Il bacio delle anime
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Il bacio delle anime - Valeria Intelisano
figli.
PREFAZIONE
Un uomo, una donna. Un unico destino in corpi che si fondono, in anime che si incontrano, si scrutano, si scontrano e si riuniscono nella consapevolezza dell'amore come Dono.
Il personaggio maschile del romanzo è un uomo forte, almeno in apparenza, arrogante e sicuro di un potere materiale che non ammette né deviazioni, né distrazioni, quindi debole. Il personaggio femminile è invece una donna umile, generosa e sognatrice, con la virtù del perdono, quindi forte.
L'amore come trasformazione di se stessi e di ogni cosa intorno, è la centralità del tessuto narrativo del testo che si avvale, di una notevole polifonia di voci. Isole sconosciute ai più quali, l'inconscio, l'oblio, le visioni, il dolore, l'attesa, la rinuncia e l'abbandono, sono le forze contrastanti che si impongono nel libro, come mezzi virtuosi di conoscenza del proprio destino.
L'amore fisico, consumato con voracità tra lenzuola complici, emana vibrazioni ed emozioni che attraverso i corpi frementi dei protagonisti, risveglia le loro anime sempre più consapevoli di un sentimento più alto che un giorno li renderà fanciulli sani e risanati dalla certezza, di un perdono che da sempre li unisce.
La passione dunque, è l'inizio di un viaggio introspettivo che nei personaggi si afferma quasi prepotentemente
mediante un dialogo animico che si rivelerà il vero mezzo di rinascita di ambedue.
La voce fuori campo presente nel romanzo, si eleva sempre più ad atto di coscienza dell'uomo che sembrava vinto dalla paura d'amare, dall'orgoglio della parola e dalla vorticosità della materia, ma che alfine troverà, nel silenzio la parola vincente del cuore, dando così paternità all'amore.
Un linguaggio semplice, perché l'amore è semplicità adatta ad esprimere sentimenti profondi e moti dell'anima che accomunano tutti gli uomini.
Attraverso questi l'autrice, una donna comune fra le genti comuni, ci consegna una medianità, che altro non è che la facoltà di leggere attraverso l'umiltà, il mistero dell'amore che fluisce in noi attimo dopo attimo.
A volte impietoso ma alla fine generoso, quando muta le nostre vite conducendoci dolcemente, passo dopo passo, al senso più vero della nostra esistenza, l'Amore.
Danila Intelisano
CAPITOLO 1
Conosci il dolore d’immaginarti in un destino diverso dal mio? Comprendi, anche solo per un attimo, cos’è la mia vita senza di te? Volevo amarti intensamente e con te l’universo tutto. Dividere tutte le emozioni che la vita offre. Essere al di sopra delle convenzioni, delle abitudini, dei clichè stupidi e inutili e trasformare ogni nuovo giorno in un dono dell’uno per l’altra.
Il nostro amore è cominciato per gioco, quasi per caso.
Un donarsi delle anime - come dicevi tu - un qualcosa che abbiamo iniziato e che è diventato troppo serio e doloroso. Tutto perché ci siamo presi davvero con la nostra anima
.
L’estasi di appartenere l’uno all’altro: il rapimento dei sensi, l’ebbrezza di esistere, l’entusiasmo di affrontare il mondo intero senza timore, la voglia di costruire, di giocare insieme.
L’amore che ci ha uniti non aveva ancora voglia di morire. Ma che importa ormai? Hai fatto in modo che assaporassi ancora una volta, attraverso la tua sofferenza, il dolore dell’abbandono. Eppure, amore accecato dalla vita, sordo ad ogni mio ragionamento, muto nell’anima, per te affronterei, ancora, il mondo intero.
Tutto sembrava una ruota di trasformazioni, di novità trepidanti di vita vera, reale. Ce la siamo guadagnata faticando per secoli e incontrarci ancora è il dono per noi. Poi, il crollo inatteso che mi ammutolisce, che mi stordisce. D’ improvviso non mi hai più voluta e sei uscito dalla mia vita con la durezza che ti ha sempre contraddistinto.
Ancora una volta non è stato come lo immaginavo questo momentaneo addio, non è stato come lo sognavo per rendere ineguagliabile il nostro incontro, unico il nostro lasciarsi, te diverso dalla massa. Il nostro addio è stato come quello degli altri, né più né meno.
Impongo ai miei gesti di ritornare continuativi, alle mie mani di abbandonarsi sul grembo, ai pugni di chiudersi, è inutile la rabbia. Chiedo agli occhi di non vedere, quel che mi rimane non è da guardare. Sarà doloroso imporre al mio cuore di tacere. Non voglio, ma i miei desideri, devono morire.
L’essere me stessa non mi dovrebbe appartenere, principalmente perché mi ha sempre allontanata da te. Più di ogni altra cosa non mi fa ricordare, perché non mi si vuole ricordare. Dà fastidio, crea problemi.
Io ho voglia di continuare a lottare per te, ne ho ancora la forza. Non è il coraggio di combattere che mi manca, è l’impossibilità. Le tue decisioni, se ne avverte subito la forza, non ammettono contraddizioni, né interferenze.
Con quanta superficialità ci porgiamo agli altri e non comprendiamo il danno che ne può derivare. La nostra leggerezza ci porta a dire cose che peseranno moltissimo nella vita della gente e noi non sapremo mai quanto. Possiamo offendere, umiliare, ferire senza comprenderlo.
