Marketing d'impresa sociale: Nuova edizione
By Adolfo Fuser
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Book preview
Marketing d'impresa sociale - Adolfo Fuser
MARKETING D’IMPRESA SOCIALE
Per una gestione strategica integrata del servizio nel welfare
ITINERARIO
Metodo, tecniche ed esperienze al servizio del terzo settore
− dal cliente-target, alla rete relazionale
− dal marketing mix, al sistema di gestione strategica integrata del servizio
− come definire i confini
del servizio
− da solisti del welfare, a soggetti di network di servizi
Con applicazioni, case histories e concrete esperienze dal vissuto cooperativistico
AVVERTENZE
Se cerchi delle ricette o delle scorciatoie al marketing, in queste pagine non le trovi.
PARTE I
PRINCIPI DI MARKETING PER IL WELFARE
E PIANIFICAZIONE STRATEGICA DEL SERVIZIO
• Per un marketing di servizio nel welfare, quale marketing
• Le geografie relazionali per una strategia di marketing
• Per un market placement
• Dal servizio al sistema di gestione integrata del servizio
1. PER UN MARKETING DI SERVIZIO NEL
WELFARE, QUALE MARKETING
Capitolo 1
Focus
Nell’impresa sociale c’è un forte bisogno di marketing. Ma di quale marketing? Manifesto di autodifesa dai cantastorie.
1.1 IL BISOGNO DI MARKETING NELL’IMPRESA SOCIALE
Nell’attuale fase evolutiva del sistema di welfare, il mondo delle imprese sociali e più in generale il mondo del non profit si trova a misurarsi con intensi e continui processi di cambiamento che lo spingono in modo crescente a chiedere aiuto al marketing.
Al marketing le imprese sociali arrivano invero con una domanda molto diversificata, cercando di trovare risposta a una serie di problemi sia di carattere generale e di mercato, sia di carattere tipicamente gestionale. Tra questi:
− il ridefinirsi degli indirizzi di welfare pubblico e le forti razionalizzazioni di spesa che li accompagnano;
− l’esplorazione di possibilità e di modalità di allargamento dei servizi al privato, con conseguente differenziazione di target;
− l’esigenza di disporre di strumenti per la pianificazione strategica e per l’autofinanziamento;
− la differenziazione dell’offerta di servizio, con processi di crescita e di diversificazione di prodotto, di processo e di area geografica;
− la focalizzazione strategica e operativa su target mirati;
− il presidio e il supporto professionale alle relazioni esterne e alla comunicazione, attività fondamentali per sostenere e valorizzare la specificità e le capacità competitive delle singole realtà e delle loro reti organizzative;
− l’esigenza di affiancamento nell’organizzazione di progetti, campagne ed eventi specifici, nonché di particolari impegnative azioni strategiche, come il lancio di nuove attività, lo sviluppo e il consolidamento di forme di collaborazione di network e di partnership.
A PROPOSITO DI …
Domanda di marketing nella cooperazione: da un’esperienza nel
Nord-Est
Volendo tracciare un quadro evolutivo delle dinamiche che hanno portato a un crescente ricorso al marketing da parte delle cooperative in quel tratto di Nord-Est che si snoda tra Treviso e Belluno, potremmo individuare quattro principali step. Tre di questi hanno trovato compimento ancora nel secolo scorso.
Il primo step vede un’adozione del marketing per imitazione dal for profit
.
Correvano ancora gli anni 70 e spingevano questo processo la ricerca di nuovi approcci, metodi e strumenti:
− per supplire alle criticità gestionali delle cooperative sociali che supportavano il welfare pubblico;
− per accompagnare lo start up e l’autogestione delle cooperative di produzione e lavoro che nascevano dalle crisi d’impresa e a fronte dei primi processi di ristrutturazione e di decentramento produttivo di importanti fabbriche metalmeccaniche e tessili del Nord-Est;
− per sostenere le cooperative di consumo che si costituivano tra i lavoratori come specifiche esperienze di solidarietà in acquisto, al fine di tutelare il potere d’acquisto dei salari minacciato da un’inflazione galoppante a due cifre.
Un secondo step prende avvio da metà anni 80.
Erano anni di crisi del welfare pubblico e di crescita del ruolo integrativo, sostitutivo, alternativo, di sussidiarietà del non profit. In quegli anni si assisteva ad uno sviluppo delle cooperative sociali e di servizi e di loro network consortili.
