Palindromo - 19.1.91
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Palindromo - 19.1.91 - Plataroti Antonello
Antonello Plataroti
Palindromo — 19.1.91
–Improvvisamente,l’inverno scorso–
Titolo | Palindromo - 19.1.91
Autore | Antonello Plataroti
Immagine di copertina a cura dell’Autore
ISBN | 9788891120175
Prima edizione digitale 2013
© Tutti i diritti riservati all’Autore
Youcanprint Self-Publishing
Via Roma 73 - 73039 Tricase (LE)
info@youcanprint.it
www.youcanprint.it
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[…] Ouverture […]
"adattamento a ciò che
non può essere modificato"
¹
" l’indispensabile accettazione
delle metamorfosi a cui andrà soggetto "
L’associazione che lei presiede
; perché si chiama « Itaca»?
"Ci è piaciuto chiamarla così perché Itaca è l’isola in cui Ulisse riuscì a tornare dopo dieci anni di incredibili avventure e di vita raminga sui mari. Ci è sembrato che il nome simboleggi il difficile ritorno alla vita di questi danneggiati del cervello.
Noi vorremmo che l’odissea di questi ammalati fosse abbreviata, e se possibile eliminata." ²
Espongo alcune dettagliate note per calarvi, sia pur soltanto in parte — lo so — nella inquietante traversia sperimentata. I vocaboli riportati in corsivo, oltre a identificare termini inseriti in lingua straniera, alludono ai ricordi frantumati, rimossi per sempre, dall’incidente patito. Quando parlo, sia dell’Antonello di prima dell’incidente, così come di quello dei ricoveri ospedalieri di cui fu protagonista, uso la terza persona perché, a tutt’oggi, mi appaiono degli estranei. Con la più consona terza persona si riesce meglio a descrivere quello che non si vede e che la nuova
creatura non riesce più ad afferrare. Riguardo all’Antonello dei ricoveri ospedalieri, inizio con l’introdurre che parte della sua produzione scritta è frutto di diversi passi richiamati nel testo. Le citazioni operate sono riportate in differenti font — caratteri tipografici — anche calligrafici, in quanto in tal maniera, a seconda del carattere utilizzato, sono ben segnalati, anche da un punto di vista visivo, i suoi progressi o regressi nel campo della scrittura. Due ulteriori accorgimenti sono stati adottati per sorreggere questa complessa impalcatura. Le virgolette inglesi racchiudono i dialoghi e le citazioni mentre quanto dettato dai pensieri scaturiti dalla rete neuronale è custodito tra singoli apici.
Le precisazioni di carattere medico evidenziate, in merito al trauma cranioencefalico di cui sono portatore, sono state illustrate dai dottori che lo hanno avuto in cura, scaturiscono da estratti della documentazione medica, oltreché segnalate da numerose letture sull’argomento. Dai familiari e dai parenti che lo hanno assistito e dagli amici, viceversa, ho ottenuto altri preziosi ragguagli — posseduto dalla insanabile curiosità di aprire le porte che custodiscono i perché
, i come
, i quando
legati alla vicenda.
Il prezzo temporale pagato per la raccolta del materiale occorrente coinvolgerà molti anni, più di quelli in partenza previsti. Tra le gemme sbocciate si annoverano, più o meno, duecentoquaranta cassette audio, della durata di novanta minuti cadauna — tante furono le informazioni indagate — registrate nel corso delle interviste
intraprese, che inondarono di stupore la nuova
persona. Cercò, così, di recuperare ricordi personali, spiegazioni, pareri, dettagli medici, tutto quello andato smarrito, con l’ausilio di un registratore tascabile. Le interviste
portate a termine furono necessarie a placare l’immediato desiderio di conoscere in merito — indispensabili per squarciare il buio impenetrabile, il lasso temporale infranto che avvolgeva il passato e, quindi, tentare di ricostruirlo. Intuizione fondamentale, nata già il 20 febbraio del 1992 — forse il solo, più spontaneo e veritiero sentiero da perlustrare. Le interviste
equivalgono a circa trecentosessanta ore di registrazione, pari a quindici giorni consecutivi: tanta era la febbre che ardeva dentro. Le fondamenta della memoria erano state così parzialmente ricomposte.
A questa ricerca effettuata si devono associare due aspetti: innanzitutto, la svariata produzione cartacea sfornata e la documentazione attinente al caso clinico raccolta, entrambe riordinate con la dovuta cura — giacciono riposte dentro raccoglitori ad anelli rotondi. In secondo luogo, la sterminata mole di lavoro immagazzinata nella memoria del computer. Sempre accompagnate, in ogni caso, dal più sovrano, preminente dei presupposti: il semplice, essenziale, puro, ancora incontaminato:
"piacere di scrivere
per…
scrivere…"
— e che funge da impulso primario.
