Vite arroccate
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Vite arroccate - Giorgio Monticolo
G.M.
Uno
Il tempo è prezioso, molto prezioso.
E me lo ripeteva ogni santo giorno mio padre e, prima di lui, mio nonno, buonanima.
E vale più dell’oro e di quello che potreste avere o solo sognare d’avere.
Perché?
Perché siamo fatti di tempo.
Eh sì, sì, cari amici miei, altro che cincischiare, altro che svagarsi, altro che bivaccare: questo e tanto altro ancora m’hanno insegnato gli anni ruggenti addietro, vissuti per strada e felicemente trascorsi in compagnia della mia amata bottiglia, questo è vero, è innegabile, e le infinite mattinate passate a cantare, a ridere, a giocare a carte e a osservare le persone.
E anche ora che barcollo mezzo ubriaco verso la fermata del pullman che, dopo più di dieci anni, Cristo santo, dieci anni, mi riporterà finalmente al mare, al mio mare, non posso fare a meno di pensarci e ripensarci ancora.
Curioso, no? Solo il tempo, compagno dolce e infame, fatto di secondi, minuti, ore, giorni, settimane e mesi, t’insegna il vero valore della vita, il più autentico dico io e, non in ultimo, purtroppo, ti rammenta di quel terribile e finito numero d’istanti che, volenti o nolenti, caro amico mio, ci separano dal nostro cadavere.
E voi, invece, voi, miei poveri imbecilli, siete talmente avviluppati dai mille impegni di cui volete riempirvi le giornate che, spesso, dico io, troppo spesso, vi dimenticate che di giornate, se ben le contiamo, non ve ne rimangono mica poi tante.
Ed è difficile svegliarsi accanto a un morto, specie se, quel morto, era tuo amico.
Anzi, un cugino, per come ci chiamiamo noialtri, anime pie da marciapiede che viviamo allegramente per la strada e che condividiamo valori che la cosiddetta gente perbene, che si lava tutti i giorni col sapone e l’acqua calda e che dorme nelle case di mattoni con il tetto, la porta e le finestre, neppure si ricorda più.
Per noi, la vita, la sincerità, la condivisione, il rispetto, la fratellanza, l’altruismo e la compassione, sono valori ancora vivi e in cui crediamo.
E non conta che lavoro fai o non fai più, quanti soldi hai in banca, se abiti ancora a casa tua o l’hai persa, perché l’altro ieri è venuto l’ufficiale giudiziario a pignorartela e t’ha sbattuto fuori, non c’importa se la notte dormi da solo in macchina, accovacciato sul sedile posteriore con una coperta addosso pensando ripetutamente a tua moglie che ha chiesto la separazione dopo più di vent’anni di matrimonio, o piangi ogni due minuti prima della tua dose giornaliera di valium: ci vai bene lo stesso.
Se sei qua e adesso, insieme a noi e in mezzo a noi, è importante, molto importante.
La tua vita è importante, i tuoi sentimenti sono importanti, il tuo cuore che batte è importante, il tuo credere ancora in qualche cosa per cui valga la pena alzarsi dal letto la mattina e continuare a vivere è importante.
Il resto è distrazione di massa.
Che tu lo voglia accettare o meno.
E sembra impossibile solo a pensarci, cazzo: ci bevi, ci fumi, ci mangi assieme, tutti i santi giorni attaccati come gemelli siamesi, ora dopo ora, risata dopo risata, sorso dopo sorso, e poi, in un attimo, così, come se nulla fosse, quello prende e muore, schiatta, se ne va e senza neppure avvisarti o dirti addio.
Va bene che non gli puoi mica chiedere il preavviso a uno che muore, eppure, per i cugini, per quelli che vivono come me, come noi, tutto il benedetto giorno sulle panchine gelate o tra l’immondizia di mezza Cagliari, è facilissimo, soprattutto durante l’inverno. Moriamo come piccioni.
Il giorno dopo ci