Nella tormenta - Le cronache di una compagnia teatrale
By Bram Stoker
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About this ebook
Bram Stoker
Bram Stoker (1847–1912) grew up in Ireland listening to his mother's tales of blood-drinking fairies and vampires rising from their graves. He later managed the Lyceum Theatre in London and worked as a civil servant, newspaper editor, reporter, and theater critic. Dracula, his best-known work, was published in 1897 and is hailed as one of the founding pieces of Gothic literature.
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Book preview
Nella tormenta - Le cronache di una compagnia teatrale - Bram Stoker
BRAM STOKER
NELLA TORMENTA
Le cronache di una compagnia teatrale
Traduzione di Paola Forcellini
Titolo originale
Snowbound: The Record of a Theatrical Touring Party
Tutti i materiali consultati si trovano liberamente sul sito www.bramstoker.org
INDICE
PREFAZIONE
LA CIRCOSTANZA
UNA LEZIONE SUGLI ANIMALI DOMESTICI
LA ROBA DI COGGINS
LE SIRENETTE ESILI
UN NUOVO INIZIO ARTISTICO
IL DIAVOLO MICK
PAURA DI MORIRE
FINALMENTE!
UNA DELIZIOSA MELODIA
UNO STRANO CAMERIERE
IL RUFFIANO
LA BANDA DEI NANI
UNA STELLA DEL CRIMINE
LA BOTOLA A FORMA DI STELLA
EFFETTO RAGGIO DI LUNA
APPENDICE
"Il Signor Bram Stoker, autore di ‘Dracula’ e di ‘Miss Betty’, sta
scrivendo una serie di storie ‘raccontate su un treno’, nella
stesura delle quali sta attingendo dalla sua esperienza in campo
teatrale. Durante le tournée, infatti, nel giro di un mese gli
attori si confrontano con le varie sfumature della natura umana
più di quanto le persone che non viaggiano riescano a farlo in un
anno. Inoltre, il Signor Stoker riesce a ‘vederci’ molto meglio
rispetto alla maggior parte degli stessi attori itineranti, in
quanto quest’uomo è, prima di tutto, un osservatore. E a proposito
di attori letterati, anche il Signor Laurence Irving e il Signor
H.V. Esmond stanno attualmente lavorando a un romanzo".
Così il Cleveland Plain Dealer di Cleveland in Ohio annunciava, il
25 dicembre 1898, la lavorazione di NELLA TORMENTA – Le cronache
di una compagnia teatrale da parte di Bram Stoker.
PREFAZIONE
La Verità – o piuttosto, l’Accuratezza – di queste Storie potrà
essere accettata o meno, a discrezione del Lettore.
Dopotutto,
sono solo dei Racconti...
BRAM STOKER
LA CIRCOSTANZA
Per un po’ di tempo, il treno sembrò incespicare di continuo
tra i cumuli di neve. Di tanto in tanto, quando riusciva a
superarne uno, tornava ad aumentare improvvisamente la velocità
nello stesso modo in cui, nelle segherie, il ronzio delle lame
ricomincia a espandere il proprio trambusto più rapidamente non
appena i ceppi si spezzano, oppure quando le eliche di una nave
iniziano a ruotare più speditamente dopo aver superato l’onda. A
queste improvvise accelerazioni seguivano però altrettante
repentine frenate causate dall’impatto con il cumulo successivo.
L’Impresario, sollevando la tendina per sbirciare la vasta
distesa bianca, esclamò:
"Che notte deliziosa! E che bel posticino per venire sepolti
dalla neve! Da quanto riesco a vedere, tra il Mare del Nord e i
Monti Grampiani non vi è l’ombra di una casa. Ecco! È fatta!
