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Noi, piccoli tasselli dell'universo
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Noi, piccoli tasselli dell'universo

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About this ebook

Un’adolescenza felice, le premesse migliori di una vita ideale per tre fratelli, uniti ed affiatati, quando, all’improvviso, un’enorme frattura si apre davanti a loro; un baratro senza fondo che sembra risucchiarli sempre più giù, in un crescendo di drammatiche scoperte sul passato dei propri genitori.

Fabio, Lorenzo e Matteo vivranno la perdita dei propri punti di riferimento, la necessità di compiere delle scelte, anche dolorose, ed il difficile momento del passaggio alla vita adulta attraverso le loro storie personali, le sconfitte, gli amori.

Il romanzo propone una leggera, ironica ma a tratti profonda lettura della psicologia dei personaggi, seguendo il complicato evolversi dei rapporti fra di loro, vissuti sempre con un forte coinvolgimento emotivo.

Alcune brevi ma intense poesie fanno da contorno alla prosa, che si sviluppa in una struttura tripartita e descrive lo svolgersi degli eventi, che segneranno le loro vite, con gli “occhi” di ciascuno dei protagonisti, in un susseguirsi di emozioni e cambi di prospettiva.
LanguageItaliano
Release dateNov 27, 2013
ISBN9788868559519
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    Noi, piccoli tasselli dell'universo - Daniel J. Morganti

    prima…

    A nessuno di noi piaceva ‘l’usato di famiglia’

    Levanto, 2 giugno 1990

    Il profumo del mare, misto all’intensa fragranza degli arbusti aggrappati alle rocce, dava un fascino particolare all’alba che stava nascendo. Un’aurora che avrebbe riempito di colori un cielo terso, limpidissimo, costellato in lontananza dagli ultimi bagliori delle stelle. Spettacolare e semplice al tempo stesso, come l’ispirazione che nasceva dall’animo creativo di chi aveva vissuto in quei luoghi: Portovenere, le Cinque Terre, il Golfo dei Poeti.

    Si, quello spicchio d’Italia stretto fra il verde intenso dei monti e il blu profondo del mare era da sempre il palcoscenico calcato da artisti, naviganti e semplici pescatori; comparse o protagonisti di avventure e leggende che impregnavano di un fascino impalpabile i vicoli di quei piccoli borghi liguri.

    A quel tempo eravamo ragazzi e non ci importava nulla della storia della nostra terra; quei luoghi non erano altro che lo sfondo ideale di tre esistenze, le nostre, piene di vita e di speranze per il futuro.

    Ma chi eravamo in realtà noi, simboli di una generazione fra le più fortunate, abituata al benessere e distante anni luce dalle difficoltà e dai problemi dei nostri avi?

    Il mare, calmo e sconfinato, e la quiete che mi trasmetteva quel momento di pace assoluta, stimolarono le mie riflessioni….

    I Floriani Brothers: tre fratelli, maschi e quasi coetanei; in questo caso lo stereotipo prevede una perenne competizione, una lotta continua per dimostrare a se stessi e agli altri il proprio essere migliore, affermare la propria personalità, competere su tutto.

    Per noi non era così, se non per piccole cose, di scarsa importanza.

    D’accordo, da adolescenti ci eravamo innamorati della stessa ragazza, ma poi avevamo risolto la cosa in modo semplice: valeva la regola che tutti ci provavano e il primo che riusciva a darle una ‘passatina’ lo riferiva agli altri e tutto finiva lì. A nessuno di noi piaceva l’‘usato di famiglia’.

    Per il resto l’infanzia e l’adolescenza erano trascorse in un lampo, come tutte le stagioni felici, ed ora che anche l’ultimo dei nostri amici aveva lasciato la festa ci guardavamo l’un l’altro, incerti sul da farsi. La gioia del compleanno di Lorenzo si stava trasformando nella tristezza del ‘dopo’, che ognuno di noi voleva esorcizzare a suo modo. Fui io a lanciare il più classico dei temi…

    Ehi, voi due! Dico a voi, coppia di amebe dormienti; quando avete scopato l’ultima volta?

