Un graffio al cuore
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Esiste la donna perfetta? Samuel lo chiede al suo riflesso in un vetro durante un temporale, mentre ripercorre la sua triste vita sentimentale.
È un ragazzo dolce, sensibile, premuroso, eppure sembra che, nonostante le donne cerchino un cavalier servente come lui, quando lo incontrano, fanno di tutto per liberarsene.
Crogiolandosi nella sua miseria, ritiene che l’unico affetto sincero sia quello della sua adorata cagnolina Palletta e del gatto Zerbino.
Fino a quando lo stesso Zerbino, non decide di rivolgere il suo amore a uno strano, inquietante essere femminile, dall’aria e dai gusti vagamente vampireschi, che risponde al nome di Liz.
Strana creatura Liz, affascinante, inquietante, dalla vita misteriosa e contornata da strane figure che la rendono quasi pericolosa.
Ma adora quel gatto e, soprattutto, il suo proprietario, a cui dà il nome di ‘Principe’, piombando nella sua vita, stravolgendone la quotidianità, diventando quasi un’ossessione da cui il ragazzo sembra non possa o non voglia assolutamente liberarsi.
Bianco e semplice come Samuel, o dark e tentatore come Liz?
I loro mondi si confrontano, si scontrano e cercheranno di fondersi come i loro corpi, attratti rispettivamente dalla diversità dell’altro.
Seguiamoli in questo gioco di seduzione e amore, che porta a scrivere una moderna favola fatta di sogni, paure, dolcezza e tanta, ma tanta passione.
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Un graffio al cuore - Therry Romano
Ringraziamenti
Capitolo 1
Pioveva copiosamente.
Samuel fissava le gocce di pioggia che, impetuose, si riversavano sull’asfalto, e nella loro caduta, battevano disperate contro il vetro della finestra, si infrangevano e poi franavano rovinosamente verso la strada.
L’acqua scrosciava furiosamente e ogni tanto, qualche lampo illuminava il cielo grigio, facendo vacillare la compattezza delle nubi.
«Proprio come quel giorno!» si disse, sospirando piano e appoggiando la fronte al vetro. «Non si direbbe, ma è già passato un anno.»
Sentiva rimbombare il brontolìo del tuono nel suo cuore, mentre una mano stretta e ghiacciata, lo stringeva in una morsa, che gli procurava angoscia.
Rivedeva nella sua mente gli occhi gelidi di Francesca che, dalla porta, lo salutava con un solo cenno della mano, mentre si allontanava a passi veloci verso le scale, senza voltarsi indietro. Non era stata la fine della loro storia a renderlo così triste, ma la facilità con cui lei lo aveva liquidato, dicendogli che aveva conosciuto un ‘ tipo ’ molto brillante, ‘un vero uomo’.
La frecciatina era diretta a quella parte del suo carattere, che lei aveva sempre detestato.
Samuel era dolce, tenero, romantico, il sogno di tutte le donne, come avrebbe detto la sua amica Laura con un sorriso ironico, ma ‘ troppo zuccheroso ’ per Francesca. Lei adorava i tipi ‘ machi ’, quelli dall’aria misteriosa, bastarda, che fanno soffrire una donna e la tengono sempre sulla corda.
Samuel al contrario era presente, puntuale, premuroso, e lei, dopo esserne stata affascinata per un po’, aveva cominciato a irritarsi per quel suo essere e a sentirsene completamente respinta.
Così quel martedì di fine primavera, senza dire neanche ‘ scusa ’, lo aveva liquidato sulla porta di casa, come un pezzo di carta lasciato abbandonato su un cassettone e di cui non sapeva cosa farsene.
Invece lui ci aveva lasciato il cuore...
Sospirò di nuovo, mentre avvertiva un rantolo di sottofondo, che lo distrasse dai suoi pensieri.
