinico si parlò di un’area da individuare nel triangolo Nola- Marigliano – Acerra.

    L’8 ottobre il Mattino, accogliendo un comunicato del Movimento riporta testualmente: «Caserta è stata umiliata e defraudata dei suoi diritti negati anche se si gioca al rialzo facendo credere, da più parti, che il rettorato e le facoltà concesse dal Consiglio Regionale siano un più che sufficiente riconoscimento quando si sa bene che nel capoluogo non verrà alcuna facoltà trainante come Ingegneria o Medicina». Da questo momento il Movimento entra in una nuova fase della sua battaglia per la rinascita civile e morale di Caserta: la richiesta della facoltà di Medicina con il supporto di 75000 firme. Il 18 ottobre viene indetta una conferenza stampa nei locali della Curia Vescovile (sala di Sant’Augusto) e attraverso la voce dei suoi rappresentanti il Movimento si dichiara insoddisfatto della delibera del Consiglio Regionale definita mortificante e offensiva per le aspirazioni del capoluogo.

    La conferenza stampa vede raccolti, nella sala, i rappresentanti di circa settanta gruppi cittadini pienamente solidali. Sabato 26 ottobre, per le vie principali della città si snoda un corteo costituito da cittadini, studenti, professionisti, per una manifestazione pubblica a cui aderiscono rappresentanti dell’Ascom e della Confesercenti: al passaggio del corteo le saracinesche dei negozi si abbasseranno per mezz’ora. Non si

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