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Il fango e il loto
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E-book167 pagine2 ore

Il fango e il loto

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Info su questo ebook

Un breve excursus tra le più comuni difficoltà esistenziali e consigli su come affrontarle nella vita quotidiana: alla base, la fiducia nella bontà della vita. Così come il loto fiorisce dal fango e diviene simbolo di potenza e capacità trasformativa, anche noi dobbiamo guardare al fango della vita come opportunità di crescita e strumento per conseguire la gioia.
(Edizioni ARPANet)


"È necessario che io sappia accettare la realtà perché possa cambiarla. Se sono un melo, non posso ambire a produrre datteri, e se mi insedio nel territorio di una palma da datteri invidiandola e tentando di emularla nel produrre i suoi frutti, sarò inevitabilmente infelice, frustrato e rabbioso, perché in luogo dei succosi datteri della mia vicina produco scarse e rinsecchite mele. Accettare la realtà significa accettarmi come melo e capire che il terreno adatto a una palma da datteri non lo è per me, significa cercare il terreno che può nutrirmi tanto ch'io possa fiorire e fruttificare..."
LinguaItaliano
EditoreARPANet
Data di uscita11 lug 2012
ISBN9788874261529
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    Anteprima del libro

    Il fango e il loto - Michela Morgana

    Copyright © 2012 Società Editoriale ARPANet Srl, Milano

    Tutti i diritti su testi, marchi e immagini sono riservati.

    Edizione: luglio 2012

    via Stampa, 8

    20123 Milano

    tel. +39.02.670.06.34

    ARPANet@ARPANet.it

    www.EdizioniARPANet.it

    I libri e gli eBook della Società Editoriale ARPANet

    sono disponibili qui:

    www.ARPABook.com

    www.EdizioniARPANet.it

    Collana diretta da: Roberto Carnevali

    Art director: Francesca Fasoli

    Michela Morgana

    il fango e il loto

    Piccolo prontuario

    di riflessioni psico-buddhiste

    ad uso quotidiano

    (e qualche riflessione un po’ più ardita)

    prefazione di Roberto Carnevali

    ARPANet

    A tutti i bodhisattva* riluttanti

    * se non sai chi è un bodhisattva, se desideri saperlo, abbi la pazienza di leggere il libro. Oltre a sapere chi è un bodhisattva, potresti scoprire che il libro è dedicato proprio a te.

    INDICE

    PARTE I

    Identità, narcisismo e altruismo

    Emotività e dintorni

    Generosità

    Disciplina

    Problemi con la verità

    Senso di colpa e colpa

    Masochismo morale, narcisismo e idealizzazione

    Ideali, idealizzazioni e vergogna

    Rabbia e dintorni

    Depressione

    Umiltà e umiliazione

    Farsene una ragione, farsene un’emozione.

    Mettersi il cuore in pace

    Tenacia, pazienza e ostinazione

    PARTE II

    Un po’ di buddhismo

    Parole, sistemi di pensiero e vita quotidiana

    Psicoanalisi, psicologia cognitiva e neuroscienze

    Eredit(ariet)à, psichiatria, psicoanalisi e ancora neuroscienze

    Psicoanalisi, psicoterapia transgenerazionale e karma

    Dal fango al loto

    In luogo di una bibliografia: incontri

    Ringraziamenti

    Prefazione

    Quando guardo un film, uno degli aspetti che più mi colpiscono e me lo fanno apprezzare è la scelta dei tempi da parte del regista nel montaggio delle scene. Ricordo alcuni film caratterizzati da tempi che coincidono perfettamente con il mio modo di sentire, nei quali ciascuna scena si conclude esattamente nel momento in cui mi aspetto che ciò accada, passando a una scena successiva che mi accingo a vedere con animo curioso senza mai una caduta d’interesse. Cito ad esempio Un cuore in inverno di Claude Sautet, che ritengo uno dei più bei film di tutti i tempi e del quale, avendo recentemente avuto occasione di rivederlo a una manifestazione su cinema e psicoanalisi, ho potuto apprezzare, oltre alla straordinaria ricchezza del contenuto, anche questa forma così capace di stimolare la visione e di tenere desta l’attenzione senza forzature né costrizioni.

