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Una spada tra luce ed oscurità: Le cronache di Aron
Una spada tra luce ed oscurità: Le cronache di Aron
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Ebook234 pages3 hours

Una spada tra luce ed oscurità: Le cronache di Aron

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About this ebook

Aron, un guerriero che non ha memoria del suo passato, si ritrova nel pieno di un duello con un misterioso avversario che è sul punto di sopraffarlo. Salvato dagli ultimi poteri della sua leggendaria spada, Eclissi, viene soccorso da alcuni contadini di passaggio. Ma, prima ancora che possa riacquistare le forze, l'orrore della guerra travolge lui e coloro che lo hanno salvato... E' così che, privato della sua arma, inizia per lui un viaggio tra disperazione e speranza, draghi e stregoni, decisioni inevitabili e scelte dolorose, alla ricerca dell'origine della sua nemesi, il cui ultimo fine sarà imparare la lezione più importante della sua vita e, nel contempo, salvare l'intero regno prima che il caos travolga ogni cosa...
LanguageItaliano
Release dateMar 17, 2014
ISBN9788869090639
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    Una spada tra luce ed oscurità - Roberto Donini

    Kros

    Tra la vita e la morte

    " Sotto la spada levata alta c'è l'inferno che ti fa tremare.

    Ma vai avanti e troverai la terra della beatitudine"

    (Musashi Miyamoto)

    Eclissi era stata spezzata. La punta della spada si conficcò nel suolo ad una ventina di centimetri di distanza da Aron, e poco dopo la mano del guerriero si posò per terra, per evitare al suo corpo ormai allo stremo delle forze di cadere completamente inerme. Anche se ormai sembrava giunta l'ora... E forse non era nemmeno un male, pensava fra sé e sé.

    Che senso poteva avere il momento che stava vivendo? Non ricordava nemmeno perché si trovasse in quel posto. Il cielo era grigio, e doveva essere all'incirca mezzogiorno. Già, il sole doveva trovarsi a metà del suo cammino nel cielo, proprio come la sua vita. La sua età gli era ignota, ma le mani ancora giovani, nonostante fossero segnate dai calli causati dall'elsa della spada, e la foga con cui aveva combattuto, gli facevano intuire di aver passato da poco la giovinezza. Peccato, penso quasi ironicamente fra sé e sé, un po' di energia in più mi sarebbe potuta essere molto utile in questa situazione. Ma ne era poi sicuro? Sapeva per esperienza, anche se il suo passato era fatto solo di flash-back che riaffioravano, che i duelli duravano pochi secondi. Un attacco, un vivo ed un morto, soleva ripetere.

    E nel passato il vivo era sempre stato lui. Ma questa volta le cose stavano andando diversamente. Gli sembrava di combattere contro il suo avversario da un'eternità, ed anche questo non aveva senso. Se era davvero più abile di lui, come mai non lo aveva trafitto al primo attacco andato a vuoto? Non riusciva a spiegarselo con la sua logica, eppure intuiva la motivazione di tutto ciò. Era come se ognuno sapesse quello che l'altro avrebbe fatto, da sempre. E così il duello era proseguito fino allo sfinimento. Nessuno dei due aveva un graffio. Sapevano entrambi che il primo errore non avrebbe portato una semplice ferita, ma la morte. Eppure di nuovo i conti non tornavano. Lui era ancora vivo, ma si sentiva già morto... Come mai la sua leggendaria spada, che nessuno mai era riuscito a domare, era stata spezzata? Chi era costui che aveva potuto ciò? Aron alzò lo sguardo, come a voler compiere l'ultimo atto di coraggio della sua esistenza, che ormai sembrava giunta al termine, e di cui sapeva ben poco. Il guerriero era di fronte a lui, con la spada levata sulla nuca, pronto a porre fine a tutto. Lo fissò negli occhi. I suoi occhi non erano spenti, come quelli di Aron. Erano vivi, risplendenti di una malvagità che nessuno sarebbe mai riuscito a descrivere.

