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Cuori di confine
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Cuori di confine

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Piccola fotografia dai toni sfumati, costruita per accostamenti di frammenti esperienziali, raccontati da un insegnante di sostegno della scuola secondaria di primo grado (ex scuola media). Essa tende a rappresentare una realtà scolastica multitasking. L’auspicio che se ne può trarre è il passaggio da una scuola mosaicata a una scuola da museificare, per trasferirla già oggi nella memoria e poter dire domani, senza nostalgia … “c’era una volta”!
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateMar 6, 2012
ISBN9788866185284
Cuori di confine

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    Cuori di confine - Giovanni Randazzo

    scomparso.

    QUOTIDIANITÀ INTERROTTA

    Quella mattina camminavo sul marciapiede del lungomare da poco divenuto isola pedonale. Osservavo i libri esposti su di una serie ordinata di bancarelle. Lentamente raggiunsi il giornalaio. Comperai un quotidiano ed un settimanale. Era troppo presto per tornare a casa, così mi sedetti al bar lì vicino, predisponendomi alla lettura di un caffé e alla degustazione delle notizie.

    Anche Saverio, con il fratello, la mamma ed il suo cane, si sedette a quel bar per fare colazione. Fu il nostro primo incontro. Non ci conoscevamo ancora e non sapevo nemmeno che di lì a qualche mese, sarebbe stato l'alunno al quale avrei teso le mie attenzioni nei successivi anni scolastici.

    Le sue dita martoriavano un barattolo bianco, ex  contenitore di bagnoschiuma, dalla madre debitamente pulito e senza etichette. Oggetti di questo tipo appassionavano Saverio fino al punto di divenire calmanti naturali nei momenti di crisi o distrattori temporanei quando ciò che doveva eseguire non era annoverabile tra i compiti a lui graditi. Rifornire le colleghe che operavano con Saverio era un dovere che molte insegnanti sentivano come obbligo, tante erano le cartucce di cui il ragazzo abbisognava ogni giorno.

    Il cane, un pastore tedesco della stessa età di Saverio, gli era accovacciato accanto. Non perdeva di vista i suoi piedi. Appena Saverio li muoveva o accennava ad alzarsi, lui lo anticipava, fino a seguirlo alla successiva fermata.

    Burro era il nome di quel cane. Era venuto alla luce lo stesso giorno del suo futuro proprietario nell'allevamento appartenente allo zio. Saverio nacque qualche ora prima di Burro e quando lo zio lo seppe, destinò al nipote il più vispo della cucciolata. Glielo consegnò dopo circa tre mesi. Era l'unico animale a quattro zampe autorizzato ad entrare a scuola la mattina e il pomeriggio, per accompagnare e riprendere Saverio.

    Burro non sopportava il guinzaglio. I genitori di Saverio ci provarono più volte e in tempi diversi a soggiogarlo ad un laccio, ma nulla da fare. Quando compresero che non avrebbe mai lasciato solo Saverio, abbandonarono l'idea e riconsegnarono quel fastidioso nastro di cuoio allo zio. Burro subì pazientemente le più impensabili angherie da parte di Saverio, ma non si ribellò mai a quelle maniere così… imprevedibili.

    Dal Quotidiano: "Ancora morti sul lavoro, ancora famiglie con problemi economici da affrontare. Ancora imprenditori impuniti che ingaggiano operai in nero o che risparmiano sullo smaltimento dei rifiuti tossici, intraprendendo relazioni con la camorra, la ‘ndrangheta e associazioni benefiche della stessa specie.

    Ancora uno Stato falsamente democratico con gran parte dei politici che poco o niente si battono per un governo onesto del Paese, incapaci come sono di far pagare le tasse a tutti, di distruggere gli abusi edilizi. Un governo che combatta l'evasione fiscale, le organizzazioni mafiose tutte, la criminalità organizzata, le massonerie apparentemente assopite, anche a rischio di divenire impopolare. Un governo che si rifiuti di far entrare in Parlamento coloro che hanno avuto problemi con la giustizia e si faccia garante della punibilità dei ricchi e dei politici, poveri loro, così tanto perseguitati… "

    Saverio intanto mangiava la sua brioche, riducendola prima a pezzetti. Di tanto in tanto beveva, con molta attenzione, sorsi di latte da un bicchiere di vetro, mentre la madre lo invitava a pulirsi la bocca e le mani porgendogli un tovagliolo di carta, ma con scarsi risultati. Si guardava intorno raramente per non perdere di vista il barattolo poggiato sul tavolino, la brioche e il latte. Svuotato il bicchiere, si mise a dondolare con il corpo, agitando le mani e le braccia come fanno i pulcini quando vogliono spaventare i loro compagni di giochi. Il fratello sorrideva e si gustava quanto il cameriere, in precedenza, gli aveva portato. Il barattolo tornò a prendere l'interesse di Saverio.

    Ancora dal Quotidiano un racconto visionario: "Non c'era niente da fare. Nonostante la nostra storia, malgrado le tante parole scritte sui libri che tappezzano biblioteche pubbliche e private, la merce più rara da trovare e impossibile da acquistare era l'onestà!