Stavolta siamo bloccati definitivamente!". Nel frattempo, la già
lenta andatura del treno era infatti cessata del tutto. Il resto
della Compagnia si mise ad aspettare in trepidante attesa, per poi
esalare un sospiro di sollievo generale non appena la porta sul
lato esterno del vagone venne aperta dalla spinta energica del
Controllore: in quel momento, qualunque cosa sarebbe stata meglio
dello stato di incertezza in cui li aveva ridotti il viaggio lento
e spasmodico delle ultime due ore. Entrando e chiudendo la porta,
il Controllore si scrollò via la massa di neve che gli si era
sparsa disordinatamente addosso.
"Signore e Signori, ho lo spiacevole dovere di informarvi che
siamo completamente bloccati. Abbiamo combattuto con la neve da
Aberdeen in poi, ma il Macchinista sperava che avremmo potuto
farcela fino a Perth. Purtroppo, i cumuli di neve sono davvero
troppi, e pertanto dovremo attendere l’alba fermi in questo posto,
a meno che non vi sia un rifugio nei paraggi". Alla mente pratica
dell’Impresario venne immediatamente un’idea:
"Perché non tornare ad Aberdeen? Abbiamo sgombrato la strada
fino a qui, perciò dovremmo poter ripercorrerla facilmente!". Ma
il Controllore scosse il capo.
Questo si potrebbe fare in condizioni normali
, disse il
Controllore con un duro accento scozzese, "ma con un vento così
forte e una tormenta di tale portata – mai vista una così prima
d’ora - non riusciremmo a fare neanche un chilometro. Comunque, il
Fuochista è uscito in esplorazione e presto sapremo cosa ci
aspetta".
Dite al Macchinista di venire qui!
, ordinò l’Impresario.
Vorrei sapere esattamente che possibilità potremmo avere
. Non
appena la porta si aprì al passaggio del Controllore, una pungente
folata di aria gelida si intrufolò nel vagone facendo rabbrividire
l’intera Compagnia. Essendo tutti troppo avviliti e troppo tesi
per parlare, il silenzio perdurò finché il Controllore non tornò
con il Macchinista, imbacuccato nella sua uniforme nera, unta e
resa ancor più lucente dai rivoli di neve sciolta.
Dove ci troviamo?
, chiese l’Impresario.
"Più o meno a una quindicina di chilometri da qualunque posto,
per quanto ne so. La neve sta cadendo così fitta che non si riesce
a vedere a più di tre metri dal proprio naso, e il Fuochista è
tornato indietro perché non è riuscito ad allontanarsi più di
quindici metri dal treno".
"Pertanto, suppongo che non vi sia più niente da fare fino a
quando la tormenta non cesserà, giusto?".
Esatto!
.
"E dovremo passare la notte sul treno senza che ci possiate
fornire alcun genere di conforto, vero?".
Purtroppo è così
. Dopo quelle parole, un lamento uscì dalla
bocca di tutti. L’Impresario proseguì:
"Quindi dovremo fare il possibile per mantenerci per lo meno al
caldo... dobbiamo assolutamente accendere un fuoco!". Di nuovo con
la sua parlata tipica scozzese, il Controllore ribatté bruscamente:
"Accendere un falò nel vagone della Compagnia col rischio che
finisca tutto in cenere? No! Non accenderemo affatto un fuoco qui
dentro!", disse con fermezza. Ma l’Impresario rilanciò con la
medesima determinazione:
E chi ce lo può impedire?
.
Io!
.
Me l’aspettavo! E in che modo intendete farlo?
.
"Grazie all’autorità della Great North Line, da me rappresentata.
Pertanto, prendete pure atto che sia ufficialmente
proibito accendere fuochi nel treno!". Poi smise di parlare,
sembrando piuttosto autocompiaciuto.
A quel punto, l’Impresario estrasse la sua agenda dalla tasca e
vi scrisse sopra qualcosa. Poi disse gentilmente:
"Ovviamente, sarete perfettamente a conoscenza che, come
rappresentante di questa Compagnia, mi sono affidato a voi perché
onoriate il nostro contratto finché non saremo tornati a Londra".
