Poesie
Di Ugo Foscolo
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Anteprima del libro
Poesie - Ugo Foscolo
Poesie
Ugo Foscolo
In copertina: Antoine-Auguste-Ernest Hebert, Ophelia, 1794
© 2011 REA Edizioni
Via S.Agostino 15
67100 L’Aquila
Tel diretto 348 6510033
www.reamultimedia.it
redazione@reamultimedia.it
La Casa Editrice esperite le pratiche per acquisire tutti i diritti relativi alla presente opera, rimane a disposizione di quanti avessero comunque a vantare ragioni in proposito.
Indice
SONETTI
Alla sera
Non son chi fui; perì di noi gran parte
Te nudrice alle Muse
Perché taccia
Così gl'interi giorni
Meritamente
Solcata ho fronte
E tu ne' carmi avrai perenne vita
A Zacinto
In morte del fratello Giovanni
Alla musa
Che stai?
Dei Sepolcri
L E G R A Z I E
CARME AD ANTONIO CANOVA
INNO PRIMO
VENERE
INNO SECONDO
VESTA
I
II
III
INNO TERZO
PALLADE
I
II
III
SONETTI
Alla sera
Forse perché della fatal quïete
tu sei l'immago a me sì cara vieni
o Sera! E quando ti corteggian liete
le nubi estive e i zeffiri sereni,
e quando dal nevoso aere inquïete
tenebre e lunghe all'universo meni
sempre scendi invocata, e le secrete
vie del mio cor soavemente tieni.
Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme
che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
questo reo tempo, e van con lui le torme
delle cure onde meco egli si strugge;
e mentre io guardo la tua pace, dorme
quello spirto guerrier ch'entro mi rugge.
Non son chi fui; perì di noi gran parte
Non son chi fui; perì di noi gran parte:
questo che avvanza è sol languore e pianto.
E secco è il mirto, e son le foglie sparte
del lauro, speme al giovenil mio canto.
Perché dal dì ch'empia licenza e Marte
vestivan me del lor sanguineo manto,
cieca è la mente e guasto il core, ed arte
la fame d'oro, arte è in me fatta, e vanto.
Che se pur sorge di morir consiglio,
a mia fiera ragion chiudon le porte
furor di gloria, e carità di figlio.
Tal di me schiavo, e d'altri, e della sorte,
conosco il meglio ed al peggior mi appiglio,
e so invocare e non darmi la morte.
Te nudrice alle Muse
PER LA SENTENZA CAPITALE PROPOSTA NEL GRAN CONSIGLIO CISALPINO CONTRO LA LINGUA LATINA
Te nudrice alle muse, ospite e Dea
le barbariche genti che ti han doma
nomavan tutte; e questo a noi pur fea
lieve la varia, antiqua, infame soma. 4
Ché se i tuoi vizi, e gli anni, e sorte rea
ti han morto il senno ed il valor di Roma,
in te viveva il gran dir che avvolgea
regali allori alla servil tua chioma. 8
Or ardi, Italia, al tuo Genio ancor queste
reliquie estreme di cotanto impero;
anzi il Toscano tuo parlar celeste 11
ognor più stempra nel sermon straniero,
onde, più che di tua divisa veste,
sia il vincitor di tua barbarie altero. 14
Perché taccia
Perché taccia il rumor di mia catena
di lagrime, di speme, e di amor vivo,
e di silenzio; ché pietà mi affrena
se con lei parlo, o di lei penso e scrivo. 4
Tu sol mi ascolti, o solitario rivo,
ove ogni notte amor seco mi mena,
qui affido il pianto e i miei danni descrivo,
qui tutta verso del dolor la piena. 8
E narro come i grandi occhi ridenti
arsero d'immortal raggio il mio core,
come la rosea bocca, e i rilucenti 11
odorati capelli, ed il candore
delle divine membra, e i cari accenti
m'insegnarono alfin pianger d'amore.