Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

I segreti di Zoltan
I segreti di Zoltan
I segreti di Zoltan
Ebook345 pages5 hours

I segreti di Zoltan

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

UNA SAGA FANTASY COMPLETA CHE TI CATTURERÀ DALLA PRIMA PAGINA. UNA STORIA E UNA SCRITTURA DALLA QUALE NON RIUSCIRAI A SEPARATI

Nel regno di Zoltan si prepara il matrimonio di Lord Rascal, il più giovane dei tre fratelli che lo governano, ma… lui non ne è al corrente!
L’intreccio di intrighi politici che si dipanano tra i Regni d’Occidente è orchestrato da Lord Darkle, il vero sovrano di Zoltan, sulle tracce dell’antica stirpe delle Streghe, di cui ha in segreto ereditato le conoscenze magiche.
Quando poi la guerra voluta dal fratello maggiore Roland si sposta nel regno di Garuda, riportando inevitabilmente alla vita una misteriosa entità rimasta sigillata per mille anni, la stirpe di Zoltan si troverà di fronte alla più ardua delle prove.
La sete di conoscenza e potere, il desiderio di proteggere le presone amate, la brutale lotta per la sopravvivenza: il destino travolge le vite di uomini e donne trascinati in un viaggio nell’ignoto fino a una battaglia finale che supera ogni immaginazione.
Benvenuti nel Regno di Zoltan.

Una duologia fantasy completa (il Primo Volume è LA STIRPE DI ZOLTAN, il Secondo Volume è I SEGRETI DI ZOLTAN), scritta in maniera esemplare. Un mondo creato nei minimi dettagli, per un’esperienza di lettura che ti lascerà entusiasta. 
LanguageItaliano
Release dateAug 27, 2020
ISBN9788868670641
I segreti di Zoltan

Related to I segreti di Zoltan

Titles in the series (100)

View More

Related ebooks

Fantasy Romance For You

View More

Related articles

Related categories

Reviews for I segreti di Zoltan

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    I segreti di Zoltan - Michela Tafelli

    Michela Tafelli

    I segreti di Zoltan

    © 2015 Gilgamesh Edizioni

    Via Curtatone e Montanara, 3 – 46041 Asola (MN)

    gilgameshedizioni@gmail.com - www.gilgameshedizioni.com

    Tel. 0376/1586414

    ISBN 978-88-6867-064-1

    È vietata la riproduzione non autorizzata.

    In copertina: Progetto grafico di Stefano D'Auria

    © Tutti i diritti riservati

    ISBN: 978-88-6867-064-1

    This ebook was created with BackTypo (http://backtypo.com)

    by Simplicissimus Book Farm

    Indice

    Prologo: La Morte e la Fanciulla

    Cronaca Prima: Nostos - Ritorno

    Cronaca Seconda: Broken chains - sigilli violati

    Cronaca Terza: Nel Bosco di Silvano

    Cronaca Quarta: Eros kai Polemos per mari e monti

    Cronaca Quinta: Cicatrici della Storia

    Cronaca Sesta: Nihil – Il vuoto nel cuore

    Cronaca Settima: I Ranger di Zoltan

    Cronaca Ottava: I Segreti del Labirinto

    Cronaca Nona: Maiden of the Past, Lady of the Future

    Epilogo: La nuova alba di Zoltan

    ANUNNAKI

    Narrativa ebook

    29

    I tre Lord di Zoltan e i loro compagni sono riusciti nell'impresa di attraversare l'inesplorato Oceano delle Tempeste, ma al ritorno in patria scoprono che i loro regni sono stati invasi da mostri ritenuti leggendari; e il clima di paura in cui sono sprofondati i Regni d'Occidente sta mettendo ancora più in pericolo il precario equilibrio di coesistenza tra creature magiche e umani. La provenienza di queste creature è uno dei molti segreti celati dall'ancestrale Castello di Cathbirth, magica prigione in cui mille anni fa vennero rinchiusi dal popolo delle Streghe come punizione per i loro crimini.