Zerbino, il suo gatto maculato, sollevatosi dal suo rifugio, raggiunse la porta di casa ed emise uno strano miagolio, graffiando il pannello di legno con la zampina. Ero uno strano suono, a metà tra un miagolio e uno starnuto, molto diverso da tutto quello che faceva di solito.
Samuel si girò a fissarlo, ma il gattino continuò a lamentarsi, gironzolando sul tappeto, su cui era solito accoccolarsi, fissando la porta in attesa che si aprisse.
Anche Palletta, la sua cagnolina, aveva alzato la testa e lo guardò in modo interrogativo.
«Che succede, piccolo?» chiese, riemergendo dai suoi pensieri.
Ma il gattino continuò con quel suo curioso verso, grattando la zampetta alla porta e guardandolo speranzoso.
Incuriosito, Samuel si avvicinò e il felino si strofinò alla sua gamba, per poi tornare indietro a fissare la maniglia della porta.
«Senti qualcosa fuori? Vuoi uscire?» domandò, ben sapendo che il gatto non gli avrebbe risposto, ma non riusciva a trovare una risposta a quel curioso atteggiamento.
‘ Miaaaoooo, snuff, snuff, maoooaoo’ fece il gattino in risposta, continuando il buffo percorso, dalle sue gambe alla porta.
Sempre più perplesso Samuel aprì la pesante porta d’ingresso e, con un balzo, il felino si precipitò sul pianerottolo.
Stette un istante a fissare le scale che scendevano al piano inferiore e, poi quelle del piano superiore. Infine, con un balzo deciso, si diresse verso l’alto.
«Ma dove accidenti va?» si chiese sorpreso, mentre a piedi nudi lo rincorreva.
Il mistero si infittiva, visto che il cucciolo non era solito uscire dall’appartamento.
Fece una sola rampa e si fermò di botto.
Sul pianerottolo del piano superiore, davanti a una porta aperta, c’erano due gambe lunghissime, fasciate in un collant dai disegni geometrici, verso cui si stava precipitando Zerbino.
«Mi spiace signorina Lorenzi, ho cercato di avvertirla, ma il suo operatore mi diceva che non era raggiungibile.» stava dicendo la signora Mattei, segretaria dello studio di architettura, alla ragazza dalle lunghe gambe di fronte a lei.
«Non si preoccupi. Purtroppo il mio apparecchio ha qualche problema in questi giorni.» rispose la ragazza, con una voce melodiosa. «Posso tornare un altro giorno, se preferisce.»
«Sarebbe davvero cortese se potessimo spostare l’appuntamento a domani, stessa ora.» convenne con tono sollevato la Mattei. «Adesso devo correre in soccorso dell’architetto, sperando che non sia nulla.»
«Vada pure tranquilla e spero anche io che non sia nulla di grave. Tornerò domani, se non è un problema.» affermò la ragazza. «Per sicurezza, prima di passare, le telefono per una conferma.»
«Lei è davvero gentile, grazie.» accettò l’altra, mentre chiudeva la porta e prendeva la borsa appoggiata a terra, raggiungendo l’ascensore. «Viene giù con me?»
«No, grazie.» sorrise. «Devo recuperare il mio ombrello dalla rastrelliera del piano inferiore. Arrivederci a domani.»
Le fece un cenno di saluto con la mano, mentre l’ascensore partiva, e girandosi per ridiscendere le scale, diede un piccolo gridò.
«Ahia! Che diamine…?!»
Samuel si gelò all’istante: Zerbino, anziché strusciarsi alla sconosciuta, aveva pensato bene di piantarle le unghie nella gamba e di arrampicarvisi. Cercò di recuperarlo, ma la ragazza si abbassò e lo osservò curiosa.
«Ma ciao, piccolo batuffolo!» sorrise. «Devo dedurre che non ti piacciano le mie calze?»
Ruotò la gamba per osservare lo squarcio che si era ramificato, dal punto in cui il piccolo felino l’aveva agganciata, e sospirò rassegnata.
