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Storie di uomini e imprese che fanno vivere la montagna
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Storie di uomini e imprese che fanno vivere la montagna
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Storie di uomini e imprese che fanno vivere la montagna

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Una raccolta di 45 sfide imprenditoriali nate e cresciute all’ombra delle Dolomiti bellunesi, che rappresentano la variegata capacità di reagire alla fine del boom dell’occhialeria che pareva aver monopolizzato gran parte delle risorse e delle energie vitali di queste vallate. Oggi la globalizzazione ha imposto di cambiare equilibri e prospettive, di puntare su settori nuovi come, ad esempio, la tecnologia avanzata e la robotica, o di reinventare quelli tradizionali come l’allevamento, l’agricoltura e la lavorazione del legno. Ma che ha consentito anche di riscoprire abilità antiche come la produzione artigianale di gelato e di confetture di tarassaco, o mestieri tradizionali come lo spazzacamino, la guida alpina, l’apicoltore…
Stefano Vietina, toscano di origine, appassionato e fedele frequentatore di questi luoghi, ha unito l’utile al dilettevole e, da buon giornalista, è riuscito a tradurre in interviste, reportage e approfondimenti una curiosità non solo professionale ma anche affettiva, per conoscere dal di dentro genti e luoghi divenuti, negli anni, quasi una “seconda patria”.
“Ci voleva una scrittura gentile, con un accento 'foresto' – osserva Omar Monestier, direttore del Corriere delle Alpi e del Mattino di Padova, che firma la presentazione – Stefano Vietina si è fatto aprire porte sempre chiuse, ha sfogliato album privati mai visti prima. E’ penetrato nel cuore di tanti bellunesi che continuavano a lavorare in silenzio e li ha portati alla luce”.
Ne sono scaturite numerose interviste pubblicate, nel corso di un anno, appunto sul quotidiano Il Corriere delle Alpi, raccolte ora in questo volume di 238 pagine, ricco di foto a colori e il cui titolo completo è, significativamente, “Storie di uomini e imprese che fanno vivere la montagna”.
E vivere in montagna si può, malgrado le oggettive difficoltà climatiche e di collegamenti, che spesso si traducono in anacronistici campanilismi. E’ la difficoltà a “fare squadra” il vero ostacolo da superare, secondo l’analisi di Gianpiero Dalla Zuanna, Preside di Scienze Statistiche dell’Università di Padova, che nella Prefazione del libro afferma che “l’incapacità di cooperare può portare alla morte economica.” E aggiunge: “Oggi buona parte dei giovani della Val Comelico lavora fuori della valle, sulle tracce dei nonni migranti. Il libro di Vietina indica qualche sentiero per invertire questa tendenza. Ma la strada è lunga, e per essere percorsa con successo ha bisogno di un deciso cambio di mentalità.”
LanguageItaliano
Release dateJul 24, 2013
ISBN9788868551216
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    Storie di uomini e imprese che fanno vivere la montagna - Stefano Vietina

    montagna

    I risparmi vanno nel mattone e nelle imprese locali

    La sede della Comis a Santo Stefano di Cadore

    L'80% delle case del Comelico sono state costruite nel dopoguerra con materiale fornito dalla nostra azienda, ed ancora oggi siamo il punto di riferimento per chi vuole costruire in Cadore e Comelico. Non senza un certo orgoglio Alfredo Comis, figlio del fondatore della Celeste Comis srl, racconta storia ed attualità di questa azienda di Santo Stefano di Cadore (Bl) che è partita nel 1948 con i trasporti e si è piano piano allargata alla distribuzione di materiale necessario alla costruzione, e poi al recupero, al restauro ed alla ristrutturazione di immobili.

    "All'inizio del 2008 – spiega Comis – abbiamo inaugurato la nostra nuova sede proprio nella valle che da S. Stefano va verso il Comelico Superiore, costruita con materiali ecocompatibili ed in un bellissimo scenario naturale.

    Ed oggi qui trattiamo sia il cosiddetto materiale pesante (cemento, mattoni, etc.), sia il materiale per isolamento acustico e termico, per l'impermeabilizzazione, per l'idraulica, sanitari, piastrelle. In dieci anni siamo passati da 100 a 1.200 articoli, e questo ha comportato una necessità non solo di spazi espositivi, ma anche di conoscenza dei materiali per una consulenza qualificata."

    3,2 milioni di fatturato nel 2009, un calo nel primo trimestre 2010 del 12% dato molto meno negativo di quanto possa sembrare se paragonato a quello provinciale, che cala del 25-35%, sottolinea Comis. La crisi dell'edilizia, insomma colpisce anche in montagna?