Sorvolo sui numeri che quantificano il lavoro svolto: altrimenti il disagio, il pudore acquisito, diventerebbero intollerabili. Tutto ciò, ad ogni modo, ha permesso di sanare l’urgenza del momento, tesa a conservare le sue idee, a redimere quella persona che cerco di presentarvi.
In breve: ubbidì alla dottrina evangelica. Sulla scia, dunque, creò il simbolo principe tra quelli adoperati per l’instancabile lavoro di redazione:
CH
— CHiedere
— vale a dire: reperire informazioni.
" Ebbene io vi dico:
Chiedete e vi sarà dato,
cercate e troverete,
bussate e vi sarà aperto.
Perché chi chiede ottiene,
chi cerca trova,
e a chi bussa sarà aperto."
³
Prima dell’incidente — tutti mi confermano — che un altro individuo si agitava dentro di me, perso dietro i sogni di gloria e le belle donne. Si distingueva come un personaggio oltremodo cinico ed egoista, privo di scrupoli, dai tratti nevrotici, attaccato al lavoro, in cui credeva ciecamente. Era uno dei giovani più promettenti della banca privata nella quale svolgeva il suo lavoro. Operava come rampante consulente titoli, in una filiale da poco aperta. Nei suoi piani rientrava l’accanita, spietata ricerca dell’affermazione: voleva fare carriera a qualunque costo — e, dichiarato con sicurezza, avrebbe fatto di tutto per ottenerla. Si identificava in una figura emergente, perennemente assetata di successo, travagliata dentro di sé da falsi miti, dalle ingannevoli aspirazioni che inseguiva. L’arrivismo dominava incontestato come regola di vita.
L’origine di tutto si scontra con un evento imprevisto, dai tratti anomali, degnamente scortato dal caso
. Il sabato 19.1.91 — abbreviando l’anno si trasforma in una data palindroma, in quanto può essere letta da sinistra verso destra e viceversa — combinazione della sorte, quando era in procinto di festeggiare il compleanno la sera stessa, subì un grave trauma cranico commotivo, in seguito a un incidente sugli sci. Lo skipass giornaliero giace da anni inquadrato in una cornice di colore nero, posta nel mio studio. Si segnala il pronto intervento dell’elisoccorso. Come inimmaginabile regalo per il ventottesimo compleanno, lo attendeva, impaziente, lo stato di coma. Sarà accolto a braccia aperte. Ne scaturì una relativa discesa agli inferi della mente umana e del dolore, sperimentando sulla propria pelle una moderna, imprevedibile odissea.
Riportò la totale emiplegia alla parte destra del corpo, con incapacità della mimica facciale — deficit pressoché completo dell’intero viso: della fronte, dell’occhio destro, di tutta la guancia e delle labbra, fino alla gamba — che lo portava a produrre gesti non adeguati; oltre a questo si deve sommare una più grave paresi spastica all’arto superiore, benché, con il tempo, si sia rivelata una maggiore compromissione all’arto inferiore.
Focolai emorragici diffusi, alla regione frontale e frontotemporale, governavano indiscussi e un focolaio emorragico importante, a livello dei nuclei della base di sinistra che ha causato il deficit di motilità, contribuì allo sfacelo in atto
, affermazione desunta da una delle cassette audio registrate al dottor Corrado Musso — neurochirurgo, il primo dottore che si occupò del caso.
È nei lobi frontali che noi rappresentiamo le menti dei nostri simili, con tutto quanto questo implica a livello di etica, fiducia, fede ed amore. Senza i lobi frontali non saremmo più associati ad un Io, non esisterebbe coscienza, determinazione o civiltà. Di tutti i settori del cervello i lobi frontali sono quelli connessi meno rigidamente, i più influenzabili dagli incessanti stimoli offerti dal mondo esterno ai nostri sensi. Sono il dono — o la maledizione — dell’evoluzione all’essere umano, perché lì risiede l’autoconsapevolezza così come la perdita dell’innocenza. La piena evoluzione di quest’area del cervello ha introdotto il libero arbitrio, la volontà e la coscienza, provocando così la cacciata dell’uomo dal giardino dell’Eden.
