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Il senso dell'innovazione. Conversazioni con Paolo Zocchi
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Il senso dell'innovazione. Conversazioni con Paolo Zocchi

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Questo libro parla di innovazione; ed è come se parlasse del futuro. Oggi più che mai, in un’emergenza difficile da decifrare e i cui esiti sono ancora incerti, futuro significa pensare ad una trasformazione sociale profonda, creare le premesse per una nuova classe dirigente, dare speranza alle nuove generazioni, riconoscere che paradigmi e stili, esigenze e aspirazioni, stanno cambiando più velocemente di quello che la politica è al momento in grado di governare.

La sfida è enorme, specie in un Paese dove il coraggio politico fa difetto. Ma, al tempo stesso, è l’unico traguardo ideale per cui valga davvero la pena di lottare fino in fondo: ed è proprio quello di cui la politica ha bisogno.
LanguageItaliano
PublisherAA. VV.
Release dateMay 10, 2011
ISBN9788884927095
Il senso dell'innovazione. Conversazioni con Paolo Zocchi

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    Il senso dell'innovazione. Conversazioni con Paolo Zocchi - AA. VV.

    Lanzillotta

    1. Introduzione a più mani

    Marcello Bidoli

    Confessioni dal cuore

    Una pizzeria sgangherata in Viale Manzoni, lui che arriva tardi di corsa con quel sorriso da compagno di merende. Si parla del futuro, si buttano là idee e sogni al vento, sicuri che sarebbero durate il tempo di una birra. Poi nella mia consueta irruenza ti buttai lì l’idea maestra, lavora un po’ per noi, c’è da fare un controllo su un progetto per un Ministero, lavoriamo con Professori Universitari, tu dacci un’occhiata.

    Un secondo e si inizia un cammino insieme, contraddistinto sempre dal tuo fare vulcanico e la mia irruenza, anarchia la chiamavi tu.

    Quante volte ci siamo capiti poco e quante volte ci capivamo prima di dirci le cose, con sempre il tempo a far da cornice ai nostri incontri, brevi, con assensi veloci. A ripensarci bene ne abbiamo fatte tante di cose insieme con quella sfrontatezza e coraggio condita da tanta incoscienza. Quante volte ti ho detto siamo simili Paolo, e tu quasi inorridendo dicevi no non posso assomigliare a uno come te.

    Ci sono tante cose che dovevamo fare ancora insieme, le faremo, perché ogni cosa che realizzeremo sarà sempre accompagnata dal tuo sorriso come marchio indelebile. Ciao Paolo

    Stefano Laurenti

    Chi ha incontrato Paolo Zocchi e ha avuto modo di confrontarsi con lui, pure per motivi professionali, non ha potuto evitare di restare contaminato dal suo modo di concepire l’innovazione. In qualsiasi contesto tematico, dalla comunicazione alla formazione, dalla mobilità alla salute, dalla amministrazione pubblica ai diritti della cittadinanza, Paolo ha sempre inteso l’innovazione come azione rivolta, prima di tutto, alla promozione della persona.

    In questo volume sono raccolte alcune testimonianze di amici, colleghi e collaboratori di Paolo, che hanno voluto raccontare in che modo questo senso dell’innovazione abbia influenzato il loro stesso modo di lavorare. Non è un libro commemorativo, perché non si parla – soltanto – di ricordi; non è neppure un saggio interdisciplinare, benché i contenuti siano di qualificato spessore e gli autori siano titolati per un simile eventuale prodotto editoriale.

    L’identità di questo libro è da ricercare piuttosto nella sua stessa anima: generata dall’entusiasmo diffuso da Paolo con la sua presenza operosa, alimentata continuamente dalla volontà comune di lavorare verso un obiettivo di miglioramento sociale, di qualità della vita, di partecipazione democratica.

    In un periodo in cui la politica di governo sembra aver distolto la sua attenzione dai bisogni dei cittadini, questo libro riafferma invece la presenza di persone che, consapevoli della propria identità sociale, hanno ancora il desiderio di lavorare a favore dell’individuo come principale portatore di interesse, come soggetto di partecipazione attiva nella gestione della cosa pubblica.