Chissà se hai mai compreso le pugnalate che mi hai inflitto. L’avvocato che è in me, tenta far risaltare questo concetto. Questo giovane ma non inesperto laureato, mi incoraggia a credere nella possibilità della tua inconsapevolezza. Tu, quale parcella, ricorda sempre e in ogni situazione che il nostro agire, il nostro argomentare, i sogni infranti, gli inganni, possono trafiggere per sempre.
Le frasi, le parole d’amore recitate, perdonami questo termine paradossale, influenzano una vita, creano solchi nei cuori, catastrofi nei cervelli, offesa all’anima. Ricorda soprattutto il danno che ne avrebbero le persone semplici, ingenue, deboli. Coloro che non sanno difendersi, soccombono.
Il mio orologio comincia a battere il tempo. Le ore, i giorni, i mesi, ritornano tutti uguali, esasperati nella visione della realtà, una realtà cruda nel suo disincanto. Ai giorni seguiranno poi lunghi mesi, forse anni di attesa, di dolore ma anche di comprensione.
Qualcosa di confuso sta avvenendo. Inizia la discesa vorticosa. Sembra un baratro, un pericoloso precipizio. Cambia anche il colore del mondo. Il rosa, il rosso, il giallo lasciano il posto al grigio in tutte le sue sfumature. La gioia sembra lasciare il posto alla sconfitta, ai dubbi.
Perché questo dolore che sento dentro come una crosta, pare soffocarmi?
Non avrei mai immaginato che, un giorno, dentro una così dolorosa piaga potessi esserci tu, invece ci sei fino in fondo. E’ frutto del tuo operato questo dolore, quindi non riesco ad accettarlo. Non è il figlio legittimo del nostro amore, tu non puoi esserne il padre.
Ecco il motivo del mio rifiuto, ecco la ricerca della nostra verità.
Subentra così quella che generalmente chiamiamo depressione. Io lo chiamo dolore, esperienza da cui trarne insegnamento ma stavolta mi tocca lavorare da sola, non più con te. Devo viverla questa pena per capire innanzi tutto me stessa, i miei errori, le colpe che devo addossarmi, i meriti che mi hanno distinta, le verità che ho constatato e quelle che non ho constatato.
Comprendere, così, appieno il perché di ciò che ho vissuto e di quello che mi appresto a vivere, fosse anche per non sbagliare un’altra volta. Mi costruisco la mia bilancia immaginaria, vi deposito tutti i pro e i contro di te, di me e della nostra storia. La bilancia pende necessariamente in favore tuo, in difesa tua e mia.
Devo credere in questo amore, devo stare dalla sua parte così come lo sono stata fino ad ora. Se lo merita, glielo devo. Almeno io devo, io voglio farlo. Lo coccolo io per un po’, lo tengo con me.
Prendo in prestito brani del De Profundis
di Oscar Wilde e li leggo quasi a volermene drogare. Nasce così il primo schermo di aiuto, coraggio, difesa e protezione. Un sostegno a cui aggrapparmi per non sentirmi l’unica illusa di sempre.
Solo i peccati dell’anima sono vergognosi.
Credi davvero di essere stato degno dell’amore che ti portavo in un qualsiasi periodo della nostra amicizia, credi che per un solo momento io abbia pensato che tu lo fossi?
Sapevo che non lo eri. Ma l’amore non si contratta al mercato né lo si misura con la bilancia del truffatore. La gioia che da esso ci proviene, come la gioia dell’intelletto, sta nel sentirsi vivi. Lo scopo dell’amore è l’amore: né più né meno. Tu mi fosti nemico: un nemico come mai ebbe un uomo. Ti avevo donato tutta la mia vita: tu la gettasti via. In meno di tre anni mi avevi completamente rovinato sotto ogni punto di vista. Per il mio bene non potevo fare altro che amarti.
Sapevo che, se mi fossi abbandonato all’odio per te, nell’arido deserto dell’esistenza che mi attendeva, e che ancora calpesto, ogni roccia avrebbe perso la sua ombra, ogni palma si sarebbe avvizzita, ogni pozzo d’acqua avrebbe rivelato il tossico alla sorgente. Cominci a capire ancora un poco adesso? Si desta la tua immaginazione dal lungo letargo in cui è giaciuta?
Cominci ad avvertire che cosa sia l’amore la sua natura? Non è troppo tardi affinché tu impari queste cose. Là dove è il dolore è terra benedetta. Un giorno capirai ciò che significa. Non saprai nulla della vita finché non avrai capito questo.
La conclusione di tutto questo è che sono costretto a perdonarti. Lo devo fare. Non scrivo questa lettera per instillare amarezza nel tuo cuore ma per strapparla dal mio. Per il mio stesso bene devo perdonarti. Non si può continuare a nutrire una serpe in seno, non ci si può levare ogni notte per seminare spine nel giardino della propria anima.
Non mi sarà difficile perdonarti se tu mi aiuterai un poco. Ora il mio perdono dovrebbe avere un significato profondo per te. Un giorno te ne renderai conto. Per quanto sia stato terribile quello che mi hai fatto, è stato ancora più terribile quello che io ho fatto a me stesso. Cessai di essere padrone di me. Non fui più io a governare la mia anima e non lo sapevo. A te permisi