    Dimmi il tuo nome, prima di finirmi, lo supplicò.

    Io sono la tua morte, tu mi hai chiamato, e sono venuto a prenderti. Il mio nome è Kros.

    In quel momento, le nuvole lasciarono intravedere uno squarcio di cielo, e tutto divenne più chiaro. Ora si spiegava la scarsità di luce, insolita per quell'ora. Il sole era per metà oscurato. Aron era veramente al limite delle forze, e la vista cominciava ad annebbiarglisi. Eppure riuscì a guardare di nuovo, ancora più in alto, là dove sembrava che le tenebre che avvolgevano colui che stava per finirlo oscurassero il sole stesso. Si trattava di una eclissi anulare, ed un pensiero gli balenò alla mente. Quel giorno, il sole non sarebbe mai stato oscurato completamente. In quello stesso istante, i due frammenti di Eclissi produssero un riflesso anomalo, che puntò dritto sulla spada di Kros, togliendo ogni potere all'arma ed al guerriero. La creatura si sentì prendere dal panico, e per un istante volle saltare addosso al suo avversario, ormai inerme, per finirlo con le sue stesse mani. Ma poi si accorse che così non doveva andare, non quella volta... Era una strana sensazione, che non si riusciva a spiegare. Rinfoderò la nera spada, che ormai aveva perso ogni sua utilità, e dopo avere emesso un rumore indescrivibile, carico dell'odio più selvaggio, verso Aron, se ne andò correndo. La luna cominciò ad uscire dalla circonferenza del sole, ed il guerriero, travolto da un senso di impotenza, perse i sensi, e si accasciò a fianco della spada spezzata, che gli aveva salvato la vita.

    Eclissi era di nuovo intatta, custodita come sempre nel suo fodero. Il cielo era sereno, ed Aron stava attraversando un territorio completamente disabitato, dove sembrava che nessun uomo avesse mai messo piede. Il profumo dell'erba riempiva l'aria, e la pace sembrava regnare. Camminando lungo il sentiero, finì per trovarsi di fronte ad un fiume, che scorreva lento e placido nell'aria primaverile. Non ebbe nemmeno bisogno di cercare un ponte, gli bastò attraversare laddove si potevano notare le pietre subito sotto il ciglio dell'acqua, lisciate dallo scorrere incessante. Non appena ebbe passato il guado, si accorse di una cosa che stranamente gli era sfuggita. Il sentiero si biforcava. Da una parte procedeva fiancheggiando il fiume per miglia e miglia, lungo un percorso agevole ma che sembrava non finire mai. Dall'altra tagliava per un bosco che sembrava ergersi su una piccola collinetta, dietro alla quale probabilmente le due strade si ricongiungevano. Ma come mai non si era accorto di questo improvviso cambio di paesaggio, già prima di attraversare il fiume? Poco importava, si sentiva sicuro di sé e scelse la strada più breve. Prese per il bosco, ripulendosi i pantaloni dalle alghe che gli si erano attaccate durante l'attraversamento del corso d'acqua. Quando ebbe finito, alzò lo sguardo, e non credette ai suoi occhi. Si trovava completamente avvolto dalle tenebre. Si voltò indietro, per chiedersi come fosse stato possibile che avesse percorso così tanta strada tra quelle fronde senza rendersi conto del passare del tempo. Ma non ebbe modo di riflettere. Udì dei passi, leggeri e veloci, avvicinarsi alla sua destra. Osservò attentamente, pronto a prevenire ogni pericolo, e quando si accorse di quale creatura si stava avvicinando un sorriso di scherno gli si disegnò sulle labbra. Si trattava di un lupo, un semplice e misero lupo, ed anche piuttosto malconcio e spelacchiato a prima vista. Strano, in genere i lupi non attaccavano gli uomini, a meno che non fossero disperati. Peggio per te, disse ad alta voce, non starò qui a riflettere sul perché hai deciso di porre fine alle tue sofferenze!. Arretrò il piede per estrarre Eclissi, ed un po' gli dispiaceva sporcare la sua spada per una creatura talmente misera. Ma non ebbe modo di dispiacersi. La spada non usciva dal fodero! Poteva sentirne saldamente l'elsa nelle sue mani, ma per quanto si impegnasse non riusciva ad estrarla. Stava compiendo una fatica immensa, e si accorse che il braccio cominciava a dargli delle fitte. Era come se la spada stessa fosse dotata di una propria volontà, e per un qualche motivo non volesse essere estratta. Si rese conto di essere lento, tremendamente lento. Ogni movimento gli costava uno sforzo immane, quasi un campo di forza che lo avvolgesse rallentandolo enormemente. Il lupo invece... Beh, non era più dove se lo immaginava... Le sue zanne erano conficcate nel braccio, proprio dove aveva iniziato a fargli male mentre tentava di estrarre...