    Persone con la voglia di fare, per continuare a fare.

    Flavia Marzano

    Ho scritto il primo libro della mia vita proprio con Paolo.

    Il libro (Digital divide. La nuova frontiera dello sviluppo globale), veniva presentato così: Una delle teorie maggiormente diffuse con l’avvento delle nuove tecnologie informatiche è quella che ipotizza l’accesso ad internet da parte di tutti, ovunque ed a qualsiasi ora, tutti i giorni dell’anno. Tuttavia ciò non si riflette nei fatti, in quanto ancora oggi vi è un netto divario tra i paesi ricchi e quelli in via di sviluppo. Infatti il 90% degli accessi a Internet è concentrato nelle dieci nazioni a più alto reddito e molti paesi non sono ancora in grado di fare nascere una vera economia digitale. In questa prospettiva si parla di digital divide ogni qualvolta si vuole fare riferimento alla frattura causata dalle innovazioni digitali che evidenzia un divario tra coloro che possono beneficiare delle cosiddette ultime novità e coloro i quali che, per cultura, età, lontananza, reddito, ne rimangono tagliati fuori.

    Era la prima volta che in Italia si parlava davvero di Digital Divide e avevamo da poco fondato UnaRete, associazione culturale per la democrazia digitale: titolo per esservi iscritti era (ed è) esclusivamente l’interesse e la disponibilità a cooperare per l’obiettivo dello sviluppo e la diffusione delle tecnologie Internet e digitali nel mondo, con particolare riferimento alle popolazioni rurali e alle fasce deboli dei paesi avanzati e dei paesi in via di sviluppo (tratto dallo Statuto).

    Gli obiettivi di UnaRete definiti nello Statuto sono ancora attuali e ancora in parte da raggiungere… ci stiamo lavorando, continueremo a lavorare per realizzarli:

    1. Diffondere e sviluppare la conoscenza di Internet e delle tecnologie informatiche e digitali presso le fasce di popolazione svantaggiate dal punto di vista geografico o sociale.

    2. Promuovere le opportune forme di diffusione culturale e di pressione presso le istituzioni nazionali e internazionali affinché esse si adoperino per il superamento delle barriere tecnologiche.

    3. Assumere ed appoggiare tutte le iniziative che nel campo tecnico, giuridico, amministrativo, culturale e sociale interessino la diffusione della tecnologia presso le popolazioni svantaggiate e nei paesi in via di sviluppo.

    4. Sviluppare l’uso e la diffusione di standard open source.

    5. Promuovere e realizzare azioni formative mirate di diffusione della cultura tecnologica.

    6. Supportare i governi e le amministrazioni nazionali nella definizione di piani per combattere l’analfabetismo informatico e tecnologico, ivi comprese azioni riguardanti l’e-government.

    7. Rappresentare presso le istituzioni internazionali istanze e posizioni di cittadini, popolazioni, amministrazioni, comunità, organizzazioni, ecc. volte al perseguimento del fine della diffusione della cultura tecnologica e del superamento del digital divide.

    8. Svolgere ogni altra attività, non compresa nei paragrafi che precedono, ritenuta necessaria o utile al raggiungimento dei propri fini. L’Associazione potrà assumere la veste giuridica meglio idonea alla realizzazione dei compiti che si prefigge, nel limiti consentiti dalla legge o dalla pubblica autorità.

    Con questi obiettivi ben chiari in mente abbiamo lavorato insieme per anni, su questo ci siamo confrontati e scontrati, su questi temi nasce questo libro!

    Gli articoli di questo libro sono stati scritti dagli amici di Paolo, da suoi compagni di strada, da persone che hanno condiviso con lui lavoro, ideali, voglia di fare.