Ma sicuro! Sapete benissimo che sono in grado di farlo!
.
"Quindi sarete senz’altro d’accordo sul fatto che, basandomi
sul comune principio di causa di forza maggiore, io possa
sollevarvi da ogni responsabilità!".
"Aye... certo!".
"Bene. Allora leggete questo foglio: si tratta di un avviso
formale. Se voi ammettete una causa di forza maggiore, lo stesso
vale per noi. E in questo caso, la nostra causa di forza maggiore
è ben più grave della vostra. Perciò accenderemo un fuoco qui
dentro, e se sarà necessario, lotteremo contro tutto il personale
del treno per farlo. Brooke, recatevi nel vagone degli inservienti
e dite loro di venire!".
Il Buttafuori partì per la missione, mentre l’Impresario,
notando che il Controllore aveva ceduto, proseguì ancor più
cordialmente:
"Come potrete presto vedere, non combineremo nessun guaio. E in
ogni caso, non vogliamo certo fare la fine del topo: abbiamo
bisogno del fuoco, ma ce ne occuperemo in modo tale da non
provocare alcun danno. Faremo entrare tutti i membri della
Compagnia, e anche il resto del personale del treno potrà entrare
e condividere con noi il calore non appena si propagherà".
"Aye... d’accordo! Non appena si propagherà!", mormorò il
Macchinista. L’Impresario sorrise. Vedrete!
assicurò. "Gestirò
tutto come una produzione teatrale: voi potreste assistere
all’opera, e, intanto, farvi magari venire qualche nuova idea per
sbarazzarsi dei cumuli di neve!".
In quel momento la porta si spalancò, e irruppe nel vagone una
mezza dozzina di inservienti, carpentieri e trovarobe, capeggiati
dal Capo Macchinista e dal Capo Attrezzista. La fila si chiuse
infine con il Capo Fattorino. Avevano tutti i piedi pesantemente
intasati di neve, e le parole dell’Impresario furono proferite
appena in tempo perché fosse evitato il caos:
"Calma, ragazzi! Siamo circondati di neve da ogni parte, e
quindi dobbiamo cercare di stare meglio che possiamo. Dobbiamo
accendere un fuoco qui dentro! Ruggles", disse al Capo
Attrezzista, "riuscireste a portare qui alcune cose dagli altri
vagoni?".
"È piuttosto semplice, Signore! Noi non abbiamo molti bagagli,
e nel nostro vagone vi è molto spazio sgombero".
E voi, Hempitch?
, disse al Capo Macchinista.
Stessa cosa, Signore. Anche noi abbiamo poche cose...
.
"Molto bene! Allora, prima di tutto dovremo accendere un fuoco
in questo vagone!". Ma in quel momento si rifece sentire il
Controllore:
"Qui non accenderete nessun fuoco! Dovrete prima passare sul
mio cadavere!".
State zitto!
, disse l’Impresario fermandogli il braccio.
"Vedrete che andrà tutto bene. Basterà aspettare un po’ e ne
rimarrete soddisfatto, e non vi sarà nemmeno bisogno di darvi un
colpo in testa né di legarvi immobile! Ora, Hempitch, prendete la
macchina del tuono e stendetela qui sul pavimento, sul lato più
protetto del vagone rispetto a questo finestrino! Signor
Controllore, vedrete che la lastra di ferro proteggerà il
pavimento! E voi, Ruggles, prendete una generosa manciata di
argilla dalle mani di Pigmalione e plasmate un bordo intorno alla
lastra per contenere la cenere. Voi, Hempitch, prendete mezza
dozzina di supporti di ferro e appoggiateli sui masselli o su un
paio di palchetti. Sulla piattaforma così ottenuta, mettete quindi
una griglia – ne andrà bene una qualunque. Poi voi, Ruggles, sopra
di essa posizionerete una mensola da camino in stile Luigi XI, in
modo che il fuoco vi rimanga dietro, e trasformerete una tela di
amianto in un camino che terminerà fuori dal finestrino e che
potrete sigillare con l’argilla. Il qui presente Macchinista ci
porterà in seguito alcuni carboni ardenti della caldaia, mentre
uno dei carpentieri prenderà la sega e taglierà un pezzo della
staccionata che ho visto fuori e che è fatta di vecchie
traversine".
