La tela di Narciso: Innamoramento Nostalgia e Melanconia
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Book preview
La tela di Narciso - Alfredo Vassalluzzo
Dieci anni
Sono passati quasi dieci anni da quando, ancora ragazzo, pubblicavo per la prima volta L’emigrante narcisista
, riprendendo un tema ampiamente dibattuto durante il corso di laurea, cercando di renderlo meno scientifico e più fruibile a un gruppo di lettori costituito per lo più da amici e conoscenti. Quel gruppo di lettori, non senza mia sorpresa, è andato via via aumentando, spinto, credo, dalla curiosità che il titolo suscitava all’epoca e che, sempre non senza mia sorpresa, suscita ancora oggi.
Il tema affrontato però, non era dei più semplici, in quanto si cercava di tracciare i collegamenti tra due mondi all’apparenza molto lontani, quali quello della nostalgia e quello patologico del narcisismo che, spogliato da tutte le sue implicazioni romantiche e mitologiche, mostrava il suo aspetto più nero. Sono passati quasi dieci anni dicevo e io per primo mi sono chiesto da dove provenisse l’impulso, forse patologico anch’esso, di riprendere quel testo, di rileggerlo e rimodellarlo. La motivazione, credo, sia da ricondurre proprio a questi dieci anni, un tempo che può essere lunghissimo o brevissimo e nel corso del quale si sperimenta un passaggio importante, quello che va dalla giovinezza alla maturità. Dieci anni cambiano il modo in cui si guarda al mondo, incitano a cercare relazioni tra gli eventi e a porre domande che, nella maggior parte dei casi, rimangono senza risposta. Ma la vera motivazione risiede nel fatto che in un lasso di tempo simile, quei sentimenti trattati, quelle linee tracciate, assumono forme più intense e suggestive che imprimono al proprio carattere tratti più sognanti. In questo, ritrovo la motivazione di quell’impulso, nell’esigenza di far luce, nemmeno in maniera distaccata, su quegli stati d’animo di cui parlavo dieci anni fa per appurare se il piacere di trattarne, anche analiticamente, sia cambiato o meno. Trattare di un sentimento, avvicinandolo e allontanandolo come un oggetto sconosciuto, allo scopo di capirne il senso o il suo uso, può essere un’esperienza totalizzante perché quel sentimento rappresenta solo un punto di partenza che, irrimediabilmente, ti spinge verso elementi più grandi, spesso incomprensibili.
Partire: morire
Era questo il titolo che apriva il primo emigrante
e con questo titolo si voleva fin da subito evidenziare un nesso molto profondo tra l’evento della partenza, qui inteso in senso molto ampio, e quello della morte, intesa qui come morte interiore, passaggio da una condizione definita a una condizione indefinita che, per sua stessa natura, incute paura, spavento, angoscia. Partire, in alcuni casi, vuol dire ridisegnare il rapporto con la realtà circostante, vuol dire morire a una realtà di affetti e abitudini consolidate, vuol dire ridisegnare la propria esistenza su basi nuove. Sono le partenze involontarie ad avere sviluppi ed effetti profondi, quelle partenze decise, spesso, da uno stato di necessità. Da qui partiva il primo emigrante
, dalla necessità di abbandonare una situazione di equilibrio per avventurarsi in una situazione molto disequilibrata sotto l’aspetto del benessere psichico. Da qui partivano tutte le considerazioni attorno alla "morte