; Si aggiunga che è questa sezione del cervello che definisce la nostra «essenza umana»
⁴
Ricordo che, nella regione delineata, sono localizzate le sedi del comportamento sociale, affettivo, emozionale, oltre che del carattere e della personalità di un individuo. Governa inoppugnabile le nostre decisioni, la sensibilità, regola le nostre inclinazioni. In pratica, ci distingue gli uni dagli altri, rendendoci unici — raffigura tutto ciò che ci differenzia dagli animali. È anche l’area sovrana che, a tratti, domina le altre; in essa sono racchiusi i doni del linguaggio, del concetto creativo, nelle sue svariate sfaccettature. L’area frontale è la zona più pura
, raffinata
, amalgamando peculiarità incontestabili del sistema cerebrale. Alla fin fine, incognite striscianti, dalle forme sinuose, ma implacabili nel loro morso, furono prodotte, in gran parte, dalla regione frontale, dove si ammassarono gli input che determinarono il mutamento di personalità, la metamorfosi dell’individuo. Tutto ciò ha portato, di riflesso, con drammaticità, a questa confessione di apostasìa.
Alla resa dei conti, le molteplici conseguenze risultarono al di fuori di qualsiasi previsione. Elenco, per brevità, le prioritarie offese subite, mettendo in atto delle succinte note.
Afasìa mista o fluente: severa incapacità di comunicare, marcata il più delle volte, così come quella di cogliere ciò che gli veniva manifestato dalle persone e, più in generale, dal mondo esterno. Il suo linguaggio consisteva in un ammasso di vocali e consonanti, senza senso alcuno. Il regno imperscrutabile degli afasici lo avvolse, con il suo possente mantello nero, relegandolo ospite su un altro pianeta, dove l’espressione e la comprensione erano inibite. Sotto termini medici verrà classificata come afasìa posteriore di Wernicke, area che regola la comprensione del linguaggio.
Anosognosia: È una delle sindromi neurologiche più bizzarre in cui ci si possa imbattere; il nome denota l’incapacità di riconoscere la malattia su di sé.
E ancora: Nei pazienti affetti da anosognosia, non meno impressionante della dimenticanza degli arti infermi è la manifesta assenza di ogni preoccupazione per il proprio stato, l’assenza di emozione, il fatto che, interrogati al riguardo, essi riferiscono di una assenza di sentimenti.
⁵ Specifico, con altre parole: rifiuto di percepire la realtà, non consapevolezza del proprio disturbo, incapacità di rendersi conto dei deficit linguistici accumulati, coscienza di sé alterata.
Ecolalìa accentuata, perseverante: ripeteva, all’infinito, pressoché ogni vocabolo che udiva, essendo stato appena proiettato nel mondo, allo stato di infante — è ovvio.
Parafrasìa verbale: proferire un termine al posto di un altro, senza alcuna attinenza, attuando una confusionaria costruzione della frase; parafrasìa semantica: le patate le chiamava limoni, quando era l’ora di pranzo e gli servivano gli spaghetti, esclamava, prontamente:
Nooo! Lo… zuc… che… ro non … lo vo… glio!
.
Intendeva il formaggio…
Gravissima anomìa — aphasia nominum: incapacità di richiamare alla mente un termine che sai di conoscere benissimo, ma che non è possibile, al momento, rintracciare nei circuiti cerebrali.
Aveva smarrito per strada l’appellativo protagonista, il nome pertinente delle cose che lo circondavano
, dichiarerò nel corso di un seminario medico, svoltosi a Cuneo in data 16 aprile 1994, ripreso dalla stampa locale, e dal titolo: La Comunicazione — Ruolo infermieristico nell’assistenza al paziente con disturbi neurologici del linguaggio. Un turbamento mai provato prima accompagnò per mano la persona, ora costretta a calcare un inedito scenario, ancora avvolto dalla nebbia più persistente. Le parole atte a produrre un contenuto linguistico erano eccessivamente limitate; il soggetto si avvaleva di stereotipie verbali o frasi fatte che avvicendavano la produzione comunicativa. L’anomìa, carenza linguistica, padrona indiscussa di quel periodo, si trasformava in ennesimi frammenti irreperibili, pari a schegge perdute nelle profondità dello spazio che, piano piano, negli anni successivi, ricomporrà — attuando sforzi sovrumani — almeno in parte. Per il resto state tranquilli: una volta appreso il contenuto del vocabolo anomìa, tale termine diventerà… indelebile.
Era portatore di rilevanti impedimenti, quali: «trattenere la parola», balbettare, inceppamenti, ripetere le sillabe, etc., che vengono chiamati quasi sempre balbùzie, cosa che nella maggior parte dei casi non è
,⁶ ostacoli lamentati da diversi bambini — perché lui lo includo tra di loro
A proposito di una delle qualità, indubbiamente più preziose, ricevute in dono, vale a dire l’attitudine alla scrittura, ebbene le capacità di ordine stilistico furono duramente intaccate e sconvolte dall’afasìa imperante. I danni arrecati furono di portata fuori della norma. Naturalmente non si trovarono in solitudine tali regalìe ottenute in offerta. Erano strettamente scortate dalle facoltà opposte. Mi riferisco alle devastanti lesioni che eliminarono le abilità connesse al calcolo matematico.