    Per la lettura di un libro si può fare un discorso analogo: ci sono libri, magari interessantissimi e pieni di dotte citazioni, che dopo pochi paragrafi ci si sente costretti ad abbandonare, almeno temporaneamente, ripromettendosi di riprenderne in seguito la lettura, perché afflitti da uno stile pomposo che non si preoccupa di instaurare con chi legge un rapporto, limitandosi ad esporre idee che il lettore deve assumere con le dosi decise da chi scrive. Altri i cui contenuti sono leggeri e accattivanti e che quindi possono anche non richiedere una forma derivante da particolare cura nei confronti del lettore, perché la maggioranza li accoglie con immediatezza; spesso la traccia che lasciano è peraltro di breve durata e consistenza. Altri ancora sanno invece, come il film citato più sopra, affiancare a un contenuto denso di stimoli di riflessione una forma caratterizzata da tempi giusti, nei quali il lettore si trova coinvolto in un percorso che fluisce senza intoppi, trovandosi a dialogare con chi scrive in una dimensione di scambio e di reciprocità. Il fango e il loto di Michela Morgana appartiene a questa (peraltro ristrettissima) categoria di libri, perle rare che, se troviamo sul nostro cammino, è opportuno cogliere e fare proprie, per la ricchezza che ci danno e per la traccia che lasciano dentro di noi, in modo profondo e prolungato.

    Ho usato, per i tempi di questo libro, l’aggettivo giusti, perché mi permette, in questa prefazione che volutamente, nello spirito della ricerca dei tempi, ho concepito come breve, di accennare a un elemento relativo al contenuto.

    A differenza dell’autrice, per la quale il buddhismo è una pratica di vita da molto tempo oltre che un riferimento teorico relativo al proprio lavoro, il mio contatto col buddhismo è avvenuto in tempi relativamente recenti, ed è prevalentemente di tipo culturale. Nelle letture buddhiste in cui mi sono immerso, ho trovato spesso, in relazione alle Nobili Verità l’uso, per l’appunto, del termine giusto, riferito al pensiero, al parlare, all’agire…, e questo mi ha creato non poche perplessità, dato che nella mia pratica di psicoterapeuta ho sempre cercato di relativizzare gli assoluti, e di aiutare chi mi chiede di farlo a cercare una misura soggettiva delle cose, misura che non può valersi costruttivamente di una realtà fatta di dicotomie, nell’ordine del vero-falso, giusto-sbagliato", ecc… Ebbene, la lettura de Il fango e il loto ha amplificato i miei orizzonti, aiutandomi a capire che l’idea di giusto rappresenta proprio, nel pensiero buddhista, l’esito di un processo di relativizzazione dell’assoluto: la giusta misura è l’obiettivo a cui ciascuno di noi può approssimarsi, senza mai raggiungerlo fino in fondo, in quel percorso di ricerca di un sé immerso nel mondo e in relazione con gli altri di cui questo libro ci offre un esempio e al tempo stesso una visione estremamente ricca ed estremamente fruibile. E di questo dobbiamo ringraziare profondamente Michela Morgana, capace di offrirci con generosità e umiltà (anche queste caratteristiche fondamentali nel pensiero buddhista) quest’opera veramente preziosa.

    Roberto Carnevali

    perché questo libro?

    Da tempo sono in cammino su questa terra e da qualche tempo ho cominciato a sentire che condividere alcune delle mie riflessioni potesse far parte di quel qualche cosa della vita al quale ciascuno di noi è chiamato. Quello che con termine un po’ antico è anche chiamato vocazione.