    Sì, ma con qualche distinguo – precisa – nel settore pesante, che riguarda soprattutto le nuove costruzioni, il calo arriva anche al 35%. Assistiamo invece ad una buona tenuta della ristrutturazione, + 2,3%, mentre con il materiale di completamento, come piastrelle, ceramiche, isolanti, cresciamo del 10-12%. Morale?

    Meno costruzioni speculative, più attenzione al recupero dell'esistente. E questo non ha solo risvolti economici, ma rivela anche un'evoluzione culturale molto interessante – spiega Alfredo Comis, sessanta anni, che ha alle spalle anche un passato da deputato della DC – Non si invadono più aree vergini, ma si ottimizzano i volumi esistenti, recuperando aspetti positivi delle vecchie case di montagna, come gli spazi ampi ed i materiali originari come le pietre.

    La Celeste Comis conta circa 800 clienti, di cui 150 sono imprese, per lo più piccole ed a carattere artigiano, che producono il 40% del fatturato.

    L'area di riferimento comprende tutto il Comelico, il Cadore e l'alta Carnia, fino a Forni di Sopra.

    Negli ultimi dieci anni abbiamo dato vita ad un consorzio di acquisti, il Mec con sede a Pordenone, a cui fanno riferimento circa 35 magazzini da Gorizia a Vicenza, ciascuno con fatturato fra 3 e 4 milioni di euro. Questo ci consente di ottimizzare la contrattazione diretta con i fornitori per volumi interessanti. Risparmi che poi riusciamo a spalmare sui clienti finali.

    Alfredo Comis

    Il settore quindi in Cadore tira ancora? Direi che la nostra gente se ha qualche risparmio lo mette volentieri nella casa. E lo fa, per migliorarne la qualità e l'efficienza, rivolgendosi preferibilmente alle imprese locali, di cui ci si fida. Sono passati gli anni in cui i grossi costruttori si portavano da valle le imprese e riportavano a valle i guadagni, lasciando in loco poco più dell'Ici. Gli artigiani locali, e noi che li riforniamo, oggi riusciamo a vivere discretamente, nonostante la crisi. E ci sentiamo protagonisti in questa stagione in cui c'è forte necessità, dopo il declino dell'occhialeria, di ritornare al turismo, che ci trainò negli anni 1960-75. La grande fortuna della Val Comelico, in fondo, è proprio quella di essere rimasta integra e di rappresentare quindi oggi la meta ideale per tutti coloro che intendono la vacanza in montagna come il contatto sempre più stretto con la natura incontaminata e chiedono soprattutto relax.

    (28 ottobre 2010).

    Il segreto? Esportare la qualità

    Biscotti Sartorelli

    Esportiamo qualità, non quantità. Per noi è davvero importante il prodotto artigianale, fatto a mano almeno per l'80% della lavorazione. Ed il rimanente con macchinari adattati alle nostre specifiche esigenze.

    Non è uno slogan quello di Andrea De Mario Sartor, contitolare con la sorella Lucia dell'azienda dolciaria Eredi De Mario Sartor Enno snc di Costalissoio di Santo Stefano e stabilimento produttivo a Lozzo di Cadore. Non è uno slogan perché Andrea ce ne parla mentre, con estrema cura e destrezza, ritira da una teglia appena sfornata il prodotto di punta dell'azienda, i Sartorelli, prelibate sfoglie friabili alle mandorle, alle nocciole ed al cioccolato. Quindi le ripone in altre teglie, in bell'ordine. Al confezionamento – ci dice con un sorriso – ci pensiamo poi nel pomeriggio, perché si tratta di un'operazione molto delicata.

    I biscotti saranno, infine, trasportati in Svizzera ed in Germania, oltre che in tutto il Veneto, Friuli, Trentino, Lombardia, Toscana. Perché la fama di questi prodotti genuini ha valicato da tempo i confini del Comelico e del Cadore.

    Qualche anno fa rifornirono di Sartorelli anche il mitico Orient-Express e più recentemente li hanno gustati pure ai grandi magazzini londinesi di Harrods. Ed ora? Le prossime tappe? Si prevede uno sviluppo ulteriore anche all'estero?

    Penso di sì, probabilmente in Spagna e negli Emirati Arabi, perché abbiamo già dei contatti interessanti.

    Quindi pensate ad allargare la produzione, ad una nuova sede, ad investimenti?