    Determinati a riportare la pace, Darkle e i suoi alleati dovranno rimettersi in viaggio per trovare e affrontare l'implacabile nemico che si nasconde dietro questa nuova, enorme minaccia; ma prima dovranno svelare i molti misteri che dal lontano passato influenzano il presente, per conquistare con la vittoria un nuovo, inaspettato futuro.

    Michela Tafelli, nata il 13 marzo del 1982, vive a Calvisano (BS).

    Dopo gli studi classici si laurea presso l’Università Cattolica di Brescia in Filologia e Letteratura Italiana. Appassionata lettrice, comincia a sperimentare la scrittura di racconti fin dall’età di undici anni.

    La stirpe di Zoltan e I segreti di Zoltan la consacrano definitivamente come scrittrice di fantasy. 

    Prologo: La Morte e la Fanciulla

    Buio come il cuore di una Strega.

    Così sentenziò il Capocomico, mentre i suoi occhi duri come la pietra sfidavano l’oscurità impenetrabile che si addensava a poche decine di metri, dove s’innalzavano le propaggini inesplorate della millenaria Foresta Stregata, nella regione più selvaggia del Regno di Zoltan.

    L’uomo, con una smorfia cupa sul volto segnato dagli anni e dall’assenza di sorrisi, tornò al centro del circolo formato dai carrozzoni variopinti della sua carovana; lanciò un ciocco di legna nel falò, facendo divampare il cuore fiammeggiante dell’accampamento, unica difesa contro la notte attorno alla quale si stringeva timoroso il suo gregge umano. Nomadi, artisti girovaghi, circensi, vagabondi, a volte ladri e tagliaborse; ecco i vari modi in cui veniva definita quella strana comunità. Loro non si davano pena di cercarsi un nome, si limitavano a spostarsi di città in villaggio esibendo i propri talenti per guadagnarsi da vivere.

    Anche il loro numero variava in continuazione: a volte si univa a loro qualche venditore ambulante o l’occasionale mercante in viaggio, per percorrere nella maggior sicurezza data dal numero le vaste pianure incolte di Zoltan. Più raramente, i membri del clan abbandonavano la loro bizzarra famiglia allargata per stabilirsi in permanenza, cercare fortuna altrove, o forse solo per allontanarsi dalle ferree regole imposte dall’unica autorità esistente nel loro piccolo mondo: il Capocomico, da cui dipendeva la vita, la morte, e tutto ciò che vi sta in mezzo, di ognuno di loro.

    I suoi lineamenti ruvidi, che sembravano scolpiti a colpi d’accetta nel legno e rendevano arduo determinarne esattamente l’età, si contrassero in un’espressione irritata quando dal suo istintivo censimento mentale risultarono assenti due persone. Una donna, che tutti conoscevano solo come Chiromante, dato che traeva i propri magri guadagni dall’indovinare il futuro della gente cercando di leggerlo nelle mani o in qualcosa di altrettanto improbabile, e la di lei figlia: uno scricciolo di sette anni troppo piccola per la sua età che nessuno aveva mai sentito parlare. Ogni volta che vedeva quello spaventapasseri in miniatura dagli arruffati capelli castani e gli occhi troppo grandi per il visino smunto, che comunicavano meglio di qualsiasi parola una paura inspiegabile che sembrava invadere ogni istante della sua vita, lo spietato Capocomico si chiedeva se fosse pazza come la madre o soltanto stupida.

    Con un ringhio gutturale si mosse verso lo scalcinato carrozzone che serviva da dimora e trasporto per le donne nubili o troppo vecchie per occuparsi di una loro famiglia, e ne scostò la tenda d’ingresso con malagrazia. Lo sferzante rimprovero che aveva sulle labbra però fu fermato dalla scena che si trovò di fronte.