    Sin da bambina pensavo che scrivere sarebbe stata la mia professione, la mia vita. Invece non ho scritto, se non poche cose (poesie, qualche articolo). In compenso ho vissuto molto nella parola orale, anche diventando psicoterapeuta. Quella ascoltata, quella pronunciata, o quella anche solo pensata o intuita. Qualche volta l’ho anche scritta, rubandola all’oralità, ma in minima parte, in modo quasi clandestino. La parola, scritta o pronunciata che sia, è comunque elemento fondante la nostra umanità e le relazioni tra esseri umani, tra noi. Non è tutto nella vita, ma è molto. Un molto che può aiutare a portarci a quella pienezza di vita cui aneliamo in cui non c’è più bisogno di parola alcuna, in perfetto, felice silenzio. La mia vita, come penso anche la vostra, è intessuta di parole, esse sono strumenti di lavoro, di riflessione, di comprensione, di relazione, di crescita.

    Nel corso degli anni sono andata via via maturando alcune comprensioni grazie all’ascolto e alla osservazione di quanto mi circondava e accadeva, fuori e dentro di me, grazie alle persone che a vario titolo hanno condiviso e condividono con me alcuni e anche molti aspetti della mia vita. Talvolta ho avuto l’opportunità di trasmettere ad altri queste mie comprensioni. Nell’ambito specifico del mio lavoro, questo è quanto cerco di fare ogni giorno, condividere comprensione. Dare un aiuto alla comprensione dell’altro attraverso quel tanto che io stessa riesco a comprendere. Questo è anche quello che tento di fare normalmente nella vita quotidiana, con ancor più consapevolezza e impegno da quando ho intrapreso il cammino buddhista mahayana, nel quale un aspetto importante consiste proprio nel beneficare gli altri in tutti i modi possibili, tra i quali l’aiutare la comprensione è un elemento importante nella progressione verso la fioritura della natura di buddha che è in ciascuno. In questo cammino, beneficare gli altri è beneficare se stessi, aiutare altri a comprendere è comprendere noi stessi. I due aspetti sono imprescindibili. In questo mio cammino di comprensione sono stata e sono molto aiutata, in molti modi, e vorrei poter fare altrettanto. Scrivendo, ho dunque aperto le finestre della mia stanza di riflessione affinché si possa anche in questo modo, con questo libro, condividere comprensione. Ho ricevuto e ricevo molto da molte persone, molti sono i miei maestri e maestre, consapevoli o meno di esserlo ma comunque efficaci e benefici nella loro funzione. Con grande gratitudine per loro, per tutti loro, anche quelli che mi hanno insegnato e mi insegnano cose importanti ponendomi in situazioni difficili e dolorose, anche quei nemici che tali non sono se solo riesco ad accettare di imparare attraverso di loro quanto ancora mi occorre per ampliare ancora un po’ la comprensione del mio cuore, mi accingo dunque a scrivere.

    Giuliana di Norwich, una mistica cristiana vissuta a cavallo tra il XIV e il XV secolo, da tempo mi ispira e serenamente conforta nei momenti di difficoltà nel suo dire e ricordarmi che «alla fine ogni cosa sarà bene»¹. Vivere può essere faticoso e difficile, anche doloroso, eppure la vita può essere vissuta con pienezza e gioia e le parole di Giuliana ben si armonizzano con l’immagine buddhista del loto che fiorisce dal fango, simbolo della capacità trasformativa che la vita può avere. Il fango della vita può essere anche considerato come opportunità e strumento per conseguire la gioia, la fioritura del loto. «Alla fine ogni cosa sarà bene», questa fiducia di base nella trasformazione di ogni cosa in bene accompagna e sostiene l’intera opera di Giuliana e accompagna anche me, è anche la mia speranza, per chi amo, per me stessa e per ogni altro essere, in unione con i quattro voti del bodhisattva, da me semplicemente e in una progressione di pienezza abbracciati: innumerevoli sono gli esseri che io faccio voto di trasportare sull’altra sponda – infinite sono le illusioni di cui io faccio voto di liberarmi – innumerevoli sono gli insegnamenti che io faccio voto di imparare – incommensurabile è l’essenza del bodhi che io faccio voto di raggiungere.