    La nuova sede è un po' un'incognita, però qualche investimento sarà senz'altro necessario. Siamo venuti a Lozzo qualche anno fa perché in Comelico non abbiamo trovato spazi adeguati alle nostre necessità. E vogliamo crescere ancora, ma è ovvio che, per ragioni logistiche, produrre qui non è facile come può esserlo a Padova o Treviso.

    Perché questa azienda, che si appresta a festeggiare i 60 anni di attività nel 2012, essendo stata costituita come panificio nel 1952 a Costalissoio, ci tiene a proseguire nella sua tradizione. Il forno iniziale si è fatto strada pian piano, ed oggi propone una trentina di tipologie di biscotti, frutto di antiche ricette (ancora oggi custodite gelosamente), di materie prime genuine e di origine controllata, e di un sapiente lavoro artigianale.

    Sette dipendenti, compresi i due titolari Andrea e Lucia, un fatturato attorno a 400.000 euro, dal 2003 con sede operativa a Lozzo, l'azienda dei Sartor ci tiene a mantenere ben stretta la sua identità.

    Mandorle e nocciole sono di produzione nazionale, con marchio IGP (identificazione geografica protetta), il cioccolato viene dal Belgio, la farina è fatta con grano russo a canadese, particolarmente ricco di vitamine; ma usiamo anche molta farina di mais aromatizzata con le erbe delle nostre montagne. Ci teniamo insomma – prosegue Andrea – a tenere sotto stretto controllo tutte le componenti dei nostri prodotti. Ci è anche capitato, in passato, che qualche cliente ci abbia portato la sua farina e che noi gli abbiamo realizzato biscotti su misura.

    Andrea De Mario Sartor

    E così, mentre siamo qui a parlare, in piena estate, arrivano già sul cellulare richieste di forniture per i pacchi natalizi.

    Clienti soddisfatti che ritornano, clienti nuovi che ci conoscono grazie al passa parola e turisti che in Cadore hanno scoperto, oltre ai monti, anche i Sartorelli sottolinea soddisfatto.

    Sulla confezione, al centro, il Monte Peralba. Una scelta che ha un significato preciso?

    Sì, mi ha sempre colpito, quando vado in Val Visdende – conclude – che da ogni parte, ovunque mi trovi, al centro del campo visivo ci sia sempre il Peralba. E noi, come lui, vorremmo essere al centro dell'interesse dei nostri clienti e della loro tavola. Ed anche la confezione trasparente è una ben precisa caratteristica. Vogliamo che la gente veda cosa compra.

    (3 novembre 2010)

    Troppa incertezza sull'agricoltura

    L’azienda agricola Martini Barzolai a Casamazzagno

    Una storia finita quella dell'agricoltura di montagna?

    Non lo so. Posso dire che ho la soddisfazione di aver dato ancora una trentina di anni di vita a questa attività, che una volta era la base della nostra sussistenza e che oggi invece nessuno sostiene. Sul futuro, anche immediato, ci sono tanti, troppi punti interrogativi.

    A parlare è Marcello Martini Barzolai, che gestisce da trenta anni con la famiglia, a Casamazzagno (Comelico Superiore), una delle più importanti aziende agricole del Cadore, incentrata sulla produzione di latte di qualità, poi conferito come socio alla Lattebusche.

    Io ho avuto la fortuna – ci spiega - di essere stato a contatto diretto da bambino con i protagonisti degli alpeggi collettivi, anche miei antenati, che mi hanno trasmesso l'orgoglio per le magistrature di quella democrazia diretta che era il lavoro in malga e nelle latterie turnarie; oggi queste realtà non ci sono più e per i giovani andrebbero ricercate altre motivazioni. È una responsabilità seria avviare un figlio alla carriera di allevatore, se non scatta autonomamente la passione.

    E soprattutto se le condizioni sono queste. Certo. Oggi nessuno ha coraggio di spiegare dove e come arrivano le materie prime per la nostra alimentazione. E ne va della nostra salute! La stessa operazione 'mucca pazza', scatenando un ingiustificato allarmismo e concentrando le macellazioni, ha ottenuto il solo effetto di ridurre del 30% il costo della carne a scapito degli allevatori.

    Invece di aiuti ricevete batoste, ma perché?

    Perché non c'è attenzione alle difficoltà che un'impresa agricola incontra nel restare sul mercato, anche se poi tutti sono lì a sottolineare, a parole, la nostra funzione di presidio del territorio. Diciamocelo francamente, il disagio, cioè il maggior costo della gestione di un'azienda di montagna, andrebbe misurato con criteri specifici e monetizzato; e l'aiuto economico erogato in tempi certi.