Poiché i ferrovieri erano uomini intelligenti, riconobbero la
sicurezza e la comodità di quel piano, e si recarono subito alla
caldaia per prendere il carbone. Mentre erano presi da quel
compito, l’Impresario ordinò al Capo Fattorino:
"Portate dentro un paio di cesti con le pellicce che abbiamo
usato per ‘Michele Strogoff’! Ci serviranno per farci stare più
comodi. E ora, Signore e Signori, è meglio occuparci delle
provviste! Vedo che tutti voi avete i cestini per il viaggio fino
a Londra, quindi potremo cenare tranquillamente. Io ho anche un
grande vaso di whiskey delle Highlands, e perciò potremo pure
divertirci un po’... ovviamente nei limiti del possibile!".
Tutto era quindi in gran fermento, e sebbene il vagone fosse
rimasto terribilmente gelido fino a quando non vi furono portati
dentro i materiali necessari, il caminetto improvvisato fu
costruito così velocemente e il fuoco bruciò subito talmente bene
che ben presto l’ambiente si riempì di un benefico calore. Il
Macchinista portò anche un paio delle sue stoviglie, tra cui una
teiera bassa che, una volta riempita di neve sciolta, si mise in
poco tempo a sibilare sul fuoco. Dopodiché, il Capo Attrezzista
fornì i piatti e le posate provenienti dai suoi magazzini, e
finalmente, tra l’agiatezza e il buonumore, venne servita la cena.
Dopo mangiato, passarono di mano in mano punch e tè, e in
seguito, furono accesi anche sigari e pipe. La Compagnia, avvolta
nelle pellicce, si radunò poi più stretta che poté attorno al
fuoco.
Col passare del tempo, però, il brusio generale della
conversazione cominciò a calare, e i pochi commenti saltuari che
si sentivano ancora qua e là lasciarono infine spazio al silenzio
assoluto. Ma dopo un po’, tuttavia, quel silenzio fu rotto
dall’Impresario con un’improvvisa eruzione di parole che
sembrarono risvegliare le assopite facoltà mentali dei compagni.
UNA LEZIONE SUGLI ANIMALI DOMESTICI
"Una volta, passai un po’ di tempo con una Compagnia in un
vagone che non era esattamente il posto ideale...".
Raccontateci, raccontateci!
, esclamò la Prima Donna. "Dato
che dovremo passare qui molte ore, queste storie ci aiuteranno a
ingannare il tempo!".
Sentiamo! Sentiamo!
, esclamò anche il resto della Compagnia,
che sembrava apprezzare sempre i discorsi dell’Impresario. Al che,
l’uomo si alzò e si inchinò con la mano sul cuore, come se stesse
davanti a un sipario. Poi si sedette di nuovo e cominciò a
raccontare:
"Ormai sono passati molti anni – circa dieci, credo. In quel
periodo ero finalmente riuscito a comporre la prima Compagnia per
mettere in scena ‘Revelations of Society’ - Le rivelazioni della
società. Forse alcuni di voi si ricorderanno di questo spettacolo:
fu proposto per molto tempo in città e in tutto il Paese".
Lo conosco molto bene
, disse il Padre Burbero. "Quando
recitavo la parte del Ragazzo Principale, interpretai Geoffroi
D’Almontiere, il cattivone francese, tra i Giovani della Compagnia
del vecchio George Bucknill, insieme a Evangeline Destrude nel
ruolo di Lady Margaret Skeffington. Davvero un’opera straordinaria!