    Entrambi mi guardarono sogghignando; la domanda a bruciapelo aveva interrotto quel momento di silenzio e gettato il sasso nello stagno. Quante onde avrei scatenato?

    Saranno cavoli nostri, o no?

    Guarda che Fabio lo fa per tenere alto l’onore della famiglia, cosa hai capito?

    Come al solito i due avevano reagito in modo opposto, ma questo non era che l’inizio di una delle gag che mettevamo in scena ogni giorno. Tre comici; affiatati, in grado di improvvisare su un’idea, un concetto astruso, una stupidaggine e creare un’occasione per scherzare, prenderci in giro, ridere di noi e del mondo.

    Quella volta fu Lorenzo a farci sbellicare, raccontandoci di come la sua ultima ragazza lo avesse mollato sul più bello di un incontro galante…

    Non capisco come mai Gloria se ne sia andata. Stavo iniziando a baciarla quando mi sono detto: Scusa, vista la mia ‘attrezzatura’ perché non le faccio venire l’acquolina in bocca? E allora l’ho guardata negli occhi e…."

    ….lei ti ha fotografato sotto i vestiti ed è scappata gridando! concluse Matteo strizzandomi l’occhio.

    Senza aspettare risposta fui io a continuare, riportando l’argomento su un piano di assoluto pragmatismo.

    Forse sarebbe meglio che ci mettessimo tutti sotto la doccia e facessimo il punto della situazione; non sapete che la scala delle misure comprende decimetri, centimetri ma anche millimetri e micron?

    E giù a ridere della mia precisa analisi scientifica. Andammo avanti così per un’ora, a discutere di belle ragazze e prestazioni esaltanti, finché verso le sette decidemmo di fare colazione. Seduti a gustare cappuccino e brioche, ognuno con i suoi pensieri, restammo per un po’ in silenzio finché non ripresi l’iniziativa.

    Ragazzi, siamo fratelli, giusto?

    Lorenzo e Matteo si guardarono l’un l’altro ridendo.

    Lory, anche secondo te questo è tutto scemo, vero?

    No, secondo me è tutto fatto. Ci conosciamo da vent’anni, abbiamo gli stessi genitori e ci viene a chiedere se siamo fratelli! Confermo. E’ tutto fatto.

    Dai, non intendevo in quel senso, stavo iniziando un discorso….

    Forza, ti diamo 38 secondi per esporre un’idea intelligente, altrimenti….

    Altrimenti?

    Altrimenti io ti tengo e lui comincia a farti il solletico.

    D’accordo, d’accordo; volevo solo arrivare a questo: a parte la parentela biologica, cosa ci lega?

    Ho capito, alle sette del mattino ti senti una persona seria; forza, sentiamo il nostro intellettuale.

    Volevo dire, la nostra è semplice coabitazione oppure c’è qualcos’altro?

    Ma allora ti sei davvero fumato il cervello! E poi dove vuoi arrivare?

    D’accordo, basta, mi tengo i miei pensieri; che stupido sono stato a pensare di condividerli con due caproni come voi.

    Caprone a chi? Attento a parlare di corna! Mi ricordo quella volta che la tua santa Susanna….

    Lorenzo aveva rimesso la conversazione su temi scherzosi e anche a me andava bene. Del resto non desideravo sul serio un confronto.

    Mi stavo chiedendo se il nostro affiatamento e la capacità di stare insieme nascessero da vere affinità oppure solo dall’abitudine a frequentarci.

    Non so da quale anfratto della mia mente fosse nato quel pensiero, forse dalle onde che sbattevano sul pontile, ritmiche e instancabili espressioni di un disordine apparente, figlio in realtà di un disegno coerente e perfetto nella sua complessità.