    L'azienda agricola della famiglia di Marcello Martini (senza le collaborazioni familiari è praticamente impossibile coprire i picchi di lavoro, soprattutto estivi come per la fienagione) alleva 80 capi bovini di cui metà in produzione, con 2.600 quintali di latte producibili all'anno, 45 ettari di prato stabile (oltre trecento particelle catastali che rendono assai complessa la gestione burocratica), in gran parte in affitto, molti sopra i 1.400 metri di altitudine e con pendenze rilevanti superiori anche al 30 per cento.

    Io ho iniziato per sfidare le troppe sentenze di morte della montagna che aleggiavano alla fine degli anni settanta. Ho accettato la sfida ed ho raggiunto anche risultati lusinghieri ed una dimensione aziendale direi ottimale. Sembra quasi una favola a lieto fine, ma ho imparato presto che anche se la montagna cammina, il mondo però corre. Infatti da anni qui in alto le stalle chiudono ed avanza il degrado dell'ambiente alpino. I giovani si impegnano preferibilmente in settori più remunerativi e meno vincolanti, per gli adulti è difficoltoso affrontare lavori fisici pesanti.

    Marcello Martini Barzolai

    E quindi?

    Il dato saliente è l'esplosione dei costi e l'incertezza nelle entrate. Il nostro comparto è obbligato a sottostare a regole che sono uguali per tutto il territorio nazionale, affrontando però costi che sono tipici delle sole zone di montagna.

    Ma voi tenete duro o pensate di mollare? La domanda in realtà è retorica, perché questa intervista, iniziata a Casamazzagno nella sede dell'azienda, proseguita in Val Grande a Campo Trondo, dove si fa il fieno, e conclusa a 2000 metri sotto i Tre Picchi di Padola, alla ricerca di una mucca al pascolo, dimostra che Marcello Martini non ha proprio nessuna voglia di mollare.

    Sì, teniamo duro secondo le nostre regole, ovvero non più di un bovino e mezzo per ettaro, altrimenti si rischia di inquinare il terreno; alimentazione controllata e certificata anche sulla base della nostra esperienza; lavoro sette giorni su sette e quasi senza orari. Di certo, se poi vedo che le malghe vengono sottratte all'utilizzo delle aziende locali da parte di allevamenti industriali di pianura, a suon di migliaia di euro di affitto; e che una macchina agricola, necessaria per lavorare sulle nostre pendenze, in otto anni passa da un costo di 100 milioni ad uno di 120.000 euro, mi cascano le braccia. Perché i ricavi invece, se va bene, sono stabili, se non in calo.

    Qual è, allora, l'appello che si sente di rivolgere?

    Che ci vuole più politica e più cultura della montagna. Come nel vicino Alto Adige, dove appena al di là del Passo di Monte Croce Comelico, c'è molto turismo, crescita demografica ed economica, benessere diffuso, posti di lavoro che attraggono anche i miei compaesani. Un esempio da considerare bene, se vogliamo che il nostro futuro non sia lo spopolamento e la fine della nostra civiltà tipica.

    (21 novembre 2010)

    Il re dei salumi farà volare il Comelico

    Lo stabilimento Senfter di San Candido

    E' prevista per mercoledì prossimo 24 novembre, alle ore 15,00 presso lo studio del notaio Giovannetti a Santo Stefano di Cadore, la firma per la cessione dell'Alta Val Comelico alla Nuova Alta Val Comelico, la società che gestirà gli impianti di risalita di Padola. Da una parte Franz Senfter, che con la holding di famiglia deterrà il 43% della nuova società, divenendone presidente; dall'altra Rinaldo Tonon, che porta in dote la vecchia Alta Val Comelico, che della nuova avrà il 30%, divenendo vice-presidente. Le altre quote saranno della Sextner Dolomiten AG, che riunisce gli impianti di Sesto e San Candido (15%), e dell'imprenditore alberghiero Walter Holzer (12%) titolare a Sesto di Pusteria del Berghotel. Particolarmente soddisfatto Franz Senfter, imprenditore noto come il re dello speck, che presiede il colosso Grandi Salumifici Italiani ed anche la finanziaria bolzanina Euregio Finance. Perché da giovane ha fatto il maestro di sci, ed anche perché, ci ha detto, il Comelico è la prima valle in cui la mia azienda si è allargata quando ero ragazzo e venivo proprio qui a vendere, con un camioncino, i nostri insaccati.

    L'accordo amplia

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