Al marketing veniva consegnata una domanda di orientamento ai relativi processi di relazione con mercati e stakeholders.
Un terzo step si estende lungo gli anni 90.
Era il momento in cui, nell’ambito delle organizzazioni cooperative in crescita, si faceva strada l’esigenza di management, di mentalità e di crescita di cultura aziendalistica. Ne sono stati interpreti sia amministratori che operatori.
In questa fase erano molte le cooperative che vedevano:
− una crescita di struttura;
− l’impegno in progetti sociali e di business ambiziosi;
− l’integrazione a partner in particolari progetti. In alcuni casi questi partner erano poi realtà imprenditoriali for profit.
In questo momento le cooperative vivevano, e intensamente, i profondi cambiamenti nel macro ambiente e nei mercati. E manifestavano un forte fabbisogno di nuove chiavi interpretative e di azione.
Il quarto step si apre con il nuovo millennio ed è ancora tutto in progress.
In questa fase il mondo della cooperazione viene percorso da nuove dinamiche e da nuove turbolenze ambientali.
Anche questa sfera di soggetti economici si trova a misurarsi con processi di cambiamento intensi, repentini e profondi e a confrontarsi a tutto campo con le compatibilità del nuovo sistema di welfare in via di definizione.
1.2 I DUE PECCATI DEL MARKETING
Ma come il marketing si è avvicinato alle esigenze del non profit?
In generale si può osservare che l’ingresso del marketing nel terzo settore e nell’economia sociale è avvenuto con due peccati di presunzione.
Un primo peccato di autosufficienza
, derivante dalla presunzione che una risposta marketing oriented alla sfera del non profit fosse possibile con un semplice trasferimento a questo mondo degli impianti interpretativi e dei paradigmi del marketing for profit.
Un secondo peccato di resistenza
, derivante dall’incapacità di vedere le ricadute sui propri originari statuti epistemologici e metodologici di questo sconfinamento di campo. E dunque dall’incapacità di leggere
e di mappare i nuovi sentieri che questa contaminazione
con il non profit apriva anche per il marketing for profit, intaccandone la presunta inossidabilità degli impianti fondanti.
1.3 LA SPECIFICITA’ DEL NON PROFIT
Nel non profit operano invero soggetti e organizzazioni che presentano distinzioni sostanziali dagli attori for profit.
Una prima specificità sta nei fini. Nel non profit la produzione di valore sociale e la responsabilità sociale fanno infatti premio sul valore economico, pur dovendosi, per semplici ragioni gestionali, coniugare con questo.
Una seconda particolarità risiede nel campo d’impiego e nel ruolo economico
del non profit che sono quelli dell’utilità pubblica e del servizio al Pubblico.
Una terza specificità sta nella cultura aziendale e nell’etica di business che presiede il non profit: una cultura di servizio e una cultura del dare
prima che dell’ avere
.
Un’altra originalità è riconducibile poi alle relazioni interne, allo stile direzionale e al clima aziendale che nel non profit si vogliono normalmente aperti e partecipativi e a elevato coinvolgimento attivo.
Una ulteriore, ma non ultima, nota distintiva sta ancora negli orientamenti personali e nei valori motivanti solidaristici delle persone coinvolte: e dunque della Proprietà, della governance, dei manager, degli operatori, degli utenti destinatari dei servizi, degli stakeholders e delle reti relazionali e finanche dei professionisti collaboratori.
A PROPOSITO DI …
Un flash sui confini del non profit
Il non profit comprende quel variegato sistema di soggetti economici che si costituiscono e operano svolgendo una propria specifica attività di rilevanza economica, non per dirette finalità di profitto ma per finalità sociali, socio-sanitarie, culturali, di ricerca scientifica e di servizio al Pubblico, inteso come comunità di individui.
Sono soggetti impegnati, per vari ambiti e in modi diversi, nella produzione di valore sociale per i pubblici a cui è rivolta la propria attività di servizio. Ma sono anche soggetti che, pur non avendo una diretta vocazione al profitto e al mercato, non possono trascurare le proprie compatibilità economico-finanziarie né tantomeno le ricadute di business delle proprie funzioni.
Nello svolgimento della propria azione sociale, tali soggetti devono pertanto garantirsi anche la capacità di stare sul proprio mercato
e di saper generare il valore economico necessario per far fronte ai propri costi e ai propri investimenti.
Tra questi attori troviamo in prima fila le cooperative e i loro