    Aron si rese conto ben presto che la realtà era peggio del sogno. Una belva gli stava lacerando il braccio, e si trovava completamente in sua balia, incapace di liberarsi dalla morsa. La luna splendeva alta nel cielo, come a volerlo schernire, come se fosse tornata per assistere alla sua morte, che si era persa solo qualche ora prima. Mentre tentava disperatamente di divincolarsi trascinandosi indietro, con la mano sinistra incontrò una pietra. La afferrò più saldamente che poteva, e con tutta la forza che gli rimaneva in corpo colpì l'animale alla testa. La bestia arretrò, come sorpresa da questa improvvisa reazione della sua vittima, di cui già aveva pregustato il ferreo sapore del sangue. La ferita sul cranio dell'animale non era grave, e Aron capì che se l'avesse attaccato di nuovo non avrebbe avuto più possibilità di respingerlo. Ma una cosa imprevista accadde. Una freccia, scagliata da mani esperte, trafisse la belva all'altezza della giugulare, facendola stramazzare a terra. Il guerriero iniziò a sentire freddo, e si accorse che il braccio ormai non gli doleva più, e che la luna stava diventando sempre più scura...

    Il sole stava tramontando, ed il cielo aveva assunto una colorazione rosso sangue, che ben presto si trasformò in un blu quasi tenebroso. Una vampata di vento lo investì in pieno, obbligandolo a voltarsi. Alle sue spalle si ergeva maestoso un bosco che gli suonava fin troppo familiare. Si coricò in ginocchio, sentendosi più debole del solito, e guardò per terra, come per riflettere. Proprio dove aveva posato il piede i due sentieri si erano riuniti. Rendendosi conto di aver finalmente superato quella zona, fece per girarsi e guardare cosa gli riservava il futuro, ma una nuova folata di vento, molto più forte della precedente, lo fece volare a terra.