    L'Italia era diventata un grande mercato di provincia. Le regole, soprattutto quelle europee, erano considerate un ostacolo all'atavica arte dell'arrangiarsi tipicamente italiana, una tecnica che barattava l'onestà con i bisogni contingenti. Indotta anche dai politici a seguire la logica municipalistica, spesso contraria alla funzionalità di un sistema politico che andasse oltre i confini di un comune o di una regione, l'unico collante sociale era il denaro, con lo status che ne derivava.

    Avere una villa, un suv, una barca o meglio ancora uno yacht, rendeva le persone normali, perché la proprietà era un indicatore di benessere. In caso contrario si faceva quadrato sull'appartenenza e sul diritto a cacciare la fonte del malessere, generalmente rappresentato dallo straniero, usurpatore di serenità, sicurezza e lavoro. La diversità diventa il marchio da stampigliare sulla pelle di queste persone. Era impensabile vivere senza un suv, non avere una casa propria e una barca.

    Negli ultimi decenni è stato così rapido il processo di arricchimento (reale e percepito), che le persone non hanno avuto il tempo di metabolizzare e riflettere su quanto andava accadendo. È proprio in questo clima che emersero gli istinti più bassi. Presero il sopravvento le paure, soprattutto quella di perdere il diritto alla proprietà. E l'uomo regrediva e diventava una belva, distanziandosi sempre più dallo svincolo per una ragionevole inversione di marcia. È stata una corsa sfrenata all'arricchimento, all'acquisto anche immotivato pur di non perdere l'occasione. Fastidio nel vedere la bruttezza per le strade: solo bellezza, solo ricchezza, solo sfavillio di luci e musica, musica ovunque, assordante, martellante, mercificata e globalizzata alla stregua degli hamburger di una nota multinazionale, che ci considerava cavie viventi. Ci si sentiva vivi, partecipi, perennemente in giostra. Adulti che giocavano a fare i giovani, ma che venivano giocati. Spontaneo il darsi per divertimento, il prostituirsi per acquistare moda. Smettere di pensare e seguire la moda. Meglio l'obbedienza dell'indipendenza. La più grave, la più invasiva, la più aberrante e subdola forma di dipendenza è stata quella televisiva. Tutti teleordinati. Tutti o quasi videodipendenti. Basta leggere! Che noia la lettura! Non si ha più tempo per queste modalità arcaiche, un tempo usate per conoscere, informarsi e distrarsi, oggi c’è l'elettronica.

    Le scuole? I tribunali? Eliminato tutto! Con una televisione ed un telecomando predisposto allo scopo si possono risolvere i problemi legati alle due istituzioni ritenute inutili, superate ed estremamente costose. Gli studenti si istruivano mediante programmi televisivi e lezioni divertenti effettuate da comici e cartoni animati. I compiti erano eseguiti nel salotto di casa apponendo x su schede virtuali a risposte chiuse che apparivano di volta in volta sullo schermo. I tribunali furono sostituiti dagli studi televisivi. I processi si svolgevano a telecamere accese e in diretta, senza avvocati né giudici. Un prestante conduttore televisivo era sufficiente. Il verdetto, espresso dagli spettatori presenti in studio e da quelli a casa, lo si comunicava con un sì o con un no ottenuto pigiando il tastino rosso o verde del telecomando, per condannare o assolvere gli imputati. Quanti soldi risparmiati!

    Poi qualcuno si rese conto che il prezzo, il costo di tutto ciò, non era solo di tipo economico. Si domandò: E se proprio la democrazia fosse il principale ostacolo per lo sviluppo etico della società? E se i plurigemellaggi della democrazia con il capitalismo, l'imperialismo, la globalizzazione, le dittature dei mercati e gli integralismi da questi indotti, fossero un tumore per le società così come lo è il fumo per il corpo umano? E se la finta trasparenza fosse in realtà una trappola per non pensare? Perché non dobbiamo pensare? O meglio: perché non dobbiamo agire? Perché dobbiamo rimanere passivi davanti a uno schermo a praticare un perverso voyeurismo, un tempo considerato grave e patologico? Perché non sappiamo distinguere il libero mercato dal capitalismo monopolistico? Abbiamo paura dell'imprevedibile cambiamento?. Fu così che gli italiani cambiarono l'Italia.

    Cosa s'inventano questi giornalisti!, fu il mio immediato commento, a lettura terminata, mentre un signore con i capelli bianchi e corti ed una signora magra, distinta, con la tristezza che traboccava da un casto vestito estivo, pallido nei colori, ma voluminoso nella forma, si sedettero al tavolo con Saverio. Intuii chi fossero. Il nonno scambiò due parole con il cameriere e di lì a poco arrivarono due coppe enormi di vetro con gelato alla frutta, amarene e panna. La felicità dei due fratelli salì alle stelle. Iniziarono lentamente a gustarne i sapori. Nulla poteva distrarli. Il ripetuto invito della madre a tenere pulita la bocca li infastidiva. Saverio guardava il nonno ed emetteva mugolii di compiacimento. Tra un cucchiaio e l'altro un leggero dondolio, poi la concentrazione in ciò che andava facendo. Saverio non sapeva apprezzare il… sapore del tempo lento e come tutti i germogli d'uomo, non sapeva essere diverso da ciò che

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