    Abbiamo voluto inserire come apertura uno degli ultimi scritti politici di Paolo, breve ma intenso, visionario e insieme lucidamente realistico, perché delinea bene l’orizzonte di valori in cui ci muoviamo con questo libro. Seguono gli altri articoli, parti di una conversazione idealmente aggregata intorno a cinque temi (Pubblica Amministrazione, Cittadinanza Digitale, Utilizzo della Rete, Formazione, Opportunità dell’Innovazione) e così ordinati tra loro come se si seguisse una discussione con unico argomento che fare?. I temi sono quindi nodi di un discorso: si parte dalla PA, anche in modo dissacrante, si esplora il concetto di cittadinanza digitale, ci si sofferma sui problemi legati all’utilizzo della rete (dati, informazioni, usabilità) e poi si approfondisce il tema del come gli strumenti formativi possano adeguarsi alle nuove esigenze e come possano incidere sull’innovazione della/nella PA. Si chiude con un rapido sguardo ad alcuni settori di applicazione, ad aree che danno sostanza al senso dell’innovazione: medicina, mobilità.

    Alcuni articoli sono tecnici, scientifici e specialistici, altri sono calorosi e appassionati, leggendo li troverete, leggerete tra le righe la passione e l’entusiasmo che Paolo sprigionava, troverete il vuoto che ha lasciato insieme alla voglia di fare che ci ha regalato, troverete i mille aggettivi che lo dipingono così bene… aggettivi ai quali mi sento di aggiungerne uno che diceva sempre lui, sorridendo: fantastico!

    Tutti gli articoli, appassionati e tecnici sono stati comunque scritti per Paolo, per ricordare, per continuare a fare!

    Un libro per Paolo: avrei preferito non scriverlo mai!

    Ringrazio di cuore tutti quelli che hanno collaborato e scritto, tutti quelli che avrebbero voluto scrivere e non hanno potuto farlo, tutti quelli che hanno collaborato con lavoro e anche solo con supporto amorevole e in particolare ringrazio:

    •  Claudia, Benedetta e Jacopo che ci hanno permesso di fare questo libro e cui dedico di cuore tutto il lavoro fatto;

    •  Elena Rossi per la copertina (foto di Occasione Perduta, rielaborata da lei, http://occasioneperduta.ning.com);

    •  Tutti coloro che hanno reso possibile la pubblicazione di questo libro con articoli, ricordi e finanziariamente e in particolare l’Associazione UnaRete senza il cui contributo sarebbe stato più difficile realizzare quest’opera;

    •  Chiunque senta di dover essere ringraziato, e mi scuso per non averlo fatto formalmente, spero che mi perdonerà;

    •  Infine (e qui davvero si tratta di dire last but not least) chi ha fattivamente collaborato insieme con me (ricerca editore, revisione bozze, impaginazione, solleciti agli autori, logistica, raccolta fondi… tutto ciò che serve per arrivare in fondo a un lavoro di gruppo): Angelo M. Buongiovanni, Marcello Bidoli, Angela Creta, Nello Iacono, Stefano Laurenti, Attilio Romita, Claudio Vergini.

    Amalia Vetromile

    Tanto poi fai sempre di testa tua…

    Caro Paolo,

    non sono d’accordo. No, ti stai intestardendo su questa cosa, non ti devi dimettere da Presidente: è una cavolata!

    Sei tu l’anima di questo gruppo, ma dove vuoi andare? Sì, va bene, ora devi volare un po’ alto, ma non puoi lasciare il lavoro a metà. Noi ci siamo, studiamo, analizziamo, scriviamo, raccogliamo idee, ma poi ci devi essere anche tu. Altrimenti con chi possiamo argomentare, magari alzando la voce, per trovare il filo di luce che ci tiene uniti, nelle nostre diversità?

    Sei sempre il solito testone, ti innamori di un’idea e te ne voli via attaccato ad un aquilone. E noi, pazienti, ad aspettare che il vento si plachi, che ti faccia ritornare giù per poterne parlare di nuovo.

    Ti vedo sorridente, dopo la passeggiata nel cielo a giocare a gomitate con le nuvole, finalmente di nuovo qui con noi, su questo prato verde fiorito dove brillano in lontananza le fibre della banda larga. Le vedo fremere pulsanti dei servizi innovativi che abbiamo sognato insieme, a colmare quel digital divide che ci tiene lontani e presenti.