Non usiamo la lente di ingrandimento per scandagliare anche i danni sofferti — l’annientamento pressoché completo — della capacità di orientamento.
Sarà accompagnato dalla sedia a rotelle per oltre tre mesi; raggiunse il peso, all’incirca, di quaranta chili; il marcato deficit attentivo rappresentò la norma. Esploderà, imperturbabile, dalle grandiose estensioni, una folta, impenetrabile giungla amnesica, sia retrograda che anterograda.
Provate a immaginare che per qualche ragione sconosciuta abbiate cominciato a perdere molto rapidamente la memoria. Di non ricordarvi più, per dire, che giorno sia, o che modello di automobile possediate, o in che stagione siamo o cosa avete nel frigorifero o i nomi dei fiori. Veloce, velocissima, la memoria si blocca, come un iceberg minuscolo e perfetto: ogni ricordo ibernato, chiuso. Famiglia. Sesso. Nome. Tutto quanto, tutto si tramuta in un blocco di ghiaccio silenzioso. A quel punto si è privi di memoria e si guarda il mondo con gli occhi di un embrione, senza sapere nulla. Solo vedendo e ascoltando.
⁷
Tra le macerie provocate, tra i danni prodotti, ne cito, quindi, l’inevitabile collegamento, dalla portata basilare: l’apparente, irrimediabile alterazione della memoria a breve termine e di fissazione; nel momento opportuno, si sottoporrà a un ulteriore trattamento logopedico, durato per più di sei mesi, arrivando a raggiungere: valori più che soddisfacenti
.
Di tutti i disturbi analizzati esiste una prova inconfutabile: l’insostituibile testimonianza, da cui è possibile attingere l’imprevedibile stato di cose predominante, giace in un nastro sonoro registrato il 20 febbraio 1991, un mese e un giorno dopo le lesioni patite. Come già ribadito, un anno esatto dopo — così ha voluto ancora il caso
, elaborando il tema — diede avvio alle interviste
registrate, per far luce sulla vicenda.
Nel corso del secondo ricovero, presso la Casa di Cura Privata La Residenza
di Rodello d’Alba, sarà sottoposto a una valutazione logopedica basilare per la determinazione della gravità dei disturbi afasici di cui era portatore — definita sotto termini appropriati: Aachener Aphasie Test, prova del Linguaggio Spontaneo. Incise, così, la fievole articolazione, la modulazione dei suoi, a tratti, gemiti; come risulta chiaro dall’ascolto, infatti, molti vocaboli, addolorate espressioni da lui proferite sono appena sussurrate, con una tonalità flebile che assomiglia a un unico, interminabile, sofferente lamento.
Quanto emerse dall’eloquio dimostrava appieno come la sua presenza fosse aliena.
Non era a conoscenza della ragione per cui si trovava ricoverato presso la Casa di Cura:
Qui a Rodelloooooo…, e’ un motivooooo… per cuiiiii… so… so… sono… ne… necessario…
.
Non era in grado di comprendere le domande che gli venivano poste. Silvia, una delle logopediste che seguì le sue cure, gli chiese:
Ma tu…? Come stai?
Antonello: — Sto io?…
Silvia: — Uhm…
Antonello: — … UHMMM… Nell’aziendaaaaa… so… sono… ne… ne… necessario, ecco…
Le risposte fornite erano confusionarie, ecolaliche, palesavano difficoltà fonetiche, unite all’impossibilità dell’elaborazione concettuale. Fu inibito alla memoria il ricordo dell’attività lavorativa che svolgeva. La professione che dichiarò fu:
… Grad… graduatorio… …Iooo… mi sottoponevo… voglio dire… all’aziendaa…
; … mi sottoponevo… ai loro ideali…
. Fra i vocaboli più gettonati figura, manco a dirlo: l’aziendaa…
.
Era interdetto il cammino scolastico percorso. A suo parere aveva frequentato fino alla:
Terzaaaaa… aaaaali… ali… mentare …
, mentre: Le medieeeee… le ho fatteeeee… da… da la terza… in su…
Addirittura, non rammentava più i membri della sua famiglia. Il padre era mancato dieci anni prima, ma lui era persuaso che avesse: tredici anni
e che la sorella haaaaa… nove anni
— all’epoca ne risultavano venticinque. Il fratello Marcello non lo nominava come componente. Per fortuna, seppur dopo una pausa piuttosto lunga, sussurrò: … mia madre…
.
In ultimo, era convinto di non praticare lo sci…
La foniatra Maria Luisa Gonella, che seguiva il caso,