Mi chiedo spesso come mai nessuno la riproponga,
perché vale molto ma molto di più delle attuali commediette
sdolcinate o dei bruciabudella di bassa qualità!".
Zitto! Zitto!
, lo interruppero tutti. Al che, la rabbia di
chi stava parlando si placò. L’Impresario poi proseguì:
Quella volta avemmo un’invasione di cani
.
Di che?
.
Come?
.
Di cani?
.
Come ‘quella volta’?
.
Spiegateci meglio!
, esclamò la Compagnia.
L’Impresario
cominciò quindi il resoconto:
"Di cani, e di altre cose. Me è meglio che parta dall’inizio...
Durante la tournée precedente, avevo messo in scena ‘The Lesson of
the Cross’ - La lezione della croce - e siccome stavamo facendo
soldi a palate, pensai che fosse meglio dare un tono morale a
tutta la faccenda. Per fare questo, scelsi di proposito i membri
in base alla loro situazione famigliare. Con noi vi era solo gente
sposata, e non importava quanto le donne fossero vecchie e brutte:
sapevo infatti che al pubblico, che cercavamo di soddisfare il più
possibile, sarebbero andate bene, anche se in realtà non mi
aspettavo che questo potesse accadere veramente. Comunque, fatto
sta che portarono con loro i propri bambini! Non mi sarebbe
dispiaciuto se si fosse trattato dei figli maggiori - che ci
avrebbero fatto comodo per aumentare il pubblico e per cui ero
pronto a pagare il biglietto – ma purtroppo si erano invece
portate solo i neonati e i bambini piccoli, che ovviamente avevano
bisogno di qualcuno che badasse loro tutto il tempo. Non avete
idea del gran numero di giovani bambinaie e di ragazze provenienti
dai ricoveri e dalle case di cura che avevamo con noi! Quando mi
recai alla stazione e vidi il treno che l’Ispettore mi aveva
indicato, non credetti ai miei occhi: praticamente non vi era
nessun finestrino da cui non sporgesse un bimbo, mentre il binario
era pieno di vecchie signore e di bambini urlanti che ridevano,
piangevano, schioccavano le dita, si strofinavano gli occhi e
sventolavano fazzoletti da naso! In qualche modo, la folla fuori
dal treno era venuta a sapere della nostra partenza, ed essendo
una domenica pomeriggio, la gente continuò ad arrivare numerosa
per presenziare all’evento. Pertanto, non potei fare altro che
salire sul mio scompartimento, abbassare la tendina e pregare di
riuscire a partire in orario.
Quando giungemmo a Manchester, dove era in programma la prima
del nostro spettacolo, trovammo di nuovo la solita folla della
domenica arrivata fin lì per vedere gli attori. Non appena girammo
la curva dell’Exchange Station, guardai fuori e vidi con piacere
il pubblico che attendeva con ansia di veder comparire la famosa
Compagnia di ‘The Lesson of the Cross’, com’era stata ben
descritta sui manifesti. Scorrendo uno a uno i volti che mi
apparvero in fila, come quando il vento soffia sopra un campo di
granoturco, notai in loro uno sguardo di meraviglia, e vidi il
bianco luccichio dei denti di ogni uomo, donna e bambino
schiudersi man mano in un largo sorriso. Poi però mi voltai di
nuovo verso l’interno del vagone... verso quell’orda infernale di
bambini cullati sulle ginocchia, davanti ai finestrini! Intanto,
la folla cominciò a salutarci. Aspettai quindi che circondasse i
bambini e poi me ne sgusciai via di soppiatto in direzione
dell’albergo.
Andò così per tutta la tournée... in ogni posto in cui
arrivavamo o da cui partivamo, vi era la medesima folla: partivamo
e arrivavamo in mezzo a grida di giubilo! Non mi sarebbe
dispiaciuto tanto se tutto ciò ci fosse tornato utile