    Ecco, ti regalo un aquilone nuovo, non sciupare il filo: è una fibra ottica di ultima generazione! Torna presto, Amalia

    2. La scommessa dell’innovazione ed il ricambio della politica

    di Paolo Zocchi

    Questo documento¹ parla di innovazione; ed è come se parlasse del futuro. Oggi più che mai, in un’emergenza difficile da decifrare e i cui esiti sono ancora incerti, futuro significa pensare ad una trasformazione sociale profonda, creare le premesse per una nuova classe dirigente, dare speranza alle nuove generazioni, riconoscere che paradigmi e stili, esigenze e aspirazioni, stanno cambiando più velocemente di quello che la politica è al momento in grado di governare.

    I giovani, ad esempio, usano la Rete in maniera destrutturata, spesso senza applicare una logica mirata alla produttività tradizionalmente intesa. E la Rete, la Società dell’informazione, la cultura della condivisione, i modelli wiki, sono ormai in modo indiscusso l’ambiente nel quale i giovani creano e ricreano costantemente alternative culturali: un ambiente nel quale è fondamentale dare vita a nuovi modelli, non solo culturali, ma anche di produzione, di ricerca, perfino di amministrazione; modelli che sono più vicini e più familiari di quanto si pensi.

    Tuttavia, attorno a noi percepiamo segnali di involuzione, una società che stenta ad accogliere modelli innovativi, un sistema-Paese bloccato in cui la conservazione dello status quo passa attraverso il consolidamento di modelli del tutto opposti a quelli prefigurati dalla società della conoscenza, basati piuttosto sul consenso populistico, sulla nomina per cooptazione, sul sopravvento degli interessi specifici e personali su quelli collettivi. Insomma, questo non è certamente un Paese per giovani.

    È necessaria quindi una metamorfosi profonda, che solo una grande, coraggiosa e determinata azione politica può mettere in campo. È importantissimo che la politica, in particolare quella che si richiama a idee di riformismo e di società giusta, risponda a questo richiamo e crei le premesse per la costruzione di una società in armonia con una nuova idea di futuro, una società che favorisca lo sviluppo sostenibile, la ricerca, lo scambio, la creatività, aperta alla collaborazione ed alla condivisione, in cui il valore supremo è la qualità della vita.

    È auspicabile quindi un salto generazionale, che può avvenire sia con un ricambio naturale, sia accettando le regole della Rete e decentrando il potere della politica, anche quello formale.

    La sfida è enorme, specie in un Paese dove il coraggio politico fa difetto. Ma, al tempo stesso, è l’unico traguardo ideale per cui valga davvero la pena di lottare fino in fondo: ed è proprio quello di cui la politica ha bisogno.

    ¹ Questo scritto di Paolo era inserito come introduzione al documento fondativo del Laboratorio dell’Innovazione, febbraio 2008.

    3. Autistici 2.0

    di Angelo M. Buongiovanni¹

    3.1 Introduzione

    Maggio 2006. In una scuola superiore torinese, durante un’ora di lezione, quattro alunni tormentano ed umiliano un loro compagno autistico. Uno di loro riprende la scena con il telefonino. È proprio il video, divenuto popolare qualche mese dopo su Google Video e rimosso solo dopo diversi giorni, a far scoprire la vicenda². Viene aperta un’inchiesta che porta a identificare i giovani aguzzini (tutti minorenni), che ottengono il perdono giudiziale soltanto dopo un anno di volontariato presso una importante struttura di accoglienza della città. Anche l’insegnante viene rinviato a giudizio per l’omessa sorveglianza.

    La vicenda è raccapricciante e ha suscitato una vasta eco nell’opinione pubblica: quasi immediatamente però, il dibattito pubblico ha preso una piega particolare, in cui ad essere chiamato in causa, accanto ai ragazzi e all’insegnante – e perfino più di loro – è stato proprio Google, e più in generale gli strumenti che noi (ma non i partecipanti al dibattito) chiamiamo web 2.0. Proprio perché facilitano la diffusione di contenuti, vengono letti come stimolo a comportamenti aberranti – e si invoca la censura. La vicenda è sfociata in un processo nei confronti dei dirigenti di Google, che si è recentemente concluso in primo grado con una serie di condanne – e con un dibattito nazionale ed internazionale focalizzato proprio sulla necessità/possibilità per gli internet provider di esercitare un controllo preventivo sui contenuti messi in rete dagli utenti³.