    La luce fioca che attraversava il tessuto del tendone era sufficiente a mostrare la figura della Chiromante, accasciata a terra in posizione fetale, in preda a violenti brividi; le mani erano immerse ad artigliare la sempre scompigliata massa di riccioli scuri portandoseli a coprire il volto, senza però riuscire a nascondere il pallore cinereo della sua pelle né a soffocare i gemiti e i singhiozzi che provenivano dalle labbra morse a sangue.

    Gli ci volle qualche istante per scorgere la bambina. A prima vista l’aveva scambiata per un mucchietto di stracci gettati in un angolo. Era rannicchiata come se cercasse di fondersi col legno per uscire da quella tana improvvisamente gelida. Il Capocomico lo notò solo in quel momento: com’era possibile che facesse così freddo lì dentro? L’estate era quasi terminata, ma la temperatura era ancora mite, e il fuoco serviva ad allontanare più le tenebre che il gelo.

    Aggirò la donna in preda alle convulsioni e afferrò una piccola spalla ossuta, strattonandola in piedi: Cosa sta succedendo a tua madre? abbaiò.

    L’unica risposta che ricevette furono quei due enormi occhi neri scintillanti di lacrime nella semioscurità, accesi di ombre rossastre create dalla luce del fuoco che filtrava all’interno della tela grezza: quegli occhi gli erano sempre parsi colmi di una paura innaturale, ma mai vi aveva letto un’angoscia così estrema.

    Lo sguardo sgranato della bambina tornò di scatto sul corpo della madre, che in quell’istante si drizzò in piedi con un urlo lacerante e si gettò all’esterno. S’invischiò nella tenda di fronte all’uscita e la strappò dallo stipite, cadde a terra, rotolò nella polvere e si rialzò, continuando a urlare parole incomprensibili e a smaniare con gesti disperati, barcollando con occhi spiritati verso il centro del campo.

    La Chiromante in preda al delirio cadde tra le fiamme: i lunghi capelli castani e l’ampia gonna presero immediatamente fuoco, come se impregnati d’olio per lampade. Ma neppure trasformata in una falena incendiata la donna placò le sue convulsioni e la litania di suppliche terrorizzate rivolte a chiunque la stesse tormentando.

    Il Capocomico decise di mettere fine alle sue sofferenze e al panico che seminava nell’accampamento: con ferrea determinazione si portò accanto alla donna, la afferrò incurante delle fiamme che l’avvolgevano, e le conficcò senza esitazione il proprio coltello nel cuore.

    Morendo, la Chiromante rivolse gli occhi alla figuretta tremante della figlia, e con il suo ultimo rantolo d’agonia chiamò il suo nome.

    Kore.

    La bambina, fino a quel momento paralizzata dal terrore che le aveva congelato il cuore e l’anima, senza una parola si girò e fuggì. Incurante della voce tonante del Capocomico che la richiamava tra i carri, la piccola svanì tra gli alberi della Foresta come un pallido spettro inghiottito dall’oscurità.

    Scappa.

    Era l’unico messaggio che la sua mente le martellava furiosamente con ogni battito impazzito del cuore che le risuonava nelle orecchie.

    Correre era inutile, lei lo sapeva. Non c’era modo di sfuggire alle apparizioni. Per tutta la vita aveva dovuto convivere con quelle figure che nessuno tranne lei riusciva a vedere, neppure sua madre. A volte erano immagini evanescenti, che vagavano perdute e inconsapevoli, prive di percezione di ciò che le circondava, prigioniere di un piano dell’esistenza a cui non appartenevano più da molto tempo; a volte invece erano figure tanto solide da sembrare più fisiche del resto del mondo (quelle le facevano più paura, perché le si avvicinavano e cercavano di parlarle, di toccarla), ma lei sapeva che tutte avevano una cosa in comune: erano morte.