    Forse dal mio cervello che non andava mai in vacanza, neanche nei momenti di relax più totale, sempre intento a ragionare su qualcosa, correlare le informazioni, trarre le ragionevoli conclusioni. Era come se dovessi dimostrare in continuazione di essere un animale pensante, dotato di raziocinio e quindi obbligato ad usarlo, sempre e comunque, per qualsiasi cosa: dalla scelta del prodotto migliore facendo la spesa a profondi ragionamenti filosofici davanti a un cappuccino fumante.

    Questo ero io, Fabio Floriani, un ragazzo come tanti (anche se nel mio intimo mi sentivo diverso e migliore di tutti), forse un po’ troppo serio e condannato ad osservare i suoi fratelli che continuavano a pizzicarsi come bambini dell’asilo….quanta pazienza….; ma torniamo a fantastico trio: fisicamente non eravamo molto simili, Matteo, il primo, era il più piccolo di noi; scuro di capelli e di carnagione, con penetranti occhi blu, un fisico asciutto che dava una sensazione di forza nonostante la corporatura minuta.

    Lorenzo, invece, superava il metro e ottanta e i capelli biondastri portati sulle spalle lo rendevano un ragazzo solare, dotato di un’allegria contagiosa che non lo faceva passare inosservato.

    Io….beh, diciamo che potevo considerarmi la media fra i due; come per l’età anagrafica lo ero anche nel fisico: castano scuro, altezza intermedia, occhi verdi. Ecco, se devo trovare una similitudine penso a quelle vecchie bilance a due piatti, con me stesso nel ruolo di punto di equilibrio, mediatore fra i miei due fratelli; dotato di meno fantasia e più prevedibile, spesso mi scoprivo affascinato dalla bravura di Lorenzo nel destreggiarsi in situazioni improbabili e dalla tenacia di Matteo nel perseguire i suoi obiettivi, qualunque fossero. Eravamo davvero un terzetto eccezionale, forte della propria capacità di essere così diversi e complementari l’un l’altro, di stare insieme senza tensioni ma anche di vivere al meglio individualmente, in un ambiente che ci assicurava una condizione ideale.

    Di quell’episodio mi rimane un’ultima immagine: quella di tre ragazzi che si allontanano dal locale cantando a squarciagola ‘Gente di mare’; ci sentivamo felici e nessuna nube oscurava il nostro cielo; non potevamo immaginare che in lontananza stava nascendo un uragano che si sarebbe abbattuto su di noi con tutta la sua violenza.

    Dura lex sed lex

    Il detto latino mi osservava dal primo giorno di università; l’avevo appeso al muro, nella parete di fronte, perché in ogni momento della giornata mi ricordasse i miei doveri e quello che consideravo il punto di riferimento della mia esistenza.

    Già, la mia vita, il mio futuro….la sera spesso chiudevo gli occhi e mi vedevo proiettato nel tempo, intento a pronunciare l’arringa finale….

    ….e quindi, signori giurati, come potete ritenere colpevole il mio assistito, quando l’impianto accusatorio è costruito su fondamenta di sabbia? Pure ipotesi e supposizioni; esercizi di fantasia lontani parenti dei canoni rigorosi dell’analisi oggettiva dei fatti.

    Gli occhi di tutti fissi su di me, la tensione percepita da ognuno e l’attesa per quello che avrei detto….una scarica di adrenalina mi eccitava ogni volta che immaginavo quella scena!

    Io, Fabio Floriani, un ragazzo normale, capace con la sua passione e il suo carattere di arrivare in alto, lassù, stimato dai colleghi e riconosciuto come un penalista di successo.

    Ce l’avrei fatta? Dopo la laurea sarei riuscito a distinguermi dalla massa di avvocati mediocri, ‘impiegati del tribunale’, semplici ingranaggi di un meccanismo più grande di loro?