«In effetti non piacevano molto neanche a me, ma la mia amica Linda diceva che avrebbero fatto ‘scintille’ per un colloquio di lavoro… forse non intendeva questo disastro.»
Lo sollevò e il felino si acciambellò sulle sue braccia, strofinando la testa sotto il suo mento, ripetendo il buffo miagolio, che aveva fatto precedentemente, emettendo anche qualche starnuto.
«E vedo che non ti piace neanche il mio profumo.» ridacchiò, facendogli una grattatina sotto il mento. «Probabilmente è troppo intenso… Uhmm, se passavo da te prima di venire, magari mi evitavi una figuraccia.»
Si girò indecisa, guardando le scale per capire da che parte fosse arrivato, per poterlo restituire ai proprietari. I suoi occhi incrociarono quelli di Samuel, spalancati a guardarla, mentre spostava il peso del corpo da un piede all’altro.
«Salve!» gli disse. «Presumo che il piccolo assalitore sia suo.»
I suoi occhi percorsero la figura del ragazzo, dai piedi nudi, ai pantaloni della tuta bianca, dalla camicia abbottonata per metà, che gli lasciava scoperto una parte del petto, ai capelli acconciati in una pettinatura tribale, intrecciati dalla sommità del capo, che scendevano lunghi fin oltre le spalle.
L’insieme parve piacerle, e Samuel ebbe la sensazione di essere completamente nudo davanti a lei. In un gesto automatico, si allacciò un bottone, mentre annuiva con la testa e saliva un gradino verso di lei.
«Sì, mi scusi.» rispose. «Zerbino non si comporta mai così. È scappato all’improvviso e non sono riuscito a fermarlo. Mi spiace per le sue calze, gliele rimborserò!»
«Non è successo nulla di grave, stia tranquillo.» rispose sorridendo. «Anzi, sembra che non siano così belle come pensavo. Zerbino non ha approvato... che nome curioso per un gatto.»
«È dovuto al fatto che sta sempre sul tappetino d’ingresso… insolito, lo so!».
Samuel scrollò le spalle in tono quasi di scusa.
Non riusciva a capire perché si stesse giustificando con una sconosciuta, ma l’immagine delle sue gambe, lo faceva ancora arrossire, come se avesse rubato un attimo privato della ragazza.
«Mi piace!» affermò lei, scendendo. Fece un’altra coccola al micio e dolcemente glielo passò «È veramente un bell’esemplare.»
Samuel sorrise deliziato, raccogliendo il gatto che, invece, non sembrava felice di cambiare braccia. Miagolò per protesta, ma poi accettò la situazione, guadagnando un’altra carezza da entrambi. La mano di lei sfiorò involontariamente anche il braccio nudo del ragazzo.
Samuel sentì un dolce brivido percorrergli il punto di contatto e sollevò il viso verso il suo.
Aveva due occhi luminosi, color nocciola ma leggermente spruzzati di verde, molto simili a quelli di un felino. I capelli color cioccolato, brillanti, lunghi fino alla vita, si arricciavano alle punte in morbide onde. Il suo viso era truccato leggermente, gli zigomi messi sapientemente in risalto e gli occhi ombreggiati da una matita color fumo. Era piacevole da guardare, ma quello che lo colpiva era il sorriso: aveva denti bianchissimi, dietro una bocca carnosa, sottolineata da un gloss perlato.
«Io sono Samuel.» disse, allungando la mano e distogliendo gli occhi dai suoi.
«E io sono Eliza, ma tutti mi chiamano Liz.» rispose, prendendo la sua mano e stringendogliela tra le dita lunghe e affusolate.
«Mi spiace sul serio Liz, per il disastro che ha fatto Zerbino. Ti ha ferita?» chiese premuroso.
«No, tranquillo. È stato solo un pizzico.»