    Fin dal momento in cui era nata era stata in grado di percepire e vedere la morte e le anime defunte che, prive di corpo, restavano legate alla terra, incapaci di andare oltre il mondo che avevano conosciuto. Ciò l’aveva fatta vivere nel terrore, troppo piccola per capire la natura della sua capacità, o maledizione; isolata in un mondo di ciechi, priva di qualcuno a cui potesse rivolgersi, che la capisse e la guidasse, sapeva che un giorno sarebbe impazzita. Forse quel giorno era arrivato.

    Mai aveva visto spiriti come quelli che avevano assalito sua madre.

    Ai suoi occhi erano apparsi inizialmente come un groviglio di veli luminosi; ma era una luce strana, magica, diversa da quella del sole e del fuoco. Poi da quella massa indistinta erano emerse mani, voci: aveva capito che non era un solo spirito, ma più anime incredibilmente potenti che, unendosi, possedevano abbastanza forza da travalicare il baratro scavato dal tempo e dalla distruzione dei loro corpi.

    Era una cosa talmente innaturale che l’aveva fatta stare fisicamente male.

    Corse alla cieca tra gli alberi fino al limite della resistenza del suo corpicino minuto; infine, sfinita, inciampò e crollò tra le radici coperte di muschio di una grande quercia. Si raggomitolò e ascoltò i suoni della Foresta Stregata.

    Quel luogo era strano, lo sentiva. Le dava una strana sensazione di familiarità, come se una parte del suo animo nascosta in profondità dentro di lei ci si trovasse a suo agio, come mai era successo in nessuno dei posti che aveva attraversato con la Carovana.

    Bentornata a casa, piccina.

    La voce che non era una voce eppure univa tante voci parlò di nuovo, come aveva fatto per rivolgersi a sua madre.

    Ma stavolta si rivolgeva a lei.

    Nascose il visino sporco tra le ginocchia sbucciate e portò le mani alle orecchie, tentando disperatamente di cancellare la voce, pur sapendo che era inutile: loro non parlavano con bocche e lingue, non le avevano più da moltissimo tempo. Loro parlavano a quelle sue orecchie speciali, che come i suoi occhi speciali potevano farle sentire e vedere ciò che a tutti gli altri appariva come silenzio e vuoto.

    Non avere paura. Non ti faremo male. Tua madre era debole, ma tu sei potente. Tu hai il Dono. Tu puoi sentire le nostre voci e comprendere le nostre parole. Noi ti amiamo.

    A questa sorprendente rivelazione, la bambina rialzò di scatto il capo. Mai nessuno le aveva detto di volerle bene, neppure sua madre. Per tutti quanti lei non era altro che un fastidio, e veniva trattata come tale: non c’erano mai parole gentili o d’apprezzamento per una bimba muta e timida, troppo debole fisicamente per lavorare. Eppure, quelle voci che avevano portato alla pazzia sua madre, ora le dicevano che lei era importante, era voluta.

    Il nostro sangue scorre denso dentro di te. Noi ti insegneremo a controllare il tuo potere, a farlo crescere. Presto, tu lo userai per eseguire la nostra Volontà. Presto, grazie a te, puniremo il Traditore.

    Una pallida fosforescenza illuminò un sentiero che si addentrava nel cuore della Foresta, e le voci incorporee invitarono la bambina a percorrerlo:

    Vieni nella tua nuova casa, nella nostra antica casa. Vieni a Hecate, vera Ultima Strega, Persefone!

    Cronaca Prima: Nostos - Ritorno

    La prua del Marinaio dei Venti, prima nave ad aver mai attraversato il temuto Oceano delle Tempeste, fendeva impetuosamente le acque verso ovest, come se lo scafo saltellasse sulle onde in preda alla gioia febbrile di rivedere presto le rive di casa al termine del suo viaggio inaugurale.