    Per questo ha senso per me scrivere, rendere questo lavoro una pratica nel cammino in questa vita misteriosamente preziosa. Offro dunque l’impegno di questo lavoro quale contributo, la mia goccia che si unisce alle altre nel comune mare, verso la realizzazione della Terra Pura, per come la chiama il buddhismo e per come ciascuno desideri intenderla, perché ciascuno possa giungere a sperimentare lo stato di Eterna Beatitudine e Purezza del Sé, qualunque cosa questo significhi per ciascuno.

    1 «Quello che è impossibile per te non è impossibile per me. Io manterrò la mia parola in ogni cosa, e trasformerò in bene ogni cosa». Dal Libro delle Rivelazioni di Giuliana di Norwich, tredicesima rivelazione, cap. ³². Edizione italiana a cura di Domenico Pezzini, Àncora, Milano ¹⁹⁹⁷.

    da dove?

    Dopo un’infanzia intrisa di insegnamenti cristiani cattolici, piena di fede gioiosa e infantile, l’adolescenza è stata il tempo del grande disincanto, con tutto il suo bagaglio di sofferenza, rabbia, confusione, frustrazione, senso di inutilità, di precarietà, vulnerabilità... la scoperta del lato oscuro della vita. Uno dei primi e più dolorosi inciampi è stato quello della misoginia. Già ne avevo avuto avvisaglie durante l’infanzia, ma era tutto più ovattato, in fondo pensavo che non mi riguardasse davvero, forte di una sorta di stato franco del quale tutto sommato le bambine, non ancora donne, riescono, se sono mediamente fortunate, come lo ero io, a beneficiare. Scoprire che pensatori e artisti da me molto ammirati e considerati maestri avevano scarsa o nulla considerazione, se non vero e proprio disprezzo e avversione per le donne, mi feriva ora personalmente, faceva sentire me, proprio me, disprezzata e rifiutata. Questa misoginia era ora per me visibilissima anche nel cuore stesso di quella Chiesa che mi aveva nutrita e cresciuta, che mi aveva pur dato le chiavi di accesso allo spirito e a tanti, nobili valori, quelli che ci rendono pienamente umani. Già, umani, tutti, ma qualcuno più umano degli altri. Come non sentirsi disorientati, traditi? E oltre alla misoginia, dentro e fuori la Chiesa, polimorfe espressioni di ipocrisia, pregiudizio, ingiustizia, che trasversalmente vedevo ora compromettere la bontà di tante realtà umane. Eppure dentro di me ancora urgeva il bisogno di dar forma a un credere antico, antecedente a ogni Chiesa e insegnamento, legato al valore e al senso della vita. Mi sono dunque rivolta alla scienza. Se da bambina mi sognavo suora missionaria e anche però mamma di molti bambini, scrittrice, poetessa e viaggiatrice (quanti mondi possono coesistere nel sogno!), da adolescente il nuovo miraggio era quello di diventare psicologa. Inconsapevolmente e anche un po’ ingenuamente, mi ero spostata sulla versione laica del medesimo sogno missionario e avventuroso dell’infanzia.

    Come molti giovani, soffrivo le ingiustizie dalle quali mi sentivo circondata e la scienza psicologica mi pareva strumento prezioso di cambiamento del mondo attraverso quella che ne sarebbe stata, grazie ad essa, la sua comprensione. Sfrondato di ogni sua espressione più o meno eclatante, il cuore del problema era la sofferenza, il mistero del male (la prima nobile verità del buddhismo è l’esistenza della sofferenza). Per me l’impresa era dunque la sua comprensione, pensavo che se fossi riuscita a capire, forse allora sarei anche riuscita ad accettare (la seconda

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