    Sarei riuscito a lasciare una traccia delle mia esistenza, ad essere ricordato per qualcosa? Qualcosa di eccezionale, qualcosa che restasse impresso a lungo nell’immaginario collettivo di qualcuno?

    ‘Dura lex sed lex’. L’occhio della giustizia continuava a scrutarmi senza tregua, testimone muto di un altro asse portante della mia esistenza: il rispetto dei valori etici.

    Ero un ragazzo, è vero, ma cresciuto con un’educazione improntata a principi di moralità e correttezza imprescindibili, instillati in me e nei miei fratelli dai nostri genitori.

    Chissà, forse la mia scelta universitaria era nata anche da quello, da un innato interesse per la legge come mezzo di giustizia, come strumento in mano ai ‘migliori’ per assicurare a tutti una società retta e giusta.

    Riaprii gli occhi e tornai al presente, al testo da cui la mia mente aveva spiccato il volo, alle fantasie di un ventenne con tutta la vita davanti e senza alcun vincolo che potesse limitarne i traguardi.

    ....e quindi il Codice Civile prevede.... e mentre leggevo concentrato al massimo, Lorenzo entrò nella nostra stanza come al solito, spalancando la porta senza alcun riguardo per me e per la mia privacy….

    Eccolo qui, beccato un’altra volta con le dita nel naso! E sono tre questa settimana!

    Mio fratello…appariva all’improvviso, estroverso e sempre capace di strapparci un sorriso con il suo entusiasmo. Quanto lo invidiavo per questo! Ogni giorno ci stupiva con nuove amicizie o relazioni sentimentali ed ero sicuro che avrebbe iniziato a raccontarmi una delle sue avventure, infatti….

    Ma chiudi un po’ quel libro! Non vedi che ti stanno venendo le ragnatele sulle orecchie? Sei sempre qui rintanato a studiare oppure rinchiuso in soffitta con Stefania. Dai! Vieni una sera con noi e vedi che botta di vita!

    Devo studiare per l’esame; ce l’ho fra due settimane. Ma tu come pensi di passarli, gli esami? Ah già, con la tecnica dell’ ‘improvvisazione creativa’, vero?

    Lorenzo si mise a ridere e confermò con un cenno del capo la mia ipotesi. La sua abilità nel cavarsela, anche nello studio, era riconosciuta da tutti e con l’eloquio, la disponibilità di ‘strumenti del mestiere’ (i vari aiuti che gli passavano ragazze e amici), e con un po’ di sana incoscienza, aveva finito il liceo e cominciato senza problemi l’università.

    Beh, ognuno usa il metodo che più gli si addice, e se tu preferisci sgobbare dalla mattina alla sera….a proposito del dopo cena, mi servirebbe la soffitta stasera, ho un ‘affaruccio’ per la mani….

    Bionda, rossa o mora?

    Castana…con un bel corpicino e tutto il resto a posto…. rispose, disegnando nell’aria le forme della ragazza.

    …..allora, puoi andare a pomiciare con Stefania sul lungomare? Ho promesso di farle vedere la mia collezione di Tex Willer; è una grande appassionata di Far West e passeremo una lunga serata a leggere insieme i fumetti….sai che ho un approccio sempre molto ‘intellettuale’….

    Ci mettemmo a ridere per un bel po’, senza controllo.

    Si, quasi quasi potevo anche credere che per almeno un quarto d’ora avrebbero parlato di Rangers e indiani ma poi….

    Lorenzo era impagabile; una ragazza diversa ogni settimana, senza soluzione di continuità!

    Lo guardai fisso; come spesso mi capitava ero combattuto fra la censura e l’invidia. Da un lato disapprovavo il suo comportamento (anche se in realtà non faceva nulla di male), il suo non legarsi mai a nessuno, il suo essere capace di passioni violente, intense ma consumate nel breve volgersi di qualche sera, dall’altro ero ogni giorno affascinato dal suo modo di vivere.

