Tutto panna chantilly
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Tutto panna chantilly - Erika Gallini
chantilly
Tutto panna chantilly
Erika Gallini
TUTTO PANNA CHANTILLY
SEGNALATO AL PREMIO ITALO CALVINO XXVI
www.atmospherelibri.it
Un testo che ispira un’immediata simpatia. Sarà per l’idea golosa di fare di un lussuoso pasticcino (appunto il Tutto panna chantilly
) l’ospite d’onore della narrazione. Ovvero per la freschezza della scrittura: spontanea, frizzante, priva di pose. Il parlato spigliato e la felice irriverenza di un’adolescente, Agnese, che ci racconta una vita familiare interamente scandita dal lavoro indefesso e dall'assoluta dedizione alla propria arte
di un padre premiato pasticcere. Tutto ruota attorno a lui, genio burbero ed esigentissimo, all’elegante caffetteria al pianterreno di un palazzo che è casa e bottega, e soprattutto al laboratorio che ne è il cuore, e che pulsa lento e profumato tra spennellate di miele, teglie imburrate, budini vibranti e blocchi di cioccolata...
Parenti e collaboratori si alternano al suo cospetto dividendosi ruoli di solerti aiutanti e di irriducibili oppositori – come Filippo, il figlio sempre più avvitato in una spirale di rabbioso isolamento. A raccogliere le aspettative paterne, deluse dall’ansia d’emancipazione dei figli, si affacceranno infatti figure nuove, stranieri che sembreranno inizialmente materializzare, con la loro timida e silenziosa presenza in casa, quel senso di lontananza, di incomunicabilità che pare aleggiare tra i membri della famiglia, ma che infine rappresenteranno, per la rinomata pasticceria, nientemeno che il futuro.
BLU, BORDEAUX E VERDE BOTTIGLIA
Le tende arancioni sventolano lente al tiepido vento di primavera, la gente entra in pasticceria, i nasi si alzano rispetto alla linea d’orizzonte, i toraci si sollevano sinuosamente fasciando i seni alle donne e spingendo in fuori le pance degli uomini, i corpi si riempiono dell’aroma rotondo e caldo che sale dal laboratorio per scemare in sfumature più tenui sui banchi d’esposizione dove centinaia di pasticcini s’apprestano alla giornata come plotoni pronti al sacrificio. Questa è la pasticceria Toron, la più antica della città, la migliore della regione, tra le prime in tutta la nazione: qui si può comprare il pasticcino Tutto panna chantilly, vincitore del Premio internazionale d’alta pasticceria città di Casablanca per tre anni consecutivi.
«Quelle tende fanno schifo, sono un obbrobrio, arancione dico io, arancione?!»
Questo è il regno di mio padre: colui che porta nelle mani il segreto del pasticcino Tutto panna chantilly è il Re e le decisioni di un re non si discutono, si eseguono.
Io sono sua figlia Agnese e tutt’al più incarto le paste nei cabaret: le mie mani non hanno nulla di speciale, non sanno nemmeno fare un uovo al tegamino. Si può dire che io sia l’ultima ruota del carro qui dentro, un piccolo garzone di bottega senza talento.
«Agnese, tira giù le tende per favore, a tuo padre non piacciono!»
Mia madre è un ibrido inqualificabile: gestisce il banco del negozio e la cassa, a volte corre in giro per acquisti, paga qualche fattura ai fornitori, sforna qualche caffè nel nuovo reparto appena aperto su consiglio di mio fratello Filippo, incarta caramelle, lecca lecca e bon bon d’ogni forma e colore, predispone le vetrine e fa compagnia alla donna di servizio durante le pulizie per controllare, soprattutto nel laboratorio, che nulla venga cambiato di posto.
Qualunque cosa faccia è fatta male che sia qui, nel reame del pasticcere migliore della città o che sia a casa, la casa del migliore pasticcere della città.
«Un po’ di colore non avrebbe guastato però…» commento mentre piego le tende arancioni e constato che non ci si allontanerà mai dal blu e dal bordeaux e dal verde bottiglia con cui si confezionano i dolci e i grembiuli e le vetrine da che sono al mondo.
«Non ho voglia di discutere, per favore. Fa come ti ho detto!»
Mia madre pare un sergente frustrato dalla vita di caserma: all’interno del negozio ama strapazzare chiunque le capiti a tiro.
«Dove le metto?»
«Giù, nel sottoscala ma attenta a non ungerle quando passi vicino alle teglie, spero me le ritirino e me ne diano di un altro colore».O blu o bordeaux o verde bottiglia, penso.
Scendo i cinque gradini che dividono il paradiso in terra dalla fucina degli dèi: è qui il cuore di tutto il fabbricato e pulsa lento e profumato tra spennellate di miele, teglie imburrate, budini vibranti e blocchi di cioccolata Super extra Londe. Un chilo di cioccolata della marca Londe costa come la droga, una fortuna, ma è la migliore al mondo. Nessuno alzerebbe una sola unghia per scalfire il blocco sul quale abitualmente lavora mio padre: solo mio fratello Filippo, cuore da ladro impenitente, gliela frega sotto il naso grazie al fatto che il gran pasticcere non pesa mai niente.
«La bilancia è roba da apprendisti!» grida il gran pasticcere dietro alle orecchie degli apprendisti nella stagione primaverile, quando calano come tanti moscerini dalle scuole professionali e invadono il laboratorio mandandolo su tutte le furie per la grettezza con cui affrontano la sublime arte del creare dolci.
E così io e mio fratello ci mangiamo la cioccolata pura: roba da overdose e non c’è nulla di meglio al mondo del guardarsi negli occhi coll’aria complice e compiaciuta.
«Uno di questi giorni vi becca e allora vi romperà le ossa!» dice mio fratello Francesco sotto i cui occhi compiamo il misfatto.
«Che si fotta!» risponde mio fratello Filippo con la bocca impastata di cioccolata.
La Londe rappresenta il cuore segreto del pasticcino chantilly: il cuore nascosto sotto la perfetta spirale bianca che ricorda le nuvole e sopra il cestino friabile che rimanda ai caldi abbracci tra amanti. Lo hanno descritto così ma altro non è