    Tale gioia era condivisa anche dal suo equipaggio, reduce da una traversata unica al mondo: dopo aver lasciato il porto di Zoltan all’alba della primavera ed essere giunti fino al favoleggiato Continente Orientale sfidando violenti fortunali e ancor più pericolosi pirati, adesso, al tramonto dell’estate, non vedevano l’ora di scorgere nuovamente la terra natia.

    I pensieri dei marinai andavano alle famiglie e agli amici che avrebbero presto rivisto, e ai racconti avventurosi che avrebbero narrato loro. Doronan non faceva eccezione, e riscoprì la vivacità di un bambino (di cui aveva ancora l’aspetto, nonostante la sua maturità mentale di Figlio della Magia fosse di gran lunga superiore a quella di un normale adulto) discorrendo col padre Roland di come avrebbe reagito sua madre Samarskite all’udire le loro peripezie.

    Il suo fraterno amico Iolao, cucciolo di Drago del Crepuscolo ‘adottato’ dal giovane principe di Garuda, li ascoltava con affettuoso divertimento; ma la sua spiccata sensibilità non mancava mai di spingerlo a far guizzare i grandi occhi indaco alla ricerca della persona che aveva sottratto al Lord Tenebroso il primato di passeggero più riservato e misterioso della nave, ogni qualvolta costui usciva dalla sua cabina.

    Vesper si muoveva con un’eleganza innata, che lo rendeva etereo in modo quasi soprannaturale; ma a volte, compiendo piccoli gesti essenzialmente umani, il suo corpo inciampava in una goffaggine improvvisa, che privava per un attimo le sue dita della capacità di coordinazione. In quei momenti, nei suoi occhi abissali divampava un odio e una rabbia talmente nudi e feroci che ognuno dei presenti distoglieva spaventato lo sguardo, fingendo di non aver notato nulla. Da subito tutti avevano preso a tenersi a distanza da quella figura che di umano sembrava avere solo la forma: a causa dei lunghissimi capelli d’argento, della carnagione candida, del fisico efebico e senza età che possedeva una sfumatura vagamente androgina, l’immagine dell’ex Daimon aveva il potere di ispirare soggezione e timore anche agli uomini più pragmatici.

    Iolao era consapevole di cosa significasse vivere in un corpo che non era quello in cui si era nati; per lunghi anni, prima di riscoprire la propria vera identità, aveva disperatamente faticato per nascondersi in una società di umani che non sapevano coesistere con le creature magiche. Così, commosso dall’orgoglio con cui Vesper cercava di adeguarsi alla sua nuova vita nonostante le difficoltà, vinceva la sua timidezza e aveva l’ardire di avvicinarsi al frustrato ex Daimon; dolcemente impacciato, lo aiutava senza bisogno di parole ad adattarsi giorno per giorno alla sua forma umana.

    Anche Darkle era sempre acutamente consapevole della presenza di colui che la profezia chiamava il suo Astro Gemello. Tuttavia, essendo a sua volta un individuo abituato a celare i propri pensieri e ad agire con la massima segretezza senza rivelare apertamente nulla di sé, si limitava a seguire la pallida figura dell’ex rivale con i propri intensi occhi neri.

    Il rapporto tra l’ex Daimon e l’ultimo delle Streghe era estremamente complesso e intricato, tanto che sarebbe risultato incomprensibile a chi non avesse conoscenza delle vicende che li avevano visti protagonisti. Una profezia antica di mille anni li aveva destinati a scontrarsi: Vesper, immortale Entità spirituale, impazzito dopo essere stato sconfitto dalle Streghe che aveva decimato, era tornato per reclamare la sua vendetta uccidendo l’unica Strega maschio mai esistita, il campione di quel popolo estinto. Darkle, alla ricerca di sua madre e della propria vera identità, aveva trovato l’una e l’altra appena in tempo, raggiungendo la consapevolezza necessaria a vincere lo scontro nell’unico modo possibile: risanando lo spirito di Vesper e dandogli un corpo fisico in grado di ancorare la sua Essenza. Per fare una cosa simile in un momento tanto disperato, aveva copiato il corpo che conosceva meglio, il proprio corpo umano: aveva reso Vesper un uomo mortale, ma in grado di mantenere l’equilibrio interiore necessario alla sopravvivenza di entrambi.