    Sull’onda di questo – come di altri episodi in cui i social network hanno amplificato comportamenti violenti o discriminatori nei confronti di persone disabili – il dibattito in Italia ha finito per prendere l’aspetto di uno scontro tra fautori della libertà di opinione e proponenti di una qualche forma di filtro preventivo dei contenuti. Sullo sfondo di tutto questo una concezione delle persone diversamente abili esclusivamente come soggetti deboli, che devono essere difesi dai pericoli insiti nel web e nella sua più o meno presunta capacità di eccitare gli istinti peggiori. Si tende così a perdere completamente di vista il fatto che – con sempre maggiore evidenza – gli strumenti web 2.0 stanno portando concrete trasformazioni nella vita di molte persone con disabilità cognitive e relazionali come l’autismo.

    3.2 Autismo e comunicazione

    Per comprendere meglio l’impatto che il web – e in particolare gli strumenti di comunicazione 2.0 – possono avere sulle condizioni di vita delle persone autistiche, è necessario ricordare alcune caratteristiche salienti dell’autismo. Sotto il nome generico di autismo va uno spettro di sindromi di origine neurobiologica, accompagnate o meno da un ritardo cognitivo ed accomunate da alcuni tratti fondamentali. Non è questa la sede per darne una descrizione completa, per cui rimando alle molte pubblicazioni di affidabile divulgazione scientifica presenti in rete⁴: al nostro scopo è sufficiente elencare i tratti principali che attengono alla sfera della relazione e della comunicazione.

    L’autismo investe a vari livelli la capacità della persona di padroneggiare i meccanismi dell’interazione sociale, la comprensione delle regole sia esplicite sia soprattutto implicite di comportamento in un gruppo, l’adattamento e la flessibilità di risposte richieste dalla relazione interpersonale. Spesso questa difficoltà di lettura delle regole sociali si accompagna (e/o è determinata) da comportamenti che rendono più difficile l’approccio con le persone a sviluppo neurologico tipico (neurotipici nel linguaggio della comunità autistica): la difficoltà o la mancanza totale del contatto oculare diretto, il ricorso a gestualità ripetitive ed apparentemente non finalizzate (stereotipie), il bisogno ossessivo di ripetizione, di mantenere regole/abitudini rigidamente fissate e non modificabili, ecc.

    Inoltre circa la metà delle persone autistiche non sviluppa la produzione del linguaggio verbale. Ciò non significa il più delle volte che ne manchi la comprensione, o che non sia possibile sviluppare strategie di comunicazione alternativa (su canali iconici o scritti, che sono tipicamente più accessibili ai portatori di questo tipo di disabilità). Quando il linguaggio verbale è presente, assume spesso tratti non comunicativi (ripetizione di frasi o parole fuori contesto, la cosiddetta ecolalia, impiego rigidamente letterale delle espressioni, ecc.). Anche nei casi più favorevoli, in cui il linguaggio verbale è effettivamente padroneggiato, spesso manca la capacità di cogliere – o di riprodurre – i tratti soprasegmentali di una conversazione, dall’intonazione della voce alle contestualizzazioni implicite, dal supporto dei gesti e degli sguardi alla condivisione di storie sociali e di assunti valoriali.

    Infine, molte persone autistiche hanno una percezione sensoriale sostanzialmente diversa da quella tipica e sono perciò esposti a fenomeni di sovrastimolazione (sensory overload) che portano spesso a disorientamento e a degrado delle capacità di interazione e comunicazione.

    È evidente, di conseguenza, che una semplice conversazione può, per la maggioranza delle persone autistiche, essere una sfida molto complessa – o addirittura impossibile. In queste condizioni, spesso le persone autistiche finiscono per apparire completamente isolate o incapaci di comprendere il mondo esterno e di stabilire relazioni significative con gli altri. Tuttavia ciò che viene frequentemente interpretato come ritardo mentale o disturbo della personalità in un individuo autistico è in realtà il risultato di

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