«Ti rimborso il danno.» ripeté convinto, abbassando lo sguardo verso la calza smagliata.
«Non se ne parla!» rispose decisa Liz. «È stato un incidente.»
«Ma non puoi uscire così!»
«Qualcosa da ridire sul mio look da gothica?» rise la ragazza, inarcando un sopracciglio. «Uhmm, devi essere un snob sul modo di vestire.»
Samuel la fissò perplesso, ma si accorse che ridacchiava e si rilassò.
«Ma no, figurati. Mi spiace che ti abbia rovinato il tuo bel completo... Sei una cliente dello studio?»
«No, sono venuta per un colloquio di lavoro.» rispose Liz, scuotendo la testa. «Ma l’architetto ha avuto un piccolo incidente e la segretaria ha dovuto raggiungerlo di corsa.»
«Spero nulla di grave.» si informò Samuel.
«Pare di no.» lo tranquillizzò. «Non voglio sembrare insensibile, ma non vorrei perdere un possibile datore di lavoro, prima che mi abbia dato una possibilità.»
Risero entrambi, mentre Zerbino aveva cominciato a ronfare.
«Ma guarda che tipo!» rise Samuel, fissando il gatto. «Combina un disastro e poi si mette a dormire.»
«Beato lui!» sospirò Liz. «Io ho una giornata lunga da affrontare… Piove ancora fuori?»
«A dirotto.» mormorò il ragazzo, fissando la finestra, che vedeva dalla porta aperta «Dove sei diretta?»
«All’altro capo della città.» ribatté lei. «Devo cercare un posto in cui cambiarmi d’abito, perché così vestita, non attraverso neanche la strada, senza inzupparmi fino al midollo.»
«Vuoi usare il mio bagno?» le chiese cortese.
«Davvero mi faresti questa cortesia?» domandò sorpresa.
«È il minimo che possa fare per sdebitarmi.»
«Grazie davvero! Non hai idea del favore che mi stai facendo.» rispose felice, appoggiandogli la mano sul braccio con calore.
Samuel sorrise dolcemente, come se avesse fatto il gesto più nobile, che un cavaliere medievale potesse offrire a una principessa in difficoltà.
Spinse la porta d’ingresso, invitando la ragazza a entrare, e appoggiò il gatto nella sua cesta, accanto alla poltrona.
Liz entrò quasi timida, rimanendo incantata a fissare le ampie volte del soffitto altissimo, con travi a vista, su cui erano stati incassati, con una perizia d’artista, le lampade d’illuminazione. Si guardò intorno, facendo scorrere lo sguardo sull’ambiente unico dell’appartamento, interamente arredato in bianco e acciaio, che dava all’insieme, una prospettiva di profondità e di purezza.
Al fondo della sala, partiva una scala in alluminio, che portava al piano superiore soppalcato, su cui erano disposte, presumeva, le camere e la zona notte.
«Prego, da questa parte.» la distrasse Samuel, indicandole la bellissima porta cesellata con mosaico floreale, che si apriva alle sue spalle.
Liz lo fissò un attimo e, ringraziandolo con un cenno della testa, prese la sua ampia borsa e si recò nella stanza indicata.
Quando sparì oltre la porta, Samuel sospirò, rilassando un attimo le spalle e lo stomaco: che strana situazione!
Qualche minuto prima, era lì a guardare la pioggia e crogiolarsi nel suo dolore, e ora era lì a sorridere tra sé, pensando alla ragazza che era nel suo bagno. Lanciò un’occhiata al gatto, che continuava a dormire imperterrito e scosse la testa.
Si allontanò di qualche passo e sentì la porta aprirsi alle sue spalle.
Stava per chiedere se avesse bisogno di qualcosa, ma il suo sguardo si fermò su una perfetta sconosciuta.
Liz lo fissò incuriosita e poi cominciò a ridacchiare.
«Guarda che mi hai fatto entrare tu, te lo