    La Fusione spirituale che li aveva uniti nella fase finale del loro scontro aveva dato loro una profonda comprensione reciproca. Darkle aveva vissuto un’esperienza simile solo una volta in precedenza, col proprio neonato nipote Doronan, da lui ribattezzato in seguito col nome magico di Xezar. Ma l’Essenza di Vesper era antica quanto l’Universo, intessuta dei segreti dimenticati del Cosmo, tanto misteriosi che nessun linguaggio aveva parole per definirli; e nel singolo, eterno istante in cui i due erano diventati uno, l’infinità del Daimon si era fatta carne, e le parole dell’Uomo avevano dato un nome al Caos.

    Terminata la battaglia però, il misticismo aveva lasciato posto a una realtà molto più prosaica e umana: nonostante Darkle e Vesper fossero accomunati dal destino e da un patrimonio di conoscenze inimmaginabile da qualunque altra persona vivente al mondo, condividevano anche, citando le parole di Matty Rhin, un caratteraccio spinoso come un riccio incazzato. Di conseguenza i due avevano istintivamente tentato di nascondere e negare innanzitutto a sé stessi il legame che si era creato. Per tutta la durata del viaggio di ritorno al Continente Occidentale, l’interazione tra loro si era mantenuta a un livello di cauto riserbo; nonostante nessuno dei due si allontanasse troppo dall’altro, sembravano uomini intenti a camminare su una lastra di ghiaccio sottile, con movimenti misurati e toni pacati, sempre attenti a non scoprirsi troppo anche durante le lunghe conversazioni riguardanti i più svariati argomenti che li impegnavano durante i giorni di navigazione più monotoni.

    Il Lord guerriero Roland, ogni volta che li scorgeva a parlare in un angolo tranquillo sul ponte lontani dal trambusto dei marinai, quasi fossero isolati dal mondo dietro una barriera invisibile come quella che era abituato a percepire attorno al suo oscuro fratello, li paragonava istintivamente a due esperti spadaccini intenti a misurarsi a duello: tale infatti gli appariva il modo in cui si studiavano attentamente a vicenda e incrociavano lame fatte di parole e sguardi, con prudente rispetto e una ben celata punta di reciproca ammirazione.

    Secondo i calcoli del capitano Demetrios avrebbero dovuto avvistare le coste di Siren in mattinata. Rascal non era riuscito a chiudere occhio per tutta la notte: il desiderio di rivedere l’amata moglie Lavinia, e nel contempo il timore di essere da lei respinto, lo avevano privato del sonno costringendolo a una veglia febbrile accasciato sul parapetto.

    Matty Rhin aveva fatto compagnia al suo Lord, stranamente rinunciando alle sue indispensabili nove ore di dormite quotidiane (che lui chiamava il suo ‘sonno di bellezza’ e che esigeva a ogni costo, pena l’essere persino più fastidioso del solito: motivo per cui tutti glielo concedevano senza fare troppe storie, quando possibile; facevano eccezione solo il severissimo capitano e lo spietato Lord Tenebroso, con gran contrarietà del giullare), distraendolo dai suoi pensieri contrastanti con una pioggia di chiacchiere e battute scherzose. Tuttavia i lazzi del giullare erano pervasi da una vena di nervosismo, che non sfuggì al suo decennale amico neppure nello stato di turbamento di quest’ultimo.

    Quando il sole fu alto, apparve chiaro che anche il capitano Demetrios era afflitto dalle proprie inquietudini: Siren è a un soffio di vento di distanza, eppure ancora non si scorge una vela all’orizzonte. Che cosa sarà mai successo?.