    Naril

    Aron vide le tenebre che lo avvolgevano schiarirsi, ed aprì gli occhi. Si trovava disteso su un letto di modesto valore, e poté avvertire il tocco delle lenzuola ruvide sulla guancia. Un raggio di sole filtrava dalle tende che coprivano la finestra, e lo colpiva dritto negli occhi. Fece per alzarsi, ma si trovò in difficoltà quando fece perno sul braccio destro. Udì una fitta di dolore, e come un lampo essa gli fece ricordare quello che era successo. L'avambraccio era fasciato, stretto al punto giusto, in modo da tenergli salde le medicazioni ma da non bloccargli il flusso del sangue, e poteva sentire l'odore di una qualche sostanza disinfettante applicatagli sulla ferita per fermare l'infezione. Riprovò di nuovo, e riuscì perlomeno a sollevare il busto. Guardò meglio la stanza dove si trovava. Si trattava probabilmente del ripostiglio di una casa contadina, adibito alla meglio per accogliere un ospite inatteso quale lui era; ai muri vi erano appesi alcuni attrezzi da lavoro, delle vecchie stoviglie ormai inutilizzate, sacchi per contenere probabilmente foraggio per gli animali, e... un ritratto. Si trattava di un volto che gli suonava familiare, ma non riusciva a ricordarsi. Era senza dubbio un personaggio dotato di un forte carisma e senso di responsabilità, lo si poteva vedere dalla profondità dello sguardo che il pittore era riuscito a ricreare. Ma chi fosse rimaneva un mistero. E non era certo l'unico o il più importante che assillava la sua mente confusa. Si fece forza, ed alla fine riuscì ad alzarsi in piedi. Si sentiva ancora molto debole, ma perlomeno riusciva a camminare con le proprie gambe. Si guardò ad uno specchio, anch'esso ornato con una misera cornice. Dunque era questo il suo aspetto? I lunghi capelli neri gli cadevano sulle spalle senza un verso preciso, ed una barba incolta di almeno tre giorni gli ricopriva il viso. Gli occhi, beh, gli sembravano familiari. Pensò all'ultima volta che si era guardato riflesso nello specchio. Nemmeno questo si ricordava. Non è proprio giornata, disse ad alta voce, beh, perlomeno sono vivo, concluse. Si accorse di indossare i tipici abiti contadini, con pantaloni comodi e maglie che dovevano servire solo a tener caldo e a proteggere dal vento, e non certo ad apparire all'ultima moda. Si affacciò alla finestra, e mentre vide il campanile di una piccola chiesa sentì le campane suonare. Era un suono che aveva dentro di se qualcosa di maestoso, di nobile, proprio come quel volto disegnato sul quadro. Un re, ecco chi era. Non un re qualsiasi, il Re. Colui che da anni manteneva la pace nel regno, impegnato in continui negoziati con i territori vicini, affinché i suoi soldati non dovessero più combattere assurde guerre. E si ricordò anche la voce di quell'uomo... Già, lo aveva conosciuto. Ma allora chi sono io!. Si guardò allo specchio, ma non ottenne alcuna risposta dalla sua immagine riflessa. Noto però una somiglianza con... No, non è possibile! Non ha alcun senso! Doveva avere anche questa volta pensato ad alta voce, e qualcuno si era accorto che aveva ripreso i sensi. Si voltò di scatto, ed istintivamente portò le mani all'altezza dell'anca sinistra. Ma la spada non c'era più. In quell'istante comparve sulla porta una ragazza mora, probabilmente la figlia del padrone di casa. Non era particolarmente appariscente, ma intrigante, ed il suo sguardo compassionevole gli fece subito capire che doveva essere stata lei a medicarlo con tanta cura. Si guardò il braccio, e fece per dire qualcosa.

    Non preoccuparti, l'infezione è stata fermata, lo anticipò lei.

    Grazie, ma dove mi trovo?

    Sei a Naril, e questa è la casa di mio padre. Io mi chiamo Misha

    Grazie... Il mio nome è Aron.

    Ti hanno trovato a pochi chilometri da qui, mentre un giaguaro ti stava assalendo, ricordi?

    Sì, ricordo bene. Mi avete salvato la vita. Pagherò il mio debito

    Non ti preoccupare, sembri in gamba, sono sicura che ne avrai modo. Ora vado a preparare il pranzo. Quando te la senti, puoi venire nell'altra stanza, così conoscerai mio padre. Ah, dimenticavo, è lui che ha scoccato la freccia.

    Grazie ancora... Solo una cosa, Misha. C'era qualcosa vicino a dove mi avete trovato? Per esempio i frammenti di una spada...