    Incredibile; inconcepibile per me, che avevo una ragazza da più di un anno e con cui non sarei mai riuscito a raggiungere complicità e affiatamento così, in un batter d’occhio.

    Io credevo nell’amore, o, almeno, classificavo come tale quello a cui avrei aspirato per tutta le vita e lui, lui invece come poteva provare ‘amore’ in quel modo? Spassandosela ogni sera e ricordando a malapena il nome della ragazza con cui stava?

    Fino ad allora avevo avuto alcune storie ma solo l’ultima importante e coinvolgente, quella con Stefania; una ragazza ‘normale’ anche lei, gelosa come me della sua intimità e abituata a donarla solo nella tenera atmosfera di una serata a due, lontani da occhi indiscreti, guardandoci negli occhi e tenendoci strette le mani. Ma non c’era solo sentimento; quando veniva da me salivamo in soffitta e questa, molte volte, si trasformava nella nostra alcova.

    Si, ripensandoci ero metodico e lineare: università, studio, cena con la famiglia e serata in soffitta con Ste, a parte le volte in cui Lorenzo ne aveva bisogno per i suoi ‘affarucci’.

    Matteo, invece, di rado si appartava con le ragazze in soffitta; lui preferiva uscire, frequentare locali, consumare le sue avventure nel buio dei divanetti oppure in macchina, acquattato in qualche tortuosa mulattiera dell’entroterra genovese; non parlava quasi mai dei suoi amori e teneva per sé i segreti della sua intimità, avvolgendo con una cortina fumogena il ricordo delle sue serate.

    Anche in questo eravamo diversi, ma di una diversità positiva, in grado di mantenere fra di noi un equilibrio stabile, senza dissidi importanti. Del resto, tre è il numero perfetto, dicono.

    Caravelle nella tempesta

    19 agosto 1990

    Uno squillo del campanello cambiò il nostro destino e con esso la nostra vita. Ricordo con precisione quel momento. Io e Matteo eravamo a casa, Lorenzo in giro con gli amici. Fu mio fratello ad aprire, mentre io ascoltavo musica nella nostra camera.

    Immagino la scena anche se non la vidi con i miei occhi: Matteo che apre la porta di casa, ascolta la voce del poliziotto, cade in una sorta di trance. Non vuole sentire l’uomo al di là dell’uscio che gli espone i dettagli di una realtà inimmaginabile.

    ….abbiamo trovato l’auto dei suoi genitori in mare; ha sfondato il guard-rail ed è precitata dalla scogliera. Non c’è traccia di suo padre e sua madre…in quel tratto di mare la corrente è molto forte. Li stiamo cercando, ma purtroppo deve prepararsi al peggio….

    Matteo, chi è? Cercano me? E’ Stefania?

    Non rispose. Lo vidi entrare poco dopo come un automa, terreo in volto e con l’andatura lenta e meccanica di un robot. Sembrava inebetito, incapace di pronunciare frasi di senso compiuto.

    Papà, mamma....un incidente….la scogliera….

    Cosa stai dicendo? Quale scogliera? Che incidente?

    Provai a scrollarlo prendendolo per le spalle; nessuna reazione. Matteo rispondi! Chi era? Cosa ti ha detto?

    Un lampo di razionalità attraversò il suo sguardo e a fatica riuscì ad esprimere fino in fondo il suo pensiero.

    Un poliziotto. Hanno avuto un incidente a Celle. La macchina di papà è caduta in mare. Non li hanno trovati.…

    Rimasi anch’io inebetito per un attimo, il tempo necessario perché il mio cervello si aggrappasse all’unica speranza possibile. Anche in quel caso il mio cervello aveva continuato a funzionare, non si era bloccato neanche di fronte a quella tempesta emotiva; ero davvero ‘un macchina pensante’, incredibile! Se rivivo quella scena mi vengono i brividi, ma soprattutto resto sconcertato dalla razionalità che continuava a guidarmi.

    "Saranno stati sbalzati fuori dall’abitacolo

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