    All’udire le parole dell’esperto lupo di mare, Roland interruppe l’allenamento mattutino insieme a Doronan e Iolao per portarsi al suo fianco a prua. Il suo istinto di soldato gli fece posare di riflesso la mano sull’elsa della sua inseparabile spada Durendal. Siren era un regno costiero che prosperava fondamentalmente grazie al commercio marittimo e alla pesca: il fatto che non circolasse neppure un’imbarcazione così vicino alla capitale Alixas, che possedeva il porto più grande del mondo, era una campana d’allarme che batteva un tetro rintocco minaccioso nella sua mente.

    I due veterani scrutarono l’orizzonte a ovest con espressioni tanto cupe che avrebbero messo in fuga un fortunale; quando gli occhi di Demetrios, ancora acutissimi nonostante la non più verde età, avvistarono infine delle vele, il suo sollievo fu di breve durata: lui e Roland si trovarono d’accordo sul fatto che un tale numero di grandi galee in formazione da battaglia poteva solo significare che la Marina Reale di Siren era in pieno spiegamento di forze.

    Laggiù stava succedendo qualcosa di grosso e maledettamente pericoloso.

    La notizia fece il giro del Marinaio in un batter di ciglia, e presto tutti quelli che non erano strettamente impegnati nella navigazione erano accalcati sulle murate di prua a osservare la situazione.

    Rascal, seguito dall’immancabile Matty, si era subito affiancato al fratello maggiore e al capitano; quando la distanza diminuì, il sovrano del regno costiero si rese conto che una delle imbarcazioni più piccole si era separata dalla flotta e la precedeva rapidamente diretta verso di loro: Ci avranno sicuramente riconosciuti; di certo stanno venendo a informarci di cosa sta succedendo.

    Matty si lasciò sfuggire un risolino nervoso: Spero che tu abbia ragione, capo… Se volessero farci colare a picco avrebbero mandato una di quelle bagnarole enormi, giusto?.

    L’altro giovane aveva sulla punta della lingua uno dei soliti rimproveri sull’assoluta mancanza di rispetto per la dignità e l’autorità di qualunque cosa o persona, ma le parole del giullare gli rammentarono i suoi peggiori timori riguardo l’accoglienza che Lavinia gli avrebbe riservato, e inghiottì amaro.

    Quando la corvetta Arianna della Marina Reale di Siren giunse a portata di voce, l’ufficiale di guardia chiese se la nave trasportasse i tre Lord di Zoltan; alla risposta affermativa, ingiunse che il Marinaio dei Venti raggiungesse immediatamente l’ammiraglia della flotta, la Regina Anfitrite, nave così battezzata in onore della deposta regina, madre della Principessa Lavinia; aggiunse inoltre che proprio la sovrana in persona era al comando dell’armata navale, e i suoi ordini non dovevano essere discussi, pena l’incolumità della nave e dei suoi passeggeri.

    Il tono fermamente perentorio di quell’ordine ebbe il potere di far impallidire Rascal, ma ancora di più Matty; tanto che Roland sbottò tra i denti un esasperato che diavolo avete combinato prima di partire?, per poi tornare a osservare le manovre dell’equipaggio che portarono il Marinaio nel cuore della flotta.

    La snella nave nera appariva minuscola e tetra rispetto all’imponente vascello regale; Doronan e Iolao rimasero a bocca aperta osservando le immense vele colorate, le bandiere e le dorature che adornavano il galeone nello sfarzoso stile di Siren. Demetrios sbuffò all’udire le loro espressioni di meraviglia: da marinaio di Zoltan, preferiva i navigli piccoli e agili rispetto ai colossi in pompa magna di cui si gloriava la nobiltà di Alixas; inoltre, tutte quelle decorazioni barocche non sarebbero davvero servite a granché in battaglia.