    Certo, e come potevano non accorgersene. Mio padre ha detto che sembrava brillare di luce propria. Si sono avvicinati al luogo dove ti trovavi incuriositi dal misterioso bagliore che emanava. Io non me ne intendo di queste cose, ma potrei giurare che si tratti di una delle leggendarie spade magiche di cui mi raccontavano nelle favole quando ero piccola.... Aron abbassò lo sguardo.

    La ragazza si accorse di essere stata troppo invadente. Comunque, è nella sacca nell'angolo della stanza. Controlla pure se vuoi, ma non metterci molto, o la zuppa si raffredderà, concluse.

    Misha se ne andò. Aron guardò nell'angolo, e vide una borsa da viaggio che prima era sfuggita alla sua attenzione. Vi si avvicinò e l'aprì; vi trovò dentro i suoi vestiti, i suoi stivali, il fodero d'argento ed un pezzo di stoffa grezza, in cui era avvolto qualcosa. Mise mano al fardello, e vi trovò Eclissi. La spada era stata frantumata in vari pezzi dal tremendo colpo subito, ma Aron sentiva che non era morta, perlomeno non completamente. Proprio come lui. Richiuse la sacca, e si diresse in cucina.

    Era da poco passato mezzodì, e Misha ed il padre si erano appena seduti a tavola quando entrò nella stanza. Non appena Aron ebbe varcato la soglia, il vecchio si alzò in piedi, ed aiutò il malridotto ospite a sedersi.

    Benvenuto, straniero, il mio nome è Barol. Immagino che tu abbia già avuto il piacere di conoscere mia figlia. Ti abbiamo trovato nelle pianure a nord di Naril due giorni or sono, durante una battuta di caccia notturna, ed abbiamo deciso di portarti qui. Vedo che ti stai rimettendo in fretta, ma non ti sforzare troppo. Permettimi di offrirti ciò che la nostra povera terra può dare.

    Vi ringrazio. Siete molto gentile. Il mio nome è Aron, e come ho già detto a vostra figlia vi ripagherò per quanto avete fatto. Sono onorato di sedere alla vostra tavola

    Cominciarono a mangiare. La zuppa era piuttosto saporita, e così come si vedeva che era stata fatta con pochi poveri ingredienti, si poteva intuire che era stata preparata con tutta la cura necessaria per renderla appetitosa, anche in quelle misere ciotole di legno. D'altronde, era normale che un uomo a digiuno da almeno tre giorni trovasse appetitosa qualsiasi brodaglia commestibile.

    Raccontaci qualcosa di te, intervenne Misha, sembri una persona molto vissuta.

    Non essere invadente, figlia mia, il nostro ospite si è rimesso dalla febbre solo oggi, ed è molto debole. Non tempestarlo con le tue domande, quando se la sentirà ci racconterà di più, la interruppe il padre.

    Non preoccupatevi, non mi infastidite con le vostre domande. Anzi, la vostra premura mi aggrada molto. Ma purtroppo non so darvi una risposta. Non ricordo niente prima di quel giorno. Forse deve essere stato il trauma. Spero che i ricordi presto riaffioreranno

    Il guerriero si rese conto di aver detto troppo, forse. Che idea potevano farsi due contadini che ospitavano in casa uno straniero, armato di una spada che non nascondeva certo il suo potere, e che non ricordava cosa gli fosse successo, o come aveva avuto in dono quell'arma? Quale azioni aveva compiuto in passato? Ma presto le parole di Barol lo tranquillizzarono.

    Non preoccuparti, non ci interessa ciò che sei stato, o come mai ti abbiamo trovato stremato con la tua spada spezzata. Mi basta vedere i tuoi occhi per capire che non sei una persona malvagia. Sono un vecchio ignorante, ma ne ho conosciuti parecchi di stranieri di passaggio in questa città, e so riconoscere i furfanti. Ti chiedo scusa per l'intraprendenza di mia figlia.

    "Vi ringrazio, siete molto gentili ad ospitarmi, e mi onorate con la fiducia che mi date senza nemmeno

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