    Dall’alto delle murate della Regina Anfitrite fu calata una scala di corda. Rascal volle essere il primo mettere piede sull’imponente galeone; oltre a essere suo diritto in qualità di legittimo sovrano di Siren e consorte della Principessa Lavinia, il più giovane dei Lord di Zoltan era spinto dalla preoccupazione per la moglie: per quale motivo la donna che amava, così delicata e raffinata, si era esposta ai disagi di una mobilitazione militare?

    Questa grave decisione, così impensabile se riferita all’immagine della donna che aveva lasciato quasi sette mesi prima, riusciva a far passare in secondo piano anche la complessa situazione personale che si era lasciato alle spalle in occasione della partenza. Convinto che sua moglie non lo amasse più e l’avesse tradito con uno sconosciuto, si era lasciato coinvolgere dall’avventura oltreoceano dei fratelli. Per quasi due mesi, durante il viaggio di ritorno, aveva cercato di prepararsi all’idea di venire rifiutato definitivamente da Lavinia: sentiva che gli si sarebbe spezzato il cuore, ma l’avrebbe accettato. Tuttavia il pensiero di lei, sola, in balia di un pericolo ignoto, aveva il potere di stringergli le viscere in una morsa di ghiaccio. Facendo appello a tutto il proprio coraggio, Rascal mise piede sul ponte di comando dove lo attendeva la sovrana di Siren.

    Lavinia era una visione radiosa: le onde di lunghi capelli biondo oro mosse dalla brezza incorniciavano il viso roseo, e i luminosi occhi azzurrissimi venivano esaltati dall’ampio ed elegante vestito color turchese che non celava il suo evidente stato di gravidanza.

    Con un adorabile sorriso sulle labbra color fragola la Principessa accarezzò dolcemente la guancia pallida del marito ammutolito dalla sorpresa, chiedendogli, con un tono tagliente come l’acciaio: Dov’è quel maledetto truffatore del tuo buffone? Il boia di corte lo aspetta per dare un taglio radicale ai suoi stupidi imbrogli.

    Rascal, ancora sconvolto dalla visione della moglie visibilmente incinta, riuscì solo a balbettare: Gli imbrogli… di Matty?.

    Proprio così, tesoro confermò Lavinia con un tono zuccheroso sotto cui si percepiva però una vena amara come il fiele quel bugiardo ingannatore prima mi ha fatto credere che tu mi tradivi, poi mi ha convinta a improvvisare una messinscena far credere a te che avevo una relazione con un altro uomo; tutto per convincerti a lasciarmi e partire!

    La comprensione cominciò a farsi strada nella mente di Rascal di pari passo al rossore sulla sua faccia: l’imbarazzo del ricordo si unì alla rabbia per essere stato così sfacciatamente preso in giro da colui che considerava, se non il proprio migliore amico, almeno il più fidato complice. Ma prima, doveva assolutamente accertarsi della cosa più importante: Allora, il tuo bambino….

    Il ‘nostro’ bambino, tesoro Lavinia gli posò un bacetto fulmineo sulle labbra Ma non credere che ti perdonerò tanto facilmente per avermi lasciata sola e incinta per tutti questi mesi! concluse, con un lampo minaccioso negli occhi cerulei.

    Con un tremito, non si sa se di rabbia o di consapevolezza delle settimane d’astinenza che lo attendevano, Rascal si rivolse al resto del gruppo che l’aveva seguito sull’Anfitrite: Dov’è quel traditore? Parola mia, non arriverà vivo al patibolo!.

    Il giullare però brillava per la sua assenza.

    Con una secca risata Demetrios indicò un puntolino tra le onde, in cui riconobbe una delle scialuppe del Marinaio dei Venti che si allontanava alla massima velocità permessa dagli scarni muscoli del rematore: Pare che il vostro pesciolino sia sfuggito alla rete e abbia già preso il largo, mylord.

    Nient’affatto decretò Lavinia con espressione vendicativa. Fece un

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1